• Euro 2024
Emanuele Mongiardo

Il pomeriggio in cui ci siamo innamorati della Romania di Stanciu

La prima rivelazione di questo Europeo.

Giunto in conferenza stampa dopo aver guidato la Nazionale alla vittoria più larga della sua storia in un grande torneo (la seconda in un Europeo dopo quella contro l’Inghilterra nel 2000), Nicolae Stanciu aveva più di qualche sassolino da togliersi dalle scarpe.

 

La Romania si era qualificata agli Europei in maniera sorprendente, arrivando prima nel suo girone. Poi, però, nel 2024 non aveva raccolto nessuna vittoria. Non solo a marzo aveva perso per 3-2 con la Colombia, ma nelle due amichevoli prima di volare in Germania non era stata in grado di segnare nemmeno un gol contro Bulgaria e, addirittura, Liechtenstein. A Stanciu non erano piaciuti i fischi del pubblico dopo le ultime partite, e non aveva gradito nemmeno l’atteggiamento della stampa, offensivo a suo dire. Ciò che aveva appena realizzato contro l’Ucraina, allora, lo metteva nella posizione di poter rispondere alle critiche. «Avete offeso me e i miei colleghi. Criticate quanto volete ma smettetela di offenderci. Leggete gli articoli che avete scritto».

 

Stanciu è il capitano della Nazionale rumena, leader indiscusso di questa squadra e punto di riferimento per gli altri giocatori. Proprio per questo ai giornalisti il suo sfogo ha ricordato un’altra celebre conferenza stampa del calcio romeno, quella di Gica Hagi alla vigilia del Mondiale di Francia ’98. Anche lì la Romania aveva perso un’amichevole, contro il Paraguay, e tifosi e stampa erano stati particolarmente aspri nei confronti della squadra. L’allora capitano della Nazionale non era riuscito contenere il suo disappunto. «Per dieci anni con le nostre prestazioni abbiamo nascosto le condizioni in cui versa la Romania. Ci meriteremmo una statua! Tra due o tre anni il calcio romeno sarà finito».

 

Hagi, ovviamente dato il suo carattere, aveva utilizzato un tono meno diplomatico di quello di Stanciu e c’è da dire che aveva un’altra autorità. D’altra parte è stato forse il più importante calciatore romeno di tutti i tempi. Per un pomeriggio, però, la Romania ha creduto di essere tornata ai tempi della “generazione d’oro”. E non solo perché, così come al fianco di Hagi in quella conferenza stampa sedeva Iordanescu padre, ieri vicino a Stanciu c’era Edi Iordanescu, attuale CT e figlio dello storico allenatore della Romania. Ciò che ha esaltato i tifosi è che la “Tricolorii” non si è limitata a vincere con sacrificio e furbizia. Tutt’altro: la spavalderia e la confidenza con cui Stanciu, Man, Dragusin e compagni sono scesi in campo ha ricordato quella dei vari Hagi, Popescu, Petrescu e Ilie. Certo, il talento non è lo stesso. Il carisma, però, quello sì.

 

E così ieri pomeriggio, dopo pranzo, magari rubacchiando qualche occhiata durante una giornata di lavoro, o nel leggero stato di sonnolenza post-prandiale, eravamo in attesa di un’Ucraina che si preannunciava piena di talento. E invece, abbastanza a sorpresa, ci siamo ritrovati ad ammirare la classe di Nicolae Stanciu, trequartista del Damac, squadra decima in classifica nel campionato saudita.

 

Stanciu qualche anno fa era la grande promessa del calcio romeno, ma non è mai riuscito ad attirare l’attenzione dei grandi campionati. Gli interisti lo ricorderanno per averlo incontrato in Champions League con la maglia dello Slavia Praga. Da lungo tempo Stanciu è titolare e numero dieci della Romania. L’aveva indossata agli Europei di Francia nel 2016, ultima grande manifestazione a cui la selezione dei Carpazi abbia preso parte, e aveva continuato a vestirla nel percorso di qualificazione verso Euro 2024. Poi, però, prima di partire per la Germania si è infortunato Olimpiu Morutan, vecchia ala del Pisa e tra i giocatori decisivi per Iordanescu. Stanciu, allora, ha deciso di lasciare la maglia numero dieci e di prendere la ventuno di Morutan in suo onore. La dieci, per ragioni di sangue – e, chissà, magari anche di marketing – è tornata sulle spalle di un Hagi, Ianis, figlio di Gica.

 

Poco importa il numero, perché il giocatore verso cui alzare la testa e a cui dare il pallone, per i romeni, continua comunque ad essere Stanciu. Del resto, il suo primo pallone toccato era già di per sé una dichiarazione d’intenti: un colpo di tacco al volo al terzo minuto per appoggiare all’ala sinistra Coman.

 

L’Ucraina non aveva iniziato male la partita. Schierata con un 4-2-3-1, oltre a Zinchenko in posizione di terzino sinistro, la squadra di Rebrov poteva annoverare uno dei migliori portieri della Champions League, Andrij Lunin, e un attacco impressionante sulla carta, con la tecnica purissima di Mudryk, Sudakov e Tsygankov alle spalle di Artem Dovbyk, capocannoniere della Liga con 24 gol. Si preannunciava un pomeriggio di sofferenza per la Romania, squadra abituata a fare della difesa in blocco la sua forza.

 

Iordanescu rispetto al percorso di qualificazione ha optato per uno schieramento diverso in fase difensiva: un 4-1-4-1 con Stanciu e Razvan Marin dell’Empoli mezzali. Contro questo tipo di schieramento, senza pressione da parte romena, l’Ucraina riusciva a trovare facilmente gli uomini ai fianchi del mediano, Marius Marin del Pisa. Una volta che la squadra di Rebrov giungeva sul limite dell’area, però, Dragusin e Burca erano puntuali nel coprire ogni spazio: al di là di un paio di iniziative di Mudryk e Dovbyk, la Romania non ha sofferto davvero.

 

Così, dopo lo sfogo iniziale dell’Ucraina, la “Tricolorii” ha iniziato a prendere campo. La Romania non ha nomi di grido, ma, come avevamo anticipato nella guida, dal centrocampo in su è piena di giocatori a cui piace prendere l’iniziativa e tentare soluzioni ambiziose, che si tratti di un dribbling o di un tiro da fuori. A volte nel calcio l’esecuzione di un gesto può essere legata più a una questione di carisma, di fiducia, che al talento di un giocatore, tanto più nei tornei per Nazionali, dove i valori si rimescolano: la Romania ieri ne è stata la dimostrazione.

 

La prima azione pericolosa è arrivata dopo ventisette minuti, frutto di una serie di azioni individuali di alto livello. L’Ucraina si trovava sulla trequarti e ha cercato il cambio gioco per Mudryk. Andrei Ratiu, terzino destro che in omaggio alla Nazionale del 98’ ha deciso di tingersi i capelli (anche se di blu), ha letto male il lancio e Mudryk è riuscito a ricevere alle sue spalle. Ratiu però ha buone qualità in uno contro uno difensivo. È una riserva del Rayo Vallecano, ma quest’anno in Liga è stato tra i pochi in grado di contenere Vinícius Jr. Mentre Mudryk entrava in area e pregustava il cross, lui è ritornato, gli si è messo davanti e gli ha portato via il pallone in maniera pulita. Poi, allontanatosi dall’area, ha alzato la testa e ha lanciato in profondità. A ricevere lo spiovente c’era Dragus, il centravanti, vecchia riserva di Crotone e Genoa. Per mettere a terra il pallone Dragus si è inventato un controllo di tacco: questo è il livello di fiducia con cui ha giocato ieri la Romania. Poi Marin e Man sono accorsi in suo aiuto e con una bella combinazione hanno guadagnato un calcio d’angolo.

 

Il controllo di tacco di Dragus.

 

Sul prosieguo dell’azione Dragus si è dimostrato più svelto dei difensori ucraini e ha conquistato una seconda palla, prolungando la permanenza della Romania nella trequarti ucraina. Ne è scaturito un altro cross, bloccato agevolmente da Lunin. A quel punto, però, il fatto di essere riusciti per la seconda volta in pochi minuti ad arrivare negli ultimi sedici metri ha riempito di autostima la Romania: perché accontentarsi di difendere nella propria metà campo e non provare a mordere le caviglie degli ucraini aggredendoli in avanti? Così, al primo tentativo di pressing alto, Lunin, l’uomo che ha condotto il Real Madrid in finale di Champions League, ha sbagliato la misura del passaggio e invece di allargare su Zinchenko ha spedito la palla tra i piedi di Dennis Man. Mentre l’ala del Parma controllava, Stanciu si stava sbracciando per chiamargli il passaggio sul limite dell’area. Man lo ha servito con un leggero rimbalzo e Stanciu di prima, col collo interno, ha fatto girare il pallone sotto l’incrocio del secondo palo. Sui social circola una grafica della BBC secondo cui Stanciu sarebbe riuscito a imprimere al tiro una velocità di 116km/h (con 10 rotazioni al secondo se siete appassionati di questo tipo di statistiche).

 

Trascinata da un tifo assordante, fuori scala per gli standard del calcio per Nazionali, dopo il gol la partita si è inclinata dalla parte della Romania, che acquisiva convinzione ogni volta che Dragusin respingeva un cross o un tiro, e ogni volta che riusciva a ripartire. Le aspettative della vigilia si sono quindi capovolte e chiunque stesse guardando ha iniziato ad avere l’irragionevole certezza che la stella in campo non fosse né Mudryk né Zinchenko ma Nicolae Stanciu. Chi altri se non lui avrebbe potuto colpire una traversa da calcio d’angolo ieri pomeriggio? Su un contropiede guidato da Ratiu, Dennis Man si è ricavato un tiro dal limite e solo la deviazione di un difensore gli ha negato il gol.

 

Dalla bandierina si è quindi presentato Stanciu, che ancora una volta ha caricato d’effetto la battuta. Lunin ha fatto un passo in avanti pensando di dover intercettare il cross, ma la palla invece era indirizzata in porta: solo il montante è riuscito salvarlo. È stato il momento in cui Stanciu deve essersi sentito onnipotente.

 

Ma d’altra parte, non è forse questo il senso di una competizione come gli Europei? Che alle tre di un lunedì pomeriggio, cioè, un semisconosciuto trequartista rumeno del campionato saudita, nel bel mezzo di un Romania-Ucraina, inizi a giocare come un numero dieci d’altri tempi, capitano e giocatore più talentuoso, con i calzettoni bassi e la presunzione di tentare il tiro direttamente da calcio d’angolo. Se di tanto in tanto non spuntassero storie così, perché dovremmo considerare imperdibile ogni partita di un Mondiale o di un Europeo?

 

L’Ucraina ha provato a farsi vedere in un paio d’occasioni, con un cross di Mudryk e un contropiede in cui Tsygankov era riuscito a entrare in area. In entrambe i casi, però, Dragusin è intervenuto in maniera imperiosa, mettendo una pezza ai buchi lasciati dai compagni.

 

Contro un’Ucraina che ormai aveva perso le sue certezze, alla Romania non rimaneva che difendere il risultato. La squadra di Iordanescu, questa sorta di controfigura di Alec Baldwin, non solo ci ha messo estrema concentrazione, ma lo ha fatto in grande stile. Ogni volta che ripartivano, i giocatori romeni cercavano di lasciare qualche dettaglio che facesse capire che loro, in quel momento, non si sentivano inferiori a nessuno. Denis Dragus, ad esempio, ha continuato ad usare il tacco per fare le sponde per i compagni: sarebbe interessante avere una statistica su quante volte ha colpito il pallone con quella parte del piede. Insieme a Stanciu e Dragusin, il centravanti è stato il migliore in campo, imprendibile per gli ucraini ogni volta che si sfilava verso la fascia per farsi dare palla.

 

È stata proprio una sua iniziativa a portare al 2-0. L’Ucraina è una squadra fragile in transizione, se alza troppi giocatori non ha uomini intensi che sappiano rientrare velocemente sotto la linea della palla. La Romania, invece, è piena di calciatori che amano strappare. Così, dopo una rimessa laterale nei pressi del calcio d’angolo Konoplya ha perso palla e la sfera è arrivata tra i piedi di Dragus, che si era abbassato per aiutare in difesa. Pressato da dietro da Stepanenko, Dragus ha controllato di suola spalle alla porta, ha aspettato il raddoppio di Shaparenko e poi è sfuggito ad entrambi con una virata.

 

 

Stepanenko ha provato a rimediare aggrappandosi alla sua maglietta ma Dragus era una furia. A quel punto il campo si è ribaltato e la palla è arrivata a Man, che dal limite è rientrato sul sinistro per calciare. Shaparenko è riuscito a intervenire, ma la palla dal contrasto è rimasta là vicina e da fuori l’inquadratura è arrivato Razvan Marin a calciare senza pensarci troppo. A questo punto, l’avrete capito, i tiri dalla distanza sono la prima opzione offensiva della Romania. Il 2-0 non sarebbe arrivato, però, se Lunin non si fosse tuffato in maniera molle: il portiere che più di tutti aveva incarnato la mistica del Real Madrid, quello capace di fermare il Manchester City, si è fatto piegare le mani da un tiro piuttosto centrale.

 

Quattro minuti più tardi è arrivato anche il 3-0. Dragus, ancora lui, è passato tra Shaparenko e Tsygankov e ha raggiunto i sedici metri. La difesa ha respinto il suo filtrante, ma Stanciu in riaggressione ha rubato palla a Mudryk ed è arrivato al tiro. L’Ucraina si è salvata con un’altra respinta e la sfera è finita a Dennis Man. L’ala del Parma ha puntato Zinchenko, lo ha attratto verso l’interno, e poi con il tacco ha liberato Ratiu in sovrapposizione. La sua bordata è stata messa in angolo da Lunin. Dopo la battuta corta Shaparenko e Mudryk si sono fatti saltare da Man come dei birilli e a Dragus è bastato mettere il piede per spingere in porta il servizio del compagno.

 

I quaranta minuti successivi sono stati solo contorno. Rebrov ha provato a dar fondo a tutte le proprie risorse. Ha inserito Malinovskyi e Yarmolenko nella speranza che cambiasse qualcosa, ma la Romania è sembrata di un altro livello. Rimaneva solo da gustarsi il modo in cui Stanciu trotterellava per il campo a chiedere il pallone e, quando l’Ucraina crossava, osservare la lezione di tenuta difensiva di Radu Dragusin: sono state 11 in totale le spazzate per lui, più di chiunque fino ad ora nell’Europeo, una prova da difensore puro fatta di presenza e concentrazione continua.

 

L’Ucraina arrivava all’Europeo come una delle possibili rivelazioni e sembrava destinata a superare il gruppo E insieme al Belgio. Entrambe le favorite, però, ieri hanno perso e a Romania e Slovacchia adesso manca pochissimo per blindare la qualificazione: difatti basterebbe un pareggio di cortesia nello scontro diretto dell’ultima giornata.

 

Meno di un mese fa, interrogato sulle possibilità della Nazionale in Germania, Gica Hagi si è augurato che la squadra di Iordanescu potesse ripetere i risultati dell’Under 21 che agli Europei di categoria del 2019 aveva raggiunto le semifinali. «Penso che vincerà le prime due partite», aveva detto con la convinzione che lo ha sempre contraddistinto. Metà del pronostico è azzeccata, anche se il prossimo avversario è il Belgio, che dopo la sconfitta con la Slovacchia non potrà più permettersi di perdere. La sfrontatezza con cui Hagi si esprime, però, è la stessa che ieri hanno messo in campo i giocatori della Romania. Partendo da quello spirito, pensare di poter uscire indenni dalla sfida con il Belgio non è impossibile.

 

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Emanuele Mongiardo nasce a Catanzaro nel 1997. Scrive di calcio su "Fuori dagli schemi" e di rap su "Four Domino".