Dalla partenza di Neymar per il PSG il Barcellona ha speso una montagna di soldi. Nell’agosto 2017 per Ousmane Dembélé ha versato nelle casse del Borussia Dortmund 130 milioni esclusi i bonus futuri ; nel gennaio del 2018 145 milioni in quelle del Liverpool, esclusi i bonus futuri per Philippe Coutinho; nel luglio 2019 altri 120 milioni per Antoine Griezmann. Eppure il giocatore più convincente come alter ego di Messi sul fronte offensivo è arrivato dalla Masia e sarà maggiorenne soltanto dal 31 ottobre 2020.
Sto parlando ovviamente Anssumane Fati, detto Ansu - un giocatore inizialmente trattato esclusivamente come un piacevole aneddoto statistico per via della sua giovinezza. Ansu Fati ha debuttato con la prima squadra entrando nell’ultimo quarto d’ora della seconda giornata 2019/20, contro il Betis. Tocca 20 palloni, confeziona un passaggio chiave dall’esterno sinistro: la posizione in cui è stato inserito inizialmente. Perché Ansu Fati è un attaccante, che parte esterno, ma che è determinante vicino all’area di rigore e, essendo destro, partendo da sinistra ha più facilità nel trovare la conclusione. A sinistra è infatti dove viene schierato già dalla partita successiva, contro l’Osasuna. Viene inserito nel secondo tempo e pochi minuti dopo segna il primo gol con la prima squadra, di testa, anticipando il marcatore al centro dell’area su un cross da destra. Nella terza partita gioca un’ora, questa volta contro il Valencia, e arriva un altro gol, ancora tagliando verso il centro dell’area anticipando il marcatore, ma calciando di prima il cross rasoterra di Frenkie de Jong. In quella partita mette a referto anche il suo primo assist, con un passaggio al centro dell’area proprio per de Jong dopo esserci entrato palla al piede dalla fascia sinistra superando il diretto avversario. Da lì al debutto in Champions League è praticamente una conseguenza logica.
La stampa e soprattutto la tifoseria inizia a premere, e Valverde decide di buttare acqua sul fuoco tornando sui suoi passi, complice anche il ritorno di Messi dall’infortunio. Niente interviste, mai più di un’ora in campo, qualche partita solo in panchina. Il problema è che Ansu Fati continua a sbriciolare i record di precocità. Gli bastano 5 minuti per segnare contro l’Inter a San Siro il suo primo gol in Champions League e soprattutto quando è in campo riesce a fare cose decisive, non è soltanto un giocatore in più, sembra avere quel tocco magico dei giocatori destinati a cose grandi. Di fatto è il primo giocatore da Thiago Alcantara, quindi da più di 10 anni, che entra in prima squadra del Barcellona con l’ambizione di poterne essere titolare immediatamente.
Come sappiamo nei mesi successivi al Barcellona è successo di tutto: è stato esonerato Valverde, è arrivato Quique Setién, che di lui parla benissimo. Anche lui, però, continua a concedergli minuti a singhiozzo quasi fosse il corredo buono da utilizzare in parsimonia per non rovinarlo. Arriva la peggiore sconfitta della storia della squadra, quella contro il Bayern Monaco per 8-2 in Champions League. Ansu Fati entra a 20 minuti dalla fine col risultato già di 5-2.
In estate viene ingaggiato Koeman, Messi dice di voler andare via e la dirigenza è stata messa davanti ad un voto di sfiducia da parte dei soci. Tutto nell’ultimo anno sembra correre vorticosamente tanto quanto i suoi record: è il più giovane a segnare un gol per il Barcellona nella Liga (16 anni e 10 mesi), poi con l’Inter è il più giovane in generale a segnare in Champions League (17 anni 1 mese e 9 giorni), contro il Levante il più giovane a segnare una doppietta e ora a segnare nel Clásico. Con 11 gol è il migliore realizzatore minorenne nella storia della Liga e a settembre è diventato anche il più giovane a segnare un gol con la Nazionale spagnola (17 anni 10 mesi e 6 giorni).
Nello stesso periodo ha firmato il rinnovo di contratto ad un anno dal primo da professionista, con una clausola rescissoria che passa da 170 milioni a 400 milioni. Il primo contratto l’ha firmato nell’estate 2019 rappresentato dal fratello di Messi, Rodrigo. Con il secondo, firmato nell’estate 2020, è entrato invece nell’orbita di Jorge Mendes.
Ansu Fati è il terzo di cinque fratelli, con gli altri due maschi a loro volta sotto contratto con il Barcellona (il più grande Braima con la seconda squadra, mentre il più piccolo Miguel ancora in scuola calcio). Ha conosciuto il padre Bori (ex calciatore) soltanto nel 2008, quando l’ha raggiunto in Spagna dalla Guinea-Bissau, dove Ansu Fati è rimasto fino ai 6 anni. Bori invece è andato in Portogallo per trovare un lavoro nelle scuole calcio e soltanto dopo si è spostato in una località in Andalusia chiamata Marinaleda, famosa nella zona per il suo sindaco Juan Manuel Sánchez Gordillo che dal 1979 ha creato una comunità di stampo comunista in grado di dare opportunità anche ai migranti nonostante la crisi economica che attanaglia da un decennio la Spagna. Dopo aver conosciuto il sindaco è stato preso come autista mettendo quindi a posto i documenti per la cittadinanza e riuscendo a portare lì tutta la famiglia: «Mi dicevano che non potevo sapere quanto fosse forte Ansu a giocare a calcio, che dribblava tutti quanti».
Appena arrivato Ansu Fati è passato per la squadra locale dell’Herrera e poi per le giovanili del Siviglia, fino agli 11 anni, quando il Barcellona ha convinto giocatore e famiglia a trasferirsi in Catalogna creando un vero terremoto nelle giovanili della squadra andalusa, che vedevano in Ansu uno di migliori talenti da anni. Qualcosa che adesso ci sembra normale, ma allora ancora nessuno tra i non addetti al calcio giovanile conosceva il suo nome e a tutti sembrò strano che il presidente José María del Nido ne parlasse addirittura in conferenza stampa. Qualche tempo dopo essere arrivato in Catalogna, la squalifica della FIFA al club gli ha impedito di giocare per mesi e quando ha ricominciato si è anche infortunato gravemente perdendo quasi un anno di sviluppo. Giocando sotto età però ha scalato repentinamente i livelli fino all’U19 da quindicenne e poi alla prima squadra da sedicenne.
Ora che è in prima squadra, Ansu Fati ha ancora i brufoli e una muscolatura che sembra crescere ogni mese che passa, in un corpo ancora non pienamente definito. Su consiglio del club vive con la famiglia in una casa a 500 metri dal campo di allenamento a Sant Joan Despí, con un grande giardino, porte da calcetto e una piscina. Arriva al campo sempre e soltanto vestito con cose della Nike che lo sponsorizza, non sembra aver ancora formato un proprio gusto o una propria identità visiva, o forse vuole mostrare che al momento conta solo il campo. Per scherzare, all'inizio della scorsa stagione, quando i tifosi fuori dai cancelli iniziavano a chiedere di Ansu Fati, Luis Suárez gli diceva: «Ma non pensi mai ad andare a scuola? Che vai a firmare gli autografi, ma ce l'hai una firma tua?».
Scrivere di Ansu Fati significa non poter riportare molto della sua voce, perché ancora non ha concesso un’intervista oltre quelle a bordo campo, in cui va detto che ha già imparato a dare le risposte di rito con voce impostata. C’è però un vasto repertorio di voci di chi gli sta attorno, perché da quando è asceso alla prima squadra è parte integrante dei discorsi di tifosi, opinionisti, addetti ai lavori, giornalisti, colleghi e compagni. Probabilmente solo di Messi e Griezmann si è scritto e detto di più in questi mesi tra i giocatori della Liga.
Chiunque nel Barcellona si presenti per parlare di Ansu lo fa con un continuo tira e molla davanti ai microfoni tra gli elogi per le sue qualità e per la sua maturità. Un esempio è il suo primo allenatore nella Masia Marc Serra: «In campo era molto maturo e faceva cose che non erano normali per uno delle giovanili. Era al di sopra del resto dei giocatori. La prima volta che l'ho visto è stato in un torneo a Cambrils. Lì ha giocato un po’ rilassato e ha sbagliato qualche tocco. Nella partita successiva ha segnato otto gol, credo che lì abbia iniziato e prenderla sul serio». Un altro è l’allenatore che l’ha fatto debuttare in prima squadra, Ernesto Valverde: «La semplicità con cui ha assimilato l'essere un giocatore del Barcellona è sorprendente». Spesso chi ne parla lo fa per cercare di spegnere le attenzioni, invitando tutti a lasciarlo crescere con calma. È il caso delle parole del compagno Sergio Busquets: «Dobbiamo essere calmi con lui, non correre, ha grandi giocatori a fianco da cui imparare e devi lasciarlo giocare il suo calcio perché ha molta qualità per la sua età». Lo stesso ha fatto il CT Luis Enrique in conferenza stampa dopo il suo esordio con la Nazionale spagnola: «So di cosa è capace Ansu Fati, ma non ricordo un ragazzo della sua età in grado di fare la giocata che ha fatto subito dopo l'inizio della partita. Bisogna capire che giocherà qualche brutta partita in futuro... ma ciò che non è normale è che a quest’età abbia questa fiducia in se stesso». O un ex icona del club come Andoni Goikoetxea: «Ansu Fati è stata una grande scoperta, la sua apparizione è stata incredibile. Ha tantissima fiducia in se stesso. Bisogna però essere pazienti perché lo verranno a cercare in campo sempre di più».
È evidente come lo spettro del caso Bojan Krkic aleggi ancora sopra Barcellona. Lo stesso Bojan, ora che sembra aver finalmente trovato la pace come giocatore nella MLS e che contribuisce anche come editorialista per il giornale SPORT, ha deciso di dire la sua a inizio campionato con una lettera aperta per chiedere di non comprare Memphis Depay e puntare invece su Ansu Fati: «Quando ne ha avuto l'occasione ha risposto e questo fatto dimostra che Ansu ha bisogno di un allenatore audace, che si fidi del suo talento innato e sappia come farlo crescere. E questo non vuol dire che dovrebbe già essere il titolare indiscusso, ma deve partecipare tutti i fine settimana, giocando dall'inizio o partendo dalla panchina, ma accumulando sempre minuti. Deve essere già importante, diventare un progetto per il club. Un club con una prospettiva. Qualcosa di incompatibile con la firma di un calciatore come Depay. L'olandese rappresenterebbe un freno per il ragazzo in un momento cruciale. Memphis potrebbe aiutare a salvare la stagione, ma bloccherebbe la crescita di una risorsa per il club, che può aiutare a vincere grandi cose per un decennio».
La forma dell’appello pubblico l’ha utilizzata anche il suo allenatore nell’U19 Victor Valdes quando Ansu è passato in prima squadra: «È forte fisicamente, veloce... è anarchia totale quando prende la palla. Quando vedi un talento del genere, devi dargli la completa libertà. Devi lasciare che faccia quello che fa, senza vincolarlo. Devi lasciare che si esprima attraverso il suo istinto naturale».
Ma chi ha parlato più di tutti è ovviamente il suo allenatore Koeman, a cui quando parla di Ansu Fati sembrano brillare gli occhi. Davanti ai microfoni si presenta però come un esperto pescatore che si destreggia nel lasciare andare la lenza e poi tirarla per evitare che il pesce scappi troppo: «A volte gli manca un po’ di concentrazione. Ma questo è un lavoro quotidiano. Anche se siamo molto felici di avere un giocatore come lui. Ha un grande futuro, ha giocato una grande partita e gliel'ho detto quando lo abbiamo cambiato perché dava profondità. Deve continuare così. È un bravo ragazzo, aperto al miglioramento e all’ascolto».
Quando si parla di Ansu lo si fa per esaltarne il talento, spesso in rapporto con la maturità. Questo perché in campo ha dimostrato di essere un giocatore pratico e pragmatico, semplice nel gesto. Certo, non è del tutto privo di tocchi di magia con il pallone, ma raramente si lascia andare in virtuosismi oltre lo stretto necessario e soprattutto prima della zona di rifinitura. Per questo a prima vista è sicuramente meno appariscente di giocatori come Jadon Sancho o Vinicius. Ma all’interno della partita riesce sempre a trovare qualche giocata speciale, che proprio per questa ragione rimane ancora più impressa.
Ad Ansu Fati raramente manca precisione o letture nell’ultimo tocco, lì sta tanto del motivo per cui ha stupito in rapporto all’età. Dal punto di vista della tecnica di base è evidente come allenarsi con grandi campioni ha rapidamente pulito il suo gioco e permesso di compiere qualsiasi gesto tecnico voglia fare. Ansu Fati, ad esempio, in queste due stagioni sembra molto migliorato nella precisione degli appoggi. Ma è il fatto che non sbaglia la decisione da prendere nei pressi dell’area a fare la differenza. Gli abbiamo visto fare gol in tutti i modi, da fuori area sia in corsa che da fermo, entrando dentro l’area dopo una conduzione o dopo un primo controllo per superare l’avversario, smarcandosi e attaccando il primo palo, addirittura di testa.
Già ora Ansu Fati sa sempre dove posizionarsi e come reagire a seconda di dove si trova il pallone, e lo fa come nessun altro tra i possibili esterni sinistri a disposizione di Koeman. L’unico che può alternare la ricezione sui piedi lungo la linea laterale alla ricerca della profondità dietro la linea difensiva. Il peso della fascia sinistra del Barcellona negli anni post Neymar si è pian piano atrofizzato al ruolo di lato debole per le risalite di Jordi Alba. Con Koeman la cosa sembra essere cambiata e comunque Ansu Fati sembra essere quello che si completa meglio con Jordi Alba, che per poter funzionare appieno come ricettore dell’oramai celebre passaggio di Messi deve avere davanti un giocatore che gli crei lo spazio da attaccare.
Ansu Fati riesce ad essere sempre una minaccia attaccando l’area di rigore avversaria anche dove sembra non esserci spazio. È in questo modo che riesce a rendere sia ampio che profondo lo schieramento nel lato opposto al passaggio di Messi. Si tratta di semplici movimenti base del gioco di posizione insegnato nella Masia, che però rappresentano proprio il tipo di movimenti che né Dembélé, né Coutinho hanno mostrato di poter leggere con continuità in questi anni. E uno dei motivi per cui la fascia sinistra non ha trovato un padrone chiaro dalla partenza di Neymar.
Ma proprio per la capacità di dare profondità in area si è capito che averlo come attaccante centrale non è solo una naturale proiezione futura del suo sviluppo, visto il talento mostrato negli smarcamenti e in termini di finalizzazione, come mostrato nel gol segnato nel Clasico. Per Koeman Ansu Fati è più adatto in quel ruolo rispetto a Griezmann e Braitwhite. Pur avendo iniziato il campionato a sinistra nella partita più importante è stato schierato come prima punta.
Il suo gol nel Clásico raccoglie proprio i due elementi del passaggio di Messi e dell’assist di Alba, a cui lui aggiunge un tempismo perfetto nel dare la profondità e una determinazione innata nell’aggredire l’area di rigore partendo dietro Varane e anticipando il tentativo di copertura di Ramos.
Ansu Fati sembra pensare la sua giocata sempre in base a cosa succede attorno. E per un ragazzo appena maggiorenne non è normale mostrare le proprie qualità in aspetti del gioco che solitamente fanno riferimento non soltanto al talento, ma anche all’esperienza. Il termine di paragone che mi viene in mente è quello di Samuel Eto’o, un altro talento precocissimo, con un istinto per la finalizzazione dovuto a doti tecniche e reattività a cui abbinava determinazione famelica e movimenti devastanti. Oltre alla fortuna di aver bisogno di appena una frazione di secondo per poter calciare in porta da qualunque posizione. Come Ansu Fati anche Eto'o ha iniziato partendo largo, ma rapidamente si è capito che il suo futuro era all'interno dell’area di rigore ed è lì che è diventato devastante. Anche Francisco Cabezas su El Mundo dopo il gol al Celta di inizio ottobre ha paragonato i due. Ansu Fati ha ricevuto al limite dell’area e con il primo controllo di sinistro se l'è portata dentro e poi con la punta esterna del destro ha anticipato l’intervento del difensore calciando in porta: «Il suo abbagliante gol di punta, dopo aver storto la caviglia e allungato la gamba come un paletto, l’ha avvicinato a quelle stilettate con cui Samuel Eto'o si ribellava al mondo. Nel Bernabéu contro il Real Madrid. Nella finale della Champions a Roma contro il Manchester United».
Il primo gol della doppietta contro il Levante è altrettanto significativo in tal senso, perché arriva dopo un taglio in profondità da sinistra al centro, su di un filtrante di Messi dalla propria metà campo fin dietro la linea difensiva. Ansu Fati tocca il pallone con l’esterno destro aggiustandoselo e resiste al contrasto del terzino destro Miramón che arriva subito dopo senza neanche cambiare direzione alla corsa, con l’avversario che molla l’inseguimento dopo aver rimbalzato sulla sua gamba. Il secondo tocco arriva prima ancora di arrivare in area ed è il tiro in porta al lato del portiere in uscita. La combinazione con Messi, la tecnica per controllarne il passaggio, la forza fisica nel resistere al contrasto e la determinazione nell'arrivare alla conclusione. Tutti gli ingredienti del tipo di giocatore che serviva nella fascia di campo opposta al numero 10 che si manifestano dopo tanto tempo in un solo giocatore, che è ancora adolescente.
Sembra banale ma l’ingrediente non tanto segreto del talento di Ansu è la determinazione, che gli dà la capacità di porsi al di sopra del contesto, senza alcun timore reverenziale. Questo lo si vede soprattutto al momento del tiro in porta, in cui riesce ad essere freddo in area di rigore come non dovrebbe essere la norma per l’età che ha. Per questo si può dire che è in grado di segnare anche gol forzando la giocata, gol inventati quasi dal nulla, quelli che ovviamente sorprendono più di tutti. Avendo giocato ancora poche partite tra i professionisti viene in mente che forse la sua precisione al tiro potrebbe tendere a normalizzarsi. Ma è molto complicato ora provare a dare un limite di qualche tipo a quello che sta facendo.
In una lunga intervista a El País Ralf Rangnick dice che quando chiede ai suoi osservatori di seguire un giocatore, di non fidarsi dei video dei gol e dei dribbling perché possono trarre in inganno, di vedere solo video di azioni sotto pressione. Forse non ha tutti i torti perché ormai l’intensità è la lingua franca del calcio d’alto livello, chi vuole fare la partita non può preoccuparsi soltanto di cosa fare con la palla ma di come come resistere alla pressione avversaria e di come riconquistarla subito in caso di perdita. Le tempistiche per i gesti e le decisioni si sono accorciate.
Eppure guardando una partita di Ansu è impossibile non rimanere abbagliati da quanto è raggiante il suo rapporto con le giocate risolutive, con i dribbling precisi e i gol inventati. Per un giocatore offensivo questi sono ancora i segni del predestinato. Non è tanto la creatività, nemmeno la tecnica, nel suo caso è la capacità di essere risolutore, di segnare gol decisivi, di fare giocate che spezzano la partita a metà, a far saltare dalla sedia lo spettatore. Ansu Fati riesce sempre a trovare soluzioni nuove e sembra avere sempre le idee chiare su cosa vuole fare una volta ricevuta palla. E le "sue cose", al momento, gli riescono.