Il 15 maggio 2018 una cinquantina di ultras incappucciati fa irruzione nel campo di allenamento dello Sporting, aggredendo – non solo verbalmente – alcuni giocatori e il tecnico Jorge Jesus, rei di aver mancato la qualificazione in Champions League perdendo sul campo del Maritimo all’ultima giornata. Alcuni dei giocatori più rappresentativi della squadra, complice anche la disastrosa situazione economica della società, chiedono la rescissione del contratto. Quasi esattamente tre anni dopo, martedì 11 maggio 2021, lo Sporting batte 1-0 il Boavista e si laurea campione di Portogallo 19 anni dopo l’ultima volta. In poco meno di tre anni la squadra di Lisbona è passata dalla crisi peggiore della sua storia alla gioia più sfrenata, un titolo inaspettato che ha portato migliaia di sportinguistas a riversarsi nelle strade per festeggiare.
La bruciante carriera di Rúben Amorim
L’uomo copertina della rinascita dei Leões è certamente Rúben Filipe Marques Amorim, 36 anni, da Lisbona. Coetaneo di Cristiano Ronaldo (CR7 è nato a inizio febbraio, lui a fine gennaio), Amorim è cresciuto nelle giovanili del Benfica, prima di debuttare nella Liga portoghese con la maglia del Belenenses nel 2003, squadra in cui è rimasto per cinque anni, fino a quando, e cioè nel 2008, non è tornato al Benfica, per non lasciarlo più. Se si esclude infatti una parentesi di un anno e mezzo allo Sporting Braga e una puntata finale in Qatar, Amorim si può considerare a tutti gli effetti una bandiera del Benfica, pur avendo concluso la carriera con meno di cento presenze, complice un ritiro prematuro a soli 32 anni.
Se l’addio al calcio è stato brusco e improvviso, allo stesso modo la scelta di intraprendere la carriera da allenatore è stata quasi immediata: dopo aver conseguito il patentino, nel 2018 siede per la prima volta su una panchina, quella del Casa Pia in terza divisione. L’esperienza non va alla grande: dopo 22 partite Amorim rassegna le dimissioni, a seguito della decisione della federcalcio portoghese di comminare al club sei punti di penalizzazione, sospendendo inoltre il tecnico per un anno. All’epoca, infatti, Rúben Amorim non era ancora in possesso del titolo necessario per allenare a livello professionistico. Al termine della stagione, comunque, il Casa Pia ottiene la promozione, mentre a Rúben Amorim – la cui squalifica nel frattempo è stata sospesa – viene offerta la panchina dell’Under-23 del Benfica. Un po’ a sorpresa, l’ex centrocampista della nazionale (14 presenze tra il 2010 e il 2014) declina, per accettare pochi mesi dopo la proposta del Braga, che lo ingaggia come allenatore della squadra riserve, anch’essa militante in terza divisione.
Tre mesi più tardi, la svolta: il Braga esonera Sá Pinto e decide di affidare la panchina al trentatreenne Amorim. La prima partita si conclude con un esaltante 7-1 proprio contro quel Belenenses in cui ha iniziato la carriera da calciatore. Tre settimane dopo il Braga conquista la Coppa di Lega, superando in finale il Porto grazie a un gol di Ricardo Horta. In campionato raccoglie 8 vittorie in 9 partite, togliendosi la soddisfazione di battere Porto, Sporting e Benfica in meno di un mese. Neanche il tempo di ambientarsi nell’incantevole città del Minho, che Amorim cambia panchina. A richiamarlo sono le sirene di Lisbona, ma non sponda Benfica: a chiamarlo sulla panchina sono gli storici rivali dello Sporting. Il presidente Frederico Varandas è convinto che Rúben Amorim sia l’uomo giusto per riportare al successo un club che non vince il campionato da quasi vent’anni, un’eternità considerando che si tratta di uno dei tre colossi del calcio portoghese.
A testimoniare la fiducia che la dirigenza ha nei confronti del tecnico c’è un contratto triennale con una clausola rescissoria da 20 milioni di euro, ma soprattutto la penale da 10 milioni che lo Sporting decide di versare al Braga per assicurarsi i suoi servigi: una cifra non lontana da quella pagata nel 2010 dal Real Madrid per strappare Mourinho all’Inter e dal Chelsea per ingaggiare Villas-Boas dal Porto nel 2011. Poco meno di un anno dopo essersi insediato all’Alvalade, Rúben Amorim conquista la sua seconda Coppa di Lega consecutiva, superando in finale per 1-0 la sua ex squadra. Il successo però non è che l’antipasto per il trionfo di questa stagione.
Come gioca il suo Sporting
Il calcio di Rúben Amorim s’inserisce nel solco della tradizione portoghese che ha in José Mourinho il capostipite e in Jorge Jesus il punto di riferimento degli ultimi anni: proprio l’attuale tecnico del Benfica – l’unico a imporre allo Sporting la sconfitta in campionato, dopo 32 giornate caratterizzate da 25 vittorie e 7 pareggi, record d’imbattibilità all-time in Portogallo – è riconosciuto da Rúben Amorim come il proprio maestro. Fu lui, infatti, a guidarlo nei primi anni di carriera al Belenenses e fu sempre lui a farne un cardine del Benfica tricampeão tra il 2010 e il 2015. Se in campo Rúben Amorim si distingueva per il suo gioco ordinato e per la sua duttilità (ha giocato spesso anche da terzino destro, oltre che da centrocampista centrale), in panchina punta tutto sulla solidità e sull’organizzazione. Il suo Sporting propone un 3-4-3 che concede pochissimo agli avversari, grazie alla prestanza fisica del trio difensivo e all’esuberanza atletica dei due esterni. Uno schema che – per restare ai confini nostrani – può ricordare quello dell’Inter di Conte.
Con questo schieramento lo Sporting ha concesso solo 20 gol in 34 partite, 4 dei quali subiti nell’ormai ininfluente derby con il Benfica alla penultima giornata. Lo spagnolo Pedro Porro, in prestito biennale dal Manchester City, è stato padrone della fascia destra, mentre a sinistra si è imposto il talento di Nuno Mendes, classe 2002 già nel giro della nazionale maggiore portoghese (è stato anche convocato per gli Europei). Il trio difensivo composto da Coates, Feddal e Gonçalo Inácio (con l’ex Siena Luís Neto come prima alternativa) ha garantito ottima copertura ad Antonio Adán, esperto portiere spagnolo che ha colmato il vuoto lasciato da Rui Patrício, passato tre anni fa al Wolverhampton e mai adeguatamente sostituito. Alla solidità della fase difensiva contribuiscono i due centrocampisti centrali: l’ex interista João Mário, riciclatosi egregiamente come regista, e João Palhinha, che Rúben Amorim aveva già avuto modo di allenare al Braga. Dalla sua ex squadra il tecnico ha prelevato anche il centravanti Paulinho, un attaccante poco spettacolare ma molto funzionale alla manovra. Pur essendo arrivato solo a febbraio, il 28enne nativo di Barcelos si è imposto subito come terminale ideale del tridente di Rúben Amorim, scalzando il giovane Tiago Tomás (2002), il cui apporto è stato comunque molto positivo nel corso della stagione.
Alle spalle del centravanti, nell’undici titolare, hanno agito il mancino Nuno Santos, proveniente dal Rio Ave, e Pedro Gonçalves, miglior giocatore e capocannoniere del campionato con 23 gol. L’esplosione del trequartista nativo di Chaves è stata fragorosa: prodotto delle giovanili del Braga, fino a pochi mesi fa era solo una delle tante pedine costrette a girovagare per l’Europa tra le squadre nell’orbita di Jorge Mendes. Valencia, Wolverhampton e infine Famalicão, piccolo club del Minho, protagonista della miglior stagione della sua storia (6° posto finale in campionato), poco dopo essere stato acquistato dal milionario israeliano Idan Ofer, già azionista di rilievo dell’Atletico Madrid. La parabola di Pedro Gonçalves ricorda per certi versi quella di Bruno Fernandes, rilanciatosi allo Sporting dopo anni alterni in Italia. Difficile pensare che il folletto 22enne dei Leões possa ripercorrere le orme dell’attuale centrocampista del Manchester United, ma il repertorio di conclusioni, dribbling e inserimenti repentini in area lascia ben sperare per il suo futuro e quello dello Sporting.
Molto promettenti sembrano essere anche il 19enne difensore Eduardo Quaresma, solo omonimo dell’ex interista Ricardo ma parente di Zico (!), il non più giovanissimo (22 anni) esterno offensivo Jovane Cabral, nazionale di Capo Verde, e il centrocampista Matheus Nunes, anch’egli 22enne, autore, secondo lo stesso Rúben Amorim, del gol più importante del campionato contro il Braga, alla 29esima giornata. Con una media di 24,8 anni lo Sporting è la quarta squadra più giovane del campionato, guidata dal più giovane allenatore in assoluto. Considerando la storica prolificità del vivaio di Alcochete, non è peregrino pensare che quest’annata possa avere gettato le basi per un futuro roseo, anche se gli equilibri del calcio portoghese sono piuttosto labili: il mercato può stravolgere in pochi mesi la struttura della squadra e lo stesso Rúben Amorim potrebbe lasciarsi tentare dalle tante sirene che lo vorrebbero già su una panchina di un top club europeo.