Vorreste allenare Sergej Milinkovic-Savic? Poniamo di trovarlo in un pacchetto di Ultimate Team: lo terreste in rosa? Poniamo di doverlo allenare in una carriera di Football Manager: in che ruolo lo schierereste? Qual è la sua più diretta comparison?
Milinkovic-Savic è un giocatore di difficile collocazione: è dotato di tecnica raffinata ma non è abbastanza dinamico, è forte fisicamente ma non è altrettanto agile. Insomma, è una sfida tattica per certi versi esaltante. Ha ventun anni (è ottavo in Serie A per minuti giocati tra gli U21), è alto 192 centimetri (è il nono giocatore più alto del campionato), e ha una serie di qualità molto specifiche che esaltano il potenziale offensivo della Lazio: grande elevazione, superiorità fisica, facilità di passaggio con entrambi i piedi, istinti naturali senza palla.
La Lazio a volte sembra andare avanti per inerzia, mossa dalle intuizioni dei propri attaccanti, cercati ossessivamente, il prima possibile e in ogni zona del campo. In questo sistema, Milinkovic-Savic collega i reparti con efficacia, sfruttando la rapidità di pensiero dove non può arrivare con la rapidità del corpo, lo spirito di sacrificio dove non può arrivare con le energie fisiche: «Credo di dare il meglio di me giocando dietro la punta, alla fine però è il mister che decide e giocherei anche da terzino se me lo chiedesse».
Contro la Sampdoria, invece, gli è bastato sfruttare l’altezza. Si è posizionato in area, ha occupato le attenzioni di Silvestre, ha aspettato che Felipe Anderson lasciasse a terra qualche incauto terzino, e poi è arrivato lì dove sapeva Silvestre non sarebbe mai arrivato. Essenziale. Al posto giusto nel momento giusto.
Se Felipe Anderson decide di arrivare sul fondo, Felipe Anderson arriva sul fondo
A conti fatti, Milinkovic-Savic è utilizzato come uno specialista, e in quanto tale gode della fiducia dei compagni, che a un anno dal suo arrivo hanno imparato a innescarne le potenzialità. Il suo contributo alla fase offensiva della Lazio si può sostanzialmente frazionare in tre momenti diversi.
Risalire il campo
In fase offensiva, la Lazio mira a semplificare il più possibile tutto quello che passa tra la riconquista della palla e la finalizzazione, e una mezzala di 192 centimetri si presta perfettamente allo scopo. Tra i giocatori con un minutaggio consistente, sopra i 500 minuti, Milinkovic-Savic è primo per distacco nella classifica dei duelli aerei ingaggiati ogni 90 minuti. In media, ogni dieci minuti piove un pallone sulla sua testa. È anche, dopo Falcinelli, il giocatore che ha ingaggiato più duelli in assoluto, 111. Simone Inzaghi usa la testa di Milinkovic-Savic da secondo playmaker: se gli avversari vogliono ostacolare la costruzione bassa, la Lazio sposta la contesa sessanta metri più avanti. Sergej ha iniziato da titolare dodici delle sedici partite di campionato, e lo schema disegnato per il calcio di inizio è sempre stato lo stesso, retropassaggio alla difesa, lancio lungo su Milinkovic-Savic.
Soluzioni morbide per liberarsi del pressing del Genoa.
È particolarmente significativo che gli otto giocatori che lo seguono in classifica siano tutti centravanti, chi più chi meno, fedeli all’accezione classica del termine: Pavoletti, Falcinelli, Dzeko. Milinkovic-Savic gioca come una prima punta ma gioca all’altezza del centrocampo, e la Lazio ne sfrutta tutti i vantaggi: è più facile raggiungerlo con precisione, è più facile proporsi per ricevere la sponda, e poi Sergej ha la sensibilità per cercare sempre la profondità, e non limitarsi all’anticipo sull’avversario. E potrebbe migliorare: al momento vince il 63% dei duelli aerei, che è un indice di efficienza buono ma non eccellente.
Della sensibilità, dicevamo.
Lanciare in profondità
Osservare Milinkovic-Savic è un’esperienza che può assumere i tratti dello spettacolo di prestigio: ce la farà anche questa volta a replicare quelle mosse alla Busquets con un centesimo di controllo del corpo? Milinkovic-Savic è un giocatore generalmente lento, e per questo inaffidabile in difesa. È lento soprattutto con le gambe: quando Inzaghi lo accoppia a Rincon per sfruttare il vantaggio enorme sui lanci lunghi, rischia poi di pagare il prezzo della differenza di passo. Anche quando è molto attento nel mantenere la posizione corretta, basta poco per mandarlo fuori equilibrio e rubargli il tempo. Quando attacca l’area, come gli viene naturale fare, deve poi fare il doppio della fatica per recuperare la posizione.
Questa lentezza di gambe scompare al momento della coordinazione. Milinkovic-Savic individua corridoi verticali più velocemente degli altri, e ci fa scorrere il pallone con naturalezza, sia di destro che di sinistro. Se non c’è spazio in verticale, la Lazio lo cerca in orizzontale, mirando a isolare un’ala sul lato debole del gioco, e Sergej esegue con la consueta morbidezza. Non è neanche un giocatore puramente verticale, non fa del passaggio smarcante un vezzo. Qui sotto, contro il Pescara, una pagina strappata al manuale del centrocampista moderno, un retropassaggio e un contromovimento che creano lo spazio per l’inserimento di Immobile: quello che può creare quando le difese avversarie gli concedono il tempo di monitorare le soluzioni di passaggio.
Nell’economia del gioco laziale, dai piedi di Milinkovic-Savic passano molti palloni sporchi, da riciclare rapidamente, e così come è facile apprezzarne la propensione al rischio, non si può neanche trascurarne l’inefficienza complessiva. Completa il 68% dei passaggi (soltanto il 69% dei passaggi corti), e la produzione di 1.4 passaggi-chiave ogni 90 minuti è mediocre (trentunesimo tra i centrocampisti con minutaggio consistente).
Attaccare l’area
In compenso, nello stesso elenco di centrocampisti, Milinkovic-Savic è sesto per tiri all’interno dell’area di rigore ogni 90 minuti (è preceduto da professionisti dell’attaccare lo spazio: Verre, Vecino, Kessié, Khedira, Benassi), ed è secondo per tiri di testa ogni 90 minuti, alle spalle di Chochev. Immobile è una prima punta che occupa poco l’area di rigore, ideale per esaltare gli inserimenti dei centrocampisti, e in questo contesto Sergej ha modo di sfruttare l’altezza sopra la media anche in proiezione offensiva. Contro il Pescara, in casa, in una partita bloccata che la Lazio stava controllando a ridosso della trequarti avversaria, è stato sufficiente un cross morbido di Felipe Anderson. Sergej si fa trovare sul secondo palo, molto più in alto di Zampano, e segna un gol bellissimo.
Può capitare che sia invece Parolo ad attaccare l’area, e in quel caso Milinkovic-Savic, sempre molto attento allo sviluppo dell’azione, ripiega al centro per prevenire la transizione avversaria. All’occorrenza può anche raccogliere la respinta e arrivare al tiro dopo aver fatto rimbalzare su di sé l’intera difesa del Genoa. Peccato che poi faccia sembrare quel rigore in movimento che gli capita tra i piedi più difficile che scardinare a spallate un plotone di quattro uomini.
Il primo anno di Milinkovic-Savic in Serie A si è chiuso con la miseria di 1 gol e 0 assist, cifre che fanno un po’ a pugni con tutto quello che normalmente ci si aspetterebbe da caratteristiche così offensive. Però, nel 4-3-3 della Lazio, Milinkovic-Savic ci sta benissimo, è complementare alle geometrie di Biglia e all’interdizione di Parolo, è nella sua bolla. A differenza di altri coetanei, ha già il contesto tattico adeguato e la fiducia necessaria per maturare, e i 3 gol e i 2 assist già realizzati in questa prima metà di stagione costituiscono un miglioramento confortante.
Dirà il tempo se manterrà una certa continuità produttiva, o se invece rimarrà un giocatore con pregi molto evidenti e limiti altrettanto evidenti, ma è facile prevedere il bivio alla base di questa ipotesi: nel primo futuro possibile, Milinkovic-Savic è un giocatore effettivamente utile, che trova una sua collocazione precisa in campo e aiuta le sue squadre a vincere le partite; nel secondo futuro possibile, Milinkovic-Savic rimane un freak del calcio europeo, oggetto del desiderio di qualche pazzo collezionista come Sampaoli. Stabilisca il pubblico quale futuro sembra adesso il più probabile, e quale il più affascinante.