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L'analisi del lunedì: play, playmaker
03 mar 2014
Inizia una nuova rubrica in cui analizziamo i big match del weekend: questa settimana, parliamo di Roma-Inter, di Milan-Juve e dei ruoli decisivi di due playmaker, Andrea Pirlo e Daniele De Rossi.
(articolo)
13 min
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INTRODUZIONE

Ci sono due cose di cui è ricca la Serie A. Prima di tutto di battaglie tattiche, ovvero dell'arte italianissima di adattare il proprio schieramento a quello avversario. Secondo poi di centrocampisti difensivi chiamati a impostare il gioco dalla difesa, quel tipo di giocatore che, a seconda della maggiore o minore influenza che riesce ad avere sulla gara, si può chiamare playmaker. I big match di questa settimana sono un'ottima dimostrazione di entrambe le eccellenze italiane. Sia la Roma che la Juventus hanno sofferto per le attenzioni portate dagli allenatori avversari alle loro fonti di gioco, sia l'Inter che il Milan si sono adattate, con risultati diversi anche per motivi indipendenti dalle scelte dell'allenatore, a due avversarie sulla carta superiori.

ROMA-INTER

Primo tempo: la scelta di Mazzarri

Schierare il “Cuchu” Cambiasso si è rivelata una mossa decisiva per il meccanismo difensivo di Walter Mazzarri teso a bloccare Daniele De Rossi, la fonte del gioco romanista. Sul centrocampista della Nazionale, e capitano almeno per la serata di sabato, che come sempre arretrava a inizio azione per impostare il gioco, andavano in prima battuta le punte interiste, Palacio più spesso di Icardi, costringendo i terzini romanisti, Torosidis e Romagnoli, a stare insolitamente bassi per dare supporto ai due centrali difensivi. Il resto della squadra nerazzurra nel frattempo aspettava nella propria metà campo, con la linea di difesa a cinque posizionata sui 25-30 metri: una scelta che si può dire coraggiosa, vista la tendenza delle squadre che affrontano la Roma di negare la profondità agli esterni giallorossi abbassandosi fino all'altezza dell'area di rigore.

Per sfuggire al controllo di Palacio e Icardi, De Rossi ha provato ad alzare di una ventina di metri il proprio raggio d'azione e Mazzarri, da buon scacchista, ha pensato alla contro-mossa successiva: chiedendo a Cambiasso di staccarsi dai compagni di centrocampo per andare a prendere il romanista. Il risultato è stato che De Rossi ha toccato insolitamente pochi palloni nel primo tempo, con un unico lancio filtrante completato che ha messo Gervinho davanti ad Handanovič, che l’ivoriano però non è riuscito a girare con forza verso la rete.

Il primo tempo di De Rossi contro l'Inter; confrontato al primo tempo di Bologna in cui ha effettuato più del doppio dei passaggi.

Le difficoltà nello sviluppo del gioco della Roma erano dovute anche ad un altro fattore: nessuno dei tre attaccanti giallorossi riusciva a rendersi disponibile tra le linee. Per di più, l’assenza del contributo offensivo di Torosidis e Romagnoli costringevano le ali romaniste a stare larghe e Destro, più portato alla ricerca della profondità che a offrire una sponda ai suoi centrocampisti, restava isolato in mezzo ai tre centrali nerazzurri. Garcia ha portato Gervinho da sinistra a destra dopo pochi minuti, ma continuava a non esserci spazio per le sue corse sulla fascia, sempre chiuso da Nagatomo e costretto a tornare verso l’interno del campo, dove trovava il raddoppio di Juan Jesus o Álvarez. Ljajić ha incontrato difficoltà simili sulla fascia opposta, in una sola occasione ha messo a sedere Jonathan ed è arrivato sul fondo, sprecando malamente con un cross sballato per l’accorrente Gervinho.

Da parte sua l’Inter, quando era in possesso della palla, cercava di spostare il gioco velocemente verso le fasce, dove gli esterni ricevevano l’assistenza degli interni di centrocampo Álvarez e Guarin. Raramente però i giocatori interisti sono riusciti a creare una situazione di superiorità numerica, la Roma in fase di non possesso si compattava bene, grazie ai rientri difensivi di Ljajić, in un coperto 4-4-2. I nerazzurri sono riusciti a impensierire De Sanctis con due cross dalla trequarti: nella più pericolosa delle occasioni, erano stati bravissimi a dividersi l’area di rigore con Icardi e Guarin rispettivamente sul primo e sul secondo palo e con Palacio che ha colpito indisturbato all’altezza del dischetto, mandando la palla di poco alta sulla traversa.

L’unica azione palla a terra, l’Inter è riuscita a imbastirla al ventiseiesimo, quando Samuel è uscito dalla linea difensiva per impostare in verticale su Icardi. L’attaccante argentino, col suo movimento incontro, ha trascinato fuori posizione Benatia e prima ancora di ricevere palla ha visto lo scatto di Álvarez nello spazio.

Álvarez è stato molto bravo ad anticipare un tempo di gioco infilandosi tra Benatia e Torosidis, quest’ultimo inspiegabilmente alto per dare pressione a Nagatomo nella metà campo avversaria. Il cross rasoterra con cui la mezz’ala mancina conclude l'azione non trova però nessun compagno pronto ad indirizzare un tiro verso la rete.

Secondo tempo: il diamante di Garcia

Garcia sposta le sue pedine, già al ventinovesimo aveva chiesto a Ljajić di giocare stabilmente da trequartista—l’intenzione era quella di avere un giocatore alle spalle di Cambiasso—ma il serbo si abbassava persino troppo, arrivando in alcune occasioni a prendere il pallone dai piedi dei suoi difensori e il tecnico francese ha deciso di giocarsi la carta Miralem Pjanić già al nono minuto del secondo tempo. Pjanić si è reso subito pericoloso in quella zona di campo, lanciando Strootman in verticale che a sua volta ha servito Destro, l’attaccante però si è fatto chiudere in angolo proprio un attimo prima di calciare verso la rete. Il numero 22 giallorosso, sacrificato in fascia per lunghi tratti del primo tempo, ha iniziato a venire più stabilmente in mezzo, col Gervinho compagno di reparto nel 4-3-1-2 del secondo tempo, con Pjanić secondo playmaker avanzato, punta del diamante di centrocampo.

La contromossa di Mazzarri non si è fatta attendere molto: Cambiasso ha iniziato a seguire Pjanić praticamente a uomo. Il cambio di marcature ha regalato però un’improvvisa libertà a De Rossi, che ha toccato molti più palloni nella metà campo interista e distribuito il gioco per le corse nello spazio di Torosidis e Romagnoli, finalmente più intraprendenti.

Confrontando primo e secondo tempo di De Rossi si vede bene la maggiore libertà guadagnata grazie all'ingresso in campo di Pjanić.

L’Inter a quel punto non è più riuscita a risalire il campo, contrariamente a quanto avveniva nel primo tempo i difensori nerazzurri si sono affidati spesso al lancio lungo: e né Palacio, né Icardi, sono riusciti a vincere un duello con Benatia e Castán e a tenere palla.

L’occasione più clamorosa dell’intera partita (forse l'unica che si possa considerare davvero tale in uno scontro soprattutto fisico) è arrivata al ventinovesimo minuto della ripresa. Nainggolan è riuscito a liberarsi della guardia di Cambiasso dribblandolo con un incredibile doppio tacco, destro e sinistro, lanciandosi poi nel corridoio centrale lasciato dall’Inter, tutta in pressione sulla fascia sinistra.

Così davanti a Nainggolan si è creato un pericoloso due contro due: alla sua sinistra Destro, controllato da Rolando; alla sua destra Pjanić, schermato da Samuel. Proprio l’argentino dell’Inter ha deciso incautamente di uscire a chiudere la possibilità per il tiro da fuori di Nainggolan, senza aspettare il rientro del compagno Jonathan e lasciando libero Pjanić al limite dell’area di rigore. Il bosniaco è stato puntualmente servito dal compagno con un lob perfetto, ha controllato e scaricato di controbalzo verso la rete. Ma il tiro non è di quelli irresistibili e il riflesso di Samir Handanovič, che arriva a terra con la mano destra in un lampo, nega il gol alla Roma.

Le mosse di Mazzarri, che nel frattempo aveva inserito più qualità in mezzo al campo con l’ingresso di Hernanes e Botta, rispettivamente per Álvarez e Icardi, non hanno avuto l’effetto sperato: la linea difensiva dell’Inter è rimasta schiacciata all’indietro e i metri di campo da colmare per dare assistenza agli attaccanti sono diventati troppi per i centrocampisti. L’Inter è arrivata al tiro con azioni sporadiche e quasi sempre con conclusioni da fuori. Una mano all’allenatore livornese l'ha data involontariamente Garcia, che nei nove minuti finali ha tolto le punte, Destro e Gervinho, per Bastos e Florenzi. Questi ultimi, pur mantenendo le posizioni offensive nel 4-3-1-2, non hanno dato riferimenti ai compagni per essere serviti e la Roma non è riuscita a tener palla nella metà campo interista, subendo l’ultimo forcing della partita, invece di provare a vincere.

MILAN-JUVENTUS

Primo tempo: Seedorf in marcatura di Pirlo (pensando ai vecchi tempi)

Questa Juventus, nella terza incarnazione disegnata da Antonio Conte, è una macchina da gol con una media di 2,4 reti a partita, nelle 25 gare giocate fin qui. Andrea Pirlo è il principale creatore di gioco e gli allenatori avversari di solito si danno da fare per limitarne il campo d'azione e anche Clarence Seedorf, ieri sera, ha provato ad ingolfare la macchina bianconera con un meccanismo di pressing e marcature molto complesso. Anzitutto ha scelto Poli come trequartista centrale, affidandogli il compito di marcare a uomo Pirlo ad inizio azione. Pazzini, davanti a lui, si è sacrificato andando a pressare Bonucci e i trequartisti esterni Kaká e Taarabt restavano alti e larghi per impedire lo sbocco verso Lichtsteiner e Asamoah (in inferiorità sulle fasce se si contano anche Emanuelson e Abate). Così gli unici lasciati liberi di impostare erano Barzagli e Cáceres e l’unica possibilità di gioco concessa ai due era il lancio lungo verso gli attaccanti.

Llorente due contro uno con i difensori centrali milanisti, con Rami in particolare ha ingaggiato una lotta fisica che lo ha visto vincitore per quasi tutto il primo tempo. Il lavoro di copertura su Tévez è stato svolto con molta cura da Montolivo, De Jong e dallo stesso Poli, bravo a districarsi nel doppio compito. A Tévez è stato impedito sia di raggiungere le poche spizzate di Llorente (su una di queste l’argentino ha impensierito Abbiati calciando di prima intenzione) sia di ricevere palla tra le linee col consueto movimento incontro. La strategia di Seedorf ha dato i suoi frutti e dopo pochi minuti la Juventus è costretta a lasciare campo al Milan.

Il primo tempo di ieri di Andrea Pirlo confrontato con il primo tempo della settimana scorsa contro il Torino.

Nella metà campo juventina c'erano molti uomini milanisti, soprattutto dal lato di Emanuelson che spesso ha assecondato il movimento di Pazzini. L’attaccante italiano, che ieri sostituiva l’infortunato Balotelli, ha spesso provato il taglio dal centro verso sinistra e in una di queste occasioni Kaká ha trovato la porta di Buffon al volo sulla spizzata del compagno. In tutti gli altri tentativi, Bonucci ha quasi sempre letto il movimento di Pazzini, agendo come una sorta di libero vecchio stampo.

Il Milan ha costruito il dominio nel possesso palla del primo tempo sull’intraprendenza dei suoi terzini: Abate ed Emanuelson hanno costretto Asamoah e Lichtsteiner a restare bassi, quasi a formare una linea difensiva a cinque. Contemporaneamente, con Montolivo che saliva da dietro aggiungendosi ai trequartisti, i tre centrocampisti bianconeri si sono trovati in inferiorità numerica in mezzo al campo. Con la Juventus che preferiva aspettare bassa senza impedire al Milan di impostare con la difesa (e il solito bassissimo De Jong) è interessante osservare il diverso lavoro svolto dai trequartisti milanisti in fase di possesso palla: Kaká ha preferito partire largo a sinistra per poi accentrarsi allo scopo di liberare la fascia per portare Emanuelson al cross e per cercare le combinazioni coi compagni davanti alla difesa juventina; Poli ha attaccato l’ultima linea bianconera con corse da lontano e con continuità, cercando di sfruttare lo spazio creato dai movimenti di Pazzini. Ma il più pericoloso dei tre è stato sicuramente Taarabt: il marocchino ha potuto svariare su tutto il fronte d’attacco e quando è riuscito a ricevere palla alle spalle di Marchisio o Pogba, ha puntato la difesa creando molte apprensioni con i dribbling e il tiro da fuori.

I tre centrocampisti del Milan sono stati bravi ad anticipare le combinazioni tra Tévez e Llorente e verticalizzare rapidamente e il forcing milanista ha prodotto più di un’occasione nella prima frazione. La più ghiotta è arrivata al venticinquesimo minuto: Pazzini ha addomesticato un campanile a liberare dalla difesa ed è scattato in profondità col solo Bonucci a inseguirlo. La Juventus era salita praticamente con tutti i uomini negli ultimi 30 metri e ha subìto il contropiede. Il centravanti milanista prima ha attaccato l’area di rigore, poi ha temporeggiato in attesa dell’arrivo dei compagni e al momento giusto ha servito verso Poli. Il centrocampista ha fatto velo per liberare Taarabt alla conclusione. Il marocchino, in maniera geniale, anziché tentare il tiro ha trovato di prima Kaká completamente libero sul lato opposto. Il brasiliano ha avuto due occasioni per far girare la partita a proprio favore: prima Buffon e poi Bonucci sulla linea gli hanno negato il gol.

Pur incapace di imbastire le solite trame di gioco e in apprensione in difensa, quando la Juve è arrivata dalle parti di Abbiati è sempre riuscita a creare un pericolo. C'era già stata una bella combinazione Tévez-Lichtsteiner al diciottesimo, ma all’ultimo minuto del primo tempo il Milan è stato punito sull’unica indecisione difensiva di Adil Rami.

Il difensore francese è andato fuori coordinazione correndo all’indietro e non è riuscito a liberare un lancio dalla difesa di Bonucci. Marchisio, che ha seguito l’azione, si è avventato per primo sulla corta respinta dell’avversario e ha servito palla dietro a Tévez. L’argentino con un tocco vellutato e di prima ha premiato l’inserimento in profondità di Lichtsteiner. Il laterale svizzero ha preso d’infilata tutti gli avversari, messi fuori causa dall’idea di Tévez, e ha crossato la palla di nuovo all’indietro per Llorente.

Secondo tempo: il fattore stanchezza

Le squadre sono tornate in campo dall’intervallo con gli stessi undici ma il copione della partita è cambiato dopo cinque minuti, quando Poli è andato a staccare al centro dell’area scontrandosi con Cáceres. Il centrocampista rossonero è stato costretto a lasciare il campo in barella e al suo posto Seedorf ha scelto l’altro Riccardo, l'ex Empoli, Saponara. Pur ereditandone i compiti in marcatura, l’azione di controllo del neo entrato nei confronti di Andrea Pirlo è stata meno efficace rispetto a quella attuata da Poli, lasciando più spazio al regista juventino per controllare il gioco.

Guardando le zone dove Pirlo ha ricevuto i passaggi dei compagni si nota facilmente la maggiore libertà d'azione avuta da Andrea nel secondo tempo. Decisiva.

I pericoli maggiori per la Juventus sono ancora da Taarabt che ha continuato a svariare su tutto il fronte finché la sua condizione fisica ha retto. Sarebbe meglio dire: finché la condizione di tutto il Milan ha retto, perché intorno al dodicesimo minuto si è cominciato a notare l’aumento delle distanze tra i reparti. Si sono cominciati a vedere meno uomini nella metà campo della Juventus, che ha spostato gradualmente in avanti il proprio baricentro riuscendo finalmente a trovare un uomo pronto a ricevere palla nella metà campo rossonera.

Ed era un Milan spezzato in due, quello che ha concesso il raddoppio. Carlos Tévez ha ricevuto palla alle spalle di De Jong e Montolivo per puntare subito la linea difensiva milanista. Marchisio e Pogba si sono spinti in avanti fino a ritrovarsi in linea con Llorente e costringendo i milanisti a scalare frettolosamente le marcature e “l'Apache” ha servito Asamoah e si è liberato per il tiro che nessun rossonero ha potuto andare a chiudere: Saponara è stato preso in mezzo dall’argentino e da Pirlo; De Jong era in ritardo e stava marcando Pogba.

Con la partita virtualmente chiusa al ventiduesimo minuto della ripresa, Seedorf ha cercato di muovere di nuovo gli equilibri con i cambi (Honda e Robinho rispettivamente dentro per Montolivo e Taarabt), ma dal raddoppio in poi la squadra di Conte ha preso definitivamente il comando. Le uniche emozioni fino al triplice fischio sono stati i legni colpiti da Pogba, con un destro da fuori area al quarantaduesimo, e da Robinho, con una traversa centrata da pochi passi a tempo scaduto.

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