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Fabio Barcellona

Non c’è stata storia

La Spagna ha dominato l'Italia di Spalletti da tutti i punti di vista.

Che Italia-Spagna potesse finire male si era capito già dal calcio di inizio. Gli azzurri vanno in verticale, guadagnano una rimessa laterale, ma la palla finisce oltre la linea di fondo. Sulla rimessa in gioco avversaria, l’Italia prova a mostrare subito i muscoli piazzandosi alta sul campo per pressare l’impostazione dal basso della Spagna e magari forzare un lancio lungo. Laporte effettivamente è costretto a rilanciare e sembra una prima piccola vittoria per l’Italia. Sul lancio lungo, però, la palla viene conquistata dagli uomini di De La Fuente che possono così consolidare il possesso nella metà campo avversaria.

 

La palla inizia a girare orizzontalmente, da destra a sinistra, in maniera apparentemente non troppo pericolosa, passando da Lamine Yamal a Rodri a Fabián Ruiz a Cucurella. Il terzino serve Nico Williams in isolamento contro Di Lorenzo. Frattesi si avvicina per aiutarlo ma Nico Williams non dà nemmeno il tempo di consolidare il raddoppio della marcatura che punta Di Lorenzo e mette in mezzo una palla pericolosa per Pedri che, inserendosi da dietro, colpisce di testa quasi a colpo sicuro. Sarà la prima delle nove parate di Donnarumma – un numero enorme a pensarci – una prodezza che nega il vantaggio alla Spagna, dopo solo 80 secondi.

 

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Dopo altri 100 secondi Nico Willams attacca lo spazio alle spalle di Di Lorenzo, alzatosi in pressione su Cucurella. Bastoni è quindi costretto a uscire esternamente sull’esterno spagnolo che però ruba il tempo all’avversario dribblando verso il centro dell’area e creando i presupposti per un’altra occasione da gol per la Spagna. Sono passati solamente tre minuti e Nico Williams ha già fissato il suo dominio individuale sulla partita.

 

Al minuto 09:30 l’Italia riesce, per la prima volta, a giocare una buona azione di pressing che costringe Unai Simon a un frettoloso lancio lungo. Sulla palla sembra poter arrivare comodamente Bastoni che, mentre sta per impattare di testa, subisce il contrasto di Morata. L’attaccante dell’Atletico Madrid sposta il centrale italiano e serve di testa Pedri, che si è mosso in quella zona con un movimento che è sembrato studiato. Conduzione centrale di Pedri – col consueto, abbacinante controllo in corsa del pallone – taglio interno di Nico Williams e passaggio verso Morata che ha attaccato la profondità sulla sinistra. Cross di Morata e Nico Willams colpisce la palla di testa quasi a colpo sicuro, non riuscendo però a centrare la porta. L’Italia aveva pressato bene, ma Morata è riuscito comunque a creare le condizioni per andare in porta vincendo il duello con Bastoni.

 

Potrei continuare ancora, raccontando tutte le altre occasioni che hanno spostato l’inerzia mentale dalla parte dalla Spagna. È stato anche questo, oltre al dominio tattico e, secondo Spalletti, quello atletico. La Spagna ha dominato il match grazie anche alla sua superiorità individuale, che ha creato i presupposti per la vittoria della partita. Una superiorità data dai dribbling di Nico Willams, Lamine Yamal, Ayoze Perez e Alvaro Morata, ma non solo. La superiorità individuale si è manifestata anche nella qualità delle conduzioni del pallone, delle posture di ricezione, dei primi controlli, dei passaggi, di tutti i gesti tecnici che, eseguiti quasi sempre in maniera praticamente perfetta, hanno generato, senza soluzione di continuità, superiorità strategica in campo per la Spagna, rubando tempo e spazio ai giocatori italiani. 

 

Come gioca la Spagna di De La Fuente

Proprio questa superiorità tecnica ha convinto De La Fuente ad asciugare il gioco posizionale della Spagna, dando maggiori responsabilità agli uomini offensivi. Agli spagnoli è bastato muovere il pallone con qualità per dominare il possesso, sfuggire al pressing dell’Italia e schiacciare gli azzurri nella loro metà campo, giocando una transizione difensiva centrata su una riaggressione feroce ed efficientissima. Un mix letale per l’Italia di Spalletti, che ha sbandato anche da un punto di vista mentale, finendo per rendere ancora più evidente la superiorità spagnola.

 

La Spagna è riuscita a venir fuori del pressing azzurro sfruttando l’ampiezza per aprire spazi al centro dove risalire il campo. I due terzini, Carvajal e Cucurella, in fase di impostazione sono sempre rimasti aperti, fissandole posizioni di Pellegrini e Chiesa, e allontanandoli dalle mezzali, mentre Rodri collaborava con i due centrali Le Normand e Laporte per iniziare l’azione. Le altre due mezzali spagnole si muovevano su registri diversi, con Fabián Ruiz più orientato a supportare Rodri e Pedri invece a concentrato muoversi ai fianchi o alle spalle di Jorginho. In questo modo, al centro del campo c’era un costante 5 contro 4 a favore degli spagnoli, con Scamacca e i tre trequartisti italiani messi continuamente in mezzo.

 

Carvajal e Cucurella larghi, al centro del campo Scamacca e i tre centrocampisti italiani devono vedersela contro cinque giocatori spagnoli, i due centrali e i tre centrocampisti.

 

La Spagna è stata molto abile a sfruttare questa superiorità numerica, che a cascata generava vantaggi nella risalita del pallone e, più avanti, nel favorire le ricezioni di Pedri davanti alla linea difensiva dell’Italia.

 

Il consueto 5 contro 4 interno: Rodri è libero dalla pressione e Pedri si muove alle spalle di Jorginho. Filtrante di Rodri per Pedri che riceve tra le linee dell’Italia.

 

Se non poteva sfruttare il vantaggio numerico interno, la Spagna sviluppava con tranquillità il gioco esternamente, creando combinazioni di catena tra gli esterni, i terzini (in costante sovrapposizione sull’esterno, dove hanno interpretato il ruolo in maniera piuttosto classica) e le mezzali. La Nazionale di De la Fuente non disdegnava nemmeno di appoggiarsi direttamente su Morata, abile nel difendere il pallone e ripulirlo verso Willams o Pedri che si avvicinavano per fornire un appoggio.

 

Lancio lungo di Unai Simon verso Morata. Nico Willams attacca alle spalle del centravanti, Pedri si muove sotto e riceve la sponda di Morata. La Spagna crea un’occasione da gol.

 

Il gioco posizionale della Spagna non era particolarmente sofisticato, come detto, ma la maestria tecnica dei giocatori di De La Fuente lo rendeva illeggibile per l’Italia. Una serie interminabile di controlli orientati, micro conduzioni per muovere gli avversari, passaggi precisi e dalla forza corretta, che ha tramutato i vantaggi numerici in costante superiorità posizionale.

 

I problemi dell’Italia

Di fronte a una Spagna così dominante, l’Italia è sembrata crollare emotivamente. Gli azzurri sono apparsi sempre più preda della frustrazione durante il match, andando sotto in ogni duello individuale, sempre alla ricerca del pallone, riaggrediti senza pietà dagli avversari e incapaci di mantenere il possesso. In difficoltà, gli azzurri hanno progressivamente perso convinzione sulle cose che avevano programmato di fare, attuandole con sempre minore energia e convinzione. 

 

Una delle prime cose che ha smesso subito di funzionare è stato il pressing. In maniera piuttosto banale, l’Italia ha fallito nel pressare l’impostazione della manovra avversaria, appaltata da De La Fuente a Le Normand, Laporte e Rodri, con il supporto, se necessario, di Fabián Ruiz. Spalletti ha scelto di non pareggiare numericamente il trio di costruzione avversario, confidando nel lavoro di Scamacca e nelle uscite in pressing di Barella per tagliare le linee di passaggio tra i due centrali e Rodri, e poi le mezzali.

 

Barella, nell’idea originale di Spalletti, avrebbe dovuto alzarsi sulla linea difensiva avversaria, in particolare su Le Normand, con Scamacca più stabile su Laporte, e Frattesi in zona Fabián Ruiz. Alle spalle della pressione il lavoro di Jorginho era quello più delicato, perché doveva sempre scegliere, in funzione dell’altezza e della qualità del pressing, se alzarsi su Rodri, lasciando alle sue spalle Pedri, o rimanere più basso a schermare le ricezioni del giocatore del Barcellona.

 

Per una volta l’Italia pressa bene ed alta. Barella si alza su Le Normand, Jorginho su Rodri, mentre su Pedri è pronto a rompere la linea Calafiori.

 

L’intensità e la precisione nelle scalate necessarie per il buon funzionamento di questo tipo di pressing, però, ben presto sono svanite sotto i colpi dell’efficacia tecnica e tattica della Spagna. Scamacca e Barella sono stati incapaci di schermare Rodri (95 passaggi, il giocatore che ne ha giocati di più nel match), che ha goduto di una libertà forse anche inattesa. Con Barella sempre a metà del guado, incapace di una pressione efficace su Le Normand e troppo alto per marcare o schermare Pedri, Jorginho si è trovato a difendere una porzione di campo enorme, sia verticalmente che orizzontalmente, in avanti per cercare di prendere Rodri – opzione a cui presto ha rinunciato per la scarsa qualità del pressing di Scamacca e Barella – e ai suoi fianchi e alle sue spalle per intercettare i movimenti di Pedri. Il regista dell’Arsenal è quindi naufragato in questa situazione, ma le colpe non erano solo sue.

 

Siamo a metà primo tempo e il pressing dell’Italia è già sfilacciato. Rodri può ricevere con un’enorme porzione di campo libera da esplorare.

 

L’Italia è andata in confusione anche nelle occasioni in cui era in possesso di palla, e anche quando non era pressata, più che altro per demeriti propri. In un match in cui gli azzurri stavano soffrendo difensivamente, in cui non riuscivano a recuperare il pallone, le fasi di possesso sarebbero potute essere utili per far rifiatare la linea difensiva, spezzare il ritmo del match e costringere le “Furie Rosse” a correre senza palla.

 

Invece di consolidare il possesso, gestire il ritmo ed abbassare gli avversari, però, l’Italia ha provato ad accelerare le giocate, anche senza una reale forzatura da parte del pressing spagnolo. La squadra di Spalletti ha cercato troppo velocemente l’attacco alle spalle della linea difensiva iberica, sempre piuttosto alta in campo, o il cambio di gioco verso uno degli esterni, preferibilmente Chiesa, in isolamento. Persino Jorginho, in genere molto abile a gestire i tempi della fase di possesso, ha giocato con eccessiva frenesia, finendo col consegnare il pallone agli avversari.

 

Quattro esempi (ma ce ne potrebbero essere molti di più) delle idee poco lucide dell’Italia. Nelle prime due occasioni prima Di Marco e poi Bastoni cercano l’inserimento profondo di Frattesi tra Laporte e Cucurella. Nella terza Jorginho cerca frettolosamente il cambio gioco verso Chiesa e nella quarta la profondità verso Scamacca in fuorigioco. In ognuna di queste azioni l’Italia ha verticalizzato frettolosamente riconsegnando presto il pallone alla Spagna.

 

Visto il disastroso primo tempo, Spalletti ha dovuto mettere mano alla formazione all’intervallo. I principali indiziati alla sostituzione erano forse i due giocatori maggiormente in difficoltà nel primo tempo: Di Lorenzo, saltato a ripetizione da Nico Williams, e Jorginho, in affanno a coprire il campo difensivamente e insospettabilmente poco lucido col pallone tra i piedi. La scelta del tecnico di Certaldo è stata quella di provare ad accentuare le qualità in difesa posizionale della squadra, rinunciando a Frattesi e Jorginho per inserire Cambiaso e Cristante, tenendo in campo Di Lorenzo. Il centrocampo è stato quindi interamente rimaneggiato: Cristante e Pellegrini hanno preso la posizione di mezzali al fianco di Barella, schierato centralmente al posto di Jorginho, mentre Cambiaso è stato messo a destra con Chiesa spostato sulla fascia opposta.

 

L’idea di Spalletti è stata quindi quella di mettere Barella in mezzo provando così a coprire col suo dinamismo i movimenti di Pedri. Cambiaso, a destra, avrebbe dovuto anche supportare Di Lorenzo nel controllo di Nico Willams e pareggiare il dinamismo di Cucurella, spina nel fianco sinistro della difesa azzurra. Sono stati cambi, quindi, puramente orientati a risolvere i problemi difensivi della squadra, ma che hanno reso ancora più difficile il controllo del pallone aumentando il tempo da passare in fase di non possesso. Cambiaso, totalmente fuori posizione e spaesato, ha peggiorato la qualità della già povera circolazione della palla, perdendo banalmente parecchi palloni anche in zone pericolose di campo, mentre il centrocampo, costituito tutto da giocatori verticali, non ha permesso all’Italia di respirare con la palla. Il solo Calafiori, protagonista della sfortunata autorete che per paradosso ha permesso alla Spagna di vincere la partita, ha provato, col suo mix di passaggi e conduzioni, a consolidare il possesso e muovere la difesa avversaria, ma ha avuto poco aiuto da compagni che viaggiavano su un’altra lunghezza d’onda.

 

Sono cambi che non hanno funzionato nemmeno da un punto di vista esclusivamente difensivo. Pedri ha continuato a banchettare sulla trequarti campo azzurra, approfittando della scarsa qualità della pressione sulla costruzione arretrata della Spagna e Nico Williams ha continuato a puntare e saltare con regolarità Di Lorenzo. 

 

Non c’è più Jorginho, ma Pedri riesce comunque a ricevere il pallone tra le linee azzurre. Il problema del primo tempo non era solo l’incapacità di Jorginho di coprire lo spazio davanti alla linea difensiva, ma la povertà della pressione sui costruttori di gioco spagnoli.

Solamente per qualche minuto, successivo al completo rimescolamento del reparto d’attacco di De La Fuente che ha fatto uscire in sequenza Pedri, Lamine Yamal, Nico Williams e Morata, l’Italia è riuscita a mettere un po’ di pressione, senza però creare alcun pericolo. Appena è riuscita a ritrovare le distanze corrette in campo, la Spagna è ritornata nuovamente a dominare e a sfiorare il gol con le incursioni di Ayoze Perez sempre nella zona del frastornato Di Lorenzo.

 

È inutile negarlo: è stata una partita disastrosa per l’Italia, una di quelle serate in cui non funziona niente. Non ha funzionato il pressing, non ha funzionato la difesa posizionale e non ha funzionato il possesso, che avrebbe potuto essere un’arma per togliere il pallone dai piedi spagnoli, ma è stato invece confuso e frenetico, orientato a una verticalità precoce, non necessaria ed inefficace. I cambi di Spalletti, che ha puntato tutto sul miglioramento della fase di difesa posizionale, hanno se possibile peggiorato le cose, riducendo ancora di più la capacità, già scarsa, degli azzurri di contendere il pallone alla Spagna. Solo un Donnarumma prodigioso ha limitato il passivo per l’Italia, un risultato importante se gli azzurri dovessero perdere l’ultimo match con la Croazia e competere quindi per ripescaggio tra le terze classificate dei gironi.

 

La cosa più dolorosa e preoccupante è che il possesso e il pressing erano tra i primi comandamenti di Spalletti all’inizio degli Europei, e proprio il possesso e il pressing sono totalmente naufragati nella partita con la Spagna. L’impressione è che il lavoro sulla squadra, cominciato veramente solo dopo avere ottenuto la qualificazione alla fase finale del torneo, sia ancora troppo acerbo per competere con queste armi quando il livello si alza troppo. L’equilibrio tra l’anima palleggiatrice e quella verticale della squadra è ancora lontano dall’essere raggiunto. Gli azzurri hanno dimostrato anche di non essere a proprio agio nel gioco senza palla, un’altra novità per la nostra Nazionale, che storicamente si esalta in partite di sacrificio e sofferenza. Il tempo è davvero poco per pensare di poter lavorare adesso, la speranza è che questa squadra abbia già dentro di sé la forza per uscire da questa palude. 

 

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Fabio Barcellona, chimico e allenatore UEFA B. Scrive di calcio per L'Ultimo Uomo.