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L'anno in cui l'Italia ha riscoperto l'atletica
06 gen 2025
15 momenti dall'incredibile 2024 dell'atletica.
(articolo)
28 min
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Il 2024 è stato l’anno in cui l’Italia ha riscoperto definitivamente l’atletica, soprattutto per via del seguitissimo Europeo di giugno a Roma e del luccichio delle Olimpiadi di Parigi 2024. La federazione italiana di atletica leggera ha retto bene gli insidiosi contraccolpi dell'exploit di Tokyo 2020, e ha capitalizzato l’hype attorno alle imprese di Jacobs, Tamberi e gli altri grazie a una Nazionale solida, profonda e concreta. Il pubblico, per parte sua, ha cominciato a interessarsi in maniera approfondita: con la spinta mediatica dei grandi eventi, è cresciuto l’interesse per le imprese degli atleti e delle atlete italiane (e non) anche fuori dai palcoscenici più blasonati, in giro per il mondo e nell’arco di tutto l’anno - che siano stati i Mondiali Indoor di Glasgow, le puntate della Diamond League o gli Europei di Cross Country.

I protagonisti non hanno deluso le attese, e hanno onorato i grandi eventi internazionali con prove incredibili ed emozionanti, intrecciate a storie umane commoventi e preziose. Ne ho selezionate quindici che ci hanno colpito più delle altre. Cominciamo.

LETSILE TEBOGO: ORO NEI 200 METRI - 8 AGOSTO 2024
A 21 anni Letsile Tebogo è lo sprinter più forte che non solo il Botswana, ma l’Africa intera mette sul piatto dorato di Parigi 2024 per minare il dominio americano (per via del terzetto Lyles-Kerley-Bednarek) e giamaicano (Thompson-Seville). Nel 2023 aveva già vinto un argento sui 100 metri e un bronzo sui 200 metri ai Mondiali di Budapest; più recentemente, a febbraio 2024, si era preso il record mondiale sui 300 metri (si parla di territori frequentati da Usain Bolt, Wayde Van Niekerk e Michael Johnson).

I 100 metri sono un affare da sette uomini in neanche un decimo di secondo: Tebogo è dal lato sbagliato dello spettro. Finisce sesto nella finale più vicina di sempre, con un 9”86 che a Tokyo gli sarebbe valso la medaglia di bronzo. Alla fine, spunta Noah Lyles in 9”79 - e letteralmente spunta, visto che a metà gara era settimo. Nella notte del 4 agosto, dopo la finale, in conferenza stampa, Lyles - spalleggiato da Fred Kerley, bronzo nei 100 metri - risponde così alla domanda di un giornalista che gli chiede come si sentisse, ora che aveva questo oro in tasca, nell’approcciare 200 metri e 4x100: «Abbastanza fiducioso… il mio lavoro nei 200 metri è assicurarmi che… no beh, non lo dico». Kerley: «no, dillo pure». «Nessuno di loro vincerà. Quando mi vedranno spuntare, dopo la curva, si deprimeranno».

Fast forward alla sera della finale dei 200 metri, l’8 agosto 2024. A pochi secondi dalla partenza, dagli spalti si leva il coro: «USA, USA, USA». Letsile Tebogo, divisa azzurra e nera a riprendere i colori della bandiera del Botswana, è circondato da atleti statunitensi: Bednarek a destra, Knighton e Lyles a sinistra, più interni. Tebogo, Lyles e Bednarek escono dalla curva praticamente appaiati, ma sul lanciato - specialità in casa Lyles - Tebogo è più efficace e vince in 19”46. Da che ho memoria, non ricordo atleti in possesso dei mezzi o della personalità per cominciare a esultare ancor prima di aver raggiunto il traguardo di uno sprint olimpico - con la sola eccezione di Usain Bolt. Tebogo con oltre un decimo su Kenneth Bednarek e ben 24 decimi su quel "chiacchierone" di Noah Lyles - che poco dopo sarà soccorso in seguito a un lieve malore innescato dalla sua positività al Covid-19 - ha tutto lo spazio per farlo.

Dopo la vittoria e i convenevoli con gli avversari, Tebogo mostra alla camera una delle sue scarpette da corsa: tra la tomaia e la conchiglia che avvolge il tallone è cucito un riquadro bianco. Su di esso, in rosso acceso, tre lettere e una data, solo una: 23-12-1980. Sono le iniziali e la data di nascita della madre. Le Olimpiadi concluse da trionfatore - oltre all’oro nei 200 metri conquisterà anche uno storico argento nella 4x400 con una frazione monstre in testa a testa con Rai Benjamin - sono la prima gara che l’inseparabile madre di Tebogo non ha potuto vedere, perché scomparsa due mesi prima.

Al suo ritorno a Gaborone, capitale del Botswana, ad aspettare Tebogo c’erano circa 30 mila persone. Lui ha detto: «Credo che la mia vita sia cambiata, e credo di aver cambiato tante vite nel mio Paese, e non solo lì, ma in tutta l’Africa: ho dimostrato che anche contro ogni pronostico, tutto è possibile».

SIFAN HASSAN VINCE LA MARATONA OLIMPICA - 11 AGOSTO 2024, PARIGI
Anticipando Femke Bol, Sifan Hassan è la prima olandese a vincere il premio di atleta dell’anno di World Athletics. All’alba dei 32 anni e al termine del doppio ciclo olimpico della sua maturità sportiva, il bottino di Hassan ai Giochi è incredibile: sei medaglie, tre d’oro e tre di bronzo, spalmate su un insieme di discipline che coprono tutto quello che va dai 1500 metri alla Maratona.

La medaglia d’oro sui 42,195 metri della Maratona olimpica è una perla di raro pregio sportivo. Basti dire che per Hassan le premesse erano quelle di competere appena sei giorni dopo per una medaglia di bronzo nei 5,000 metri e a neanche 48 ore dalla finale dei 10,000 metri piani - in cui ha trovato la sua seconda medaglia, sempre di bronzo, alle spalle di Nadia Battocletti. Il field in Maratona è agguerritissimo: Hassan trova le keniane Hellen Obiri - fresca di vittorie di peso tra Boston e New York - e Peres Jepchirchir - l’attuale detentrice del record femminile senza pacer maschili - oltre all’etiope allora detentrice del record femminile Tigst Assefa. Hassan fugge con un pacchetto di quattro atlete di testa, che diventano tre negli ultimi chilometri: tra loro Assefa e Obiri, due ossi durissimi in fatto di scontri corpo a corpo in eventuali finali a sprint. A quattrocento metri dal traguardo, su uno spunto di Assefa, Obiri deve cedere il passo al ritmo folle. Hassan segue l’etiope: le due si involano verso l’Esplanade des Invalides, tra due strette ali di pubblico. L’indole da mezzofondiste di razza emerge nel finale manesco - a circa trecento metri dal traguardo Assefa lancia la volata, Hassan raddoppia la cadenza e tenta un sorpasso all’interno di una semicurva, provocando la reazione della rivale, che arriva al contatto nel tentativo di chiuderle lo spazio. Sifan Hassan mette qualche metro tra sé e Tigst Assefa: l’etiope non smette di crederci, ma il suo sforzo non è abbastanza, e arriva tre secondi dopo la medaglia d’oro. Hassan oltre all’oro, si assicura anche il record olimpico nella Maratona femminile.

MONDO DUPLANTIS BATTE IL SUO RECORD TRE VOLTE
In un ipotetico bestiario dei soprannomi degli atleti, "Mondo", confezionato per il piccolo Armand Duplantis da un amico del padre con avi italiani (siciliani), è uno di quelli più iconici; sicuramente uno di quelli più azzeccati. Nel 2024 Duplantis ha migliorato il proprio record nel salto con l’asta per tre volte, portando il primato già suo da 6.23 a 6.26 (ha ritoccato la propria migliore misura per dieci volte in carriera). Sandro Modeo nel suo compendio all’Olimpiade di Parigi aveva scritto di come Mondo Duplantis "stia portando l’asta nello stesso metaverso in cui Bolt ha portato la velocità, Warholm i 400 hs maschili (a Tokyo), Sydney McLaughlin quelli femminili".

Il più emozionante dei record infranti da Mondo nel 2024 è stato il penultimo, quello conquistato alle Olimpiadi di Parigi, con l’oro già in saccoccia. Per la matematica del gradino più alto del podio sono bastati appena sei metri. Sam Kendricks e Emmanouil Karalis lo aspettano con argento e bronzo al collo a 5.96 e 5.95, con il naso all’insù. In alcuni video li si vede arringare l’arena per caricare la prova del proprio avversario - Kendricks, grande amico di Duplantis, è decisamente il più partecipe. Mondo si scalda con una prova in 6.10: scende e paga tributo a una delle icone dell’Olimpiade, il tiratore turco Yusuf Dikec (per Halloween si è fatto il travestimento completo).

Poi sale a 6.25, un centimetro più alto del suo freschissimo record di aprile, alla Diamond League di Xiamen, in Cina. Primo tentativo: passa altissimo, ma coordinandosi nel passaggio tra fase ascendente e discesendente non riesce a trovare la profondità necessaria a portare il corpo oltre la linea della sbarra, e se la trascina giù con il ginocchio. Nullo. Secondo tentativo: di nuovo, Duplantis trova l’altezza ma non la profondità, e ricadendo si trascina la sbarra con la tibia. Nullo. (Sam Kendricks non sta nella pelle per la tensione). Terzo tentativo: Mondo aggiusta la meccanica nel rilascio dell’asta, il corpo sospeso in aria sguscia oltre la sbarra. Cerchio verde.

Da figlio di uno sport minore - oggettivamente meno blasonato, praticato e compreso rispetto agli sport del track basati su schemi motori più immediati come la corsa - Mondo Duplantis sta rappresentando una speciale rivoluzione per l’atletica. Il suo appeal da atleta di punta di World Athletics è debordato dai limiti della conoscenza degli addetti ai lavori, e Duplantis - che inanella premi su premi di atleta dell’anno World Athletics - è sempre più di frequente di fianco a personalità sportive totali come Djokovic, Verstappen, Lyles, o Haaland su palcoscenici con nomi altisonanti, quelli che premiano il più bravo di tutti, ma proprio tutti (tutti chi poi?) come lo sportivo dell’anno tout court. Chissà se gli anglofoni, o gli scandinavi, riescono a percepire le sfumature sonore e simboliche dell’investitura di un soprannome come "Mondo": quel significante abbondante, di vocali e di nasali; quel significato che rimanda alla totalità dell’Universo degli uomini, che Duplantis guarda dall’alto di un record dopo l’altro.

BEATRICE CHEBET FA IL RECORD DEL MONDO SUI 5 CHILOMETRI - 31 DICEMBRE 2024, BARCELLONA
Un altro soprannome di rilievo per il nostro bestiario è quello di Beatrice Chebet: "the smiling assassin". Classe 2000, Chebet nel 2024 ha aggredito ogni competizione alla quale abbia preso parte, con una serie di risultati sbalorditivi. La lista comprende: due ori olimpici (nei 5,000 e nei 10,000 metri), la vittoria del campionato mondiale di Cross Country di Belgrado (sui 10 chilometri); un clamoroso record mondiale nei 10,000 metri piani al Prefontaine Classic di Eugene, a maggio, nel quale ha abbattuto il precedente record di ben sette secondi; ha vinto sui 5,000 metri alla Diamond League; e nel giorno di San Silvestro, alla classica Cursa dels Nassos di Barcellona ha polverizzato il record femminile nella 5 chilometri su strada, correndo la gara in 13’54” (il record era fermo a 14’13”).

Per chi stesse provando a fare i conti, Chebet ha fatto registrare un passo medio di 2’46” al chilometro. È la prima donna a scendere sotto i 14 minuti sui 5,000 metri, su qualsiasi superficie: durante il corso dell’anno ci aveva provato in pista, alla Diamond League di Zurigo di settembre, sperando di battere il record dell’etiope Gudaf Tsegay - che nel 2023 si era fermata a 14’00”21. Non ci era riuscita per via delle condizioni meteo avverse: ci è toccato aspettare l’ultima limpida mattina del 2024.

ARSHAD NADEEM: ORO OLIMPICO NEL GIAVELLOTTO - 8 AGOSTO 2024, PARIGI
Trovatemi qualcosa di affascinante come quei montaggi fotografici che mettono insieme, separandoli, i frame chiave di un gesto atletico complesso, scorporando nella stessa immagine tutte le fasi del gesto. L'atleta si moltiplica in due, tre, quattro figure nello spazio. È come guardare un vecchio atlante, o un libro di astronomia che mostri nella stessa pagina tutte le fasi lunari, una contigua all’altra.

Il gesto atletico in questione è il divenire di un record olimpico, quello di Arshad Nadeem nel giavellotto.

Nadeem ha scagliato l'oggetto a 92.97 metri di distanza dalla pedana, tre in più del leggendario lanciatore indiano Neeraj Chopra (campione olimpico in carica) e due in più del precedente primatista olimpico, il norvegese Andreas Thorkildsen (il record reggeva da Pechino 2008). Il suo oro ha rappresentato la prima medaglia olimpica in assoluto nell'atletica per il Pakistan - ed è affascinante che sia arrivato in uno scontro diretto con un rappresentante illustre del grande rivale storico, geopolitico e sportivo del suo Paese: l’India. Dopo la sua vittoria è tornato alle difficoltà del proprio percorso di sviluppo sportivo, ricordando la storia dei suoi allenamenti lontano da strutture sportive di livello, specialmente in Pakistan. A questo proposito, ha rivolto un appello alla politica pakistana: «In questo periodo, dobbiamo mettere a disposizione strutture di livello mondiale per permettere lo sviluppo degli atleti, visto che la competizione si sta facendo sempre più dura. Non ci sarà un altro Arshad senza nuove strutture».

KARSTEN WARHOLM VS MONDO DUPLANTIS: 100 METRI - 4 SETTEMBRE 2024, ZURIGO
Karsten Warholm e Mondo Duplantis non sono semplici specialisti delle rispettive discipline: il primo è detentore di un record, quello sui 400 ostacoli, ritenuto tra i più inavvicinabili dell’intero track and field - nonostante l’argento alle spalle dell’eterno secondo Rai Benjamin a Parigi 2024. Il secondo è semplicemente Mondo, un atleta generazionale. I due, che sono grandi amici, si sono beccati per la prima volta nel 2023 durante una sessione di allenamento precedente alla Diamond League di Monaco. «Karsten mi ha detto ‘sembri veloce!’, e allora io gli ho detto ‘gareggiamo’». Che 100 metri siano.

La forma scelta da RedBull per inscenare lo scontro è la parodia: il sistema parodiato è quello della boxe. Gli elementi di fondo per la credibilità dello scontro ci sono tutti: il blasone dei contendenti, il derby tra le rispettive nazionalità in gara (Svezia contro Norvegia). Ma è tutto così tremendamente off da far pensare che il cringe evocato da quello che circonda la sfida sia esattamente l’effetto desiderato. E alla fine funziona. Il Michael Buffer della situazione sembra uscito da una copertina dei Weezer: occhiali, e un outfit rilassatissimo con camicia a quadri, jeans. La verve è quella di Alessandro Barbero in una vecchia puntata di SuperQuark. Warholm ci prova a fare il duro, ma fa due passi ed è costretto a sistemarsi il cappuccio della vestaglia rossa sopra al cappellino brandizzato RedBull. Duplantis, circondato da luci blu, nonostante un portamento meno ingessato appare altrettanto impacciato (neanche a lui il cappuccio vuole saperne di stare su). Si porta dietro nel suo angolo tutti i santini che tiene nel portafoglio: con lui dal tunnel escono nientemeno che Letsile Tebogo e Fred Kerley.

Warholm, che confidava nella sua maggiore abilità in uscita dai blocchi, si è fatto sorprendere fin dai primi metri dall’arma segreta di Duplantis: la sua incredibile velocità di punta - la più alta mai registrata per un astista. Mondo era a conoscenza di questo suo asso nella manica, tanto da affermare spavaldamente alla vigilia: «Ci sono buone possibilità che lo sorprenda nei primi 50 metri».

Così è stato. Duplantis è partito meglio, e complice il suo training specialistico ha mantenuto la velocità fino agli ultimi metri, senza dare a un formidabile quattrocentometrista come Warholm alcuno spazio per rientrare. Duplantis ha di nuovo rubato l’esultanza dalla mimica di Dikec (per poi sfidare l’ostacolista Sidney McLaughlin a una gara sui 400 metri piani), mentre Warholm ha candidamente ammesso di essersi divertito: «È stato bello, specialmente all’inizio: è stato meno bello una volta tagliato il traguardo».

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La sfida, tutto sommato, è stata piacevole, e le prove non sono da buttare: 10”37 per Duplantis, 10”46 per Warholm - entrambi si sarebbero qualificati per la semifinale in praticamente tutte le batterie delle Olimpiadi di Parigi. In palio c’era poco altro, oltre che una scommessa tra amici - Warholm si è dovuto presentare in pista per le gare del giorno successivo con una divisa della Svezia, per gentile concessione di Mondo. Chiamatelo “bello spot per lo sport”, chiamatelo scimmiottare la grammatica da gangster degli sprinter duri e puri, chiamatelo come vi pare: noi alla fine ci siamo divertiti.

LA STRAORDINARIA STAGIONE DI NADIA BATTOCLETTI
Lo scorso 13 giugno, appena terminati gli Europei di atletica di Roma, Riccardo Rimondi scriveva: "Battocletti ha un enorme pregio, che condivide con tutti gli atleti di punta di questa Nazionale: corre per vincere, anche quando non può".

Forte di uno stato di forma straordinario, nel 2024 Battocletti ha cercato e trovato la sua consacrazione mondiale, riportando l’Italia del mezzofondo su un podio olimpico dopo gli exploit dello sprint di Tokyo 2020. Agli Europei di Roma di giugno ha dominato in lungo e in largo: sui 5,000 metri vince con intelligenza in una volata sui 100 metri finali, mostrando ampi margini di miglioramento, per sé stessa e per il record italiano. Ancora meglio fa - se possibile - sui 10,000 metri: a 500 metri dal traguardo allunga sulle inseguitrici e fa il vuoto, per prendersi l’oro europeo sotto gli occhi di un divertentissimo Sergio Mattarella. Conservata la forma dei giorni migliori per le Olimpiadi di Parigi, allo Stade de France si ritrova per una manciata di ore terza nei 5,000 metri, vista l'aleatorietà di una squalifica (poi annullata) inflitta alla medaglia d’argento Faith Kipyegon per una presunta spinta ai danni dell’etiope Tsegay a due giri dal traguardo. Quarta alle spalle di Sifan Hassan, si deve accontentare di aver ritoccato per la seconda volta nel giro di tre mesi il record italiano, che si ferma a 14’31”64.

Il meglio, però, deve ancora venire. Quattro giorni dopo, durante il riscaldamento dei 10,000 metri avverte un dolore. «Ho iniziato ad avvertire un forte dolore al tendine. Arrivavo qui con qualche problemino che tenevo sott’occhio. Ho un edema muscolare al soleo e un sovraccarico». Tiene duro e scende in pista, e qui risuona quello che riportavamo in apertura. Battocletti sfrutta la sua grande intelligenza tattica per fare una gara ordinata, divincolandosi da particolari situazioni taglia-gambe - come un prematuro imbottigliamento in una bagarre che gli avrebbe tolto ritmo e fiato. A duecento metri dall’arrivo, segue lo spunto di Beatrice Chebet, dall’interno. All’esterno le si appaia il temibile profilo di Sifan Hassan, sulle tracce di un kick clamoroso cominciato dal primo rettilineo dell’ultimo giro. Sugli ultimi 100 metri Battocletti accelera grazie al suo talento per le volate e in scia a Chebet taglia il traguardo in 30’43”35 - nuovo record nazionale e medaglia d’argento. Ha vinto anche quando il proprio corpo sembrava dirle che non poteva. L’urlo di Nadia è il manifesto della spedizione azzurra a Parigi, e una foto simbolo per la storia dell’atletica italiana.

La stagione 2024 di Nadia Battocletti si chiude così: l’8 dicembre, agli Europei di Cross Country in Turchia, vince l’oro individuale (prima atleta a vincere Under 20, Under 23 e assoluti nella rassegna continentale) e l’oro a squadre; il 31 dicembre vince la 5 chilometri femminile della 50esima edizione della BOclassic di Bolzano.

COLE HOCKER VINCE A SORPRESA I 1500 M - 6 AGOSTO 2024, PARIGI
Doveva essere una sfida a due: l’ultimo atto di una querelle cominciata nelle settimane seguenti alla finale dei 1500 metri dei Mondiali 2023 di Budapest. Dopo quella gara, tra il trionfatore Josh Kerr e il grande sconfitto Jakob Ingebrigtsen (dato per favorito della vigilia da chiunque) è cominciato un susseguirsi di scaramucce e botta e risposta tra il serio e il grottesco. Il britannico iridato si mette in bocca parole come “duro lavoro” e “onestà”: «credo che alla fine la persona buona vinca sempre» - probabile riferimento a un atteggiamento particolarmente strafottente di Ingebrigtsen, che in semifinale, arringando il pubblico a gara ancora in corso, aveva avuto un comportamento ritenuto poco consono per il bon ton dell’atletica. Ingebrigtsen, per tutta risposta, si è espresso… a là Ingebrigtsen. Sì, certo, bravissimo Kerr: ma lui aveva il mal di gola. Che sfortuna. I due battibeccano in maniera accesa per circa nove mesi. Sanno che per mettere fine alle proprie scaramucce c’è ad aspettarli nientemeno che la finale olimpica: neanche fosse lo script di una serie Netflix.

I due si qualificano agilmente per la finale. Subito dopo il colpo di pistola, Jakob si mette caparbiamente in testa e fa il passo: esattamente come a Budapest. Per due terzi di gara i dieci metri tra lui e Kerr sono ricuciti dal solo keniano Cheruiyot, un veterano della specialità. A metà dell’ultimo giro, però, cede il passo alla freschezza del gruppetto di inseguitori, cullato fino a quel momento dal suo passo risanatorio. Kerr comincia a salire a metà dell’ultimo rettilineo, e a metà curva è appaiato a Ingebrigtsen: ancora, esattamente come a Budapest. Kerr fa per passare esterno. Ma non è di quello che accade alla propria destra che Ingebrigtsen deve preoccuparsi: perché dall’interno, dopo una rimonta di decine di metri Cole Hocker, uno statunitense uscito dal nulla - conosciuto agli appassionati per il suo prodigioso kick (la spinta finale negli ultimi metri di una gara di mezzofondo, che gli è valso un argento ai Mondiali Indoor di Glasgow a marzo) - infila tutti quanti e con l’upset delle Olimpiadi si prende l’oro destinato alla coppia Kerrgebrigtsen. Lo seguono Josh Kerr, che completa la seconda rimonta contro Ingebrigtsen nel giro di un anno, e il connazionale statunitense Yared Nuguse, che sbatte il norvegese addirittura fuori dal podio.

JAKOB INGEBRIGTSEN FA IL RECORD MONDIALE NEI 3000 METRI - 25 AGOSTO 2024, SILESIA
Il trailer di Sprint 2 comincia più o meno così: "Come sprinter, verrai ricordato per quello che succede ai Giochi Olimpici. Se qualcosa va storto, avrai quattro anni per ripensarci". Cosa fai quando ti devi riprendere da una delusione che ti resterà appiccicata addosso per quattro anni? C’è una persona migliore di Jakob Ingebrigtsen a cui chiederlo? Probabilmente sì - solo tra gli sprinter duri e puri me ne vengono in mente una manciata. Tuttavia, la sconfitta del predestinato nei 1500 metri di Parigi ha un sapore amaro: per il fatto che forse quella sconfitta, maturata nell’acidità di un ambiente livoroso, Ingebrigtsen se l’è andata a cercare a colpi di stress e di troppe aspettative su sé stesso.

Per fortuna, Jakob non ha avuto tutto questo tempo per pensarci. La toppa più grossa ce l’ha messa la settimana dopo, vincendo l’oro nei 5000 metri - non che qualcuno si fosse ricreduto su di lui e sul suo talento. Neanche venti giorni dopo i 1500 metri di Parigi, il 25 agosto 2024, nell’ambiente più riparato della Diamond League della Silesia, Ingebrigtsen corre i 3000 metri più veloci della storia in 7’17”55, scherzando con il vigente record di 7’20”67 del keniano Daniel Komen, che reggeva da 28 anni (era il 1996, e il luogo era Rieti).

Persino Ingebrigtsen in persona all’arrivo si mette le mani nei capelli. È sorpreso, genuinamente. Il suo approccio al training settimanale (il famoso Norwegian Method) lo porta raramente a correre ai ritmi che proverà in gara: dice che la competizione è «un grande test per vedere cosa posso fare, perché di fatto non lo so. Ecco perché aspetto con trepidazione tutte le gare. So che darò il massimo perché per me rappresenta il modo per vedere dove sono e come posso performare».

SYDNEY MCLAUGHLIN: IL RECORD NEI 400 METRI OSTACOLI - 8 AGOSTO 2024
Alcune partite a due potranno anche essere rovinate da qualche terzo incomodo: la finale olimpica dei 400 metri ostacoli femminili non è tra queste. Femke Bol - Sydney McLaughlin è un match di cartello. Lo scontro tra titani della campionessa olimpica McLaughlin con l'olandese fresca di titolo europeo, di record mondiale nei 400 metri al mondiale indoor di Glasgow e di oro olimpico nella 4x400 misti, è già un classico nella storia dei Giochi. La prova di McLaughlin è un capolavoro, e l'arrivo in solitaria dopo l’ultima curva è un attestato di manifesta superiorità davanti a cui Femke Bol nulla può. Di fronte alla solidità della corsa di McLaughlin, Bol si scioglie scivolando addirittura sul gradino più basso del podio. McLaughlin ha ritoccato di oltre un secondo il suo record mondiale e olimpico, e ha adocchiato l'abbattimento di un muro fisico e biologico alieno come quello dei 50 secondi.

JULIEN ALFRED: ORO OLIMPICO NEI 100 METRI - 3 AGOSTO 2024, PARIGI
Sull’isola di Saint Lucia, nel mezzo del Mar dei Caraibi, la ratio fra premi Nobel e numero di abitanti è di uno ogni 100 mila. Al 3 agosto 2024, il paradiso dell’arcipelago delle Piccole Antille, con neanche 200 mila abitanti (più o meno gli stessi del comune di Trieste), può vantare due premi Nobel - uno per l’Economia e uno per la Letteratura - ma nessuna medaglia olimpica.

A ristabilire le proporzioni in questo senso ci ha pensato Julien Alfred, sprinter classe 2001, che dopo aver regalato a Saint Lucia una storica medaglia d’oro sui 60 metri al Mondiale Indoor di Glasgow, a marzo, alla sua prima partecipazione olimpica ha raccolto due medaglie. Il 3 agosto, Alfred stravince la finale dei 100 metri in 10”72, azzannando la partenza molle della favoritissima statunitense Sha’Carri Richardson (seconda con oltre un decimo di ritardo); tre giorni dopo, nella finale dei 200 metri cede alla sola Gabby Thomas, troppo veloce anche per lei.

LA STELLA PIU' BRILLANTE: MATTIA FURLANI
Il dato forse più sorprendente del rinascimento italiano dell’atletica è la sua propagazione trasversale in tutti i campi del track and field. Alle scorribande degli sprinter, dei mezzofondisti e degli ostacolisti - tra di loro ci sono personaggi memorabili come Lorenzo Simonelli e Yeman Crippa - e alla certezza rassicurante di Gianmarco Tamberi in pedana - ma anche Leonardo Fabbri sta prendendo la strada dell’autorevolezza internazionale - sta facendo seguito il ritorno di una classe di saltatori di livello mondiale. Nell’alto Stefano Sottile, nel triplo Andy Diaz e nel lungo il più giovane di tutti (19 anni): Mattia Furlani. La stella più brillante non per caso: per la World Athletics Furlani è la Rising Star del 2024; per la federazione italiana di atletica leggera addirittura l'uomo dell’anno FIDAL.

Il suo 2024 è stato un anno da copertina. A febbraio fa il record mondiale Under 20 indoor agli assoluti di Ancona (8.34), in vista del Mondiale indoor di Glasgow a inizio marzo: con una migliore misura di 8.22, a pari merito con Milos Tentoglou, è medaglia d’argento per la regola della misura del secondo salto. Il fenomeno greco classe 1998 è una costante nel 2024 di Furlani: a Roma, con un salto in 8.38 che gli vale (di nuovo) il record mondiale Under 20, Tentoglou gli arriva davanti. Lo stesso accade a Parigi, dove Furlani con 8.34 si ritrova terzo alle spalle del giamaicano Pinnock con un salto che è il bronzo più lungo di sempre, in una gara che definisce «tecnicamente una delle migliori della mia vita».

Ma al di là delle doti atletiche fuori dal comune, le due cose che colpiscono di Mattia Furlani sono la sua intelligenza e la sua sensibilità. Per esempio, in un’intervista a Giuliana Lorenzo, confessa che le storie olimpiche che più lo hanno colpito sono quelle riguardanti gli avversari che lo hanno battuto (di Tentoglou ammira la tecnica, e a questo proposito lo ritiene «uno dei migliori di sempre»). Noi lo aspettiamo, con tutto il tempo che gli servirà per completare il suo sviluppo atletico e tecnico.

GIANMARCO TAMBERI, CAMPIONE EUROPEO DI SALTO IN ALTO - 11 GIUGNO 2024, ROMA
Nessuno ha ancora capito di che tipo di energia abbia bisogno Gianmarco Tamberi per performare al meglio. Perché il suo corpo scavato - più che cesellato, come si potrebbe invece dire, invece, di Jacobs - dalle privazioni della vita da atleta si involi più in alto dell’asticella ha bisogno della positività dello stadio, o della pressione schiacciante che può generare un salto da dentro o fuori dopo due errori francamente grossolani per un campione come lui?

Da una figura così esorbitante, esagerata, polarizzante abbiamo imparato ad aspettarci più o meno di tutto. È il più internazionale degli atleti italiani - presenza quasi fissa del celebrity game NBA, una delle baracconate dello scintillante weekend dell’All Star Game pensato da Adam Silver - e allo stesso tempo è quel tipo di italiano che, dopo il calvario che lo ha tenuto fuori da Rio 2016, riesce a scherzare di fronte alla possibilità di un grave infortunio prima di quello che sarà, con buona probabilità, il suo ultimo treno olimpico da atleta di punta.

Nella notte romana dell’11 giugno 2024, inchiodato a due errori su una misura innocua come 2.29, a terza prova riuscita mette in mostra un intero repertorio di mea culpa: verso sé stesso, il volto schiacciato sul materasso a piangere come un bambino in punizione in camera sua per «riflettere su quanto di male combinato», verso il pubblico, con le braccia alzate verso le tribune; addirittura verso il Primo Mobile, e chiunque lo abiti. Sulla misura successiva di 2.31 è pallino verde al primo salto, e con gli errori dell’ucraino Lavskyj, oro europeo.

Ma non basta: è qui che l’atleta cede il posto allo showman, e lo showman cede il posto alla gimmick del guascone (con la maschera halfashave). "Gimbo" porta l’asta a 2.34. Prima del salto alza le mani al cielo e chiede calma all’Olimpico. Silenzio. Il volo spicca in un inusuale stato di quiete: Tamberi ricade sul materasso, l’asta no. Silenzio, poi boato; poi, neanche cinque secondi dopo, di nuovo silenzio. Gimbo caracolla sulla pedana, claudicante. Si tiene una gamba. Lo stadio ripiomba nell’incubo dell’Herculis di Monaco, quando nel 2016 alla ricerca di un salto gratuito a 2.41 (aveva già vinto la gara) si era infortunato alla caviglia compromettendo la sua partecipazione all’Olimpiade di Rio - quella del prime. Tamberi si accascia, si toglie la scarpa e quando tutti pensano al peggio lui, con il più classico dei colpi di teatro, ne tira fuori una manata di molle. Le molle nelle scarpe, capito la battuta? In caso non l’avessimo capita, lui toglie ogni dubbio e salta anche 2.37.

Quello che è successo ad agosto, la Tamberiade di Parigi 2024, qualcuno lo potrà chiamare karma, qualcuno brutto scherzo del destino. Lui ad esserci a Los Angeles nel 2028 ci riproverà. D’altro canto, come scriveva ad agosto Giuseppe Pastore: "quale posto migliore di Hollywood per un drama king di tal fatta?".

RUTH CHEPNGETICH FA IL RECORD FEMMINILE NELLA MARATONA - 13 OTTOBRE 2024, CHICAGO
Dodici mesi dopo che il compianto Kelvin Kiptum, sulle strade di Chicago riaprisse i discorsi sull’abbattimento del muro delle due ore in Maratona - pettinando il record di Kipchoge di oltre trenta secondi e portando il primato maschile a 2h00’35” - la sua connazionale keniana Ruth Chepngetich ha demolito non solo il record femminile sui 42,195 metri con una prova da 2h09’56”, ma anche il limite simbolico di due ore e 10 minuti che fino a nemmeno dieci anni fa - sotto il record di Paula Radcliffe in 2h15’25” - era ritenuto biologicamente impossibile da battere, o quasi.

Scortata da due lepri lungo tutto il percorso, Chepngetich ha corso una gara praticamente senza rivali, registrando intertempi da specialista dei 10,000 metri (corsi in 30’43”) e della mezza maratona (ha corso quello che sarebbe il quinto tempo di sempre sui 21 chilometri). All’arrivo, Chepngetich ha dedicato la vittoria a Kelvin Kiptum, deceduto in un tragico incidente d’auto il 10 febbraio 2024: «Questa gara è per Kelvin, che avrebbe sicuramente potuto migliorare il proprio risultato. Il record è tornato in Kenya».

GOUT GOUT: IL PIU' GRANDE PROSPETTO DAI TEMPI DI BOLT
Le cose che sappiamo su Gout Gout si contano sulle dita di una mano. È un velocista australiano di seconda generazione, figlio di immigrati del Sud Sudan stabilitisi nel Queensland a partire dal 2005, ha 17 anni (compiuti il 29 dicembre) e da metà dicembre è sulla bocca di più o meno tutti gli appassionati di atletica, dopo che i video di un paio di sue gare sono andati virali. Con la sua vittoria in 20”04 nei 200 metri agli All-School Athletics Championship di Brisbane, Gout ha abbattuto il vigente record australiano di Peter Norman, in piedi dalla storica finale di Città del Messico 1968 (Norman è il terzo uomo nella celebre foto del podio di Tommie Smith e John Carlos a pugno alzato).

Con questo tempo ha tolto il record Under 20 a nientemeno che Usain Bolt, che nel 2003 aveva corso la distanza in 20”13. Sui 100 metri ha corso una prova non valida per vento eccessivo in 10”04 e una prova regolare in 10”17, scomodando i paragoni con il più grande di tutti i tempi.

Intanto, sta facendo molto discutere per diverse ragioni il contratto da 6 milioni che Gout ha firmato con Adidas - la notizia della firma è emersa con l’hype attorno ai video, ma Adidas lo avrebbe scritturato già a metà anno. Tra i lati positivi ci sono una serie di clausole che favorirebbero il completamento degli studi da parte di Gout Gout, e la possibilità di sfruttare finestre di allenamento con Noah Lyles e il suo team (sotto contratto con Adidas). Dall’altra parte, resta la preoccupazione degli addetti ai lavori per la classica storia di un potenziale talento rovinato dalla dinamica del too much too soon. Tra otto anni, per le Olimpiadi di casa sua a Brisbane 2032 Gout Gout avrà 24 anni e sarà nel pieno del suo peak atletico: la promessa sarà mantenuta?

MENZIONI SPECIALI
Con l’abbondanza offerta delle Olimpiadi e degli Europei, va da sé che le menzioni speciali siano tante. Ne ricordiamo alcune: il terzo oro olimpico di Ryan Crouser nel lancio del peso, l’oro con record olimpico della dominicana Marileidy Paulino nei 400 metri, la vittoria di Noah Lyles nei 100 metri (per qualche centesimo e una preghiera); l’anno stellare di Miltiadīs Tentoglou nel salto in lungo, il record mondiale di Yaroslava Mahuchikh nel salto in alto femminile, l’en-plein olimpico di Gabby Thomas (oro nei 200, nella 4x100 e 4x400 femminili), l’ennesima, folle rimonta di Femke Bol negli ultimi metri della 4x400 metri mista olimpica, e il suo record del mondo sui 400 metri indoor a Glasgow. Sulla strada, l’oro di Tamirat Tola nella Maratona olimpica, una gara alla quale si è preparato sapendo di essere il sostituto di un altro atleta - il fortissimo Sisay Lemma, stoico vincitore di un bella Maratona di Boston 2024; il record mondiale femminile di Peres Jepchirchir alla Maratona di Londra (la keniana non ha usato pacer di sesso maschile); il record del Mondo nella mezza maratona di Yomif Kejelcha a Valencia, pochi giorni prima che la città fosse colpita da terribili alluvioni. A livello simbolico, l’ultima danza olimpica di Eliud Kipchoge e Kenenisa Bekele. E poi, le tantissime prove di prestigio degli italiani agli Europei di Roma (ma non solo), a partire dall’ottima stagione del campione europeo dei 100 metri Marcell Jacobs (coronata da una buona finale olimpica), passando per il nuovo record italiano di Leonardo Fabbri nel lancio del peso e di Yohanes Chiappinelli nella Maratona; le rivelazioni di Lorenzo Simonelli, Luca Sito, Zaynab Dosso (bronzo nei 60 metri ai mondiali indoor di Glasgow); dopo 34 anni, il nuovo record italiano nei 1500 metri di Pietro Arese alla Diamond League di Oslo; l’oro europeo di Sara Fantini nel lancio del martello. Se questi sono i risultati di contorno potete capire l'anno che è stato per l'atletica.

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