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Non ci sono grandi lezioni nella sconfitta dell'Atalanta
19 feb 2025
Il Club Brugge ha giocato due grandi partite, e ha passato il turno.
(articolo)
9 min
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IMAGO / IPA Sport
(copertina) IMAGO / IPA Sport
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Alla prima azione il Club Brugge ha segnato. Una transizione fulminante, nata da un coraggioso colpo di tacco in mezzo a due che ha pescato Hans Vanaken. Il trequartista, alzando la testa, ha visto un enorme buco spalancatosi nel cuore della difesa dell’Atalanta. Sia Toloi che Djimsiti erano scivolati verso destra, lasciando clamorosamente lo spazio in profondità per il centravanti Jutglà.

La capacità di difendere dell’Atalanta, però, si sostiene in genere sulla possibilità di recuperare dall’errore. Può succedere che una scalata o una marcatura siano fatte male e aprano delle falle nel sistema. Se si sta col baricentro alto, però, si ha sempre il tempo per recuperare, per la semplice legge per cui senza palla in genere si corre più veloci che con la palla. Stavolta, però, il Brugge è stato più scaltro. Jutglà, che ha giocato nel Barcellona, gira di prima alla sua destra, mandando a vuoto il recupero di Kolasinac. A quel punto la palla arriva a Chemsdine Talbi. Per stoppare la palla deve rallentare, Marten De Roon gli arriva di fronte. Talbi esita, poi con un movimento unico e rapidissimo si sposta la palla sul destro e calcia a incrociare sul secondo palo, facendo passare la palla tra le gambe di De Roon.

Se consideriamo anche la partita d’andata, l’Atalanta ha preso due gol in quattro minuti. Al 94’ aveva subito il controverso rigore di Gustaf Nilsson, e al 3’ del ritorno è andata subito sotto di un gol.

Due colpi difficili da assorbire che in parte racchiudono il senso di questa eliminazione. Due gol che hanno inclinato il piano dell’eliminatoria dalla parte della squadra belga, e che hanno infilato la squadra di Gasperini in una strettoia tattica e mentale complicata da gestire. Il primo gol è arrivato per una situazione episodica, un rigore inventato di sana pianta dall’arbitro; il secondo, al contrario, rivela molto delle complicazioni che la “Dea” ha dovuto affrontare contro il Brugge. Il sistema di pressing sempre un tantino in ritardo, le giocate tecniche e brillanti dei giocatori avversari ogni volta in grado di approfittarne. In più, le assenze. Ieri mancavano all’Atalanta 2/3 della difesa titolare e anche Kolasinac rientrava da un problema fisico e in generale è distante dalla forma di inizio stagione.

Alla seconda azione il Club Brugge ha segnato ancora. La situazione pareva ancora più innocua, una seconda palla sul rinvio finisce tra i piedi di Ardon Jashari poco oltre la linea del centrocampo. È partito a testa bassa defilandosi sul lato sinistro; addosso aveva il peggior avversario possibile, ovvero Ederson, in recupero implacabile come un Nazgul; Jashari però gli taglia la corsa coprendogli la palla, resiste con gambe forti che continuano a convergere, saltano Toloi, e passa in mezzo per Jutglà. Sulla respinta di Carnesecchi, Talbi segna la sua doppietta.

All’andata il Brugge aveva messo in difficoltà l’Atalanta grazie a un pressing alto e a transizioni brevi; stavolta sfruttando al massimo la bravura tecnica dei suoi giocatori offensivi in spazi stretti e ampi.

Toloi era titolare solo per le assenze contemporanee di Hien, Scalvini e Kossounou, ma non si poteva credere che l’Atalanta l’avrebbe pagata in questo modo; che la scarsa forma del brasiliano sarebbe stata esposta in tutta quella drammaticità. In occasione del secondo gol Jashari gli fa addirittura un tunnel in area di rigore.

Alla terza azione il Club Brugge stava per fare il terzo gol. I difensori dell’Atalanta sono in grande difficoltà, fisica e mentale, e il castello di marcature di Gasperini è saltato. Basta un lancio a palla scoperta e Jutglà è già in uno strano uno contro uno con Djimsiti. Gli unici due esseri umani rimasti in quella metà campo. Sul tiro dello spagnolo la palla non finisce fuori di molto.

Alla quarta azione il Club Brugge ha segnato il terzo gol. Poco prima l’Atalanta ha preso un palo, costretto Mignolet a un miracolo e un difensore a un salvataggio sulla riga su un tiro di Cuadrado. Si era in una situazione d’assedio permanente, sciolto da una giocata riquelmesca di Vanaken. Un primo controllo delizioso, d’esterno, con cui fa saltare la riaggressione di Ederson. Da anni, uno dei giocatori più eleganti e sottovalutati d’Europa.

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Vanaken lancia Tzolis, è un tre contro due, Jutglà riceve al limite dell’area, Kolasinac si preoccupa di coprirgli lo spazio per entrare in area, allora lui tira da fuori, di controbalzo. Siccome è una serata in cui riesce tutto, la palla va all’angolo.

La partita in quel momento è sostanzialmente finita, visto che l’Atalanta dovrebbe segnare 4 gol in 45 minuti per riaprirla. Eppure vive un altro paio di sussulti e un momento in cui sembra davvero potersi riaprire. Poco dopo aver segnato il primo gol dell’Atalanta, Lookman si presenta sul dischetto. Non calcia spesso i rigori, ma non è nemmeno assurdo per uno con la sua capacità balistica. Ne ha segnati 4 con la maglia dell’Atalanta. L’ultimo rigore sbagliato risale a una partita di Premier contro il West Ham in cui aveva provato uno scavetto all’ultimo minuto in un derby che poi il suo Fulham ha perso. Torna in mente quel rigore, dopo le parole di Gasperini, che ha definito Lookman «uno dei peggiori rigoristi che io abbia mai visto» e «uno con percentuali basse anche in allenamento».

Il resto della partita è servito all’Atalanta per continuare ad accumulare cross, occasioni sporche e meno sporche, e diversi rimpianti. Il conto degli Expected Goals ha assunto proporzioni amare, nelle due sfide sommate il conto è di 4.8 xG da cui l’Atalanta è riuscita a ricavare appena 2 gol, mentre il Club Brugge ha segnato 5 reti da 2.8 xG. Questi numeri non raccontano tutto, è chiaro, ma è stata una doppia sfida tra una squadra a cui è riuscito tutto e una a cui non è riuscito nulla. Per questo non suona auto-assolutoria l’analisi di Gasperini a fine partita: «L’eliminazione ci sta tutta, diamo meriti a loro. Sono state due partite strane, la Champions è la competizione degli episodi».

Ho voluto raccontare i gol e l’andamento di eventi della gara perché mi pare significativo di come l’Atalanta abbia pagato oltre misura ogni singolo errore, o anche solo sbavature o fragilità del proprio sistema. Certo, si può comunque parlare di alcuni aspetti più strutturali, diciamo così, che hanno portato a questo risultato.

Il Club Brugge è una squadra dall’alto tasso tecnico. Tolto il mediano Onyedika, ha tutti giocatori bravi e rapidi nel primo controllo, nel dribbling, nelle associazioni in spazi stretti. Il tipo di giocatori che l’Atalanta soffre strutturalmente perché in grado di mandare in crisi il proprio sistema di marcature a uomo. Quasi tutti i gol del doppio confronto sono nati da grandi azioni individuali, strappi alla rete di marcature dell’Atalanta. E poi anche da movimenti fuori zona di tutti i giocatori offensivi, e in particolari di Jutglà, che a essere onesti era stato un grande mistero anche per Hien nella partita d’andata. Muovendosi molto, con un dinamismo notevole, i difensori dell’Atalanta sono finiti un po’ “a spasso”, aprendo grosse crepe verso la propria porta.

Per certi versi è tornato in mente l’esordio in Champions League, nel 2019, contro la Dinamo Zagabria, quando Dani Olmo e Miroslav Orsic avevano fatto a pezzi il sistema di Gasperini. Olmo - poi rivelatosi il fenomeno che è - completò 10 dribbling su 14, Orsic - un’ala con un grande tiro che partiva da dietro per finalizzare - aveva segnato 3 gol sui 4 dei croati. Un problema che contro il Brugge è stato particolarmente esposto dal fatto che l’Atalanta non arrivava a questo doppio confronto nel suo miglior momento di forma.

Altri aspetti che vanno menzionati: i tanti giocatori che mancavano in difesa e l’assenza di Lookman nel primo tempo del ritorno, quando all’Atalanta è sembrata mancare qualità tecnica contro una squadra che aveva deciso di difendersi bassa togliendo spazi. Con Pasalic e Retegui contemporaneamente in campo la "Dea" aveva due giocatori pericolosi in area ma non così bravi a giocare tra le linee; così l’Atalanta ha finito per crossare tanto, troppo. Ha chiuso la partita di ritorno con 41 cross, di cui 19 solo di Davide Zappacosta.

Questa eliminazione è una grande delusione, è inutile girarci intorno. Ce ne sono state altre, nel lungo e glorioso ciclo di Gasperini. Più di altre, forse, la sconfitta ai rigori contro il Copenaghen, con Vavro e Joronen protagonisti.

Dopo la vittoria in Europa League dello scorso anno l’Atalanta sembrava avere tutto per andare molto avanti anche in Champions. Ha disputato un grande girone unico: 20 gol segnati (secondo miglior attacco) e solo 6 subiti. È stata la prima delle non qualificate, a causa di uno sfortunato pareggio contro il Barcellona all’ultima giornata, che l’ha poi portata a questo pareggio col Brugge che, onestamente, sembrava alla portata.

Come ha detto Gasperini, però, la Champions è una competizione fatta di episodi. Lo diciamo da anni e da anni cerchiamo di pesare le percentuali di caso e bravura in questi episodi. L’Atalanta ha uno stile di gioco troppo rischioso per giocare in Europa a questi livelli? È il tipo di domanda che può tornare ciclicamente per pura pigrizia argomentativa. Ha vinto una Europa League e anche quest’anno ha saputo tenere testa ad avversari dal livello tecnico formidabile come Real Madrid o Barcellona. La verità è che spesso siamo attirati dalla tentazione di fornire grandi spiegazioni generali in grado di saziare la delusione. In un mercoledì successivo all’eliminazione europea di due squadre italiane contro avversarie non di primissima fascia sale questo irrefrenabile desiderio di “editorialoni”.

È vero: la distanza con campionati europei teoricamente di seconda fascia, come quello belga o olandese, si è assottigliato, ma è soprattutto merito dell’evoluzione fisica e soprattutto tattica delle squadre che li disputano. E anche di un'attenzione ai giocatori tecnici in grado di saltare l'uomo, che resta una falla del nostro sistema. Ma questo è un altro discorso, che c'entra solo relativamente con queste partite.

Il Milan è una squadra fragile, dai risultati discontinui, in piena transizione e con un equilibrio tattico ancora difficile da trovare. Non è assurdo sia stata eliminata dal Feyenoord. L’Atalanta arrivava in uno dei momenti di maggiore appannamento della stagione, con tanti infortunati e alcuni giocatori fuori forma. Questa sconfitta, però, non incrina niente del suo percorso. Non è in grado di offrire nessuno spunto per capire cosa non funziona, in campo o fuori dal campo, nell'Atalanta, che resta uno dei migliori progetti sportivi in Europa. Una squadra che quest'anno ha venduto il suo miglior giocatore dello scorso anno (Koopmeiners) e che è tornata più o meno sullo stesso livello competitivo.

È una eliminazione che racconta, semplicemente, che le partite si possono perdere. Perché gli avversari sono stati più brillanti, più ispirati, più in forma. Questa sconfitta è una contingenza e la forza dell'Atalanta in questi anni è sempre stata quella di tralasciare le contingenze per mantenersi lucidi, col respiro ampio e guardare al futuro.

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