Dopo l’apertura, nel campionato 1980/81, al tesseramento di un calciatore straniero per squadra in Serie A, nel 1982 il Consiglio Federale della FIGC ampliò la possibilità a un secondo giocatore estero a partire dalla stagione 1982/83. E così i club italiani ebbero tempo fino al 30 aprile 1982 per annunciare il tesseramento dei calciatori stranieri per l’anno successivo. Per la Juventus questo significava soprattutto un nome: Zbigniew Boniek, un giocatore del Widzew Lodz di cui si parlava da tempo a Torino e che, a quanto pare, arrivò anche grazie agli investimenti della FIAT in Polonia. Sembrava scontato che Boniek avrebbe affiancato Liam Brady, la mezzala irlandese giunta due anni prima dall’Arsenal, che aveva vinto con la maglia bianconera lo scudetto nel 1981 e che si apprestava a vincere anche quello del 1982.
A sorpresa, però, la Juventus il 30 aprile annunciò, assieme a quello di Boniek, anche il tesseramento di un altro calciatore straniero, il fuoriclasse francese del Saint Etienne, Michel Platini. Sarebbe stata una grande estate per il calcio italiano ma soprattutto per i giocatori della Juventus. Ben sei tra loro - Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli e Rossi – infatti si laurearono campioni del mondo in Spagna, e altri due, proprio Platini e Boniek, si misero in luce portando le rispettive Nazionali a disputare la finale per il terzo posto.
Le buone notizie per la Juventus nella stagione 1982/83 non sarebbero finite qui. Di lì a poco, infatti, sarebbe tornato disponibile anche Roberto Bettega, che sarebbe stato titolare anche lui in Spagna se un gravissimo infortunio al ginocchio dopo uno scontro di gioco con il portiere dell’Anderlecht, Munaron, non lo avesse tolto di mezzo ad inizio novembre del 1981, nella gara di ritorno degli ottavi di finale della Coppa dei Campioni 1981/82. Insomma, la Juventus che si apprestava a disputare la stagione 1982/83 era davvero fortissima e prometteva grandi successi.
IL GRANDE ASTON VILLA DEGLI ANNI '80
In Inghilterra, intanto, l’Aston Villa, uno dei club fondatori della Football League, non vinceva il campionato inglese dal 1910. Solo nel 1981 sarebbe riuscito a conquistare il titolo di First Division dopo un lungo braccio di ferro con l’Ipswich Town, trionfatore quell’anno in Coppa UEFA grazie alla vittoria in finale contro gli olandesi dell'AZ Alkmaar. L’anno successivo, nel 1981/82, vi furono quindi due squadre inglesi in Coppa dei Campioni: non solo l’Aston Villa ma anche il Liverpool, vincitore dell’edizione precedente della competizione.
Al primo turno "i Villans" incontrano gli islandesi del Valur ReykjavÍk, liquidati nel doppio confronto con un rotondo 7-0. Agli ottavi di finale, mentre la Juventus viene eliminata dall’Anderlecht, l’Aston Villa soffre contro la Dinamo Berlino. La sconfitta per 1-0 in casa nella gara di ritorno è però sufficiente a qualificarsi, grazie alla vittoria per 2-1 nella gara di andata in Germania Est. Più semplici sono i quarti di finale, vinti contro la Dinamo Kiev grazie allo 0-0 in Unione Sovietica, e alla vittoria per 2-0 al Villa Park. In semifinale l’Aston Villa incontra l’Anderlecht e conquista la finale difendendo a Bruxelles il gol di vantaggio conquistato con l’1-0 casalingo nella gara d’andata. Nella finale giocata a Rotterdam, la squadra di Birmingham si ritrova di fronte il fortissimo Bayern Monaco di Paul Breitner, Kalle Rummenigge, Klaus Augenthaler e Dieter Hoeness.
"I Villans" giocano una partita a difesa della propria porta piuttosto disperata, in cui già al nono minuto sono costretti a schierare il portiere di riserva Nigel Spink, subentrato al posto del titolare Jimmy Rimmer e alla sua seconda presenza in cinque anni. Come spesso accade in questi casi, Spink diventa immediatamente protagonista della partita grazie a una serie di belle parate. A metà secondo tempo, poi, su assist del giovane talento Gary Shaw, il centravanti Peter Withe realizza il gol che regala una Coppa dei Campioni inaspettata. L'Aston Villa vincerà anche la Supercoppa Europea battendo per 3-0 ai supplementari il Barcellona dopo la sconfitta per 1-0 al Camp Nou, e si fermerà a un passo da uno storico triplete, perdendo per 2-0 la finale di Coppa Intercontinentale contro gli uruguaiani del Peñarol.
La vittoria nella Coppa dei Campioni del 1981/82 garantisce all’Aston Villa la partecipazione all’edizione successiva, nonostante in campionato abbia pagato la fatica della competizione europea. Nei primi due turni gli inglesi eliminano senza troppi sforzi i turchi del Besiktas e i romeni della Dinamo Bucarest.
Nel frattempo, la Juventus piena di campioni del mondo e rafforzata da Platini e Boniek balbetta insospettabilmente in campionato. All’esordio perde contro la neopromossa, ma particolarmente ambiziosa, Sampdoria, dove gioca proprio l’ex Liam Brady. Alla seconda trasferta, a Verona contro l’Hellas di Osvaldo Bagnoli, arriva la seconda sconfitta in tre partite, con gol dell’ex Pierino Fanna e del libero Tricella (che qualche anno dopo sostituirà Scirea alla Juventus). Alla fine del girone di andata, con quelle rimediate ad Ascoli e contro il Genoa, le sconfitte dei bianconeri diventeranno quattro, tutte in trasferta. Troppe, in sole 15 partite, per una squadra zeppa di campioni come quella Juventus, che però sembra pagare una sorta di appagamento dei campioni del mondo e l’ambientamento in Serie A di Platini, che soffre anche per la pubalgia.
In Europa le cose vanno meglio e la squadra di Giovanni Trapattoni supera piuttosto agevolmente i due turni autunnali battendo i danesi del Hvidovre e, negli ottavi di finali, lo Standard Liegi di Raymond Goethals, sconfitto 2-0 a Torino con una doppietta di Paolo Rossi dopo il pareggio 1-1 in Belgio.
L'AFFAIRE SAUNDERS
Si giunge quindi in primavera per i quarti di finale di Coppa dei Campioni. Il sorteggio non è fortunato per la Juventus che, come avrete capito, becca l’Aston Villa. Le squadre inglesi hanno vinto le ultime sei edizioni della Coppa dei Campioni, una striscia a tutt’oggi imbattuta per le squadre di uno stesso Paese. La partita di andata è in programma a Birmingham mercoledì due marzo del 1982. Quattro giorni dopo la Juventus dovrà giocare a Roma, contro i giallorossi di Nils Liedholm che guidano la classifica di Serie A con cinque punti di vantaggio proprio sui bianconeri. In una settimana gli uomini di Trapattoni si giocano buona parte della loro stagione.
L’Aston Villa è guidato in panchina da Tony Barton da circa un anno. L’artefice delle fortune dei "Villans" era stato in realtà Ron Saunders che, giunto a Birmingham nel 1974 con la squadra in Second Division, aveva riportato l’Aston Villa nella massima divisione inglese, vinto due Coppe di Lega e, infine, conquistato il campionato dopo più di 70 anni. Saunders aveva vinto il titolo impiegando soli 14 giocatori (di cui 7 titolari in tutte le partite) nel massacrante campionato inglese, fatto di 42 incontri, a cui andavano aggiunti gli impegni in FA Cup, Coppa di Lega e competizioni europee.
Dopo la vittoria del campionato, proprio per far fronte a questi impegni, Saunders chiese rinforzi per la sua rosa che però non arrivarono mai. Fu il seme dei dissapori con il presidente del club Ron Bendall che alla fine portarono alle dimissioni del tecnico il 9 febbraio 1982, al termine di una lunga lite telefonica. I tifosi dei "Villans" si mossero in massa per farlo tornare sulla panchina della squadra, schierandosi apertamente dalla parte dell’allenatore contro il presidente, ma dopo solo nove giorni Saunders accettò la panchina dell’altra squadra di Birmingham, il Birmingham City, lasciando sconcertati i suoi ormai ex tifosi. Se ciò non bastasse, la prima partita del Birmingham City dopo l’ingaggio di Saunders fu proprio il derby contro i rivali dell’Aston Villa. Per lo meno, il tecnico di Birkenhead evitò di sedersi nella panchina della sua nuova squadra, che fu battuta da un gol di Peter Withe.
A guidare l’Aston Villa c'era adesso uno degli ex assistenti di Saunders, cioè Tony Barton, che concluderà la stagione in maniera trionfale vincendo la Coppa dei Campioni e guadagnandosi anche la panchina per la stagione successiva.
L’Aston Villa arriva allo scontro con la Juventus al quinto posto in classifica del campionato e con grande fiducia nelle sue possibilità nell’incontro casalingo al Villa Park. Nessuna squadra italiana aveva, fino a quel momento, vinto un match in Inghilterra in Coppa dei Campioni. Su sei incontri, le italiane erano riuscite solo a pareggiarne due – entrambi a reti inviolate - con l’Inter contro l’Everton nella semifinale del 1963/64 e con la stessa Juventus nella semifinale contro il Derby County di Brian Clough, nell’edizione 1972/73. Prendendo in considerazione tutte le coppe europee, su 30 partite disputate in Inghilterra, le squadre italiane avevano vinto solo una volta, quando il Bologna aveva sconfitto il West Bromwich Albion per 3-1 negli ottavi di finale della Coppa delle Fiere 1966/67 (l’antenata della Coppa UEFA).
L'Aston Villa è favorito anche per i bookmaker britannici, che danno alla pari una vittoria dell’Aston Villa e pagano 2-1 quella della Juventus. Per la qualificazione le quote sono 5-4 per gli inglesi e 7-4 per la Juventus. Il giorno della partita nella prima pagina di un tabloid di Birmingham appare la foto del portiere Spink intento a divorare un piatto di spaghetti: "Li mangeremo vivi”.
LA PARTITA
L’Aston Villa è una tipica squadra inglese della fine degli anni ’70-inizio degli anni ’80. Si schiera con un 4-4-2 prevalentemente a zona e gioca un calcio piuttosto verticale che si appoggia sulle giocate degli attaccanti e sulla velocità delle due ali. I punti di forza della squadra sono concentrati prevalentemente nei ruoli offensivi.
Gordon Cowans, che tre anni dopo sarebbe stato acquistato dal Bari di Vincenzo Matarrese insieme al compagno di squadra Paul Rideout, è un interno di centrocampo di ottima tecnica e notevole dinamismo. Sulla sinistra gioca l’ala Tony Morley, velocissima e dotata di gran dribbling. La coppia d’attacco rispetta pienamente in canoni dell’epoca. Peter Withe, trentadue anni, è il centravanti alto, potente e forte di testa, capace di vincere la classifica cannonieri della First Division l’anno della conquista del titolo (in coabitazione con lo scozzese del Tottenham, Steve Archibald) e autore del gol vittoria nella finale dell’anno precedente contro il Bayern Monaco. Il ventunenne Gary Shaw è la seconda punta mobile e tecnica, perfetto complemento di Withe. Vincitore del premio Bravo del 1981, allora un prestigioso riconoscimento assegnato annualmente dal Guerin Sportivo al miglior Under 21 europeo, ed eletto miglior giocatore del campionato inglese nella stagione dello scudetto, Shaw avrebbe avuto una carriera inferiore alle attese anche a causa di un grave infortunio subito qualche mese dopo la partita con la Juventus. Lo scorso settembre, all’età di 63 anni, è morto dopo avere sbattuto la testa a causa di una caduta accidentale in casa.
Per la partita con i bianconeri sono assenti per infortunio il terzino Kenny Swain e, per squalifica, il centrale scozzese Allan Evans. Barton li sostituisce rispettivamente con Colin Gibson e arretrando in difesa il centrocampista scozzese Des Bremner, inserendo come ala destra Andy Blair. Completano la squadra il terzino destro Gary Williams, il centrale scozzese Ken McNaught e il capitano e anima della squadra Dennis Mortimer, compagno di reparto di Gordon Cowans.
Per la Juventus, invece, sembra che prima della partita Giovanni Trapattoni possa rinunciare a Roberto Bettega per inserire un centrocampista, magari il trentaseienne Beppe Furino che ha da poco perso il posto da titolare per il più giovane Massimo Bonini. Lo stesso Trapattoni alimenta l’ipotesi di uno schieramento più prudente il lunedì: «E che direste se metto un centrocampista in più?». Alla vigilia del match, però, davanti ai giornalisti inglesi che citano il catenaccio Trapattoni taglia corto: «Siamo campioni del mondo, è finito il tempo delle rinunce a priori».
La formazione che scende in campo al Villa Park è quindi quella tipo, con Bettega in campo insieme a Rossi, Platini e Boniek. La Juventus difende rigorosamente a uomo e le marcature dei tre uomini più pericolosi dei "Villans" sono quasi naturalmente assegnate. Davanti a Dino Zoff e al libero Gaetano Scirea, Claudio Gentile marca Shaw, lo stopper Sergio Brio controlla Withe, Marco Tardelli è dirottato sulla fascia destra a marcare il temibile Morley e Antonio Cabrini è nella zona dell’ala destra Blair. Massimo Bonini, davanti alla difesa, è costantemente disponibile al supporto ai compagni nella marcatura.
Il primo tempo della partita.
Bastano 42 secondi alla Juventus per andare in vantaggio, con un'azione sviluppata addirittura da calcio di inizio che non permette agli avversari di toccare il pallone. La manovra parte da Cabrini che, sulla fascia sinistra nella metà campo avversaria, serve in verticale Bettega che si è mosso dal centro verso l’esterno. Bettega controlla il pallone e ne mantiene il possesso per dare il tempo a Cabrini di sovrapporsi. Con la suola, all’indietro, Bettega serve Cabrini in sovrapposizione e il terzino senza controllare il pallone mette in area, come sua abitudine, un cross di alta qualità, che supera il centrale di destra McNaught posizionato a difesa del primo palo e raggiunge Rossi al centro dell’area. "Pablito" anticipa Bremner e insacca con un colpo di testa che prende in contropiede Spink.
Il gol di Rossi conferma la contrapposizione tattica tra le due squadre. L’Aston Villa, anche perché già sotto di un gol, prova a giocare a ritmi alti, appoggiandosi sulle due punte o andando sulle ali, supportate dalla sovrapposizione dei terzini. La Juventus prova invece a gestire il ritmo e ad attaccare in un campo grande con le ripartenze manovrate dei suoi fuoriclasse. In un’epoca in cui ancora gli schieramenti in campo non era indicati comunemente con dei numeri, la Juventus era disposta secondo quello che avrebbe in seguito potuto essere considerato una sorta di 3-5-2 con Tardelli e Cabrini sulle fasce, Bonini davanti alla difesa, Platini e Boniek mezzali con grande libertà di movimento e Bettega e Rossi in avanti. Le due punte, oltretutto, partecipano attivamente alle manovre offensive della squadra aprendosi rispettivamente verso sinistra e verso destra, andando a giocare nella zona dei terzini e sfuggendo alla marcatura dei centrali avversari. Già nel primo gol è evidente questa tendenza da parte della Juventus, con Bettega aperto a sinistra a ricevere il pallone da Cabrini e Rossi che attacca l’area partendo alle spalle del centrale Bremner.
La reazione dell’Aston Villa è violenta e produce un paio di tiri da fuori, ma il palleggio in ripartenza della Juventus ben presto si dimostra ingestibile per i "Villans". Già al decimo minuto la Juventus ha un’occasione per raddoppiare. Bettega - un maestro dell'acrobazia in area di rigore, ma anche formidabile attaccante di manovra - viene a legare il gioco in mezzo al campo, cede il pallone a Platini e si apre, ancora una volta, nella zona del terzino Williams. Il suo cross per Rossi, anche lui nuovamente aperto e fuori dalla zona di competenza dei centrali avversari, viene intercettato dal terzino sinistro Gibson che, in affanno, colpisce di testa verso la porta di Spink. Solo la traversa salva Gibson da una clamorosa autorete.
La Juventus è anche fortunata perché poco dopo l’arbitro, il tedesco Eschweiler, annulla un gol di testa su calcio d’angolo di McNaught per un fallo su Scirea che, onestamente, non sembra esserci. Al termine della partita Eschweiler dichiarerà di avere fischiato, prima del colpo di testa di McNaught, un fallo di Shaw su Scirea.
L’Aston Villa continua con il suo pressing, spinge sugli esterni e cerca di mettere in azione le sue punte. Colleziona falli laterali e calci d’angolo, ma non riesce a creare palle gol pulite. La difesa della Juventus è arcigna, le marcature attente e, quando riesce a recuperare palla, la tecnica di Cabrini, Platini, Boniek e Bettega fa respirare la squadra. A rendersi pericoloso è, in particolare, Cabrini, che spingendo sulla fascia sinistra, oltre a mettere a referto l’assist per il gol di Rossi, conclude due volte verso la porta di Spink.
IL SECONDO TEMPO
Al ritorno in campo dopo l’intervallo l’Aston Villa pressa, se possibile, con ancora più intensità, cercando di recuperare velocemente il pallone. I tackle degli inglesi sono durissimi, come costume degli anni ’70 e ’80, e non fanno respirare la transizione offensiva della Juventus, che non riesce a consolidare il possesso o a rendersi pericolosa con ripartenze più dirette. Nei primi minuti del secondo tempo l’Aston Villa colleziona una pericolosa conclusione di Gibson su punizione indiretta, che Zoff riesce a deviare in calcio d’angolo, e un altro tiro da fuori di Blair. Al cinquantunesimo minuto, infine, gli inglesi pareggiano.
Ad avviare l'azione è forse il giocatore migliore dei "Villans", Cowans, che recupera il pallone in posizione avanzata e lo ripulisce aprendo a sinistra sul terzino sinistro Gibson, che si inserisce in area e, arrivando da dietro in tuffo, anticipa i difensori della Juventus mettendo in rete di testa.
È un gol ma anche un campanello d'allarme per la Juventus, che si rende conto quanto sia necessario alzare ulteriormente il livello della propria prestazione per resistere e superare la furiosa pressione degli avversari. Se i difensori stanno tutto sommato gestendo bene le loro marcature, impedendo che la pressione inglese si tramuti in chiare occasioni da gol, ad alzare la qualità delle proprie giocate, per sfuggire alla riaggressione avversaria, devono essere i giocatori offensivi. Ci riusciranno.
Bettega continua, infaticabile, a puntellare la transizione offensiva e il possesso bianconero. Cabrini è una presenza costante sul fianco destro della difesa dell'Aston Villa. Boniek si muove lungo tutto il fronte offensivo cercando varchi da attaccare. E poi c’è Michel Platini, che prende sulle sue spalle l’onere della transizione tra la fase di costruzione e quella di rifinitura. Il tema tattico della partita non cambia troppo: l’Aston Villa attacca con grande intensità e prova poi a riaggredire la Juventus appena perde il possesso, mentre la Juventus prova a ripartire e a costruire gioco con manovre più articolate sfruttando la superiore tecnica dei suoi giocatori. Lentamente ed inesorabilmente, il piano del match si inclina sempre più in direzione bianconera: le fasi di possesso della Juventus diventano sempre più lunghe, la palla è costantemente nella metà campo avversaria e i tackle, sempre al limite del regolamento dell’Aston Villa, sono più frequentemente elusi. Infine è Platini a salire in cattedra con la sua capacità straordinaria di mettere davanti al portiere i compagni di squadra.
A meno di un quarto d’ora dal termine Platini, quindici metri più avanti della linea di centrocampo, gioca un pallone morbido sopra la testa della linea difensiva avversaria. È un assist perfetto per Paolo Rossi che taglia davanti a Bremner e alle spalle di McNaught. Il pallone di Platini non deve nemmeno essere aggiustato e il tiro di prima di Paolo Rossi, un diagonale verso il palo di sinistra della porta dell’Aston Villa, viene sfiorato con la punta delle dita da Spink che riesce a deviare il pallone sul legno.
PLATINI TO BONIEK
A sette minuti dal termine, va in scena la prima di uno spettacolo che diventerà iconico del tempo, il “Platini to Boniek”. È il lancio smarcante di Platini per l’inserimento profondo di Boniek, che farà le fortune della Juventus di lì agli anni successivi. In questo caso, Platini riceve sulla trequarti un passaggio di Bettega dalla sua sinistra. Boniek è davanti al francese, nella zona del centrale McNaught. Conoscendo il talento del suo compagno, prima ancora che Platini riceva, il polacco si muove “corto-lungo” attaccando il centrale avversario alle spalle. Platini, ovviamente, vede il movimento del compagno e di prima, con l’esterno destro, serve in profondità il polacco che, ancora una volta, non deve nemmeno controllare il pallone per scaricare di destro un violento diagonale sotto la traversa.
È il colpo del KO per l’Aston Villa e la ciliegina sulla torta della prima vittoria in terra inglese per la Juventus e di un’italiana in Coppa dei Campioni. Gli inglesi hanno giocato una partita dal ritmo altissimo e di grande aggressività, provando a scardinare gli avversari con la loro forza, forse monotona, ma incessante. Ma la classe e la tecnica della Juventus hanno avuto la meglio.
Due esempi del “Platini to Boniek” nelle semifinali di Coppa delle Coppe 83-84 contro il Manchester United e di Coppa dei Campioni 84-85 contro il Bordeaux
Parlando coi giornalisti in aeroporto Trapattoni dirà che la vittoria era stata resa possibile dalla fiducia guadagnata con il Mondiale vinto e dall’innesto di due fuoriclasse come Platini e Boniek. Questo, inevitabilmente, senza dimenticarsi di evidenziare i contributi meno visibili: il lavoro generosissimo e infaticabile di Bonini in fase difensiva e la prestazione impeccabile di tutto il reparto arretrato.
Nella partita di ritorno, sotto la pioggia al Comunale di Torino, non ci sarà partita. Già nel primo tempo, i gol di Platini e Tardelli metteranno un’enorme ipoteca sulla qualificazione bianconera. Platini nel secondo tempo porterà il punteggio sul 3-0, prima del gol del definitivo 3-1 di Peter Withe.
Negli altri quarti di finale la Real Sociedad eliminerà lo Sporting Lisbona, l’Amburgo la Dinamo Kiev e, soprattutto, a sorpresa, il Widzew Lodz, l’ex squadra di Boniek, il Liverpool. Dopo sei anni, non sarà quindi un’inglese a vincere la Coppa dei Campioni.
L'EREDITA' DI UNA PARTITA
La partita di Birmingham e il livello degli avversari rendono quindi la Juventus la favorita per la conquista della coppa. Il sorteggio assegna ai bianconeri proprio il Widzew Lodz eliminato piuttosto agevolmente con un netto 2-0 in casa e un pareggio per 2-2, tutto sommato comodo, nella gara di ritorno in Polonia. Nella sua seconda finale di Coppa dei Campioni, la Juve arriva da strafavorita contro l’Amburgo. Il gol di Felix Magath al nono minuto propina ai tifosi juventini forse la più cocente delle delusioni della loro storia.
Per l’Aston Villa lo scontro con la Juventus sarà l’ultimo appuntamento, per tanto tempo, con l’Europa. I "Villans" concluderanno la First Division al sesto posto e parteciperanno alla Coppa UEFA della stagione successiva venendo eliminati al secondo turno dallo Spartak Mosca. Inizierà quindi un rapido declino che porterà solo quattro anni dopo alla retrocessione in Second Division. Il ritorno in Coppa dei Campioni dovrà attendere 42 anni, nell’odierna edizione della Champions League, dove l’Aston Villa batterà, ancora per 1-0, il Bayern Monaco, il suo avversario nella finale del 1982.
Quattro giorni dopo la partita di Birmingham, la Juventus andò a Roma per il big-match della Serie A e riuscì a vincere recuperando il gol di Falcao con i gol di Platini su punizione e di Sergio Brio negli ultimi 7 minuti di gioco. Sembrava l’inizio di una rimonta, ma un pareggio a Pisa e un’incredibile sconfitta nel derby con il Torino, subendo 3 gol in 5 minuti partendo da un vantaggio di 2-0, spensero le velleità bianconere. Quell’anno, la Juventus dei campioni del mondo e di Platini e Boniek dovette accontentarsi solamente della Coppa Italia, vinta al Comunale di Torino ribaltando ai supplementari, con il gol di Rossi e la doppietta di Platini, la sconfitta per 2-0 nella gara d’andata della finale contro l’Hellas Verona.
Nelle interviste post-partita Roberto Bettega e Carlo Ancelotti.
Nonostante la bruciante delusione della finale di Atene contro l’Amburgo, la partita di Birmingham segnò un prima e un dopo nella storia europea della Juventus. La vittoria esterna contro i campioni in carica, in un’Inghilterra fino a quel momento inespugnabile e dominante in Europa, regalò la consapevolezza che la Juventus potesse andare su ogni campo del continente e fare valere, oltre alle sue innegabili capacità difensive, l’immensa classe e qualità tecnica dei suoi giocatori. Fu quello, insomma, il trampolino di lancio che permise alla Juventus di dominare in Europa e nel mondo negli anni successivi.
La stagione successiva Bettega andò in Canada, nei Toronto Blizzard, per la sua ultima stagione da calciatore, e Dino Zoff, a quarantuno anni, si ritirò dal calcio giocato. Furono sostituiti da Stefano Tacconi dell’Avellino e Domenico Penzo dell’Hellas Verona. I bianconeri vinsero il campionato e la Coppa delle Coppe sconfiggendo il Porto per 2-1 nella finale di Basilea con gol di Boniek e Beniamino Vignola.
L’anno dopo lasciarono la Juventus Claudio Gentile, sostituito da Luciano Favero dall’Avellino, e Penzo, il cui posto fu preso da Massimo Briaschi del Genoa. Se in Serie A la Juventus lasciò il passo all’Hellas Verona, in Europa il cammino fu autorevole. A gennaio, in un Comunale innevato, i bianconeri vinsero la Supercoppa Europea battendo con una doppietta di Boniek il Liverpool. In Coppa dei Campioni la Juventus dominò eliminando senza troppi sforzi l’Ilves Tampere, il Grassophers, lo Sparta Praga e i Bordeaux per poi vincere la tragica partita dell’Heysel contro il Liverpool.
L’anno successivo, consapevole che il ciclo era ormai quasi giunto a conclusione, la Juventus cedette Paolo Rossi al Milan, Marco Tardelli all’Inter e Zibì Boniek alla Roma, sostituendoli con Aldo Serena dal Torino, Lionello Manfredonia e Michael Laudrup – già di proprietà bianconera – dalla Lazio, a cui si aggiunse l’acquisto di Massimo Mauro dall’Udinese. Fu il canto del cigno della squadra che vinse lo Scudetto e, soprattutto, la Coppa Intercontinentale a Tokyo, battendo ai rigori l’Argentinos Juniors dopo i gol di Platini e Laudrup.
Nel 1986/87 Giovanni Trapattoni, destinato all’Inter, abbandonò la squadra dopo dieci anni, sostituito in panchina da Rino Marchesi, reduce da una semifinale in Coppa Italia persa solamente a tavolino e una tranquilla salvezza da subentrato a stagione in corso con il Como. La stagione fu deludente e, in una piovosa e triste giornata di maggio, Platini giocò contrò il Brescia al Comunale di Torino la sua ultima partita in carriera.
Travolta dalla modernità del Milan di Berlusconi, la Juventus tornerà a vincere il campionato solo nove anni dopo, nel 1994-95, con Marcello Lippi che riporterà i bianconeri sulla cima del mondo.
Secondo Michel Platini, che dal 1983 al 1985 vinse tre Palloni d’Oro consecutivi grazie alle sue prestazioni in Europa con la Juventus, oltre che al fantastico Europeo vinto con la Francia nel 1984, proprio Birmingham fu il luogo di nascita della Juventus dominante degli anni successivi. Per il fuoriclasse francese - di cui sono note le più o meno romanzate polemiche dialettiche con Trapattoni, accusato di eccessivo difensivismo - al Villa Park gli italiani giocarono come i francesi, più liberi e offensivi, mentre lui, il francese, giocò come un italiano, concreto e determinato. È da questa contaminazione che nacque una delle migliori Juventus della storia, di sicuro la più bella.