Esiste un punto oltre il quale non è più possibile ignorare l’influenza dell’arbitro sulla partita? E se esiste, dove si colloca? Un gol subito in fuorigioco millimetrico può essere accettato senza proteste in campo e fuori? O vale solo se “gli episodi si compensano nei 90 minuti”? Ovunque si trovi questo punto, il Bayern Monaco ieri sera lo ha ampiamente superato.
Se la politica societaria dei tedeschi di solito è quella di minimizzare l’influenza del direttore di gara e parlarne il meno possibile - che poi è la politica societaria di tutte quelle squadre storicamente vincenti che ci tengono a perdere bene quando capita loro - dopo aver subito due gol in fuorigioco nei tempi supplementari e un’espulsione ingiusta nel momento decisivo del match hanno deciso di fare un’eccezione.
L’operato dell’arbitro Kassai e dei suoi assistenti è finito sotto la lente d’ingrandimento dei giocatori del Bayern Monaco e nel post partita (ma continuano anche ora che sto scrivendo) non sono mancate le classiche rosicate di quando non puoi accettare di essere stato eliminato da Cristiano Ronaldo che ti segna in fuorigioco, per due volte. Una delle combo più crudeli del calcio moderno.
Anche tedeschi di altri sport hanno rosicato.
Durante la partita, paradossalmente, l’atteggiamento dei giocatori del Bayern Monaco nei confronti dell’arbitro è stato molto rispettoso. Solo in occasione dell’espulsione di Vidal, l’episodio più facilmente individuabile in campo senza replay, si è creato un capannello di protesta.
Durante l’azione del primo gol in fuorigioco solo Boateng alza timidamente il braccio per richiamare l’attenzione del guardalinee mentre Cristiano Ronaldo stoppa il pallone solo nel cuore dell’area, ma poi deve pensare che la distanza tra lui e l’attaccante è così ampia, su un cross lento e da fermo, che l’errore non può essere del guardalinee ma di Douglas Costa, alle sue spalle, che non tiene la linea.
Anche nel secondo gol le proteste sono timide, forse perché ormai sopraffatti dalla sconfitta o perché accecati dalla bellezza della giocata di Marcelo o, ancora più probabile, perché il fuorigioco in questo caso era questione di centimetri e la tensione mentale era troppo bassa (il Bayern era comunque eliminato a quel punto) per notarlo.
Questo atteggiamento compassato dei giocatori del Bayern Monaco, che anche a fine partita salutano la terna senza particolari proteste, cambia radicalmente poco dopo quando tutta la società Bayern Monaco inizia a scagliarsi contro l’operato di Kessai. Questo cambiamento è forse dovuto a una precisa indicazione di Rummenigge con la volontà di crearsi un tesoretto da spendere con la UEFA? O i giocatori hanno avuto modo di riguardare gli episodi dubbi e leggere l’esplosione di tweet con cui la rete criticava l’operato dell’arbitro ed è impossibile non rosicare se già ci sono migliaia di persone che stanno rosicando per una cosa che riguarda più da vicino te che loro?
A dir la verità, la protesta è cominciata già prima che i giocatori rientrassero negli spogliatoi. Se la prestazione di un arbitro può essere misurata in base al numero di giocatori che assaltano il suo spogliatoio e al modo usato per respingerli, possiamo dire che il risultato non è per nulla positivo per Kassai: in questo caso i giocatori coinvolti erano 3 e per respingerli è servita la polizia.
Rosicone #1: Carlo Ancelotti. Livello rosicata: 7/10.
Nel suo ruolo istituzionale l’allenatore del Bayern Monaco ha provato a portare la protesta su di un piano filosofico. Prima con una dichiarazione sibillina: «Abbiamo pensato a tutto, ma non all'arbitro». Ancelotti rivendica il proprio ruolo di allenatore migliore, in grado di controllare tutte le variabili, tranne l’unica che non poteva proprio controllare: Kassai, appunto.
Il tono di Ancelotti è tutto sommato “normale”, ma nasconde un livello di protesta più alto di quello che sembra: considerare l’arbitro l’unica variabile sfuggita al proprio controllo significa implicitamente escludere quanto di buono fatto dal Real Madrid. Tipo la partita perfetta di Marcelo, i tre gol di Ronaldo, le scelte tattiche di Zidane come quelle riguardanti la gestione di Isco, Asensio e Vazquez.
Ma Ancelotti coglie anche l’occasione per una conversione personale, che servirà anche da grimaldello nel dibattito pubblico, a dire il vero già molto acceso, sulla tecnologia nel calcio. Con un espediente dialettico degno dei migliori sofisti prima ammette di non essere «mai stato troppo favorevole alla moviola in campo» aggiungendo poi che però «è necessaria. Non si può decidere una semifinale così».
È l’ultima mazzata all’operato di Kessai: una televisione è meglio di un arbitro avverso, anche se non lo pensavo fino ad oggi.
Rosicone #2: Robert Lewandowski. Livello rosicata: 9/10.
Il premio per il miglior “infilo l’operato di Kessai ovunque posso” spetta a Lewandowski. Intervistato da qualcuno abbastanza pazzo da chiedergli di “descrivergli Cristiano Ronaldo”, l’attaccante polacco risponde che Ronaldo è sì un giocatore fantastico, ma che oggi anche loro avrebbero potuto vincere se l’arbitro non avesse commesso errori così evidenti.
Nelle sue parole, come in quelle di molti altri giocatori, il confine tra arbitro inadeguato e complotto è molto sfumato. Solitamente questo livello di protesta (secondo cui l’arbitro, per volontà di qualcuno, ha indirizzato la gara in un senso invece di un altro) rimane confinato in quelli che consideriamo discorsi da bar (e che comprendono i discorsi da bar, ma anche i media più inclini ad intercettare i discorsi da bar). È un livello di protesta abbastanza estremo, e basso, che difficilmente arriva fino ai calciatore professionista, perché poi può succedere di trovarsi dall’altra parte.
Eppure il livello di rosicamento dei giocatori del Bayern Monaco è stato così forte che non è bastato trovare un capro espiatorio nell’arbitro, ma è stato necessario coinvolgere i famosi “poteri forti”. Più “forti” del Bayern di Monaco. Che è una delle squadre più “forti” del pianeta. Vabbè. Ognuno di noi è uno Stark, e per ognuno di noi c’è un Lannister, evidentemente.
Rosicone #3: Franck Ribery. Livello rosicata: 6/10.
Ogni protesta ha bisogno dei suoi simboli. Un pugno chiuso, un guanto nero, un reggiseno bruciato, ma va anche bene una linea immaginaria su di un campo da calcio. La distanza tra Cristiano Ronaldo e la linea difensiva del Bayern Monaco quando parte il cross di Sergio Ramos (sul gol del 2-2 che elimina virtualmente il Bayern) è semplicemente troppa per essere accettata con serenità.
Il primo a scagliarsi simbolicamente sull’errore del guardalinee è Ribery che in un Instagram story poco dopo la fine della partita modifica la linea che delimita la porzione di campo regolare fino ad includervi Cristiano Ronaldo.
La rosicata di Ribery non è di certo originale, ma va sicuramente a cogliere un punto: non accetteremo serenamente un errore così marchiano. Il francese evita ogni commento superfluo e anticipa un’epoca futura, ma non lontana, in cui comunicheremo solo tramite meme. I meme, in un certo senso, servono anche da consolazione, a riappacificarci con le ingiustizie.
E però, Ribery non si limita al far notare gli errori arbitrali, fa di più. Alla fine della sua “storia” inserisce un messaggio direttamente rivolto a Kassai: «Un anno di lavoro buttato. Grazie, bravo».
Addirittura si dà la colpa all’arbitro per il fallimento (?) di un’intera stagione, che viene rovinata per colpa di tre decisioni sbagliate. Ma così facendo Ribery non si accorge di fare un torto a se stesso: se tutta la stagione passava per questa doppia sfida al Real Madrid, e se tu ti stavi preparando da un anno solo per questo, perché hai giocato così male?
Rosicone #4: Arturo Vidal. Livello rosicata: 7/10
La stizza poco fantasiosa del francese viene sorpassata a destra da Vidal, sempre in una Instagram story.
Fedele al motto “fai le tue Instagram story come vivi” la protesta di Vidal diventa dadaista preparandosi un posto nei libri di storia. Qui il simbolismo raggiunge livelli mai visti prima: c’è mai stata una protesta via meme così assurda? La linea del fuorigioco per qualche ragione è oltre Ronaldo, prima di un immaginario giocatore del Bayern (perché rosso) disegnato da Vidal come fanno i bambini. Non ha senso, ma serve a ridurre lo spettacolo in una farsa. Il pupazzetto implicito, che Vidal non disegna, diventa l’arbitro.
Vidal non solo non accetta il verdetto del campo, ma lo fa in un modo che è figlio di questa nuova epoca comunicativa: possiamo dire quello che vogliamo come lo vogliamo, le conseguenze delle nostre azioni si perderanno in un flusso infinito di informazioni.
Rosicone #5: Gerard Piqué. Livello rosicata 10/10
Il più aggressivo opinionista di quello che succede al Real Madrid è sempre Gerard Piqué. Neanche i giocatori del Bayern Monaco, ovvero quelli più direttamente coinvolti, hanno raggiunto un livello di rosicata profondo come quello del difensore del Barcellona. Il suo tweet con i tre puntini di sospensione arriva praticamente in diretta, alle 22:55, e descrive alla perfezione come poi gli errori arbitrali non sono altro che il pretesto per prendere una posizione di vantaggio morale così palese che il silenzio stesso basta per evidenziarla. A quanto pare “punire col silenzio” è anche un tratto caratteristico del narcisismo.
Gerard Piqué che è un tesserato in competizioni della UEFA, che appena un turno fa di Champions League era accusato delle stesse cose, Piqué che la sera dopo dovrà scendere in campo e dare la mano ad un collega di Kassai, che è uno dei capitani di quello che è più di un club, questo stesso Piqué rosica perché deve adempiere al proprio ruolo di nemico del Real Madrid, una posizione più importante di tutte le altre e che va oltre i demeriti di Kassai, che può aver sbagliato, ma di certo non ha ruoli nell’eterna polemica politica tra il Barcellona e Real Madrid.
Anche per questo la rosicata di Piqué è la più meschina: va ad intromettersi in un discorso che non lo riguarda con il solo scopo di colpire un nemico storico. Più in basso di così c’è mettere le bombe ai funerali della tua controparte in una guerra.
Rosicone #6: Karl Heinz Rummenigge. Livello rosicata 9/10
Nella cena post-partita, aperta a giocatori e staff, Karl Heinz Rummenigge ha continuato a criticare l’operato dell’arbitro. L’ex calciatore tedesco non ha mai espresso troppa simpatia nelle sue dichiarazioni e spesso si è trovato a difendere l’ordine costituito, rappresentando i più importanti club europei nella sua posizione di presidente dell’ECA.
Ma l’altro ieri sera sono saltati tutti i paletti: nelle frasi pronunciate a tavola, davanti a tutti come si dice nelle migliori famiglie romane, è andato oltre, sia come gravità delle sue parole, che come livello generale della rosicata, a molti dei suoi calciatori. «Per la prima volta provo un profondo senso di rabbia, perché questa notte siamo stati fregati. Una fregatura bella e buona». Anche Rummenigge perpetra la teoria del furto, evitando di parlare dei meriti del Real Madrid o quanto meno parlando di una giornata storta per gli arbitri: si può parlare solo di furto, inteso come proprio qualcosa di premeditato.
La soluzione, improvvisamente, diventa la tecnologia: «Serve la Var, non è ammissibile subire certe decisioni nei quarti di finale di Champions League». Errori che, come ricordano bene i tifosi della Fiorentina, ma anche quelli della Juventus, possono capitare però negli ottavi di finale di Champions League. E magari a volte capitano anche a favore del Bayern.
Ma la frase più bella, quella che rende al meglio la mancanza di logica nei ragionamenti di un uomo che non sta twittando cose sul divano mentre la moglie gioca a Candy Crush, di un uomo vestito bene, con un ruolo ufficiale, istituzionale, è quella che si riferisce all’infortunio di Neuer: «Manuel si è fratturato il piede nel loro terzo gol, che era davvero in fuorigioco».
Mi dispiace Karl Heinz, fattene una ragione, certi giorni la vita è semplicemente una merda.
Rosicone #7: Hummels, Boateng. Livello rosicata: 5/10
Quelle della coppia centrale difensiva del Bayern, che per via del proprio ruolo non può non sentirsi comunque un po’ in colpa, è la rosicata più soft. Anzitutto nessuno dei due parla direttamente degli errori di Kassai. Non parlano di arbitro, né di furto.
Si attaccano, diciamo, a una generica “ingiustizia”, alla mistica del calcio che è uno sport che dà e toglie, anche se hai vinto un Mondiale pochi anni fa e vinci tutti i campionati organizzati dalla tua ricca Nazione. Ma né Hummels né Boa vivono in una bolla, non possono non essere a conoscenza delle polemiche che li circondano e, via emoticon o parafrasi «certe cose non puoi proprio controllarle”, fanno un riferimento implicito agli episodi incriminati. Altrimenti, che ne so, avrebbero potuto aggiungere: “A volte il calcio è ingiusto, Cristiano Ronaldo proprio con noi doveva arrivare a 100 gol in Champions League?”.
Insomma, è colpa dell’arbitro, ma congratulazioni al Real Madrid.
Rosicone #8: Marco Donadel. Livello rosicata: 6/10
La vendetta è un piatto che va servito freddo, ma quando non puoi ottenerla, puoi continuare a rosicare all’infinito. Non avendo più avuto la possibilità di vendicarsi di un’eliminazione per mano del Bayern Monaco condizionata da errori arbitrali quando era un giocatore della Fiorentina, Marco Donadel ha trovato negli errori di Kessai un terreno fertile per rosicare.
Malgrado questa sua controrosicata non troverà spazio nei media internazionali, è sempre bello sapere che qualcuno si è tolto un sassolino dalle scarpe. Sette anni dopo. Su Instagram.