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Che Morata arriva al Milan
18 lug 2024
18 lug 2024
Il centravanti spagnolo torna in Italia
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IMAGO / Pressinphoto
(foto) IMAGO / Pressinphoto
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«Ritorno in Serie A? Vedremo, sono contento comunque di vedervi». Queste sono state tra le prime parole di Alvaro Morata da campione d’Europa, rilasciate ad alcuni giornalisti italiani più interessati al calciomercato che a celebrare la Spagna. L’Italia e il calciomercato sono due argomenti che ossessionano la vita di Morata da dieci anni, da quando cioè nell’estate del 2014 arrivò per la prima volta nel nostro Paese, giovane sconosciuto della cantera del Real Madrid che la Juventus aveva acquistato, ma con un diritto di recompra del club spagnolo (poi esercitato).

Da quel momento e per ogni estate o inverno Morata è sembrato sul punto di rimanere o tornare in Italia, eterno simulacro del centravanti cercato dalle squadre della Serie A. Juventus (che l’ho avuto per 4 stagioni, in due diverse occasioni), Inter, Milan, Roma, Napoli, a turno o tutte insieme lo hanno cercato. Lo stesso Morata ha spesso parlato dell’Italia come una specie di terra promessa, un posto dove si trova a suo agio e dove ha messo su famiglia (la moglie è italiana), al contrario della Spagna dove si sente troppo criticato.

Una rincorsa che finalmente è finita: il Milan infatti ha deciso di pagare la clausola rescissoria dello spagnolo da 13 milioni all’Atletico Madrid e di offrirgli un contratto di 4 anni con opzione per il quinto a 5 milioni di euro più bonus a stagione.

Che Morata arriva?
Ma che Morata arriva al Milan? È questo, fondamentalmente, quello che si chiedono i tifosi. Quello ventenne che nella Juventus di Allegri segnava gol decisivi e correva per tre? O quello del Real che entrava dalla panchina per finire il lavoro dei compagni con la sua presenza in area di rigore? Oppure quello involuto e malinconico del Chelsea, che non riusciva a segnare neanche a porta vuota? O magari quello della seconda esperienza a Torino, che era finito a giocare sull’esterno perché la sua miglior qualità era la capacità di sacrificarsi e sfiancare gli avversari?

Alcuni dati aiutano a orientarci un po’ meglio. Sicuramente la sua produzione offensiva si è normalizzata in positivo: nelle ultime 4 stagioni Morata è riuscito sempre battere gli xG, ovvero segnare più di quanto avrebbe dovuto in base alle occasioni avute. Non lo ha mai fatto con overperformance eccezionali - 15 gol da 13.8 xG nell’ultima Liga, 13 gol da 11.9 xG in quella precedente - e continua, ogni tanto, a sbagliare gol facili come se all’improvviso si scordasse come si gioca. Questa capacità di essere in media, però, di assicurare cioè una buona conversione delle occasioni avute, per un centravanti non è da sottovalutare, soprattutto in Serie A e soprattutto al costo di 13 milioni di euro.


Morata rimane, come è stato evidente dal suo esordio, un centravanti che sa muoversi in area di rigore, che può segnare di testa, di destro o di sinistro. Che queste cose non le sa fare divinamente, cioè non al livello dei migliori al mondo, ma che - meglio o peggio a seconda dei momenti - sa farle con continuità lungo tutta una stagione. È questo quello che cercava forse di più il Milan, dopo anni tribolati con i numeri 9. Una scelta sicura, insomma, un centravanti che, a meno di catastrofi, assicura la doppia cifra, o comunque una conversione in relazione al lavoro dei compagni. Se il Milan creerà tanto, Morata segnerà tanto. O almeno questa è l'idea del Milan.

C’è poi la questione del “gioco”, chiamiamola così. Il Milan inizialmente aveva puntato su Zirkzee, un centravanti squisitamente associativo, molto più di Morata. L’olandese nell’ultima stagione al Bologna tentava 29.9 passaggi per 90’, con una percentuale di riuscita del 77,4%; lo spagnolo con l’Atletico si limitava a 18.1 passaggi per 90’, con una percentuale di riuscita del 69,5%. Certo, contavano anche le architetture tattiche quasi opposte di Thiago Motta e Diego Simeone, ma la loro differenza si evince anche dalla differenza negli xA per 90’ tra i due: Zirkzee 0.17, Morata 0.08. Spalle alla porta non è un giocatore capace di saltare la prima pressione col dribbling o generare vantaggi con la creatività (come Zirkzee, per intenderci), ma preferisce giocare di sponda, semplice, e poi muoversi in avanti verso l’area di rigore.



Il confronto tra i passaggi chiave di Morata e Zirkzee nell'ultima stagione, da StatsBomb.



Eppure all’Europeo, in un sistema diverso da quello dell’Atletico Madrid, lo abbiamo visto muoversi più incontro, giocare più in relazione coi compagni (22 passaggi per 90’) e meno dell’area di rigore (3 tocchi per 90’ negli ultimi 16 metri). Un Morata che ha diviso l’opinione pubblica: per qualcuno si è esaltata una versione più matura del centravanti spagnolo, più abile nel gioco spalle alla porta, nel fare i movimenti giusti in relazione ai compagni, nel sacrificarsi in tutto un lavoro di fatica e cucitura nella propria metà campo che in questi tornei è importante tanto quanto il gol (Nazionale per cui, in ogni caso, ha segnato 36 gol in 80 partite). Per altri, invece, l’incapacità di attaccare l’area di rigore con continuità è un segno del decadimento fisico di Morata, di un centravanti che ha perso quello che lo rendeva forte, cioè essere estremamente verticale con e senza palla.

La vittoria della Spagna ci ha restituito una versione di Morata pacificata, capace di abbracciare questo ruolo più onnicomprensivo: meno finalizzatore, ma più uomo squadra, capitano e leader totale, al servizio dei suoi compagni più giovani. Se però alla fine non avessero vinto il trofeo? Siamo sicuri che il suo Europeo non sarebbe stato scrutinato in maniera più severa? Che i suoi limiti gli sarebbero stati rinfacciati come spesso è accaduto? Prima di lasciare l'Atletico Madrid, Morata ha risposto al commento di un tifoso dicendogli che dopo Dortmund (dopo cioè l'uscita ai quarti di Champions League) "mi volevate tutti fuori". In quel doppio confronto Morata aveva sbagliato un gol facile nei primi minuti della partita di ritorno.



Che Morata vuole Fonseca?

Quindi c’è da aspettarsi un Morata che allunga la squadra, che si esalta in un gioco di transizioni o uno meno diretto ma più capace di muoversi in relazione ai compagni, anche allargandosi e creando spazi? È una questione interessante anche per capire come vorrà giocare Fonseca, un allenatore non-dogmatico e che può variare il suo gioco anche in base agli interpreti. Storicamente l’allenatore portoghese preferisce centravanti che attaccano la profondità con continuità, ma recentemente, parlando delle caratteristiche che cercava il Milan per il suo attaccante, ha detto che «vogliamo un giocatore che deve giocare senza spazio negli ultimi 30 metri», intendendo forse che le squadre avversarie non gli concederanno spazio in profondità e che quindi dovrà cercare ricezioni tra le linee. La scorsa stagione il suo Lille è stata la seconda squadra della Ligue 1 per possesso palla (dietro al PSG, of course) e la terza per precisione passaggi.

C’è da dire che, anche a quasi 32 anni, e avendo perso un po’ di quella tensione verticale dei giorni migliori (la celebre azione con il Bayern Monaco in Champions League, per intenderci), Morata rimane un centravanti con uno spiccato senso per la profondità. Nell’ultima Liga è stato il giocatore ad andare più volte in fuorigioco (1.56 ogni ‘90) e se non è una statistica unilateralmente positiva, è un dato che fa parte del personaggio e ci dà l’idea di un calciatore che ancora è disposto a fare di tutto per ricevere alle spalle della difesa avversaria. Se con l’Atletico faceva parte delle richieste di Simeone, anche nella Spagna, in una versione della Spagna più diretta del solito, Morata non ha del tutto rinunciato a correre oltre le difese quando possibile, come nel gol alla Croazia.


Se, come sembra, il Milan giocherà con tre giocatori alle spalle del centravanti, questo lavoro di Morata può tornare utile non solo per creare occasioni con lanci lunghi anche da dietro, ma per creare spazio per le ricezioni di interne di Leao, Pulisic e chi altro giocherà in mezzo. Morata può essere una minaccia già sui lanci di Maignan, che sia allungando la difesa con le sue corse o nei duelli aerei (la scorsa stagione ne giocava 2.60 a partita, con una percentuale di successo di quasi il 55%) per generare seconde palle da attaccare. Morata quindi non come centravanti associativo per una squadra che vuole il pallone, ma come centravanti che crea spazio dove possono giocare i compagni con i suoi movimenti e il lavoro senza palla. C’è poi l’aspetto che Morata, da sempre, è un centravanti che non si risparmia in fase difensiva, un aspetto che piacerà molto a Fonseca.

Ovviamente può sembrare controintuitivo prendere un centravanti over 30 per fare un lavoro di sfiancamento e finalizzazione, ma Morata in carriera ha dimostrato di sapersi rendere molto utile così. Il Milan l’ha scelto anche per questo valore un po’ immateriale: Morata è diventato un calciatore che si sacrifica, che mette il bene della squadra davanti al suo, che sa essere un leader in campo e fuori. Non a caso è stato il capitano e voce di una Spagna che, oltre al gioco eccellente, è sembrata legatissima anche fuori dal campo. Il Milan negli ultimi anni ha perso molti dei suoi giocatori più carismatici (Kjaer e Giroud solo quest’estate). Il capitano Calabria probabilmente non sarà titolare. Morata arriva quindi già con un ruolo importante che va oltre le sue qualità materiali.

Inoltre, almeno da quanto sembra, il Milan sta cercando un altro centravanti “titolare”. Si parla di Fullkrug e Abraham, per quello che valgono queste voci. Due centravanti anche loro con qualità meno associative e più d'area di rigore. Difficilmente l'idea sarà quella di far giocare Morata insieme a un altro centravanti (come con Vlahovic) quanto piuttosto di limitarne i minuti in campo. L'anno scorso con l'Atletico Madrid ha giocato 3mila minuti e si è visto che forse è leggermente più di quanto può concedersi. La sua stagione infatti era partita bene, poi si è un po' spenta col passare dei mesi. Morata quindi come parte di un ticket di centravanti. Un'idea un po' rischiosa ma che può pagare, in stagioni sempre più lunghe e quando si punta su calciatori non più giovanissimi. Starà comunque a Fonseca gestire Morata.

Il suo arrivo per il Milan rimane una buona notizia: un centravanti esperto, che garantisce un rendimento sicuro, almeno fino a un certo punto. Certo, è anche un centravanti che difficilmente andrà oltre a quel punto, i cui limiti cioè sono piuttosto evidenti. Difficilmente Morata potrà fare una stagione molto diversa dalle ultime, scoprirsi all'improvviso un centravanti diverso. Ma questo, in generale, è un po' quello che dobbiamo aspettarci in Serie A. Anche per questo la scelta del Milan ha senso: so quello che compro, meglio non avere sorprese in negativo che averne magari in positivo.

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