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L'Atalanta è in un momento delicato
15 apr 2025
Il rapporto tra Gasperini e il club è arrivato al capolinea?
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Foto di IMAGO / ZUMA Press Wire
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28 dicembre 2024. Lazio-Atalanta si sblocca grazie a un filtrante alto per il taglio in profondità, oltre l’ultimo riferimento della retroguardia bergamasca, di Fisayo Dele-Bashiru. 6 aprile 2025. Atalanta-Lazio si sblocca grazie a un filtrante alto per il taglio in profondità, oltre l’ultimo riferimento della retroguardia bergamasca, di Fisayo Dele-Bashiru.

È curioso e paradossale che il primo e l’ultimo capitolo dei complessi mesi vissuti dall’Atalanta, da Gian Piero Gasperini e dall’Atalanta con Gian Piero Gasperini trovino espressione sul campo con la stessa squadra avversaria, con la stessa azione, con lo stesso antagonista individuale. Non si potrebbero però trovare due Atalanta dal corpo e dal volto più diversi: una in testa alla Serie A, mantenuta grazie al pareggio di Brescianini a 2’ dal 90’ a pari merito col Napoli e a +1 sull’Inter, capace di rispondere ogni volta con una diversa risorsa a ogni grossa circostanza negativa; l’altra con una lunghezza di vantaggio sul feroce Bologna, apparentemente goffa e rassegnata ad attendere un episodio sfavorevole che, prima o poi, arriverà e sarà impossibile da ribaltare.

99 giorni, tra un’immagine e l’altra, in cui è successo di tutto. Notti memorabili, partite che farà piacere ricordare e gare che si vorrebbero cancellare istantaneamente. Parole dette, scritte, urlate, inventate, fraintese. Alcuni crociati rigenerati e altri crociati rotti. Primati storici e record in negativo. Sogni, fallimenti, entusiasmi, disastri, ricordi, cortocircuiti, riprese. What a week, huh? Captain, it’s Wednesday ma siamo nel 2025 dell’Atalanta.

Dal 28 settembre al 28 dicembre 2024, l’Atalanta ha giocato 19 partite e ne ha persa solo una, col Real Madrid, col cross di Lookman appena troppo forte per essere addomesticato dal piattone di Retegui e concludere la rimonta con l’allora miglior versione stagionale dei Blancos. Dal 2 gennaio al 6 aprile 2025, l’Atalanta ha giocato 19 partite e ne ha perse 8, distribuite in tutte le competizioni possibili, venendo eliminata da Coppa Italia e Champions League e smettendo di “credere nell’impossibile” Scudetto.

Torino, Bologna (Coppa Italia), Cagliari, Club Bruges (Champions League), Venezia, Inter e Lazio: 3 punti e 2 gol segnati, in quelle 7 sfide casalinghe per l’Atalanta. Un dato allarmante se preso in quanto tale, riferito a una delle contendenti per lo Scudetto per 28 giornate e una cinquantina di minuti, ma molto meno sbalorditivo se si allarga lo sguardo fino all’estate 2016. È un esercizio faticoso, ma che è onesto fare.

Se la sopravvivenza dell’Atalanta pre-gasperiniana passava inevitabilmente dai punti ottenuti all’Atleti Azzurri d’Italia, fortino da difendere a tutti i costi per un’altra annata in cui lamentarsi di tifosi delle strisciate che riempiono i buchi nei settori nerazzurri, il 2024/25 si presta a diventare la terza stagione su 6 in cui l’Atalanta otterrà meno punti al Gewiss Stadium che non in giro per l’Italia (e nel 2020/21 furono 2.05 punti per partita sia in casa che in trasferta).

La porzione di stagione poco redditizia della Dea tra le mura amiche – 1.75 punti a partita in questa Serie A: se si giocasse solo in casa, l’Atalanta sarebbe 9ª! - non è una novità: anzi, non è nemmeno il peggiore dell’epoca recente. Il ruolino di marcia casalingo del 2021/22 recita 8 vittorie, 9 pareggi e 10 sconfitte tra tutte le competizioni, con sole 3 affermazioni nelle ultime 14 uscite al Gewiss Stadium dell’annata.

Il massimo di non-vittorie consecutive a Bergamo risale proprio a quel finale di stagione: 3 pareggi e 4 sconfitte, compreso lo 0-2 dei quarti di Europa League con l’RB Leipzig, dal 13 marzo al 21 maggio, concluso con lo 0-1 con un Empoli già matematicamente salvo e il mancato aggancio alla Fiorentina in ottica successiva Conference League. L’altro arco di stagione così avaro di soddisfazioni a Bergamo, acuito dal non poter soffrire al fianco della squadra a causa del secondo lockdown? Dal 24 ottobre all’1 dicembre 2020: Sampdoria, Inter e Verona di Serie A; Ajax, Liverpool e Midtjylland di Champions League. 3 pareggi e 3 sconfitte, culminate col diverbio Gasp-Papu in spogliatoio nell’intervallo della sfida ai danesi.

Capire Ade per Ede e mettere la ciliegina sulla torta del momentaccio a Bergamo dell’Atalanta è uno sketch comico e amaro: rispetto a subire l’ultimo degli unici 2 gol in A di Leo Stulac o un presunto incontro di boxe tra un allora 62enne e il capitano della squadra, però, è così catastrofico?

Se ci si limitasse a ciò che ha sentenziato il 2025 dell’Atalanta sul terreno di gioco, sarebbe persino semplice individuare e interpretare le ragioni del brusco calo nerazzurro. Dal viaggio in Arabia Saudita per la Final 4 di Supercoppa Italiana a oggi, le partite della Dea si stanno contorcendo in un circolo vizioso di stanchezza mentale e stanchezza atletica. Per una squadra per cui, ormai da 9 anni a questa parte, sono sempre queste due componenti a determinare l’efficacia della proposta di gioco, il richiamo di preparazione al ritorno dalla semifinale con l’Inter di Riad non è mai stato realmente assorbito. O meglio: si è cercato di compensare con un extra sforzo di concentrazione e applicazione, dando il via a un costante rincorrersi tra lucidità di gambe e di testa.

Le scelte dirigenziali durante il calciomercato invernale non hanno fornito, a posteriori, quel paio di alternative “fresche” necessarie per alzarsi di nuovo sui pedali: la sostituzione numerica soltanto di un elemento della coppia di infortunati a lungo termine nel pacchetto arretrato (Scalvini e Kossounou) ha ristretto le scelte per il terzetto difensivo, così come il mancato affondo per Lucca di fronte alle legittime richieste dell’Udinese non ha fornito la stessa risposta data ad agosto con Retegui al secondo stop semestrale consecutivo di Scamacca. Posch e Maldini – entrambi con già uno stop da almeno 20 giorni nel CV atalantino: 18 giocatori della rosa 2024/25 hanno vissuto almeno uno stop da 3+settimane in stagione – hanno sostituito a conti fatti Godfrey e Zaniolo: la giunzione muscolo-tendinea del retto femorale destro di Scamacca si è lesa la sera del 1 febbraio, la spalla sinistra di Scalvini si è sublussata nelle ultime ore del 30 gennaio, ma fino alla mezzanotte del 3 febbraio gli uomini di mercato nerazzurri non hanno potuto/voluto tamponare la seconda emergenza numerica occorsa nel finale di una sessione di mercato.

Il risultato? Si è a un infortunio o una squalifica di quelli rimasti dal non avere alternative: significa schierare Toloi per 7 partite consecutive tra fine gennaio e febbraio, quando le condizioni del capitano gli permetterebbero idealmente un contributo una tantum; significa costringere buona parte dell’undici titolare non solo a essere pronta a giocare 90’ ma a giocare 90’ senza-correre-troppi-rischi-per-non-infortunarsi, sapendo che di sostituti di ruolo non ne sono rimasti. Ci sono giocatori unici: braccetti sinistri alla Kolasinac (sic), prime punte alla Retegui, centrocampisti centrali difensivi alla de Roon sono insostituibili nella rosa atalantina. I cambi di modulo non sono mai stati contemplati dallo staff tecnico, se non in situazioni specifiche a partita in corso. Il passaggio alla difesa a 4 si è visto nella seconda parte di primo tempo contro l’Udinese a inizio novembre e nel secondo tempo a Como, nell’1-2 di fine gennaio; oppure sono stati fatti solo per ammassare tutto il potenziale offensivo nel disperato tentativo di recuperare un risultato negativo - Bologna all’andata, Fiorentina e Lazio nelle ultime due giornate.

Se nei pareggi con Torino (qui il primo accenno alla “spinta per credere in qualcosa in più”, quando nessuno a parte Gasperini si permetterebbe di osare credere tanto, dopo l’infortunio di Scamacca a 1’ dal rientro e il rigore non realizzato da Retegui) e Cagliari è stata predominante l’insufficienza di giocatori di alto livello in adeguate condizioni atletiche - , dall’1-3 col Club Brugge in avanti le partite casalinghe dell’Atalanta hanno sempre visto una squadra spenta, in cui emergevano più spesso le fisiologiche frustrazioni dei singoli, meno abile del solito a riempire organicamente l’area, quasi impaurita di osare una giocata in verticale in più. Includendo anche la trasferta a Firenze, poi, vi è stata la riproposizione di ciò che aveva caratterizzato il finale di 2021/22: il primo momento chiave della partita è quello che la decide, senza che la squadra di Gasperini riesca a crearsi un’altra opportunità.

A 7 giorni da quando tutti si accorgono di quanto Gasperini e l’Atalanta puntino al bersaglio più grosso, all’indomani del sostegno dei tifosi nella rifinitura a Zingonia, a pochi minuti dalla coreografia dell’ago e filo “per cucirlo sul petto”, tutto pare svanire. I 6’ di interruzione per il malore del tifoso nel settore ospiti dell’Inter, il retropassaggio assassino di de Roon per Hien al Franchi, l’inspiegabile incrocio di linee con cui Kolasinac finisce per ostacolare lo stesso Hien: episodi in cui i bergamaschi detengono un certo coefficiente di colpevolezza, ma per cui non hanno mai dato l’impressione di meritarsi un “credito” da riscattare da lì al triplice fischio.

Ultimi 10’, corner da destra, spizzata di Kolasinac sul primo palo, Lookman liberato sul secondo palo: lo schifoso peso dei dettagli per determinare i momenti di una stagione.

L’Atalanta non ha venduto uno come Kvaratskhelia a gennaio, né ha perso per infortunio elementi fondanti del gruppo dei 15 risultati utili consecutivi da ottobre a dicembre 2024. E qui è da comprendere il “conservatorismo” dello staff tecnico: i giocatori con cui determinate cose funzionavano sono ancora tutti a disposizione, perché non dovremmo riproporre lo stesso schema? Quella che ha costretto 4 delle 8 quartofinaliste di Champions League (Arsenal, Real Madrid, Barcellona e Inter) a indossare l’abito da gala per fare partita di pari livello a Bergamo, è un’Atalanta ancora impegnata tutte le settimane a Zingonia. È un disegno dai contorni più sfumati che marcati, ma il foglio non è stato strappato.

Anzi: sforzandosi di vedere un bicchiere mezzo pieno nel fondo di bottiglia che è ora la sicurezza espressa dall’Atalanta, contro la Lazio si è rivista una squadra propensa anche a gestire il possesso con portiere e difensori centrali (gli 8 passaggi tentati oltre i 27 metri da Carnesecchi sono, secondo FBref, il 3° dato più basso della sua intera stagione di Serie A), elemento accantonato dallo 0-5 di Empoli post eliminazione in Champions League. Contro il Bologna, invece, si è saputo dare continuità al primo episodio chiave “favorevole” della partita - era dal 21 settembre 2021 che l’Atalanta non trovava un gol in Serie A nei primi 3’ -, sfruttando con costanza il più grande limite strutturale degli emiliani (gestione dei lanci diretti per il riferimento avanzato da parte della coppia centrale) grazie a una delle migliori prestazioni all around stagionali di Retegui.

Se non da ragioni tattiche, strategiche, di campo, quindi, da cosa è derivata – con la speranza, per tutti gli atalantini, che il passato prossimo non sia un tempo utilizzato casualmente - questa mancanza di serenità?

Da tutto ciò che un campo dovrebbe solo circondarlo, raccontato da chi su un campo non ci mette piede, ma finisce inevitabilmente per condizionarne le prestazioni.

“Lei ha una bella faccia di tolla a venire qua oggi, con quale coraggio viene qua (…) Lei è una persona scorretta” – dedicato a Matteo Spini (L’Eco di Bergamo), 14 aprile 2017, conferenza prepartita di Roma-Atalanta, annullata unilateralmente dal mister per la sola presenza di Spini in sala stampa;

“Tu con l'articolo che hai fatto non puoi fare domande. Non ti puoi presentare neanche, hai scritto un articolo vergognoso. Manda qualcun altro! […] Vergognati di quello che hai scritto. Troppo comodo così… Ma che faccia hai? Ma che faccia hai? Ma come ti presenti da me? Ma come ti presenti?” – dedicato a Patrick Iannarelli (TuttoMercatoWeb) post Atalanta-Cagliari 2-0, 24 settembre 2023;

“Alt Marina… Mi dispiace, perché lei è sempre molto gentile, molto corretta, però io, al suo giornale (Corriere della Sera, ed. Bergamo, nda), non posso rispondere. Non posso rispondere perché, dopo la partita di Torino, che ci mancavano 13 giocatori rispetto alla finale di Dublino: Kolasinac, Koopmeiners, Lookman, Scamacca, Toloi, Touré, Hateboer, Holm, Scalvini, Bakker, Adopo, Miranchuk e Bonfanti. Questo non significa che abbiamo giocato in 10, lo abbiamo fatto in 11 lo stesso, ma mi sembrava di aver detto una cosa scontata, semplice. Questo è quello che scrive il suo giornale: “Ma ci fa o ci è? Oppure, in modo più diretto, o non sa far di conto o è in malafede”. Mi si può dire tutto, ma non che sono in malafede. È in malafede chi scrive queste cose (l’autore del pezzo è Pietro Serina, nda), il suo direttore e il giornalista che rimbalza… Mi spiace per lei perché è così giovane, meriterebbe di andare avanti e invece le passano avanti dei pensionati che passano la vita a scrivere queste stupidate. Quindi mi spiace, ma non le posso rispondere. Io e il suo giornale mi sa che mettiamo un bel fosso finché ci saranno quelle persone lì” – dedicato a Marina Belotti (Corriere della Sera, ed. Bergamo), 29 agosto 2024, conferenza stampa pre Inter-Atalanta;

“Nebuloni io sono stato già stato chiaro con te…Scrivi quello che vuoi” - dedicato a Massimiliano Nebuloni, 10 marzo 2024, conferenza post Juventus-Atalanta 0-4, reo di aver definito “improvvide” alcune precedenti dichiarazioni di Gasperini [“Lo spogliatoio è stata la parte determinante in tutte quante le stagioni… Chiaro, quando poi succedono casi come quello che raccontava Nebuloni – che è qui da tanti anni e diventa poco credibile…”: la dose è stata rincarata il 5 aprile 2025, nella conferenza pre Atalanta-Lazio, in riferimento ancora all’articolo uscito su Sky Sport Insider (non più disponibile sul sito originale)]

Come decida di porsi Gian Piero Gasperini nei confronti di chi ritenga oltrepassi il limite della critica professionale è risaputo. È un atteggiamento che non ammette deroghe, che nelle passate stagioni e nel corso di questa annata si è riflesso più volte anche nel rapporto coi suoi giocatori: se con questi - Lookman è l’ultimo in ordine di tempo: la sua critica è stata la più “rumorosa” ma non è stata differente, per toni e contenuti, rispetto a molte altre avute dal 2016 a oggi – è capitato che i botta e risposta emergessero pubblicamente, mai come quest’anno si è percepito una frizione anche col resto dell’ambiente.

I fraintendimenti più pesanti, comunicativi e ideologici, sono però quelli con gli organi dirigenziali. Scontentezza di Gasperini durante e appena dopo le sessioni di mercato? Ne è piena la memoria, sia che ci fosse l’uomo nell’ombra Sartori sia dall’arrivo di Congerton e D’Amico: Gasp si lamenta, viene acquistato qualche giocatore, Gasp si cheta ma fa il passivo-aggressivo, mesi di calcio giocato a riempire i microfoni e si riparte. È la commedia delle parti.

“Quello che abbiamo fatto a Bergamo è stato cercare di portare un approccio più analitico, perché i Percassi volevano questo. Loro sono molto ricettivi a riguardo. Così abbiamo portato all'interno del club un team dedito all'analisi statistica”: parole di Stephen Pagliuca, Co-Chairman nerazzurro, pronunciate al podcast The Deal di Bloomberg il 26 gennaio 2025. Nemmeno 48 ore dopo, nella conferenza pre Barcellona-Atalanta, ecco il pensiero di Gasperini a riguardo dello sviluppo di talenti nel calcio italiano: “Ci siamo spostati molto sulla parte fisica, eppure siamo un paese mediterraneo anche noi. La Spagna è stata bravissima in questo: noi corriamo il rischio, a volte, di affidarci troppo all’algoritmo. E l’algoritmo è qualcosa di molto positivo, ma è anche cieco. Non vede, ha solo dei numeri”. Prima freccia scoccata.

Sempre nella stessa conferenza: “Migliorare la squadra è più importante di tutto, lo stadio, il centro sportivo, l’Under 23, ma non può essere una contrapposizione. L’Atalanta può andare benissimo per la sua strada e pensare al presente e al futuro, non è sicuramente un regalo che deve fare a me”. Seconda freccia, ancor più a mente fredda, scoccata: l’Atalanta è la società del “Roberto Samaden è il più grande acquisto che l’Atalanta può aver fatto in questa sessione di mercato” (3 luglio 2023); è la società che aveva ratificato, una ventina di giorni prima della trasferta catalana, una ricapitalizzazione di €72 mln destinati all’ampliamento dei terreni di Zingonia.

Una palese divergenza di vedute, con la guida tecnica a suggerire un all in per credere nell’impossibile e l’organigramma pronto a guardare anche oltre il futuro più immediato. Sarà stata la paura di sentirsi per la prima volta non eterno a Bergamo a suggerire a Gasperini di annunciare la volontà di non rinnovare il contratto, in scadenza a giugno 2026, il 22 febbraio dell’anno precedente: la reazione dei Percassi ha comunicato se possibile ancor più incertezza, tra il “Se la sua volontà sarà non rinnovare, lo capiremo, ce ne faremo una ragione” dell’AD Luca e il “Speriamo che Gasperini resti con noi” del Presidente Antonio. Quanto è sottile il filo che divide la riconoscenza dalla dipendenza e dall’assuefazione?

In tutta Italia, dal 14 al 20 aprile, verrà proiettato “Atalanta. Una vita da Dea”: il racconto della settimana tra la finale di Coppa Italia 2024 contro la Juventus e quella di Europa League a Dublino, usata come espediente narrativo per spalancare gli occhi sulla seconda gestione Percassi, proiettata in un’altra dimensione dall’arrivo di Gian Piero Gasperini, nobilitata da serate come quella di Anfied. Società, tifoseria, allenatore e giocatori hanno saputo costruirsi l’opportunità di non rendere quella gioia una sensazione appartenente già solo e soltanto al passato: 6 partite ancora, prima di decidere se dirsi “Arrivederci” o “Addio”.

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