Già dopo il pareggio di Finnbogason, il Mondiale dell’Argentina di Sampaoli si è lentamente tramutato in uno psicodramma sportivo, reso ancora più amaro dal rigore sbagliato da Messi. Alla base del sofferto pareggio contro l’Islanda all’esordio non c’è stata però solo la prestazione sottotono del suo giocatore più rappresentativo, ma soprattutto una serie di malfunzionamenti tattici che non hanno permesso all’Argentina di esprimersi al massimo delle proprie potenzialità. Scompensi, certo, messi alla luce dalla grande prova difensiva della squadra di Hallgrimsson, che ha adottato un’identità fluida che ha messo in crisi gli uomini di Sampaoli.
All’esordio il CT argentino ha sorpreso tutti scegliendo un 4-2-3-1 inedito, in cui hanno fatto rumore soprattutto il ritorno di Mascherano in mediana, la scelta di Salvio (teoricamente un’ala destra) come esterno basso, Meza esterno offensivo a destra e Agüero. A fare le spese di queste scelte sono stati Banega, Lo Celso, Dybala ed Higuain, tutti verosimilmente in lizza per una maglia da titolare alla vigilia. L’Islanda di Heimir Hallgrimsson ha scelto invece, il consueto 4-4-2, ma non sempre per sorprendere i propri avversari bisogna cambiare modulo o strategia.
Cosa ci ha detto il primo disastro contro l’Islanda?
Il tema tattico della partita è emerso subito: l’Argentina ha preso campo dopo pochi minuti ed ha alzato il baricentro ben oltre la linea di metà campo, ad un’altezza media di oltre 59 metri, mentre l’Islanda, dopo una prima metà di pressing alto molto organizzato che ha ripetutamente messo in crisi la circolazione bassa dell’Argentina, ha gradualmente dato priorità all’occupazione del blocco centrale rimanendo inoltre decisamente stretta (appena 38.1 metri di larghezza media) senza però essere mai passiva.
Il baricentro dell’Argentina contro l’Islanda è ben oltre il centrocampo, ma come si vede bene dalle posizioni medie l’ampiezza del campo non è sfruttata in nessun modo.
La circolazione tipica del gioco di Sampaoli, d’altra parte, prevede un ritmo abbastanza basso sui primi tocchi, per attirare il pressing e allungare le linee avversarie, ma la grande intelligenza tattica degli islandesi ha prima reso difficoltoso il palleggio orizzontale dei difensori argentini, poi di fatto inutile, abbassandosi ben oltre la linea del centrocampo, senza cadere nella trappola.
L’Argentina ha cercato di aprire la resistenza centrale avversaria alzando molto i terzini, ma il dato più rilevante è stato senza dubbio la crescita esponenziale dell’influenza di Messi al centro della trequarti. Il “diez” si è abbassato sempre di più per cercare di ricevere liberamente e fronte alla porta, fino a farsi consegnare il pallone direttamente da Mascherano (ben 23 palle). Di fatto, l’Argentina ha iniziato a giocare con una sorta di 3-4-3, con Mascherano sulla linea dei centrali difensivi e Messi a fare da playmaker arretrato all’altezza dei centrocampisti.
Messi ha giocato prevalente con la fronte rivolta alla porta avversaria, con 6 compagni di squadra tra cui scegliere per poter organizzare l’attacco, ma la sua opzione principale è stata affondare centralmente palla al piede, in conduzione cioè, oppure con un gioco di triangolazioni veloci che prevedevano l’aiuto di un compagno (spesso con Aguero, 13 i palloni giocati verso di lui e 7 di ritorno) per arrivare al tiro al limite dell’area.
La grande efficienza degli islandesi nel chiudersi appena fuori dalla propria area di rigore, però, ha sterilizzato le percussioni di Messi, che, soprattutto dopo il rigore sbagliato, si è intestardito in soluzioni personali, anziché cercare di attaccare la porta avversaria con i propri compagni.
E dire che l’Islanda ha difeso a zona, con il pallone come unico riferimento. L’affiatamento e la fiducia degli uomini di Hallgrimsson è stata tale che hanno adottato lo stesso approccio anche sui calci piazzati, formando due linee di giocatori che si muovevano indipendentemente dall’avversario. Indicativo della complessità tattica dei nordici, se consideriamo che si tratta probabilmente della squadra più fisica della competizione, e che non avrebbe quindi avuto difficoltà a sfruttare i mismatch uomo su uomo.
L’Argentina è piena di equivoci e contraddizioni
Sul risultato della prima partita, insomma, ha pesato molto la grande prestazione difensiva dell’Islanda, ma questo non ha nascosto le disfunzionalità della squadra di Sampaoli. Il principale equivoco, anche a livello tattico, è stata forse la totale libertà di Messi nella zona centrale della trequarti, che di fatto tagliava fuori dal gioco due mediani più statici come Biglia e Mascherano, ma le imperfezioni non finiscono qui.
L’Argentina non è riuscita nemmeno a diversificare l’offensiva sfruttando l’ampiezza e l’attacco alla profondità degli esterni. Meza, ad esempio, ha dimostrato contro ogni pronostico di essere uno degli uomini più in forma, ma di fatto è stato pescato solo una volta sulla corsa alle spalle del terzino.
Se il piano gara era sfruttare l’associatività di Messi al centro, la scelta di affiancargli solo Agüero come partner d’attacco è apparsa azzardata. L’Argentina aveva un disperato bisogno di profondità (ad un certo punto è stato lo stesso Messi ad inserirsi in area senza palla) e non è un caso che profili come Pavon sulla fascia e Higuain sul fronte d’attacco abbiano dato nuova linfa alla manovra offensiva della squadra di Sampaoli, una volta entrati.
Forse Angel Di Maria è stato il peggiore tra gli argentini all’esordio, ma anche Biglia non ha brillato.
Come già approfondito da Emiliano Battazzi, Sampaoli sembrava voler andare verso un compromesso di gioco che consentisse alla squadra di essere più efficiente nei recuperi del pallone nelle zone avanzate, per poi poter attaccare meglio in transizione offensiva, come piace a lui.
Biglia e Mascherano, però, hanno fatto molta fatica sia a difendere in avanti che a coprire lo spazio alle proprie spalle, non solo per uno scarso dinamismo ma anche per l’atteggiamento che tenevano in possesso: entrambi, infatti, si defilavano verso l’esterno (in parte per fare spazio ai ripiegamenti di Messi) lasciando il centro del campo sguarnito quando l’Argentina perdeva il pallone.
C’è un problema evidente di uomini, però, che forse va oltre le scelte di Sampaoli. Caballero, pur protagonista di qualche buona parata, non riesce mai a trasmette sicurezza al reparto praticamente in nessuna fase, e questa insicurezza troverà il suo culmine nella seconda partita. Anche in attacco, Agüero ha portato le sue ambiguità, perché con Messi ha formato una coppia portata a venire sulla trequarti a giocare spalle alla porta con i centrocampisti, svuotando totalmente l’area di rigore islandese, senza riuscire poi ad attaccarla sui cross, con gli inserimenti.
L’Islanda ha avuto quindi gioco semplice (almeno tatticamente, visto che nello stretto poi sono due dei migliori giocatori al mondo) nel chiuderli con una “gabbia” di uomini, che restringevano lo spazio intorno alla palla.
Un disastro ancora peggiore con la Croazia
La Croazia ha scelto di affrontare l’Argentina con un 4-1-4-1 abbastanza nitido, modificando il proprio modo di intendere il pressing difensivo e dando prova di essere una squadra tatticamente molto avanzata. Fiutata l’enorme difficoltà nella costruzione bassa dell’Albiceleste, Dalic ha optato per un assetto che prevedeva l’aggressione frontale immediata di Mandzukic su uno dei 3 centrali (prevalentemente Otamendi), accompagnato dalle mezz’ali Rakitic e Modric che si alzavano per ostacolare la ricezione di Perez e Mascherano, mentre Rebic e Perisic hanno avuto il compito di controllare asfitticamente la zona tra i centrali intermedi ed i tornanti avversari (rendendo la circolazione tra Mercado e Salvio sul centro destra e quella tra Tagliafico ed Acuna sul centro sinistra molto problematica).
La Croazia prima di questa partita non aveva mostrato di essere particolarmente tenace nel pressing, anzi aveva tradito qualche approssimazione di troppo persino contro una squadra incerta come la Nigeria, lasciando spesso spazi pericolosi tra le linee, ma contro l’Argentina ha dimostrato di saper applicare una pressione organizzata capace di togliere simultaneamente profondità (linea del fuorigioco mediamente sui 32.7 metri) e ampiezza (larghezza media 50.8 metri) all’avversario.
Anche stavolta Sampaoli ha optato per una mediana prettamente difensiva, forse confidando eccessivamente sul fatto che l’uscita della palla dal basso potesse avvenire quasi per inerzia grazie alla grande densità di uomini portata dalla difesa a tre e dai due mediani, coi tornanti pronti ad abbassarsi per dare soluzioni in diagonale (totale: ben 7 uomini impiegabili per la costruzione).
E invece, come abbiamo visto, a causa della labile organizzazione posizionale e dunque della diffusa titubanza dei giocatori argentini nel giocare a ritmi più elevati, i croati hanno avuto la meglio e i sudamericani si sono trovati spesso spaccati in due.
Ma le differenze con la partita contro l’Islanda non si limitano alla più costante aggressione alta subita dagli avversari. Messi, che all’esordio è stato chiamato ad uno sterile lavoro di cucitura arretrata trovandosi a toccare un gran numero di palloni per poi rimanere imbottigliato, stavolta partiva da una posizione sensibilmente più avanzata, a ridosso di Aguero, muovendosi sempre abbastanza liberamente in base alla posizione del pallone ma tentando di rimanere alto. L’intenzione sembrava essere quella di pescare il fuoriclasse in situazioni di isolamento, ma i risultati sono stati deludenti.
Col passare dei minuti, e soprattutto nel secondo tempo (e dopo il primo gol croato), il nervosismo per la latitanza di palloni puliti nella zona nevralgica ha avuto il sopravvento, e Messi ha ricominciato ad abbassarsi molto tentando di dare una svolta alla gara.
Posizioni medie argentine nel primo e nel secondo tempo. Messi prima è lontano dal traffico, poi completamente “in medias res”.
Data l’inefficienza della risalita argentina, l’unico modo di verticalizzare in maniera rapida e “sicura” era sfruttare il centrale difensivo rimasto libero dal pressing croato, che però aveva tutte le soluzioni di passaggio bloccate. Per questo l’Argentina ha provato a sfruttare lo spazio alle spalle dei terzini avversari, ma con passaggi dal coefficiente di difficoltà troppo elevato: e anche le poche volte che Salvio o Acuna riuscivano ad arrivare sul pallone, palesavano la loro incertezza tecnica dando modo ai croati di ripiegare.
Anche contro la Croazia Mascherano si è trovato spesso in mezzo alla difesa, soprattutto in fase di costruzione, producendo una scalata che chiamava Mercado e Tagliafico a defilarsi verso l’esterno e passando dalla linea a 3 con cui cominciava l’azione, a una linea a 4. E per capire quanto sia cervellotica come soluzione basta pensare che quasi tutte le altre squadre che prevedono slittamenti di questo tipo, nel Mondiale, lo fanno al contrario, passando dalla linea a 4 a quella a 3. Si spiega così anche la scelta degli uomini da parte di Sampaoli, sia Tagliafico che Mercado sono stati spesso impiegati da terzini nei loro club e in Nazionale.
Ancora una volta, però, le lacune in uscita e lo scarso sostegno di Perez come collante centrale, hanno prodotto risultati negativi, e appena Messi ha iniziato ad abbassarsi Sampaoli ha inserito Higuain, che si è dimostrato molto più efficace di Aguero nel gioco a venire incontro spalle alla porta.
Abbinando anche le doti di Dybala sul centro destra, l’Argentina ne ha guadagnato in rapidità di esecuzione ed in variabilità di soluzioni, ma ormai la partita era compromessa (soprattutto dal punto di vista psicologico) e la capacità già precaria di affrontare le transizioni difensive si è fatta sentire.
Il progetto Sampaoli è fallito?
Il progetto cervellotico di Sampaoli di creare una squadra aggressiva ed intensa mettendo Messi al centro di un gruppo di giocatori di quantità è dunque naufragato, fallendo sia contro una squadra molto attenta nella copertura bassa che contro una estremamente efficace nel pressing alto.
Questa Argentina è una Nazionale che soffre tremendamente l’assenza di un giocatore che sia il polo del possesso all’altezza del centrocampo, che sappia creare superiorità numerica in fase di impostazione attraverso smarcamenti, che sappia dribblare quando pressato e che, soprattutto, riesca a connettersi con Messi evitandogli eccessivi abbassamenti, come contro l’Islanda, e senza lasciarlo isolato come contro la Croazia.
Il reiterarsi del mancato utilizzo di Banega e Lo Celso, l’insistenza su Mascherano (in campo per ben 180 minuti) per ragioni tattiche che non stanno pagando, come testimoniato dall’enorme difficoltà in costruzione bassa, e la contemporanea estromissione della maggior parte dei giocatori offensivi più associativi, ha prodotto una squadra insicura, lenta sia nel pensiero che nell’esecuzione, in cui i profili meno tecnicamente dotati sembrano essere peggiori di quanto effettivamente siano.
Nonostante l’umiliante sconfitta, nell’ultima partita si sono avuti alcuni segnali incoraggianti per quanto riguarda la fluidità offensiva, dopo le sostituzioni di Aguero, Salvio e Perez. Anche contro l’Islanda i subentrati hanno svoltato nettamente la manovra. Un minimo di speranza.
Ma rimangono parecchie contraddizioni sul funzionamento della difesa a 3: l’approssimazione nelle marcature preventive genera fatica nelle transizioni difensive, il posizionamento equivoco, con le distanze che sono troppo corte o troppo ampie, e le scelte sbagliate di passaggio portano al conseguente spreco sistematico dell’uomo libero dal pressing avversario, vanificando la superiorità numerica.
La rosa sembra aver scaricato definitivamente l’allenatore, alla vigilia della partita con la Nigeria che, in caso di vittoria, potrebbe inaspettatamente qualificare l’Argentina (senza bisogno di altri calcoli se l’Islanda non batte la Croazia).
Sarà quindi indispensabile che Sampaoli metta in discussione diversi punti della sua idea di gioco, trovando il modo di far coesistere quanti più talenti possibile con il suo fuoriclasse e non facendogli terra bruciata intorno, per riconquistare spogliatoio e pubblico e soprattutto per riaprire il sogno Mondiale.