La vittoria del Mondiale da parte della Francia, come ha scritto Fabio Barcellona analizzando la finale, ha rappresentato il successo di uno stile basato in modo evidente sul talento individuale dei calciatori, una tendenza esaltata dalle tre Champions League vinte dal Real Madrid negli ultimi tre anni (e forse anche per questo è sembrata così naturale la candidatura di Zidane come sostituto di Deschamps nel caso in cui la Francia fosse andata male).
Le difficoltà che hanno i CT a organizzare strutture di gioco complesse è un tema ampiamente dibattuto, e questo Mondiale ha fornito una conferma tradendo quasi tutti gli allenatori che hanno provato a dare alle loro Nazionali un gioco definito: Löw, Sampaoli, in parte anche Tite. Sono invece stati premiati i commissari tecnici che hanno saputo organizzare il talento a disposizione senza intervenire troppo sulla struttura tattica. Qui ho messo in classifica i migliori dieci.
10. Aliou Cissé e Akira Nishino
Senegal e Giappone hanno chiuso il loro girone a pari punti, con la stessa differenza reti, gli stessi gol segnati, gli stessi punti e la stessa differenza reti nello scontro diretto (finito 2-2). A decidere la qualificazione, per la prima volta nella storia dei Mondiali, è stata la regola del fair play, che ha premiato i giapponesi per aver preso due ammonizioni in meno rispetto al Senegal. Il decimo posto a pari merito dei rispettivi CT in questa classifica rispecchia quindi l’equilibrio quasi perfetto nel rendimento delle due Nazionali.
Sia Cissé che Nishino hanno costruito due squadre verticali, capaci di risalire velocemente il campo adattandosi al talento a disposizione. Nel Senegal hanno contato soprattutto le qualità in conduzione dei giocatori di fascia, i terzini Sabaly e Wagué e gli esterni Mané e Sarr, oltre a quelle di Niang, che si apriva su una delle due fasce per proteggere il pallone sui lanci lunghi dalla difesa e far salire la squadra. Il Giappone ha invece costruito una manovra più elaborata e meno dipendente dai duelli individuali sfruttando le qualità in palleggio del suo triangolo centrale, composto dagli interni Hasebe e Shibasaki e dal trequartista Kagawa.
La differenza tra le due squadre l’ha fatta una regola contestabile e anche se alla fine sia il Senegal che il Giappone hanno vinto solo una partita, Cissé e Nishino hanno lasciato un’impronta visibile nelle loro Nazionali e regalato una delle sfide più divertenti della fase a gironi quando si sono incontrati.
9. Juan Carlos Osorio
Foto di Emmanuel Dunand / Getty Images.
Il Messico ha affrontato due delle principali favorite alla vittoria del Mondiale, Germania e Brasile, e in entrambe le occasioni ha fatto un’ottima figura, grazie anche alle strategie preparate dal suo CT, Osorio, diventato allenatore dopo un percorso tutt’altro che ortodosso e soprannominato “El Recreacionista” per i suoi particolari metodi di allenamento.
All’esordio contro la Germania, Osorio ha mostrato le sue qualità di stratega annullando Kroos e complicando col pressing la fase di possesso tedesca per mostrarne le debolezze in transizione, punite dal gol decisivo di Lozano. La vittoria contro i campioni del mondo in carica verrà ricordata come uno dei risultati più sorprendenti del Mondiale.
Dopo aver sprecato l’opportunità di conquistare il primo posto nel girone con la brutta sconfitta contro la Svezia, il Messico ha quindi sfidato il Brasile agli ottavi, e ancora una volta Osorio aveva messo a punto un piano potenzialmente perfetto. La partita è stata però indirizzata da alcune scelte sbagliate dei suoi giocatori in momenti chiave, specialmente nelle micidiali ripartenze che i messicani hanno dimostrato di avere nelle loro corde durante il torneo. Alla fine la qualità del Brasile ha avuto la meglio e anche gli aggiustamenti di Osorio non hanno evitato la sconfitta per 2-0 e l’eliminazione, la settima consecutiva per il Messico agli ottavi di un Mondiale.
Osorio si è comunque dimostrato uno dei migliori allenatori tra i commissari tecnici che si sono sfidati in Russia, particolarmente abile a trovare i punti deboli degli avversari e a studiare piani per colpirli. In un Mondiale in cui le squadre di seconda fascia hanno quasi sempre scelto strategie conservative, il coraggio del Messico, il suo pressing e la sua occupazione razionale degli spazi in campo hanno rappresentato una bella eccezione.
8. Tite
Foto di Benjamin Cremel / AFP.
Fino ai quarti col Belgio, il Brasile aveva confermato di essere la principale favorita per il titolo. Tite aveva costruito la squadra più equilibrata, capace di abbinare le fiammate estemporanee dei suoi talenti offensivi, e in particolare della coppia a sinistra formata da Neymar e Coutinho, a giocate ricorrenti che riflettevano un’organizzazione di gioco complessa, e garantito soprattutto una solidità difensiva invidiabile, con un solo gol concesso alla Svizzera sugli sviluppi di un calcio d’angolo.
La sconfitta contro il Belgio ha ridimensionato i giudizi, ma ha paradossalmente confermato la forza del Brasile, tradito soltanto dall’imprecisione in fase offensiva e dall’assenza di Casemiro in quella difensiva. Per le occasioni create e il chiaro dominio mostrato nel secondo tempo, il Brasile non avrebbe meritato la sconfitta. A Tite non si può rimproverare quasi nulla: aveva preparato la migliore Nazionale vista in Russia, solida e allo stesso tempo incontenibile in attacco, ed è uscito per dettagli fuori dal suo controllo.
7. Jan Andersson
La Svezia ha portato in Russia tutto ciò che ha contribuito a eliminare l’Italia nell’ormai celebre spareggio per la qualificazione al Mondiale. Un blocco di giocatori che ha sviluppato un notevole affiatamento, una proposta di gioco chiara e un’esecuzione senza sbavature. All’interno dei loro canoni, non si può dire che gli svedesi abbiano giocato male: la continua ricerca di Toivonen e Berg con i lanci lunghi era completata da un’attenzione minuziosa alla conquista delle palle vaganti, in fase difensiva la Svezia ha invece mantenuto con precisione chirurgica le distanze tra i reparti del suo 4-4-2, proteggendo il centro e contando sulla fisicità della linea difensiva per difendere l’area di rigore.
Il traguardo dei quarti di finale ha rispecchiato l’efficienza del gioco sviluppato da Andersson. La Svezia ha disputato una grande fase a gironi, chiusa al primo posto dopo aver battuto Corea del Sud e Messico e aver accarezzato il pareggio contro la Germania, svanito soltanto all’ultimo secondo per un errore del portiere sulla punizione di Kroos.
Ha quindi superato agli ottavi la Svizzera e si è fermata ai quarti contro l’Inghilterra, che ha maneggiato con maggiore qualità gli strumenti di cui si è servita la Svezia, sconfitta 2-0 per aver subito un gol da calcio d’angolo e un altro da un cross che ha trovato impreparata la sua linea difensiva. Andersson ha comunque spinto gli svedesi oltre i loro limiti con un’organizzazione poco spettacolare ma precisa e a misura dei suoi giocatori, così come aveva fatto durante le qualificazioni.
6. Stanislav Cherchesov
Foto di Kirill Kudryavtsev / AFP.
Prima dell’inizio del Mondiale i russi non avevano molti motivi per essere ottimisti: la loro Nazionale non aveva vinto nessuna delle ultime sette amichevoli giocate per preparare il torneo e nel ranking FIFA era piazzata al 70.esimo posto, la peggiore tra le squadre partecipanti. La netta vittoria per 5-0 all’esordio contro l’Arabia Saudita è stata invece l’inizio di un percorso sorprendente, che ha portato i padroni di casa fino ai quarti, miglior risultato della loro storia in un Mondiale.
Il momento da ricordare è ovviamente l’eliminazione agli ottavi della Spagna. Cherchesov per l’occasione si è dimostrato un buon stratega, rispolverando la difesa a 5 e preparando una partita molto difensiva che ha reso inutile il dominio del pallone da parte della “Roja” e ha trascinato la sfida fino ai rigori. Da ex portiere, Cherchesov aveva evidentemente puntato su una grande partita di Igor Akinfeev, decisivo con le sue parate a fissare il risultato più importante della storia recente della Russia.
5. Gareth Southgate
Rielaborando i contributi dati al calcio inglese da alcuni dei migliori allenatori della Premier League, Southgate ha rivoluzionato l’Inghilterra dal punto di vista tattico, partendo dalla difesa a 3 e costruendo una squadra in grado di occupare con razionalità tutti i corridoi verticali del campo, con gli esterni a dare ampiezza e due mezzali offensive come Alli e Lingard a muoversi negli spazi di mezzo dietro il centrocampo avversario.
La squadra immaginata da Southgate era in grado di manovrare con qualità in verticale dopo aver costruito l’azione in modo pulito da dietro e aver dilatato le distanze dello schieramento avversario con movimenti coordinati. L’esecuzione non è però sempre stata all’altezza delle aspettative. L’Inghilterra ha faticato a creare pericoli con azioni manovrate e si è spesso affidata ai calci piazzati, uno dei pochi aspetti in cui un CT può intervenire in maniera profonda. Southgate si è rivelato il miglior tecnico del Mondiale da questo punto di vista: la sua Nazionale ha segnato ben 9 gol su 12 da palla inattiva, un record nella storia della Coppa del Mondo dal 1966 in poi.
Dopo Alf Ramsey nel 1966 e Bobby Robson nel 1990, Southgate è stato il terzo CT a portare l’Inghilterra alle semifinali di un Mondiale, ma va considerato il livello delle avversarie incontrate. I “Tre Leoni” hanno perso contro la Croazia in semifinale e due volte contro il Belgio, hanno superato ai rigori la Colombia e battuto solo le Nazionali con meno qualità tra quelle affrontate: Tunisia, Panama e Svezia. Il percorso dell’Inghilterra non è, insomma, stato brillante come potrebbe far pensare il quarto posto raggiunto, ma Southgate ha quanto meno indicato una strada.
4. Óscar Tabárez
Foto di Kirill Kudriavtsev / Getty Images.
Ancora una volta Tabárez era riuscito a trasformare l’Uruguay in una delle squadre più solide e convincenti del Mondiale, cambiando in corsa il sistema. Dopo le prime due vittorie di misura contro Nazionali modeste come Egitto e Arabia Saudita, il “Maestro” ha abbandonato il centrocampo a 4 in linea in favore della disposizione a rombo, inserendo Torreira come schermo davanti ai difensori centrali e avanzando Bentancur a trequartista.
Anche se in teoria il centrocampo a rombo avrebbe potuto aumentare le linee di passaggio all’interno dello schieramento avversario e rendere più elaborata la manovra, nella realtà le due stelle, Cavani e Suárez, hanno continuato a condizionare e definire il gioco, facendosi carico non solo dei compiti di finalizzazione ma anche della risalita del campo ripulendo i palloni che arrivavano da dietro.
Il percorso dell’Uruguay è stato quasi perfetto fino ai quarti di finale: quattro vittorie consecutive con un solo gol concesso, a Pepe contro il Portogallo. Ai quarti contro la Francia, la “Celeste” ha invece pagato l’assenza di Cavani, venendo sconfitta da un calcio di punizione battuto da Griezmann e girato in rete di testa da Varane e da un grave errore di Muslera sul tiro da fuori dello stesso attaccante dell’Atlético Madrid. Chissà come sarebbe cambiata la partita se Cavani, uno dei giocatori più in forma del torneo, non si fosse fatto male agli ottavi contro il Portogallo.
3. Roberto Martínez
Foto di Yves Hermand / Getty Images.
Martínez è stato l’allenatore di maggior successo del Mondiale, ovvero il commissario tecnico con ambizioni di dare alla sua Nazionale un gioco definito che ha ottenuto i risultati migliori. Subentrato a Wilmots dopo il deludente Europeo del 2016, Martínez, alla prima esperienza da CT, ha messo subito a disposizione del Belgio il suo bagaglio da allenatore di club, intervenendo in maniera profonda sia sul sistema che sul modo di giocare, provando a organizzare l’abbondante talento della generazione d’oro belga in una struttura che aiutasse a superare le disfunzionalità emerse durante la gestione di Wilmots.
Anche il modo in cui ha saputo cambiare in corsa riflette il suo approccio più vicino a quello di un allenatore che a quello di un commissario tecnico. Martínez è stato decisivo agli ottavi con le sostituzioni che, in svantaggio di due gol contro il Giappone, hanno creato le condizioni per la clamorosa rimonta degli ultimi minuti, e ha avuto un ruolo chiave anche ai quarti contro il Brasile, stravolgendo la squadra per rimediare ad alcuni limiti strutturali emersi durante il torneo e colpire i punti deboli dei verdeoro.
I risultati sono stati più che soddisfacenti: il Belgio ha vinto 6 partite su 7, perdendo soltanto in semifinale contro la Francia, e ha registrato il miglior attacco del torneo con 16 gol. Il terzo posto raggiunto è il miglior risultato di sempre della sua storia nei Mondiali.
2. Didier Deschamps
Deschamps è la terza persona capace di vincere la Coppa del Mondo sia da giocatore che da commissario tecnico (le altre due sono Mário Zagallo e Franz Beckenbauer), è stato il primo CT a portare la Francia alle finali di due grandi competizioni internazionali (prima della vittoria del Mondiale era infatti arrivato secondo agli Europei del 2016) e vanta la miglior percentuale di vittorie (75%) tra i commissari tecnici con almeno dieci partite nella storia dei Mondiali. Grandi traguardi raggiunti senza dare un’impronta chiara, rinunciando a far giocare la Nazionale francese secondo idee di gioco precise.
L’impatto di Deschamps è stato visibile innanzitutto nelle convocazioni, quando è stato costretto a tagliare diversi giocatori di prima fascia preferendo l’affidabilità del blocco su cui ha puntato in questi anni, e poi quando ha aggiustato la squadra dopo il brutto esordio contro l’Australia, equilibrandola con gli ingressi di Matuidi e Giroud al posto di Tolisso e Dembélé. Da lì in poi Deschamps ha viaggiato col pilota automatico, confermando sempre il suo undici titolare e ricorrendo spesso anche alle stesse sostituzioni durante le partite. Sono state soprattutto le qualità e l’intelligenza dei suoi giocatori a trovare di volta in volta le soluzioni per risolvere i quesiti posti dagli avversari incontrati.
Deschamps è criticabile per il gioco espresso dalla Francia, al di sotto delle possibilità di una generazione così ricca di talento, ma in fin dei conti ha saputo gestire il materiale a disposizione semplicemente lasciandolo libero di trovare la strada fino alla vittoria.
1. Zlatko Dalic
Anche Dalic, così come Deschamps, non ha fatto molto per dare alla Croazia un gioco chiaro e all’altezza del talento a disposizione. Rispetto al CT francese, però, Dalic partiva da una base meno ricca, ha avuto minor tempo per organizzare la squadra, essendo subentrato ad Ante Cacic alla fine del girone di qualificazione e trovandosi subito ad affrontare le sfide decisive contro l’Ucraina e la Grecia, una sorta di doppio spareggio per staccare il biglietto per la Russia, e ha saputo cambiare la formazione scegliendo Kramaric o Brozovic a seconda dell’avversario e della strategia studiata per la partita.
In linea con l’abbondante qualità disponibile a centrocampo, la Croazia non ha disdegnato lunghe fasi di possesso, utilizzando però spesso il controllo della palla in chiave difensiva, e si è dimostrata particolarmente brillante quando ha potuto attaccare negli spazi come nella partita contro l’Argentina. Non ha mai chiaramente dominato nessun avversario, e infatti è arrivata ai supplementari in ogni turno della fase a eliminazione diretta (finale a parte). La Croazia ha forse giocato la propria miglior partita proprio in finale contro la Francia, mettendo in difficoltà i francesi in alcune fasi di pressing alto, magari più grazie alla foga agonistica che all'organizzazione, ma anche nel temperamento della Croazia non va sottovalutato il lavoro di Dalic. I biancorossi erano una squadra ricca di talento, ma comunque meno di tante altre eliminate prima: il suo percorso è il migliore mai avuto in una grande competizione internazionale, e non c'è davvero niente di scontato.