Il lavoro di Ramon Monchi a Siviglia ha ridefinito il ruolo del direttore sportivo nel calcio, elevandolo per importanza e risonanza mediatica a quello di allenatori e giocatori. È forse il contesto ad essere cambiato e ad aver reso indispensabile il lavoro dei direttori sportivi: in un calcio sempre più oligarchico l’unico modo per essere competitivi senza grande budget è lavorare sul mercato meglio degli altri, lavorando ai bordi della geografia calcistica. Rui Costa al Benfica, Fredi Bobic all’Eintracht, Luis Campos al Lille e Dimitri De Condè al Genk sono tutti stati in grado di migliorare la competitività delle proprie squadre lavorando con pochissimo budget, seguendo il moto di “less is more”. In fondo per spendere 70-80 milioni per un giocatore non serve un grande occhio: basta avere i soldi.
Uno dei direttori sportivi di cui si sta parlando ancora troppo poco è Oliver Pickeu, uno dei protagonisti dell’ascesa dell’Angers, squadra in costante crescita nel panorama francese e che dopo 9 partite si ritrova terza in in Ligue 1. Pickeu ha speso 33 milioni complessivi in quattro anni, e gli sono bastate due cessioni – quelle recenti di Jeff Reine-Adelaide al Lione e Flavien Tait al Rennes – per recuperare interamente la cifra. Del resto, se la sua ambizione fosse stata quella di operare con un portafoglio bello gonfio non sarebbe rimasto ad Angers 13 anni, accompagnando la società in quella lenta ma continua ascesa che, partendo dal Championnat National, è arrivata fino al nono posto in Ligue 1 (stagione 2015/16, miglior piazzamento dell’Angers negli ultimi 40 anni) e a una finale di Coppa di Francia (2017, persa contro il PSG).
Sistema Angers?
Prima che un club, i bianco-neri della capitale storica dell'Angiò sono diventati un’idea, uno stile e una filosofia gestionale, ben riassunti da un’affermazione fatta recentemente in un’intervista a So Foot dal tecnico Stèphane Moulin: «Da noi lo stato di necessità ha elevato i problemi, o meglio, la loro soluzione, a una forma di arte».
Sommando gli anni di permanenza nell’Angers del duo Pickeu-Moulin si ottiene 43. Entrambi sono stati calciatori, poi Moulin ha allenato le giovanili dal 2005 fino al 2011, quando il cambio di proprietà lo ha promosso in prima squadra. L’arrivo di Said Chabane alla presidenza ha completato il triangolo che oggi costituisce la pietra angolare della terza forza della Ligue 1.
Chabane, algerino ma francese di adozione, uscito dalle più prestigiose scuole francesi, dopo un periodo di disoccupazione e difficile integrazione ha creato un’azienda diventata nel tempo un gruppo agroalimentare (Cosnelle) da 100 milioni di fatturato annuo e con oltre 800 persone alle proprie dipendenze. Moulin è stata la prima di una serie di scelte low-cost (come il taglio di 1 milione di euro al budget complessivo operato agli inizi della sua gestione) che hanno caratterizzato la politica dell’Angers e continuano a farlo oggi, anche se con qualche deroga maggiore. Attualmente però nessuna squadra di prima divisione in uno dei cinque grandi campionati europei può vantare un allenatore tanto longevo quanto Moulin.
L’Angers non è il Leicester City francese, e lo 0-4 incassato sabato al Parco dei Principi lo ha confermato. L’Angers è una squadra che, dal suo ritorno in Ligue 1, ha ottenuto un nono, un dodicesimo, un quattordicesimo e un tredicesimo posto. Adesso viaggia su posizioni europee, come del resto già capitato nella stagione da matricola quando arrivò a Natale al terzo posto dietro a PSG e Caen, eppure a maggio potrebbe ritrovarsi più in basso. Se così fosse, Moulin potrebbe legittimamente prendere in prestito il concetto espresso giovedì scorso da Arno Slot, allenatore dell’Az Alkmaar, dopo lo 0-0 casalingo contro il Manchester United in Europa League: «Il più grande complimento che possa fare ai miei ragazzi è di essere delusi di non aver vinto contro il Manchester».
L'allenatore Stephane Mouline, foto di Guillame Souvant / AFP / Getty Images.
L’identità della squadra nel corso degli anni sia qualcosa di raro da trovare nel panorama calcistico internazionale, specialmente in relazione ai mezzi economici disponibili – 32 milioni di budget, il 17° in Ligue 1.
Da anni la coppia Moulin-Pickeu modella e ricompone la rosa senza che il risultato finale subisca variazioni di rilievo. Lavorano pescando soprattutto dalle divisioni inferiori, la Ligue 2 innanzitutto, andando alla ricerca di ciò che gli altri non riescono (o non sono interessati) a vedere. Uno degli uomini mercato dell’estate, Nicolas Pépé, passato all'Arsenal per 80 milioni di euro, arriva da un’intuizione di Pickeu, che lo ha prelevato a 15 anni dal National 3, la quinta divisione francese, dove giocava nel Poitiers, società di Buxerolles, regione della Nuova Aquitania, alla quale si era aggregato in seguito al trasferimento del padre, una guardia carceraria, in un penitenziario nei dintorni.
L’Angers è pieno di queste storie, iniziate a Chateauroux (Flavien Tait), a Montbeliard (Karl Toko Ekambi, Abdoul Camara), a Le Havre (Romain Saiss), a Reims (Jonathan Kodjia), a Clermont (Famara Diedhou), a Creteil (Chiekh N’Doyie), una volta addirittura a Londra per andare a pescare, in quei porti di mare in cui si sono trasformate le Academies dei top club di Premier League (l’Arsenal, nello specifico), Jeff Reine-Adelaide, diventato due anni dopo la cessione record (25 milioni) nella storia del club.
Reclutamento e assemblaggio sono due facce della stessa, delicata medaglia, e risultano completamente interdipendenti l’una con l’altra. Moulin si è sempre chiesto cosa possa offrire Angers a un calciatore. «Non possiamo certo dirgli: vieni da noi, abbiamo il bellissimo castello dei Duchi d'Angiò. L’unica nostra capacità attrattiva può derivare solo da uno stile capace di identificare il club nel corso delle stagioni. Il giocatore che sceglie Angers sa già cosa aspettarsi, con quale realtà dovrà confrontarsi e a quale filosofia dovrà conformarsi». Riassunta in breve: «Senso della misura, perché dove c’è misura c’è equilibrio, e l’equilibrio è una garanzia di successo».
L’Angers in questa stagione
Questo non significa che l’Angers sia sempre uguale a sé stesso, anno dopo anno. Nell’attuale Ligue 1, ad esempio, la squadra è seconda dietro al PSG per numero di reti segnate (16) e per media di tiri in porta a partita (15.2), mentre a livello di gol subiti solo il Monaco ha fatto peggio (19 contro 15). Numeri in contraddizione con l’approccio pragmatico che ha contraddistinto l’Angers in questi anni. Per darvi un’idea, nel 2015 Vincent Duluc, analista de L’Equipe, commentò «questa neopromossa non fa bene al calcio perché non gioca a calcio, ma specula tatticamente in attesa del contropiede. Certo, i tifosi dell’Angers sono contenti nel vedere la loro squadra così in alto, ma per i neutrali è un incubo. Meglio optare per una serata al cinema».
Approccio spartano non significa rigido, anzi, la versatilità tattica rappresenta uno dei punti di forza di Moulin, abile ad adeguare di volta in volta la squadra ai giocatori a disposizione ma anche all’avversario da affrontare. Se negli anni passati si è un visto un 4-4-2 alternarsi al 4-3-3, al 4-1-4-1 ma anche al 5-3-2, l’Angers 2019/20 appare modellato su un 451 puro nelle partite contro avversari di caratura superiore, che diventa un 4-2-3-1 in quelle sulla carta più abbordabili.
L’uomo chiave è il mediano classe ’95 Baptiste Santamaría, pescato nel 2016 dal Tours e che la scorsa estate è stato cercato dal Napoli. Fisicità, dinamismo, ottime letture di gioco, Santamaría agisce da schermo davanti alla difesa oppure come play difensivo accanto a un altro mediano, con il neo-acquisto Antonin Bobichon che si alterna all’esperto Thomas Mangani, ex Chievo, da anni pedina fondamentale nello scacchiere di Moulin per l’apporto fornito in entrambe le fasi di gioco.
Ismael Traoré, foto di Guillame Souvant / AFP / Getty Images.
In posizione più avanzata Mathias Pereira Lage, ennesima scommessa pescata dalla Ligue 2 (il Clermont nel suo caso), accentrato dopo la partenza a fine agosto di Adelaide e attualmente miglior assist-man della squadra. Moulin cerca giocatori versatili ma soprattutto malleabili, e sia Santamaría che Pereira Lage corrispondono al profilo: il primo nasce centrocampista di fascia destra, il secondo esterno di sinistra.
Bisogna considerare che in estate sul mercato l’Angers ha speso appena 10 milioni di euro, a fronte di 34 milioni guadagnati dalla cessioni. Oltre al citato Pereira Lage, non ha mostrato di patire il salto di categoria nemmeno Casimir Ninga, ex Caen, abile nello sdoppiarsi tra il ruolo di ala sinistra – il suo naturale – e quello di attaccante aggiunto alle spalle di Rachid Alioui, altra novità della rosa, ingaggiato a parametro zero dal Nimes e attualmente miglior marcatore della squadra.
I movimenti ad accentrarsi di Ninga sono favoriti dalle sovrapposizioni del terzino sinistro Rayan Ait Nouri, franco-algerino classe 2001 rapido e arrembante, capace di ricoprire tutte le posizioni sulla fascia di competenza. Cresciuto nell’FC Paris, dopo due anni è diventato titolare fisso nell’undici di Moulin, contribuendo a svecchiare il reparto dall’età media più alta dell’Angers, ovvero la difesa, quasi interamente composta da over-30. Anche un altro algerino era partito benissimo, Farid El Melali, attaccante/esterno d’attacco destro autore di 2 reti nelle prime 4 partite, prima di uscire dal campo per una tendinite. Giocatore in grado di accendere la luce dal nulla, molto considerato in Francia, finora i problemi fisici, già presenti lo scorso anno, ne hanno rallentato la crescita.
Non esiste un modello Angers perché l’Angers non potrebbe esistere fuori dalla Francia. Attualmente nessun altro paese in Europa garantisce un bacino di pesca come l’Esagono, dove il calcio di strada persiste nel conservare un’importanza capitale durante i primi passi del percorso formativo ai ragazzi. Esistono miriadi di club, specialmente alle porte delle grandi città, con la cultura del calcio di strada di matrice africana.
Un caso unico: figli dell’Africa ma di formazione e cultura francese, che crescono in una scuola sportiva fortemente caratterizzata e strutturata, dove è storicamente preponderante la cura dell’aspetto fisico, mutuata dall’atletica. Giovani magari da scolarizzare sotto il profilo tecnico tattico (così disse una volta lo storico osservatore dell’Inter Pierluigi Casiraghi), ma dal potenziale di crescita e di adattamento nel calcio professionistico superiore alla media. La Francia attuale è un paese calcisticamente competitivo in tutte le categorie. In un simile contesto, chi possiede visione e occhio lungo può costruire qualcosa di importante. Anche con il portafoglio vuoto.