Il nome di Armando Izzo era già apparso nella lista dei migliori giocatori del campionato al termine del mese di febbraio, quando il Torino aveva conservato la porta inviolata per sei partite consecutive e lui aveva segnato due gol decisivi, nelle vittorie contro Inter e Atalanta, frenando due rivali dirette per la qualificazione europea. Il premio di quel mese, però, è finito per la seconda volta in stagione nelle mani di Krzysztof Piatek, che appena indossata la maglia del Milan aveva ricominciato a segnare (cinque gol in quattro partite di campionato).
A marzo il Torino si è trovato ad affrontare un calendario sulla carta agevole, che però si è rivelato ricco di insidie. Sul piano dei risultati, anzi, è stato un mese opaco per la squadra di Mazzarri, che ha perso contro il Bologna dell’ex Mihajlovic (prima sconfitta casalinga del 2019), e poi non è riuscita a superare la Fiorentina (1-1) scivolando al nono posto, ai margini del gruppone in corsa per un posto in Europa. In compenso, è stato ancora una volta un mese positivo per Izzo, che non solo ha registrato il suo quarto gol stagionale (proprio nella sconfitta contro il Bologna), record notevole per lui che in carriera non aveva mai segnato più di un gol tra i professionisti nell’arco di una stagione, ma si è anche tolto la soddisfazione di indossare per la prima volta la maglia della Nazionale, dopo aver respirato l’atmosfera di Coverciano prima con Conte e poi con Ventura.
Colpo di testa da posizione defilatissima: Izzo sconfigge gli xG, in occasione del suo quarto gol stagionale. Poi mischia tre o quattro esultanze diverse.
Armando Izzo è il primo difensore a ricevere il premio come giocatore del mese AIC, o meglio il primo non-attaccante, un dato che inquadra perfettamente l’eccezionalità dell’evento. I lettori de L’Ultimo Uomo e i follower dei canali social dell’AIC lo hanno preferito a Joaquín Correa, con cui era finito al voto, e che rispondeva all’identikit di calciatore più in forma della squadra più in forma del mese, o se non altro quella che ha raccolto più punti: 10, insieme all’Atalanta. Per le stesse ragioni avrebbe potuto essere candidato Luis Alberto, oppure il “Papu” Gómez, ultimamente imprendibile a ogni latitudine della trequarti atalantina. Oppure, ancora, Moise Kean, che ha trascinato la Juventus in un mese impegnativo, condizionato dalle fatiche di Champions.
Pescare una singola candidatura all’interno del grande momento di forma della Sampdoria sarebbe stato più complicato, ma altrettanto corretto: tanto Praet quanto Audero, Colley, Linetty, e ovviamente Quagliarella, stanno rendendo al di sopra di ogni aspettativa e al di sopra della media del campionato, giustificando le ambizioni europee di Giampaolo e della proprietà. Quindi, in un mese che conteneva molte candidature meritevoli, ma nessuna che spiccasse nettamente sulle altre, probabilmente ha vinto il calciatore che agli occhi dell’opinione pubblica lo meritava di più, anche a titolo di risarcimento personale.
L’infanzia di Izzo c’entra poco con il premio e con la qualità delle prestazioni offerte negli ultimi mesi, ma c’entra molto con il suo stile di gioco. Scampia, la povertà, la leucemia che gli ha portato via il padre all’età di dieci anni, hanno forgiato un difensore italiano pienamente contemporaneo, che in campo unisce la determinazione di chi non può permettersi di fermarsi mai, all’entusiasmo di chi può finalmente raccogliere i privilegi conquistati.
In un ritratto di qualche anno fa, ai tempi in cui giocava da poco nel Genoa, Daniele Manusia lo definiva «perfetto per la difesa a 3 di Gasperini, con marcature a uomo aggressive che spingono i difensori anche molto lontani dalle proprie posizioni abituali, e che prevede proiezioni offensive ambiziose».
Lo stile difensivo ambizioso di Izzo continua a generare vantaggi e svantaggi per le squadre in cui gioca. Nell’azione del terzo gol di Orsolini all’Olimpico, ad esempio, Izzo sta dettando una sovrapposizione laterale quando Rincón perde il pallone sotto la pressione di Pulgar, aprendo il campo all’attacco del Bologna. Nell’azione del vantaggio della Fiorentina, sempre per restare alle ultime settimane, Izzo è sicurissimo di aver messo Simeone in fuorigioco, quando si accorge della distrazione di Ansaldi dall’altro lato del campo.
Ma anche nell’azione del vantaggio del Frosinone, che ha interrotto la lunga imbattibilità di Sirigu, Izzo perde il contrasto aereo con Paganini, su cui però era stato costretto a lanciarsi dopo che Meité si era dimenticato della marcatura.
Per un istante impercettibile, Izzo aveva creato una linea di passaggio interessante.
Già ai tempi del Genoa, Izzo si distingueva «per il dinamismo che gli permette di coprire molto campo, sia in avanti che indietro. A differenza della scuola di centrali difensivi italiani: grossi, dominanti fisicamente, ma anche statici e lenti. Ma si distingue anche per la sensibilità con cui affronta i duelli individuali, che è soprattutto una questione di talento e personalità».
Queste caratteristiche si sono incastrate alla perfezione all’interno della difesa a tre di Mazzarri, che può permettersi di ruotare diversi giocatori, tutti di grande talento difensivo, tenaci nell’uno contro uno, intelligenti nelle scalate, coraggiosi senza essere incoscienti. Tutti, in qualche modo, sicuri con il pallone tra i piedi, anche quella una questione di talento e personalità.
Izzo ha un rapporto peculiare con il pallone, da cui in qualche modo si intuisce la sua formazione da calcio di strada (soltanto a 13 anni è entrato per la prima volta in una scuola calcio). Anche se non è ipertecnico, riesce a non perderlo mai di vista, persino nei duelli difensivi, nelle aggressioni corpo a corpo con l’avversario girato di spalle: sua specialità e principale contributo alla fase di recupero palla del Torino. Riesce quasi sempre ad arrivare sulla palla, ad accarezzarla, sia quando gli basta spostarla leggermente per sottrarla all’intervento dell’attaccante avversario, sia quando è chiamato a gestirla e può sfoggiare un repertorio di passaggi no-look e controlli orientati inusuale per un difensore italiano nato nei primi anni Novanta.
Questo rapporto con il pallone è confermato dalle sue statistiche: Izzo è il primo difensore del campionato per contrasti vinti (64, con un tasso di successo impressionante, vicino all’88%), ed è il secondo giocatore del campionato per palloni recuperati (196), alle spalle di Gagliolo del Parma, altro difensore artefice di una grande stagione.
A conferma della versatilità del suo talento difensivo, è uno dei pochi difensori del campionato a disimpegnarsi agilmente tanto nei contrasti (2.3 contrasti vinti p90), quanto negli intercetti (2 passaggi intercettati p90). Nella somma delle due voci, tra i difensori con almeno 10 partite giocate, risulta settimo, preceduto da difensori che lottano per posizioni più basse della classifica, e che quindi hanno meno necessità di inseguire il pallone, di andarselo a prendere.
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In una delle più belle azioni difensive del mese di marzo, Izzo segue alla lettera il manuale del gioco: corre a chiudere il lato forte di Sansone (1), temporeggia inducendolo all’indecisione (2), scatta nel momento in cui prende una decisione (3), dandosi lo slancio con il piede destro va a chiudere con la gamba più vicina al pallone (4).
Una percezione diffusa, all’interno della tifoseria granata, è che nessuno meglio di lui (dai tempi di Pasquale Bruno!, scrive qualcuno, ma pure dai tempi di Leo Junior!, risponde un altro) sia riuscito a incarnare quella dimensione spirituale, difficilmente quantificabile, che è racchiusa nell’espressione “cuore Toro”.
Nello spogliatoio del Torino riveste un’importanza paragonabile solo a quella di Rincón: nei momenti di difficoltà lo si vede girarsi verso i tifosi, chiedendo loro di incitare e sostenere la squadra; a fine partita lo si vede girarsi verso i compagni, chiedendogli di correre verso la gradinata a lanciare le magliette.
Lo ha sottolineato anche Urbano Cairo, quando lo ha visto esordire con la maglia dell’Italia per gli ultimi dieci minuti della partita contro il Liechtenstein: «Sono felice per l’esordio di Izzo, acquistato quest’estate e subito capace di incarnare quelli che sono i valori più cari ai tifosi del Toro». Sono più o meno le stesse parole utilizzate da Mazzarri per esaltarne le qualità, e per rimarcarne la centralità tecnica e tattica all’interno dell’assetto del Torino: «In una squadra con tanti giovani, di cui molti stranieri, ci voleva uno così. Incarna lo spirito Toro, sa quel che voglio. E quando manca si sente: è un trascinatore, ha carattere. Per noi è fondamentale: ha dato l'impronta che ci voleva a questo gruppo».
Appurato come le qualità tecniche lo abbiano portato in Nazionale e a brillare sopra gli altri giocatori del campionato, bisogna poi riconoscere la principale qualità di Izzo, e cioè sapere come farsi volere bene. Fin dai tempi in cui Mazzarri allenava il Napoli e pagava di tasca sua per comprargli un paio di scarpe da ginnastica, faticando a credere che il capitano della Primavera non ne avesse uno. Per questo in estate, quando il suo procuratore lo ha messo di fronte a una scelta, Izzo ha scelto Mazzarri.
Nei commenti in calce al ballottaggio con Correa, che Izzo ha stravinto su tutte le piattaforme, raccogliendo circa tre quarti dei consensi, si percepisce sensibilmente l’affetto dei tifosi nei suoi confronti, ed è un affetto più profondo e più sincero di quello che viene usualmente destinato a un giovane italiano capace di farsi strada nelle categorie inferiori fino a raggiungere la Nazionale, o a un difensore di una squadra di centro classifica capace di marcare in quattro occasioni +3 sulla pagella del fantacalcio.
Piuttosto, è l’affetto che si vuole a un ragazzo che si esalta per le videoclip in cui anticipa ripetutamente Ronaldo, e poi a casa si commuove sulla scena in cui Balto decide di proseguire la corsa da solo, perché Jenna possa tornare in città e ricevere le cure di cui ha bisogno. Armando Izzo, cuore d’oro (anzi, granata).