Per qualche ragione, in Italia, siamo tanto severi con i grandi talenti quanto attratti dai talenti minori. Non esiste grandezza che non siamo pronti a demolire e non esiste piccolezza che non saremmo capaci di elevare a culto religioso. E così, forse, in Italia è meglio essere Andrea Colpani che, per dire, Donnarumma. Forse perché è più facile, per noi, rivedersi in Colpani che in Donnarumma. È meglio avere un percorso tortuoso e farselo tutto a fari spenti, col rischio di finire fuori in curva ma senza attirare nessuna attenzione, come se l’attenzione dell’opinione pubblica italiana fosse l’olfatto di un iper-predatore pronto a divorarti in un solo boccone. Piuttosto che fare il bambino prodigio ed esordire adolescente in Nazionale meglio farsi scartare dalla squadra della propria città a nove anni, meglio metterci un anno e mezzo per segnare il primo gol in Serie B, meglio arrivare in Serie A a un’età in cui in altri campionati i tuoi coetanei avranno già duecento presenze. Ecco forse è proprio questo che piace più di ogni altra cosa a noi italiani: essere diversi dagli altri, non seguire le mode, andare contro a qualsiasi tipo di hype.
Il paradosso poi è che anche questo tipo di anti-hype diventa una forma di hype. E allora è un attimo - le prime otto partite da titolare in una nuova stagione, quando l’anno scorso è partito titolare solo dieci volte; già quattro gol segnati, esattamente quanti ne ha segnati in tutta la stagione passata - che senza neanche accorgercene abbiamo fondato la chiesa di Colpani. O, come piace chiamarlo a me: Cool-pani. Basta quasi solo un cross di esterno sinistro, quello contro il Bologna, per quanto splendido, per mettere il nome di Colpani vicino a quello di Modric e Quaresma, e maledire (stavolta su fondatissime ragioni estetiche) l’ottusità della tecnologia che annulla il gol a Dany Mota perché la punta del suo ginocchio era in fuorigioco.
Che poi Colpani sarà anche stato scartato da Brescia, Inter eccetera, sarà anche andato in prestito alla Feralpisalò quando faceva i Giovanissimi, ma su di lui ha puntato l’Atalanta, uno dei migliori settori giovanili d’Italia cioè, con cui nel 2017 ha vinto il campionato Under 17 (in quella squadra, per dire, c’era anche Alessandro Bastoni). Insomma qualche cosa di evidente in Colpani c’era fin da sempre, un talento che lo ponesse tra i migliori della sua età quanto meno, considerando anche le convocazioni delle Nazionali giovanili dall’Under 18 in avanti, fino al ritiro allargato di un anno fa con Roberto Mancini.
Il talento di Colpani da ragazzo ci poteva far immaginare che sarebbe arrivato alla sosta di ottobre per le Nazionali con gli stessi gol di Federico Chiesa, di Pulisic, di Orsolini (tutti trequartisti con un anno o due più di lui ma già con un “nome”) o dell’eterno Bonaventura? Questo è il solito vecchio tema del talento che da solo non è mai sufficiente, ma ha bisogno che una serie di pianeti si allineino affinché la sua carriera prenda una forma coerente. Nel caso di Colpani c’è stato bisogno di un prestito a Trapani, in Serie C, e dell’arrivo di Berlusconi e Galliani a Monza con la loro passione per i giocatori italiani con la faccia pulita, no tatuaggi (anche se in realtà Colpani ha dei tatuaggi dedicati ai genitori), preferibilmente lombardi.
Oggi si chiede venga convocato anche da Spalletti e soprattutto grazie a queste prime otto partite della stagione 2023-24 si parla già dell’interesse di Milan, Inter, Juve. Ma il punto qual è? Il bisogno mediatico di creare piccoli casi di mercato tutto l’anno, o il nostro desiderio di veder arrivare in alto un giocatore che sentiamo in qualche modo più vicino a noi, a quello zio che ha giocato nelle categorie inferiori e che ci ha trasmesso la sua passione per il calcio di provincia (Colpani stesso, d’altra parte, è nipote di un ex calciatore, Paolo Bravo, che è arrivato fino alla B)?
Sarebbe assurdo se un Paese che non si inginocchia davanti al talento di Kvaratskhelia e che tollera la riduzione di Leao a cavallo da corsa sia vittima dell’hype verso giocatori come Cool-pani. Ma non è solo hype. È anche il fatto che è da quando ha diciannove anni che Colpani ripete, nelle interviste, di essere cresciuto. Lo dice lui, lo dicono i suoi allenatori, lo dice il campo: che Colpani giochi oggi con una tranquillità diversa, che gli riescano cose difficili con naturalezza, non ce lo stiamo inventando. Non siamo vittime di un’allucinazione collettiva.
Oggi Colpani è un giocatore particolare che sa fare molte diverse ad alto livello e almeno una a un livello straordinario, nel senso di fuori dal comune, sopra la media, persino per la Serie A: calciare con il sinistro (secondo Statsbomb è il secondo giocatore che usa più uno solo dei due piedi per passare la palla del campionato: Theo Hernandez ha fatto di sinistro il 92% dei suoi passaggi, Colpani il 91%). Le sue statistiche in questo inizio di stagione sono interessanti, perché anche se il campione è troppo ridotto per trarre qualsiasi tipo di conclusione ci mostrano la completezza a cui è arrivato. Abbiamo detto della qualità del suo tiro: i 4 gol segnati finora vanno molto oltre le aspettative (li ha ricavati da appena 1.20 xG) e il volume di tiri è da attaccante più che da trequartista o mezzala (2.26 in media a partita, è il sesto del campionato). Sono numeri simili a quelli di Federico Chiesa, per capirci, ma Chiesa sta giocando seconda punta. E Chiesa non ha i suoi numeri in rifinitura. Colpani è anche tra i migliori del campionato per passaggi chiave (sono 16 per ora, appena 2 in meno di Luis Alberto, sempre dare un riferimento) e se si sommano i tiri e i passaggi chiave i suoi numeri somigliano a quelli di Mimmo Berardi.
Tre anni fa, in un’intervista a giornale online bresciano, Colpani diceva che molte persone lo vedevano «come uno che sta dietro e fa gioco. Ma nella mia testa non è mai stato il mio ruolo, io ho sempre pensato di giocare vicino alla porta». Anche se Colpani può giocare tra i mediani, o addirittura come play, e cavarsela tecnicamente sotto pressione spalle alla porta (girandosi, come spesso fa, sull’esterno del piede sinistro per saltare il marcatore) il suo stato di forma attuale conferma che il meglio lo dà fronte alla porta e negli ultimi trenta metri di campo.
Colpani sembra il cosplayer di un giocatore fico. È tecnico, ma non è uno di quei dribblomani eterei alla Pastore, per capirci. Lo chiamano El Flaco, come fosse sudamericano, ma in realtà fino a qualche anno fa, nelle foto da ragazzo, era davvero troppo magro per fare il calciatore (la sua crescita è stata soprattutto fisica, e non è che adesso sia particolarmente atletico). Dei giocatori sudamericani ha la lentezza nei primi passi, la mancanza di esplosività, e la sua tecnica in protezione e nel controllo del pallone non è tale da permettergli di usare a proprio vantaggio l’aggressività avversaria. Gli manca quel senso di superiorità con cui gioca anche il più squallido dei dieci argentini. Ma ha i capelli lunghi tenuti fermi da una fascetta che forse gli ha regalato Wes Anderson, usa il tacco, l’esterno, calcia da lontanissimo, porta palla con la fragilità di un bambino che ha appena tolto le rotelle alla bicicletta…
Cool-pani sembra un giocatore inventato da un gruppo di sceneggiatori pigri che stanno scrivendo un film sul calcetto. Come quando nei Simpson compare un cane con gli occhiali da sole e il cappellino al contrario, Pucci, ma è un tentativo goffo di creare un personaggio artificialmente fico. Nelle trame interne dei Simpson, Pucci non ha avuto fortuna ma per qualche ragione negli spettatori in carne ed ossa - noi - Pucci ha lasciato un ricordo indelebile. Ha fatto tutto il giro ed è diventato fico per davvero. Allo stesso modo anche Cool-pani, la parodia del giocatore tecnico di provincia (della provincia italiana o della provincia del calcio mondiale, è uguale nella testa dei nostalgici per cui la Serie A è ancora il centro del mondo), è forte per davvero.
Contro la Salernitana, domenica scorsa, sotto un caldo ridicolo per ottobre, mentre gli altri in campo sembravano riuscire a malapena a restare in piedi, lui ha eseguito una giocata intelligente, furba, leggera. Prima è venuto incontro sulla trequarti; poi, con Pirola che gli metteva pressione da dietro, ha riciclato la palla vicino senza provare a girarsi, cercando una zona di ricezione tranquilla, mentre Pirola tornava sulla linea di difesa. Ha ricevuto palla al lato di Legowski, all’inizio della trequarti, ha puntato subito Pirola fingendo di andare sul sinistro, sterzando e calciando di destro, quasi con un movimento unico, mettendo la palla nell’angolo basso più lontano da Ochoa. È arrivato alla conclusione con una facilità disarmante anche per merito della passività della difesa della Salernitana, ma la cosa bella è la sequenza sterzata-conclusione, pensata prima di arrivare all’uno contro uno con Pirola, premeditata.
Anche contro il Lecce, quando riceve da Caldirola nel cuore della trequarti e di prima gioca in verticale su Colombo, ha già pensato a come concludere l’azione, ha già iniziato il suo movimento, l’inserimento alle spalle di Gallo che lo marcava, per ricevere il passaggio di ritorno di Colombo (e poi il tiro di sinistro a tu per tu con Falcone). Se i difensori sembrano sorpresi non è per la velocità con cui Colpani li brucia, per l’esplosività di cui evidentemente non è in possesso, ma la brillantezza del suo pensiero e l’efficacia dell’esecuzione.
Di Cool-pani si sottolinea la tecnica, il modo in cui usa tutte le parti del piede sinistro per condurre, passare, crossare e tirare, ma sono soprattutto le sue scelte, con e senza palla, a fare la differenza in questo periodo magico. Tempo fa diceva che Stroppa, il suo ex allenatore che lo ha portato dalla B alla A, per stimolarlo gli diceva di migliorare proprio questo aspetto, che le sue scelte con il pallone erano ancora «da settore giovanile». Una cosa simile a quella che Lamberto Zauli - lui sì davvero giocatore di culto, arrivato tardissimo in Serie A seppur con doti fisiche e tecniche fuori straordinarie - ha detto a Emanuele Atturo, ovvero che a suo avviso il salto di livello non è nel rapporto con il pallone né nel livello atletico: «La differenza tra le categorie la fa la lettura delle giocate».
Ok la conclusione, ma da notare anche come prima si inserisca e poi si stacchi dalla linea difensiva dell’Empoli per andare a ricevere palla sui piedi, al limite dell’area.
Colpani ha detto che quello che si gioca in Serie A è «un altro sport», rispetto alle altre categorie. E se oggi sembra avere sempre una mossa di anticipo rispetto ai difensori non è solo perché ha saputo adattarsi ma anche perché il contesto della Serie A, oggi, sembra adatto a giocatori come lui. Superata la prima pressione, a volte molto aggressiva sugli attaccanti, quasi nessuna squadra concede la profondità, a costo di abbassarsi molto. Sono poche le squadre che mantengono un blocco compatto nella propria metà campo, salvo eccezioni di spazio per ricevere tra le linee, e per attaccare in verticale gli ultimi metri, in Serie A continua ad essercene. E il Monza di Palladino è una specialista del gioco nella trequarti, con due numeri dieci dietro la punta e un gioco che attira la pressione avversaria per creare spazio alle loro ricezioni o inserimenti.
Quello che differenzia Colpani dagli altri trequartisti del nostro campionato è che rappresenta una minaccia sia quando riceve sui piedi e può alzare la testa, sia quando si butta in area negli spazi aperti da Colombo o Dany Mota. Con l’arrivo di una macchina da assist come il Papu Gomez, dopo l’infortunio tragico di Caprari a inizio stagione, Colpani rischia davvero di andare in doppia cifra come gli ha augurato Galliani qualche tempo fa.
Cool-pani non sembra un giocatore della sua generazione, non ha il tipo di talento che permette ai vari Barella o Chiesa di giocare a intensità accelerata come se il campo da calcio fosse un gigante flipper impazzito. Non sembra figlio del calcio dei rimpalli e forse è proprio questo, a pensarci bene, che ce lo fa piacere. Questo è l’aspetto autenticamente vintage del suo gioco, che ha bisogno di spazio per ricevere e controllare il pallone con qualità, e sempre di spazio ha bisogno per cogliere alla sprovvista le difese coi suoi inserimenti. Il suo è un calcio pulito, geometrico, ordinato, elegante. In questo senso è davvero più vicino ai numeri dieci di una volta, che non disdegnavano i movimenti da seconda punta, che alle alette elettriche a lui contemporanee.
Colpani è stato forse l’ultimo giocatore amato da Silvio Berlusconi, che lo preferiva «per la faccia che ha e per la sua determinazione». E Colpani ricambia ancora oggi quell’affetto, dedicando i suoi gol alla memoria del suo ex presidente. Colpani piace anche al Silvio Berlusconi che è in noi, quello che sogna un mondo più semplice in cui anche i trequartisti senza i polpacci di Grealish possono esprimersi ad alto livello. Colpani ci parla di un calcio che intorno a lui non esiste già più, e per quanto non esista un modo di giocare a calcio oggettivamente migliore di un altro, oppure esteticamente superiore, è bello vedere che ci sono alternative. Che in questo mondo c’è spazio anche per i Cool-pani.