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Forse l'Arsenal è uscito dalla sua Banter Era
11 nov 2022
Dopo anni di sforzi sul mercato Arteta in questa stagione sembra aver trovato la quadra.
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Dopo 13 giornate l’Arsenal ha 34 punti. Negli ultimi 30 anni sono solo quattro le squadre che sono riuscite a fare questa stessa quantità di punti e solo altre quattro sono riuscite a fare di meglio (il Manchester City nelle stagioni 2011/12 e 2018/19 con 35 punti e il Manchester City 2017/18 e il Liverpool 2019/20 con 37 punti). Tra queste otto squadre solo il Newcastle 1995/96 non ha poi vinto la Premier League, arrivando però comunque secondo in classifica.

Dopo un ottavo posto due stagioni fa e un quinto posto in quella scorsa, l’Arsenal è oggi in testa dalla terza giornata. Da quando ci è salito, dopo la vittoria per 3-0 contro il Bournemouth, ha perso solo una partita, contro il Manchester United in trasferta, e ha pareggiato contro il Southampton, sempre in trasferta. Solo due passi falsi in quattro mesi dove in casa ha sempre vinto segnando minimo due gol. Certo, non ha potuto giocare la partita di cartello contro il Manchester City - per via del calendario congestionato per via della morte della Regina Elisabetta II - ma se si parla di partite contro le altre grandi del campionato ha vinto contro il Tottenham per 3-1, contro il Liverpool per 3-2 una settimana dopo e contro il Chelsea a Stamford Bridge a inizio novembre.

L’Arsenal è passato dalla lotta per il quarto posto a quella con il titolo col Manchester City di Guardiola. Il progetto in questi tre anni ha avuto alti e bassi, ma se si allarga la prospettiva la squadra è migliorata costantemente, anche grazie ai forti investimenti di mercato con cui è stata accompagnata. La rosa è stata totalmente rinnovata: sono solo nove i giocatori dell’Arsenal prima dell’arrivo di Arteta nel dicembre 2019, e di questi solo quattro fanno parte dell’undici titolare attuale, cioè Xhaka, Martinelli, Thomas Partey e Saka. In questi tre anni la rosa è stata svecchiata a tal punto che ora l’Arsenal scende in campo con la più giovane del campionato (23,9 anni di media, rispetto ai 26,4 del Man City, 26,5 del Chelsea e 27,1 del Liverpool). Una squadra fresca, che gioca un calcio offensivo con ottimi risultati.

Tra i titolari della scorsa stagione, in estate solo Lacazette è andato via a contratto scaduto, tutte le altre cessioni sono state di riserve come l’esterno Pépé e il portiere Leno. I soldi spesi sul mercato quindi hanno superato i 100 milioni di euro al netto delle uscite e sono tre i nomi principali su cui sono stati spesi i soldi: Gabriel Jesus e Oleksandr Zinchenko (87 milioni complessivamente) dal Manchester City, e Fabio Vieira (35 milioni) dal Porto.

Fabio Vieira al momento parte dalla panchina e rispetto alla scorsa stagione, quindi, sono stati aggiunti tre titolari, che sono sembrati subito inseriti nel gruppo: i due acquisti dal City e il giovane centrale Saliba. Non a caso i due arrivati dal Manchester City erano già stati allenati da Arteta quando era il secondo di Guardiola e come lui conosce loro, anche loro conoscono lui. La vicinanza dei sistemi tra il Manchester City e l’Arsenal ha facilitato l’impatto iniziale di Jesus, oltre alla fiducia che che il club gli ha accordato. Il brasiliano ha già messo insieme 5 gol e 6 assist.

Gabriel Jesus anche in questa stagione non sta superando i propri xG: ha segnato in 13 giornate 5 gol a fronte di 7.4 xG totali. Per la montagna di cose che fa in maniera eccellente durante una partita di calcio, la finalizzazione non va alla stessa velocità del resto. Forse non è ancora una punta da 25 gol, ma Gabriel Jesus all’Arsenal pare giocare in modo automatico (la palla sembra cercare lui e non il contrario) e riesce sempre a farsi trovare nel punto giusto al momento giusto. Poi va considerata la sua capacità di stoppare e giocare il pallone negli spazi più stretti e poi da lì coinvolgere i compagni.

La sua tecnica nello stretto gli permette di essere altrettanto efficace venendo incontro a ricevere, come a farlo in area di rigore col difensore attaccato alle spalle o lanciato nello spazio. Questa multidimensionalità era assente nell’Arsenal dai tempi di Alexis Sánchez quasi un lustro fa, e proprio la poca versatilità di giocatori come Aubameyang e Lacazette era uno dei punti deboli della squadra nelle ultime due stagioni. Con Gabriel Jesus, l’Arsenal raccoglie il meglio di entrambi in un singolo giocatore e può quindi permettersi di avere anche Martinelli titolare, aiutandolo a emergere.

Un altro nome fondamentale in questo inizio di stagione è quello di William Saliba, tornato dal suo periodo in prestito che negli ultimi tre anni l’ha portato dal Saint Etienne, da cui era stato comprato nel 2019 per 30 milioni, al Nizza, fino all’Olympique Marsiglia. Ha 21 anni e dopo l’esperienza accumulata nel sud della Francia è stato finalmente ritenuto abbastanza maturo da Arteta per far parte della prima squadra. Pochi però avrebbero immaginato che si sarebbe fatto non soltanto un posto nell’undici titolare, ma che sarebbe diventato il difensore più importante della rosa nel giro di poche partite, causando lo spostamento di Ben White a destra. Saliba si è imposto subito come leader della linea, dove la sua tecnica, calma e la tranquillità apparente stridono con la ferocia fisica con cui gestisce i duelli individuali. Per ora non è eresia dire che ricorda l’impatto di van Dijk al Liverpool. Saliba ha anche il pregio indiretto di mascherare le lacune nella concentrazione di Gabriel, aiutandolo a difendere aggressivo in avanti, sapendo di avere le spalle coperte dal compagno. Stesso sistema a centrocampo, dove Zinchenko falso terzino permette a Xhaka di alzarsi a piacimento e trovare una sorprendente dote di rifinitore e finalizzatore senza far pesare la lacuna della difesa alle sue spalle.

Anche in questa stagione l’Arsenal è una squadra molto ambiziosa dal punto di vista tattico, con un allenatore che utilizza i principi del gioco di posizione per formare una squadra proattiva col pallone e senza. Una squadra versatile, in cui c’è movimento continuo di palla e giocatori sul campo, e dove la maggior parte dei giocatori può occupare diverse zone modificando di conseguenza il tipo di azioni che compie. Una squadra che manipola gli avversari avanzando con passaggi corti fino al limite dell’area e da lì ha tante soluzioni per arrivare all’ultimo passaggio.

Vengono utilizzati centrocampisti che si muovono nei mezzi spazi, un attaccante di movimento continuo che ama giocare anche fuori dall’area, due esterni che puntano l’uomo e possono sostituirsi all’attaccante nel dare profondità, un falso terzino che viene dentro il campo a sinistra e uno più bloccato a destra. Un vestito tattico che calza a pennello sulle due mezzali Xhaka e Odegaard, della punta Gabriel Jesus, degli attaccanti esterni Saka e Martinelli, del mediano Thomas Partey, del terzino sinistro Zinchenko e del terzino destro White, dei due centrali Gabriel e Saliba.

L’Arsenal pare costruito a immagine e somiglianza del suo allenatore, Arteta. L’abbiamo visto per una stagione intera alle prese con le telecamere della serie All Or Nothing: non si è fatto problemi a mostrare un carattere spigoloso, la tendenza di andare da 0 a 100 con la fiducia per un giocatore. Nell’ambiente è considerato un secchione, i suoi giocatori non fanno niente per nasconderne l’ammirazione per le conoscenze tattiche: «Il manager è un genio. Un genio del calcio. Si vede che a tutti noi piace lavorare con lui, soprattutto a me. Lo adoro, ogni giorno imparo, mi ha fatto vedere il calcio sotto una nuova luce e ora lo vedo in modo diverso quando guardo le altre squadre e osservo l’aspetto tattico. Questo grazie al modo in cui mi ha fatto vedere il calcio». Parole del terzino scozzese Tierney.

Col tempo quella chimica di squadra nata la scorsa stagione si è trasformata in uno stretto rapporto di fiducia tale da potergli permettere di non dare neanche più istruzioni tattiche troppo dettagliate prima delle partite, fidandosi del lavoro settimanale a riguardo e lavorando invece sull’aspetto motivazionale. Proprio le telecamere di All Or Nothing ci hanno permesso di scoprirne un lato inedito in tal senso. Uno si immagina le sue ultime parole prima delle partite infarcite di grafici e movimenti tattici alla lavagna e invece si trova ad assistere a una performance quasi da attore teatrale.

«Siete molto preparati tatticamente, siete preparati tecnicamente, la vostra chimica di squadra è al massimo. Vi spiego ora qualcosa di molto importante per la partita di oggi». E da lì parte a disegnare con un pennarello rosso un grosso cuore alla sinistra del grande foglio, dice: «Ragazzi dobbiamo giocare con tutto il cuore». Nel frattempo cambia pennarello per uno blu e con quello disegna un grosso cervello alla destra del foglio: «Allo stesso tempo dobbiamo giocare con tutto il cervello». Dopo aver spiegato brevemente cosa intende battendo col pennarello sui due disegni, alle loro spalle al centro col pennarello nero disegna un omino con le braccia alzate, un tifoso, dice che il tifo gli darà energia e che riusciranno a mettere assieme questi tre fattori. «Ve lo dico perché l’ho sperimentato io stesso, nel momento in cui metti assieme queste tre cose senti che nessuno può fermarti, che sei invincibile, che nessuno può scalfirti. Questo è per la partita di oggi, il resto già lo conoscete».

L’Arsenal vincerà il derby contro il Tottenham per 3-1. Una roba che decontestualizzata appare ridicola: giocatori professionisti che assistono in silenzio allo spettacolo di un uomo in maglioncino che si dimena e indica ossessivamente con un pennarello un grosso cuore disegnato su un foglio. Eppure la passione che Arteta trasmette rende tutto credibile.

Negli scorsi anni l’Arsenal era una squadra bella tatticamente ma discontinua, oggi invece i risultati sembrano prescindere lo stato di forma dei singoli: quando da ottobre Gabriel Jesus non riesce a trovare la rete esce fuori Martinelli, oppure Xhaka e Odegaard che si passano il testimone in termini di rifinitura a seconda dell’avversario o quando Zinchenko si trova fuori a lungo per infortunio in autunno, Tomiyasu ne prende il posto interpretando bene il ruolo nelle partite di cartello. Una distribuzione dei picchi di livello che permette alla squadra intesa come organismo vivo di rinnovarsi di continuo. Una squadra, nella somma, più forte della somma delle singole parti.

In stagione l’Arsenal ha sbagliato solo una partita, quella contro il Manchester United, dove l'assenza del mediano Thomas Partey ha compromesso la capacità della squadra di assorbire le transizioni difensive. Per il resto anche le statistiche rivelano come l’Arsenal sia a tutti gli effetti una delle due squadre migliori del campionato: secondi i nostri dati curati da Alfredo Giacobbe, l’Arsenal è primo per percentuale di duelli vinti col 55.9% (per capirci il Man City è terzo con 54.4%) e sembra incredibile visto quanto negli anni venisse considerata una squadra morbida e facilmente gestibile sul piano dei duelli individuali. L’Arsenal è la squadra col baricentro medio più alto con 51.8 (il City è secondo con 51.5), prima per dominio territoriale con 52.1, prima per passaggi completati in area con 15.3 e seconda per passaggi completati nella trequarti offensiva, 128 per 90 minuti (qui è il City primo).

Terza per xG prodotti su azione, 1.83 per 90 minuti, e seconda per xG concessi su azione, 0.72 p90 (in entrambe primo è il Man City). Entrando nelle statistiche ancora più particolari per mostrare la ritrovata solidità difensiva: l’Arsenal è secondo per xG concessi da piazzato, 0.22 per 90, e non ha ancora subito un gol di testa dopo tredici giornate. Al momento è, col Newcastle, la squadra che ha subito meno gol in campionato (11), e facendone 31 è dietro solo ai 39 gol fatti del Manchester City, che però può schierare Haaland. Avete capito dove voglio andare a parare: l’Arsenal di Arteta è l’unica squadra che, numeri alla mano, riesce a competere con il Manchester City di Guardiola dopo che un terzo del campionato è già alle spalle. E dopo la vittoria contro il Chelsea anche Arteta ha dovuto ammetterlo: al momento l’Arsenal è una contendente per il titolo.

Contro il Chelsea, l’Arsenal è sembrato un gruppo preparato nei minimi dettagli sull’avversario e in grado di gestire ogni singola variabile che è apparsa durante la partita. Il pallone è dell’Arsenal, che schiaccia il Chelsea nella propria metà campo e quando lo perde sa subito dove recuperarlo: dalla superiorità numerica in zona palla grazie ai movimenti continui del fronte offensivo, alle marcature preventive perfettamente tarate per una transizione difensiva, dove aiutano Zinchenko e Partey. Non è stato lasciato un singolo appiglio al Chelsea di Potter per poter essere pericoloso. Anzi, lo stesso spazio lasciato agli avversari sulla fascia sinistra dato dalla presenza di Zinchenko dentro il campo viene compensato da White più bloccato e dallo slittamento della linea non appena la palla viene persa. In questo modo l'Arsenal ha difeso in anticipo il pallone, con il Chelsea che era quasi invitato a lanciare sulla fascia libera.

Arteta sembrava avesse pensato non soltanto alla manovra della propria squadra, ma anche a come indirizzare quella degli avversari dove interessava a lui. Il risultato è un 1-0 che non riflette la sensazione di superiorità della squadra vista sul campo.

Proprio grazie a una linea difensiva così versatile, l’Arsenal può permettersi di difendere alto sul campo in modo quasi automatico. Il fronte offensivo può pressare senza preoccuparsi di essere attaccato alle spalle. Del resto Gabriel Jesus era anche stato definito da Guardiola il migliore attaccante al mondo nel guidare il pressing della squadra. A lui si aggiungono due esterni che si impegnano tantissimo senza palla, ovvero Martinelli e Saka, che seguono ogni pallone e si adattano al modo con cui esce la squadra avversaria. L’Arsenal passa indifferentemente tra un’azione e l’altra a difendersi col 4-1-4-1 come il 4-2-3-1 con Odegaard che sale sulla trequarti. Una modalità di difendere in avanti che porta la squadra a essere terza per altezza media degli interventi difensivi, 35.3 (la media del campionato è 32.1), quarta per recuperi palla offensivi, 16 per 90 minuti (la media del campionato è 14), quarta per PPDA, 15.8 (la media del campionato è 18.9), e soprattutto seconda per passaggi completati concessi nella propria area, 5.3 per 90 minuti (primo il Man City con 4.4).

Un campanello d’allarme può essere il fatto che questo gioco è dipendente dalla chimica della squadra, dall’impegno di tutti e, soprattutto, è molto dispendioso. L’Arsenal di solito parte forte, soprattutto con il pressing, per segnare presto, ma se non ci riesce fa fatica a gestire un possesso del pallone che non sia offensivo. Si ritrova così a prendere rischi e a perdere palloni in zone pericolose, vicino alla propria area, attirando il pressing avversario. Arteta ha costruito una squadra offensiva che fatica ad abbassare le marce. È più a suo agio quando deve attaccare che quando deve gestire il risultato. L’altro punto debole, visto in Coppa di Lega, è la differenza tra i titolari e le riserve: la rosa corta fa sì che fare troppo turn over diventa difficile da gestire volendo giocare in questo modo. Gli infortuni, come per esempio quelli di Gabriel Jesus o di Thomas Partey possono pesare tantissimo, se poi i sostituti sono Nketiah ed Elneny. L’Arsenal ha aggiunto un pezzettino per volta fino ad arrivare alla versione attuale, che non sembra comunque quella definitiva. Il livello si può alzare intervenendo ulteriormente sul mercato, prendendo altri giocatori per le rotazioni. Già così però sembra poter tornare a giocare la prossima Champions League per la prima volta dalla stagione 2016/17.

I giocatori, lo stadio, tutto l’ambiente sembra già assaporare quel momento, remare nella stessa direzione ed emanare vibrazioni positive, quella sensazione di ottimismo generale che in questo momento si vive per esempio guardando una partita del Napoli. Una sensazione che non si vive all’Arsenal da più di una decina d’anni ormai, da quella squadra che tra il 2010 e il 2011 aveva nel picco della carriera Fàbregas, van Persie, Nasri, Rosicky, Arshavin per citare solo i più iconici. Un momento in cui si era raggiunto il culmine del progetto giovani di Wenger. Quella squadra alla fine non vinse nulla, ma rimane l’ultimo ricordo di un Arsenal realmente competitivo per il titolo per tanti tifosi, e soprattutto l’ultimo ricordo di un gruppo che era riuscito ad allinearsi con loro anche per gusto estetico. Le versioni successive, anche quelle comunque competitive dell’ultimo Wenger come quella 2015 con Özil, Alexis, Giroud, non erano riuscite a trovare lo stesso livello d’intesa che si vede oggi con i tifosi.

Solo un anno fa sembrava difficilissimo immaginare tutto questo. Essersi tolta di dosso l’aura decadente per una squadra illustre come l’Arsenal è già di per sé una vittoria, ma l’ambizione sembra quella di non accontentarsi di essere giovani e belli. Arteta è un allenatore molto ambizioso e il gruppo che ha costruito sembra volerlo seguire ovunque.

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