GLI EPISODI
Minuto 81. 0-0. L’Italia è ancora dentro questo Mondiale. È in dieci uomini, ma mancano solo 9 minuti più il recupero. Calcio d’angolo dalla sinistra di Buffon; alla battuta c’è il mancino Gastón Ramírez.
Come si è visto nei due corner già battuti dall’Uruguay, il piano dell’Italia nei calci d’angolo è quello di marcare tutti i saltatori avversari e disporre qualche altro uomo a zona.
Il calcio d’angolo decisivo non si può difendere così. I due giocatori più pericolosi, Godín e Suárez (cerchiati in giallo) sono liberi da marcatura. Godín, ma tanto lo sappiamo tutti, ha segnato di testa al Barcellona nell’ultima decisiva partita della Liga e al Real Madrid nella finale di UCL.
Nello screenshot, cerchiati in rosso, 4 giocatori dell’Italia disposti a zona: Cassano appena fuori dall’area di rigore, De Sciglio a 4 metri da Cassano, Pirlo a proteggere la zona del primo palo e Darmian al centro dell’area piccola. C’è un problema: i saltatori dell’Uruguay sono sette, marcati solamente da cinque giocatori dell’Italia. In particolare, il giocatore più lontano dal pallone, Bonucci, che nei due precedenti corner ha sempre marcato Godín, si ritrova a dovere gestire la presenza, oltre che dell’uomo a lui assegnato, di Luis Suárez alla sua destra. Numericamente ci sono due uomini non marcati, in pratica sono 3 visto che Bonucci è messo in mezzo tra Godín e Suárez. Il centrale dell’Atletico Madrid è libero di prendere la rincorsa non marcato e se può saltare in questa maniera diventa letale. E infatti colpisce lui e mette la palla in rete.
Nel calcio d’angolo precedente, con l’Italia già in dieci, tutti e nove i giocatori di movimento sono dentro l’area e i giocatori a zona sono solo 3. Tutti i saltatori dell’Uruguay (6 in questo caso), sono marcati.
Lo screenshot del precedente corner mostra la medesima disposizione degli uomini a zona, fatta eccezione per l’uomo fuori area, che in questo caso non c’è. I marcatori sono infatti sei. Tra cui il centravanti Immobile.Non possiamo sapere dall’esterno cosa non ha funzionato nel calcio d’angolo decisivo. È possibile che qualcuno abbia disatteso le nuove marcature successive alla sostituzione Cassano-Immobile (è improbabile pensare che il nuovo entrato potesse essere uno dei marcatori designati); è possibile che le nuove disposizioni siano state poco chiare. Il fatto è che a nove minuti dalla fine, dovendo tenere il pareggio, l’Italia lascia tre uomini liberi (e due di questi, ripeto, sono Diego Godín e Luis Suárez) in occasione di un calcio d’angolo. Un suicidio.
Un suicidio che racconta di una squadra impreparata a gestire questa partita e la pressione di un match dentro/fuori ai Mondiali. Come si dice adesso, una squadra che “non è sul pezzo”.
Il calcio è uno sport profondamente ingiusto. Si gioca coi piedi, enormemente più imprecisi delle mani, in uno spazio enorme. Generalmente le vere occasioni per fare gol in una partita sono nell’ordine delle unità e capita che si vinca anche facendo un solo gol (o, come nel caso di ieri, si possa “vincere” anche finendo la partita 0-0). Si gioca tutto su pochi eventi e, su numeri così bassi, la gestione dell’episodio risulta spesso decisiva. Nel basket, dove il numero di azioni per fare canestro è molto più elevato l'incidenza sul risultato finale dell’episodio è molto minore.
Questa non vuole essere una sorta di “giustificazione” per la Nazionale italiana, non siamo usciti al primo turno del Mondiale per un episodio gestito male. Innanzitutto perché la gestione degli episodi è in genere fondamentale nella valutazione tattica di una squadra e se li gestisci male non è certo un’attenuante, semmai un’aggravante. Ma, nel caso particolare, mostra che l’Italia ha capito ben poco di questa partita, giocata contro la più forte squadra del mondo nella gestione degli episodi.
Prima di questa partita la squadra di Tabárez aveva effettuato una media di 8,5 tiri per partita, ultima posizione assieme all’Iran, in questa particolare statistica. Eppure aveva segnato tre gol, più dell’Italia e come, ad esempio, il Ghana, che ha tirato in media 19,5 volte a partita. L'Uruguay è la squadra al penultimo posto dei Mondiali come percentuale di passaggi riusciti (74%).
L’Uruguay non avrebbe fatto la partita si sapeva. Non avrebbe aggredito l’Italia. Non si sarebbe scoperta. Non avrebbe stravolto i suoi piani di gioco “solo” perché le serviva a tutti i costi una vittoria. Avrebbe atteso l’episodio. Lo sapeva l’Italia, lo sapevano tutti. Proprio per questo il piano dell’Italia sarebbe dovuto essere strutturato in due punti: gestione super attenta degli episodi (leggi in particolare calci piazzati) e non assecondare il “non gioco” della Celeste.
Il primo punto, come visto, è miseramente fallito al minuto 81. Analizziamo adesso il secondo.
LA BATTAGLIA TATTICA
Come annunciato l’Italia gioca 3-5-2 con Immobile-Balotelli come coppia d’attacco. La presenza di due attaccanti centrali suggerisce prudenza a Tabárez che non vuole accettare situazioni di parità numerica al centro della difesa e pertanto schiera la propria squadra, anch’essa con tre difensori centrali, disegnando così in campo due squadre disposte a specchio. Gli uomini sono gli stessi del 4-3-1-2 visto contro l’Inghilterra, ma Cáceres fa il centrale di sinistra, Gonzales l’esterno destro e Lodeiro la mezzala destra.
Le due squadre disposte a specchio con il 3-5-2.
In campo si generano delle contrapposizioni ben definite: le mezzali si affrontano tra loro, così come gli esterni.
In fase di non possesso l'Uruguay si dispone tranquillamente nella propria metà campo, con Cavani che si abbassa su Pirlo. Il piano di gioco è quello solito: aspettare, aspettare, aspettare. In second’ordine provare qualche ripartenza (lunga, vista la zona media di recupero palla dell’Uruguay) con Suárez e Cavani. Non rischiare nulla. Eventualmente, se necessario, provare a forzare nell’ultimo quarto d’ora.
L’atteggiamento dell’Uruguay è talmente prevedibile che a fine partita i suoi giocatori avranno effettuato 369 passaggi quando la media delle due precedenti partite era 371, di cui 276 corti e 70 lunghi (287 e 65 la media nelle prime due partite). Quasi esattamente gli stessi numeri.
L’errore fondamentale dell’Italia è quello di giocare la partita dell’Uruguay. Di accomodarsi sui ritmi e sul disegno progettato da Tabárez. Le scelte dovevano essere estreme: costringere gli uruguaiani a fare loro la partita o, al contrario, giocare un match per vincere, spaventando gli avversari e forzandoli a una partita a ritmi più elevati. Invece l’Italia non ha scelto niente e l’apparente controllo della partita si è rivelato una pura illusione.
L’Italia è stata apparentemente in controllo del match ma, nonostante il cambio di modulo e di uomini, la pericolosità degli azzurri è stata praticamente nulla. Come contro il Costarica.
La tanto invocata difesa a tre ha funzionato in fase di non possesso: Barzagli, Bonucci e Chiellini sono sempre stati in superiorità numerica contro Suárez-Cavani e tutto sommato le due occasioni avute da Suárez, entrambe parate da Buffon, possono essere considerate un equo tributo da pagare alle capacità del duo d’attacco dell’Uruguay. Il 3-5-2 ha però del tutto fallito in fase di possesso palla, non creando alcun pericolo al portiere uruguaiano Muslera.
Ancora una volta, nonostante il cambio di modulo, i difetti sono stati quelli visti in questo Mondiale: squadra che attacca con pochi uomini, dal baricentro troppo basso e con troppi uomini che si pestano i piedi in zona mediana.
Contro la pressione di Suárez e Cavani il rombo arretrato costituito da Barzagli, Bonucci, Chiellini e Pirlo è sempre in superiorità numerica e può gestire le fasi iniziali della manovra. In particolare grossa libertà è concessa a Barzagli e Chiellini.
Barzagli può avanzare non contrastato fino alla tre quarti avversaria. Su di lui deve uscire addirittura Cáceres.
Nonostante la superiorità numerica i movimenti di smarcamento di Verratti sono sempre in prossimità di Andrea Pirlo e mai in zona avanzata. E se Verratti gioca un’ottima partita da un punto di vista tecnico, rimangono forti interrogativi sull’utilità tattica della sua interpretazione del match. Sarebbe stato utile 20 metri più avanti da subito, anche per la possibilità di offrire una linea di passaggio in avanti al rombo arretrato, abbassando oltretutto la posizione del pericoloso Rodríguez. Il risultato è che l’Italia ha quasi sempre 4 giocatori dietro o sulla linea del pallone : il baricentro si abbassa, il numero di uomini sopra la linea della palla è troppo basso (oltretutto Darmian e De Sciglio sono, giustamente, sempre aperti e quindi non giocano “tra le linee”) e Balotelli approfitta degli spazi non coperti dai centrocampisti per assecondare la sua voglia di girare al largo dai difensori uruguaiani e lasciare al proprio destino, tra Giménez, Godín e Cáceres, Ciro Immobile.
Verratti si abbassa a prendere palla. Balotelli gioca la zona di campo lasciata libera dalla mezzala lasciando in solitudine Ciro Immobile.
Con Verratti a giostrare in posizione arretrata, le possibilità di giocare la palla avanti e contemporaneamente alzare tutta la squadra rimane essenzialmente nelle mani dei movimenti della coppia di attaccanti. Come già detto Balotelli gioca lontano della linea difensiva avversaria e le qualità dei suoi smarcamenti è, come sempre, davvero povera. Oltretutto, se sorpassato dal pallone nella manovra offensiva, l’attaccante azzurro non accorcia verso la porta avversaria, lasciando Immobile a coprire l’intero fronte offensivo.
Sul cross di De Sciglio in area c’è il solo Immobile, con Balotelli al limite.
In questo contesto tattico Immobile è quasi costretto a effettuare i movimenti che predilige, attaccando quasi sempre la profondità, non sempre nei tempi giusti e quasi mai con successo. Sostanzialmente i due attaccanti non giocano assieme, si muovono in maniera pressoché indipendente, col risultato di non fornire alcun concreto aiuto nel possesso palla fungendo da perno per fare salire la squadra o regalando soluzioni di gioco profonde. I due combinano pochissimo tra loro (solo tre passaggi tra i due in 45 minuti di gioco) e la pericolosità del possesso palla dell’Italia è molto ridotta. In pratica nessuna pressione sulla squadra di Tabárez che può continuare comodo nel proprio gioco d’attesa.
La zona di maggiore pressione per la difesa italiana è la zona di centro-destra dove Cristian Rodríguez, con buona forza nella gambe, riesce a mettere in difficoltà Verratti, non sempre concentrato in fase difensiva. Proprio da quella zona di campo nasce infatti l’occasione di Suárez nel primo tempo, sventata dall’uscita di Buffon. Dall’altro lato del campo Marchisio riesce invece a controllare con tranquillità Lodeiro.
IL SECONDO TEMPO
Nell’intervallo Prandelli sostituisce Balotelli con Parolo. Marchisio si sposta nella posizione di mezzala destra, Parolo prende quella di mezzala sinistra e Verratti viene avanzato nominalmente alle spalle di Immobile.
Anche Tabárez mette mano alla sua squadra, inserendo Maxi Pereira al posto di Lodeiro: il neo entrato si piazza sull’esterno destro con Gonzales in posizione di mezzo-destro. Ancora una volta l’Uruguay segue logiche originali, abbassando la qualità della squadra sebbene abbia la necessità di segnare un gol.
Sebbene con 5 difensori dietro, si rivede il centrocampo a Y di Daniele Manusia.
La mossa tutto sommato sembra rendere più fluido il gioco dell’Italia, con Parolo e Marchisio che in possesso palla si alzano in posizione intermedia occupando lo spazio ai fianchi di Arévalo Rios, impegnato da Verratti, regalando così linee di passaggio a Pirlo e ai tre difensori. E, vista anche la prestazione tattica di Balotelli, la squadra non paga pegno in peso offensivo, perché Immobile, aveva in ogni caso giocato da solo contro tre difensori avversari. In occasione di una palla ricevuta al limite dell’area dell’ex Pescara (finta su due difensori e assist su Immobile in fuorigioco), si intravede la potenziale pericolosità di Verratti più vicino all’area avversaria.
Anche cambiando posizione però Verratti si abbassa in zona Pirlo a cercare palloni. Un contributo dannoso all’economia globale della squadra. La superiorità numerica era comunque garantita dai tre difensori più Pirlo.
L’espulsione di Marchisio cambia le carte in tavola. Per l’Uruguay è il segno che è ora di provarci e ci prova nell’unico modo che sa e che può: alza la pressione in fase di non possesso per cercare di rubare il pallone prima e in zona più avanzata possibile cercando di innescare velocemente le punte.
Tabárez cambia tatticamente la squadra inserendo Stuani al posto di Pereira: è 4-3-1-2 con Cavani colpevolmente allontanato dall’area di rigore per lasciare spazio al neo-entrato come partner d’attacco di Suárez.
Prandelli sostituisce uno sfinito Verratti con Thiago Motta, aggiungendo centimetri alla squadra. Ma è l’ingresso di Cassano al posto di Immobile che davvero regala campo all’Uruguay. Cassano è chiamato a occupare il ruolo di unica punta nel 3-5-1 con cui Prandelli ha disposto la squadra dopo l’espulsione di Marchisio. Ma Cassano non è in grado né di tenere palla in quella posizione, né tanto meno di allungare la squadra con movimenti profondi. L’Italia non riesce più ad alzare il baricentro e si consegna a una partita puramente difensiva. L’Uruguay è talmente sicuro di non correre rischi dietro, che a un quarto d’ora dalla fine Godín si sgancia in avanti ad ogni azione offensiva. Perché ormai lo schema è uno solo: fare giungere la palla sull’esterno e da lì metterla in mezzo con i cross.
Dal 75esimo all’81esimo minuto Godín fa avanti e indietro dalla proprio linea difensiva all’area di rigore dell’Italia.
Ormai delle due cose che avremmo dovuto fare contro l’Uruguay la seconda è saltata: abbiamo assecondato il piano di gioco di Tabárez che è lì dove avrebbe voluto essere: a un quarto d’ora dalla fine, sul punteggio di 0-0 e con 15 minuti davanti in cui forzare l’"episodio”. Anzi, grazie all’espulsione di Marchisio, è pure più avanti. Rimane il primo punto del piano: gestione concentrata e impeccabile degli episodi. E, come si è visto, al minuto 81 della partita anche il primo punto salta. Siamo fuori dai Mondiali.
RIFLESSIONI POST-PARTITA
Ho già sforato come tempi e come numero di battute per questo articolo. Nonostante mi sia sforzato di limitare l’analisi a quello che è successo all’interno del campo nei 90 minuti di gioco, tralasciando i 180 minuti precedenti e tutte le parole dette dai protagonisti prima e dopo la partita. E ci sarebbe davvero molto da dire sulla gestione complessiva della squadra a questo Mondiale. Circoscrivendo il campo a questi decisivi 90 minuti, pare abbastanza chiaro che la squadra abbia offerto una prestazione tattica deludente. La difesa a tre ha funzionato in fase di non possesso, ma incredibilmente non sono stati sfruttati i possibili ed evidenti vantaggi in fase di possesso: con l’Uruguay in attesa e i soli Cavani e Suárez a pressare il rombo arretrato disegnato da Pirlo e i tre difensori, sarebbe stato possibile utilizzare tale superiorità per gestire il possesso palla e schiacciare gli avversari nella loro metà campo ovviando così a uno dei problemi di questa versione mondiale dell’Italia: pochi uomini in attacco e poco gioco nell’ultimo terzo di campo. Invece, contro gli interessi della squadra, si è scelto di abbassare anche Verratti, allungando la squadra e perpetuando i difetti già visti con gli altri sistemi di gioco. Sarebbe a questo punto stata necessaria una prestazione tattica di ben altro spessore della coppia di attaccanti, ma i movimenti coordinati delle due punte sono stati inesistenti e, ancora una volta, il nostro centravanti è rimasto solo contro l’intera difesa avversaria. Nonostante ciò siamo arrivati a 9 minuti dalla qualificazione. E la sconcertante gestione dell’episodio decisivo racconta molto, a mio parere, della confusione e della approssimazione di questo Mondiale dell’Italia. Siamo a casa, a mio parere meritatamente.