Ancora una volta, Lazio Atalanta si è confermata una delle partite più spettacolari del campionato italiano. Con un primo tempo ai limiti della perfezione, la squadra di Gasperini si era portata sul 3-0 e sembrava avviata verso un facile trionfo, ma il calo di intensità nel secondo tempo, unito alla ritrovata solidità mentale della Lazio, ha rimesso tutto in discussione e permesso ai padroni di casa di raggiungere il pareggio, con due gol in 40 secondi e un rigore in pieno recupero.
Le formazioni erano caratterizzate da assenze significative, sia per l’Atalanta che per la Lazio: Gasperini, senza Zapata (infortunato) ha schierato il trio Gomez, Malinovsky e Muriel, lasciando fuori Ilicic, stanco dagli impegni con la Slovenia e risparmiato in prospettiva Champions (l’Atalanta affronterà il Manchester City e dovrà provare a fare punti). Pasalic ha preso il posto di de Roon di fianco a Freuler a centrocampo. Dall’altro lato, Inzaghi è stato costretto a rinunciare a Leiva davanti alla difesa e ha puntato su Parolo; Marusic ha rimpiazzato Lazzari a pochi minuti dal fischio di inizio, per un problema accusato nel riscaldamento.
Un’Atalanta incontenibile
Nella prima metà di gioco si è vista tutta la migliore Atalanta, nonostante le assenze pesantissime di Ilicic e Zapata. Verrebbe da dire “la migliore Atalanta di Gasperini”, ma è una sensazione che abbiamo spesso. L’impalcatura tattica è la stessa che abbiamo imparato a conoscere a memoria negli ultimi anni, condita dalla solita intensità, la novità più importante è rappresentata dalla posizione di Gomez. L’argentino, già dalla scorsa stagione, aveva iniziato ad arretrare il suo raggio d’azione per aiutare la difesa e il centrocampo nella risalita del pallone, diventando una specie di regista a tutto campo. All’Olimpico, soprattutto nel primo tempo, questa funzione è stata esasperata, e Gomez ha di fatto giocato da mediano di fianco a Freuler o Pasalic ogni volta che il pallone si trovava nella sua metà campo. Il croato, tra i due, era quello che andava più spesso ad attaccare la profondità.
La Lazio ha sofferto molto questo atteggiamento, che creava scompensi nell’assegnazione delle marcature tra le linee. Gomez, arretrando, generava una crisi decisionale per i biancocelesti, che finivano per portare il pressing in maniera disorganizzata. Immobile e Correa puntavano spesso i difensori, ma alle loro spalle i centrocampisti faticavano a uscire coi tempi giusti, col risultato di spezzare la squadra in due tronconi. Quando lo spazio alle spalle delle punte veniva lasciato troppo scoperto, Gomez si trovava nella condizione ideale di risalire il campo e puntare l’uomo, scomponendo in ogni caso il blocco basso della Lazio. Quando invece i centrocampisti biancocelesti riuscivano ad accorciare di più, si creava comunque un buco tra mediana e difesa, che veniva facilmente aggredito dai giocatori di Gasperini.
Uno dei vantaggi di avere Gomez davanti alla difesa è dato dalla rapidità delle sue letture pensiero: anche se aggredito in maniera più rapida, con i compagni a fornirgli le giuste soluzioni di passaggio, il Papu riusciva a verticalizzare con facilità e a innescare a situazioni di parità numerica davanti, con Muriel molto mobile e diretto nell’attacco alla profondità.
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Il posizionamento arretrato di Gomez, spesso primo riferimento dei difensori nella costruzione. Nella terza slide, invece, intercetta un passaggio di Felipe verso Parolo, verticalizzando di prima verso Muriel e rendendo immediatamente pericolosa la ripartenza.
Oltre alla grande organizzazione in fase di possesso, l’Atalanta è stata capace di annichilire totalmente la manovra avversaria grazie ai soliti anticipi aggressivi “a cascata”: l’atteggiamento dei centrali sulle punte, che erano il principale obiettivo di Inzaghi per la risalita, ha funzionato alla grande, proiettando la squadra immediatamente in avanti e sporcando ogni azione dei padroni di casa. La Lazio non riusciva in alcun modo a porre rimedio a questa situazione: il trio arretrato e Parolo non riuscivano a consolidare adeguatamente la manovra prima di ricercare la verticalizzazione, mezzali ed esterni non erano efficaci nel supporto, e questo consentiva all’Atalanta di controllare, attraverso il solito sistema di marcature orientate sull’uomo, ogni appoggio e recuperare il possesso grazie alla sua reattività.
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Qui sopra una situazione particolarmente eloquente delle difficoltà della Lazio nel primo tempo, ma anche dell’intensità dell’Atalanta. Luis Alberto, anche senza compagni particolarmente reattivi nei movimenti in avanti, e con Parolo controllato a uomo da Freuler, avrebbe potuto scaricare all’indietro e lasciar scoprire di più l’Atalanta. Per esempio, nella seconda slide, un passaggio verso Felipe avrebbe attirato la pressione di Gosens ed aperto una soluzione verso Marusic. L’idea di Luis Alberto era probabilmente quella di cercare la verticalizzazione in prima persona, insistendo su questa strada anche quando ogni linea di passaggio verticale era ostruita.
La Lazio perderà il possesso per un passaggio approssimativo di Alberto, pressato da Gomez, che andrà poi a segnare dopo un delizioso assist di tacco di Muriel sulla verticalizzazione di prima di Palomino, bravo ad anticipare Correa.
Nel secondo tempo tutto è cambiato
Nonostante le tempestive sostituzioni di Inzaghi (Parolo e Marusic fuori per Cataldi e Patric al 46’), la sensazione è che l’inerzia della partita sia cambiata soprattutto a causa di un evidente calo di intensità dell’Atalanta, che ha iniziato a essere in ritardo nei tempi di uscita in pressing e a concedere alla Lazio più azioni manovrate. Gomez è tornato a muoversi più vicino alle punte, soprattutto quando Ilicic ha preso il posto di Muriel. Tutta la squadra, non appena ha percepito un calo nelle possibilità di aggredire alto, ha iniziato ad accompagnare meno il pressing delle punte.
Con qualche tempo di gioco in più per poter guardare meglio il posizionamento di Immobile e Correa, la Lazio è riuscita a giocare verticalizzazioni più credibili e pericolose, allungando finalmente il campo e riuscendo a impegnare concretamente Gollini. La rapida sequenza del 2-3 arriva in maniera forse anche un po’ rocambolesca, ma che contiene il bellissimo gol di Correa. Chissà che non sia finalmente il segnale di un’inversione di tendenza.
Il resto della ripresa diventa una gara di nervi, con l’Atalanta a provare a richiuderla, divorandosi un paio di occasioni enormi, e la Lazio sempre più convinta di riprenderla.
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Due errori nell’azione antecedente il rigore del 3-3. Palomino dà modo a Caicedo di pressarlo, anziché muovere il pallone, e se lo fa sottrarre a causa di una protezione di scarsa qualità. Kjaer spreca una situazione di superiorità numerica andando a terra troppo precocemente anziché temporeggiare. Nonostante il ripiegamento dell’Atalanta, Immobile e Milinkovic saranno poi bravi a connettersi in area e propiziare il fallo di de Roon.
Insomma, una partita frenetica, divertente e piena di spunti tattici, che probabilmente lascia insoddisfatte entrambe le squadre: l’Atalanta per lo spreco di un match point facile che l’avrebbe portata addirittura in testa alla classifica, la Lazio per il pessimo primo tempo. I primi dovranno ripartire dall’ennesima prova convincente sotto il profilo organizzativo e riuscire a ridurre al minimo gli errori commessi nelle fasi di minore intensità, anche se sicuramente l’assenza di un caposaldo come Zapata può aver pesato nella difficoltà nel mantenere la supremazia territoriale nella ripresa. L’Atalanta, comunque, ha confermato di essere una squadra fragile, che ha bisogno di una condizione perfetta dal punto di vista fisico e mentale per esprimersi.
La Lazio, invece, può prendere tutto il buono della reazione caratteriale del secondo tempo, per cercare di correggere una discontinuità di rendimento nell’arco della gara che è già costata diversi punti quest’anno.