
Il Gran Premio di Suzuka ha restituito una gara con pochi sussulti, cristallizzata nelle posizioni che le qualifiche avevano decretato ventiquattro ore prima, e le uniche emozioni le ha regalate la pole position con cui Verstappen ha spinto la sua guida oltre ogni limite. Sulla carta, nel deserto del Bahrein lo scenario si prospetta completamente diverso.
Il circuito di Sakhir, con la sua particolare conformazione di lenti tornanti e lunghi rettilinei, lontana dai repentini cambi di direzione giapponesi, non dovrebbe offrire particolare resistenza ai sorpassi e senza dubbio tornerà a porre l'accento sulle staccate e sulla capacità di trazione delle vetture. Tutti elementi che sembrerebbero lasciar presagire una prepotente affermazione della McLaren, ovvero la monoposto che dalla metà della scorsa stagione ha mostrato una netta superiorità nelle curve a medio-bassa percorrenza.
Il weekend di gara che ci aspetta, però, rappresenterà anche un'altra occasione per vedere all'opera Andrea Kimi Antonelli, soprattutto alla luce dell'ottima impressione destata fino a questo momento. L'ancora diciottenne pilota della Mercedes ha già raccolto 30 punti nelle prime tre gare della stagione e arriva all'imminente Gran Premio con tante aspettative e una buona dose di fiducia. Che, tra l'altro, sembra ben riposta.
La confidenza con la macchina sembra infatti in crescita e per la prima volta in stagione Antonelli si troverà a correre su un circuito che conosce bene e su cui ha guidato una monoposto di Formula 1 non più tardi di un mese fa, nei test prestagionali. La gara di domenica, in una pista dal degrado esasperato, costituirà un crocevia importante anche per la Mercedes, ansiosa di toccare con mano i progressi in una delle aree che più hanno funestato le ultime stagioni, ovvero il surriscaldamento delle gomme posteriori. In questo senso l'asfalto di Sakhir, uno dei più abrasivi dell'intero Mondiale, sarà un test non da poco per il binomio Antonelli-Mercedes, che ha una storia interessante.
A PICCOLI PASSI
La scelta di Toto Wolff di affidare ad Antonelli il sedile che per 12 anni è stato di Lewis Hamilton aveva comprensibilmente destato più di qualche scetticismo. Jacques Villeneuve, per esempio, si è chiesto se in questa decisione i fattori emotivi non abbiano avuto un ruolo preponderante: «Toto lo ha preso a 12 anni, quando hanno iniziato a finanziare la sua carriera nei go-kart. E quando prendi sotto la tua ala un bambino di 12 anni è come un rapporto tra padre e figlio. Hanno investito molto su di lui anche dal punto di vista finanziario per tanti anni. È difficile arrivare al punto di capire che forse non è abbastanza bravo».
Le perplessità di chi non ci credeva sono state ulteriormente rinforzate dal difficile anno di apprendistato in Formula 2, dove Antonelli non è riuscito a ripetere le vittorie con cui era sempre andato a braccetto prima in Formula 4 e poi in Formula Regional. Senza dubbio, sono tutte considerazioni legittime a cui però andrebbe fatta la tara, specie considerando che la Formula 2 non costituisce sempre un banco di prova attendibile e che non è facile quantificare i limiti di un giovane pilota in un team che di suo è in una fase di transizione e ha avuto più di una difficoltà ad adattarsi alle vetture di nuova generazione.
Da questo punto di vista, la Mercedes W16 potrebbe alleggerirlo di qualche responsabilità. Al contrario di quanto trapelato al momento della presentazione ufficiale, il team di Brackley non ha esattamente mantenuto un approccio conservativo con il progetto della vettura. Rispetto alle ultime tribolate stagioni, la monoposto quantomeno non sembra di difficile interpretazione e sembra meno suscettibile alle condizioni ambientali, risultando più versatile e potenzialmente competitiva su un'ampia gamma di circuiti. Lo si è visto proprio a Suzuka, dove nello snake iniziale – uno dei banchi di prova più indicativi dell'intero Mondiale per la percorrenza in curva - la Mercedes è sembrata stabile e ben bilanciata. Il tutto, ovviamente, al netto delle dichiarazioni di Toto Wolff che, nella legittima intenzione di proteggere il suo pupillo, continua a battezzare l'annata attuale come un momento di transizione e a spostare il mirino alla prossima stagione, quando i regolamenti cambieranno nuovamente e Antonelli, a detta del team principal, dovrà essere pronto per competere ad alti livelli.
La fiducia incondizionata di Toto Wolff è uno degli aspetti più interessanti dell'intera vicenda. Originariamente erano stati i due Minardi, Giovanni e Giancarlo, a intravedere il talento di Antonelli, quando ancora bambino correva nei Kart. Non impiegarono molto a segnalarlo ad Aldo Costa, l’allora direttore tecnico della Mercedes, che puntualmente organizzò un incontro con la famiglia per aprirgli le porte dell’academy Mercedes.
Per farlo crescere, poi, Wolff dall'età di 11 lo ha affidato alla cura di Dino Chiesa, storico personaggio del mondo dei kart, a cui già Ron Dennis si era affidato per trasformare il giovane Lewis Hamilton in un professionista.
Proprio le parole di Dino Chiesa, rilasciate pochi giorni fa al Corriere della Sera, sono quelle che fanno più sperare sul talento di Antonelli. «È stato con noi da quando aveva 11 anni e mezzo ai 15», ha detto Chiesa «Wolff mi ha chiesto di seguirlo nella sua crescita ma il talento era già evidente. Nei motori è come nel calcio: capisci subito quando uno può diventare un attaccante di razza e Antonelli è sempre stato come Messi».
«Se lui può fare 100, al primo giro arriva già a 99. Non ha bisogno di prendere confidenza con il mezzo perché studia tanto e la fiducia è tutta dentro di sé», ha continuato Chiesa. «Capisce all’istante quanto può spingere una macchina ed è un talento raro. Sarà interessante vederlo appena ci sarà una pista bagnata perché lui fisserà subito uno standard elevato mentre gli altri avranno bisogno di tempo. Antonelli sarà uno dei piloti di punta del prossimo decennio».
La Mercedes lo ha messo nel suo Junior Team già nel 2019 e al suo interno non si fa fatica a trovare chi scommette sul suo futuro. «È un fenomeno, ha una maturità incredibile per la sua età, si dimostra estremamente paziente e molto intelligente», ha dichiarato Gwen Lagrue, Driver Development Advisor della Mercedes, quando nel 2020 Antonelli ha vinto il titolo il titolo europeo nel campionato karting nella classe OK. «È veloce in qualunque condizione e non gli ho mai visto commettere un errore veniale».
Lo stesso Toto Wolff di Kimi sembra apprezzare ogni sfumatura e per questo ha voluto costruire con lui un rapporto quasi paterno. Antonelli ha parlato di una sorta di codice verbale con cui Toto è solito rivolgergli la parola. «È importante che continui a chiamarmi Kimi; abbiamo stabilito che significa che è tutto ok, altrimenti se mi chiama Andrea qualcosa non va; se usa Antonelli allora sono proprio nei guai», ha detto ironicamente in una recente intervista.
LE PRIME GARE
Antonelli, comunque, sembra avere una sua furbizia, nell'aspettare i propri tempi alzando gradualmente l'asticella. Coadiuvato dall'esperienza di Peter Bonnington, ex ingegnere di pista di Lewis Hamilton, il pilota italiano è sembrato crescere lentamente ma continuamente in ogni weekend di gara. Da questo punto di vista, i difficili venerdì di questo inizio di stagione, che lo hanno visto impantanato nelle retrovie, sono stati più che altro figli di un atteggiamento prudente oltre che di una impreparazione ai primi tre circuiti del calendario, mai affrontati nelle categorie inferiori.
A Suzuka, per esempio, una volta messe da parte le prove libere in cui si è detto perso e preoccupato, ha saputo costruirsi un feeling sempre più stretto con il tracciato e una gara molto più convincente di quanto non abbia raccontato il sesto posto finale. Basti pensare alla decisione di allungare, con successo, lo stint con le medie, e soprattutto all'ultimo stint con le gomme hard, in cui è stato probabilmente il pilota più solido in pista, arrivando a ridosso del compagno di squadra e siglando il giro veloce della gara con annesso record di precocità.

Ciò che salta all'occhio in Antonelli è il suo approccio lucido e analitico, sempre in grado di cogliere punti deboli e aree di miglioramento. Una su tutte, il giro secco. Fin da subito il pilota bolognese non ha nascosto le sue problematiche con il comportamento delle gomme soft, lamentando nello specifico più di qualche difficoltà nel condurle all'interno della finestra di massima aderenza. Una capacità che non potrà che crescere inevitabilmente con l'esperienza.
Certo, gli errori in qualifica non sono mancati: a Melbourne una piccola escursione sulla ghiaia ha danneggiato il fondo, eliminandolo di fatto in Q1. E anche a Suzuka, nonostante l'ottimo sesto posto in griglia, alcune imprecisioni hanno pregiudicato un risultato che poteva essere ancora più soddisfacente. In curva 1, Antonelli ha pagato al compagno di squadra un pegno di quasi mezzo secondo, in virtù di una frenata prudente e troppo anticipata, da cui è scaturito un delta di velocità di 10 km/h nei confronti di Russell. E in curva 3 un'altra brusca decelerazione gli è costata ulteriore ritardo. Un vero peccato, se si pensa che la telemetria ha rivelato nel resto del circuito una stabilità invidiabile su un tracciato così sfidante e una grande precisione nell'avvicinarsi al punto di corda, persino in curve ipertecniche come la Spoon.
Le prime gare hanno però mostrato anche ampi sprazzi del suo talento in pista. L'esordio a Melbourne, oltre a fornire un'ulteriore conferma della sua dimestichezza sul bagnato (il segreto di Pulcinella, se si dà un'occhiata alla sua carriera nelle categorie minori), ha messo anche in luce un'innata capacità di governare il caos.
In un'atmosfera anomala e irrequieta, in Australia le Mclaren si erano involate indisturbate nell'oscurità, mentre l'autunno imminente richiamava a terra foglie accartocciate e l'asfalto umido tramava inganni anche ai piloti più navigati. Antonelli, caduto pure lui nella trappola, aveva avuto la fortuna di arrotarsi lontano dalle barriere. Partito dalla sedicesima piazza, silenziosamente aveva scalato qualche posizione sfoderando un passo gara costante. Fino all'apocalisse finale.
La pioggia ha iniziato a sferzare il circuito; Piastri è deragliato nella ghiaia e alcuni team, come Ferrari e Racing Bulls, storditi dal meteo impazzito, hanno completamente mancato il timing del pit stop. Antonelli, mentre il mondo sembrava sgretolarsi, si è mosso a occhi chiusi nella pioggia, come se naturalmente presentisse le traiettorie da seguire. Probabilmente, in quegli istanti concitati, deve aver riportato alla memoria un pomeriggio dell'ottobre del 2023, quando ancora correva in Formula Regional.
Anche quella volta, a Zandvoort, il clima era stato indomabile. Durante il giro di formazione le nubi erano planate tra le dune, aggiungendo un senso di mestizia a quella domenica di metà ottobre. Poi d'un tratto il cielo si era inspiegabilmente squarciato: scattato dall'ottava posizione, Antonelli era emerso dalla luce che a quel punto si riverberava sull'asfalto e, con facilità irrisoria, in poco più di due giri aveva preso il comando della corsa.
Mentre i piloti alle sue spalle hanno iniziato a darsi battaglia in maniera convulsa, Antonelli si è sfilato dal gruppo sparendo in un violento acquazzone scatenato da un altro capriccio atmosferico. Una corsa interrotta solo da un incidente, avvenuto addirittura in regime di safety car, che ha costretto i commissari a sventolare la bandiera rossa.
Quando, mezz'ora più tardi, la corsa è nuovamente ripartita, Antonelli non ha avuto particolari esitazioni e ha semplicemente riannodato i fili sciolti dalla neutralizzazione. Nel silenzio della regia è tornato a scavare un solco tra sé e il resto dei piloti, ricomparendo soltanto nel finale per affrontare un'ultima volta la parabolica che conduce al traguardo. Sotto un sole che stava per tramontare, la bandiera a scacchi è sventolata salutando il nuovo campione della Formula Regional e il quarto titolo in altrettante categorie. In soli due anni.
NELLA CULTURA DI MASSA
Antonelli è un'attrazione irresistibile anche al di là del talento. Dopo tutto è un ragazzo appena diciottenne, sì catapultato in un mondo dorato come quello della Formula 1, ma non del tutto estraneo alla quotidianità e alle insicurezze dei suoi coetanei. Antonelli ha ottenuto la patente soltanto qualche settimana fa e tra pochi mesi si ritroverà di fronte un esame di maturità, a cui, per il momento, non sembra avere la minima intenzione di rinunciare.
Da fuori sembra un ragazzo dall'etica semplice e trasparente, in cui non è difficile identificarsi. I suoi punti di riferimento sono chiari, quasi scontati: in camera da letto conserva ancora il poster di Ayrton Senna e dell'ammirazione per Valentino Rossi non fa certo mistero. Il suo sguardo verso i mostri sacri del paddock è umile e colmo di rispetto, e le sue parole non lasciano trapelare la minima intemperanza. Quando nelle interviste ricorda il suo primo incontro con Hamilton al Gran premio di Monza del 2018, non ricorre a paragoni ricercati: «Ero euforico, come un ragazzino allo stadio che aspetta di incontrare Cristiano Ronaldo», e non nasconde tutta la sua deferenza nei confronti di un pilota che, fino a prova contraria, è a tutti gli effetti un avversario, nonché il suo predecessore in Mercedes: «Dopo l’inno nazionale gli ho bussato sulla spalla, gli ho dato il cinque con la mano e gli ho detto: "Ricordati che sei il migliore"».
Antonelli non cerca di nascondere i suoi lati più infantili, anche di fronte alla mole tentacolare di domande che da settimane (se non da mesi) cercano di estrapolare ricordi e aneddoti di un'esistenza tanto breve.
Per certi versi, è spiazzante la naturalezza con cui è in grado di rivelare anche le sfumature più intime della sua sfera familiare; come la questione relativa al suo soprannome: «In famiglia mi chiamano Andy oppure Topo. Da piccolo mi chiamavano Topino, ma ora sono cresciuto. Mentre in pista sono per tutti Kimi, un nome che fu consigliato a mio padre dall’ex pilota Enrico Bertaggia, senza riferimenti a Kimi Raikkonen», ha dichiarato recentemente in un'intervista.
I genitori, inevitabilmente, giocano ancora un ruolo importante nella sua vita. Il padre, pilota automobilistico e proprietario di una scuderia che gareggia in diversi campionati GT, fin da subito è stato un punto di riferimento paziente e la madre ha avuto modo di seguirlo passo dopo passo sin dai tempi in cui lo accompagnava alle corse sui kart.
Antonelli, comunque, sembra del tutto a suo agio in un mondo che, sotto le cortesie apparenti, può essere anche piuttosto spietato. Come ha raccontato Roberto Chinchero in un interessante dietro le quinte del Gran Premio di Melbourne, durante una sessione di autografi si è quasi lasciato sopraffare emotivamente dal serpentone di fan che brulicava di curiosità nei suoi confronti; il sabato mattina, qualche ora prima delle qualifiche, mentre un'auto dai vetri oscurati lo stava scortando verso la fan zone, ha abbassato il finestrino per salutare le migliaia di fan che stazionavano lungo il tragitto; come se volesse aprire loro un varco nella sua emotività e sembrando, una volta di più, uno scricciolo a cavallo di un'onda imbizzarrita.
Da un certo punto di vista, nulla sembra cambiato da quel test a Spielberg, più o meno un anno fa, in cui per la prima volta è montato su una monoposto di Formula 1. In quel giorno di pioggia, una volta premuto il piede sull'acceleratore, il casco ha cominciato a oscillare come un pungiball contro il poggiatesta; le brusche frenate hanno premuto il suo corpo inesperto contro l'abitacolo. Poi le precipitazioni, quasi miracolosamente per un giorno di aprile, sono diventate neve, unendosi candidamente all'ingenuo entusiasmo delle sue parole: «Sono bastati pochi giri per scoprire un mondo bellissimo».