Era da più di 20 anni che il Milan non perdeva in campionato con cinque gol di scarto, da una sconfitta per 5-0 nel maggio del 1998 contro la Roma. Eppure la squadra di Stefano Pioli arrivava alla sfida contro l’Atalanta nel momento migliore della stagione per gioco e risultati, e non basta l’assenza per squalifica di Theo Hernández, il miglior giocatore per rendimento quest’anno, a giustificare il 5-0 subito dalla squadra di Gian Piero Gasperini.
L’Atalanta è sembrata di un altro pianeta rispetto al Milan, per intensità e capacità di sostenere certi ritmi, qualità delle combinazioni, soluzioni per risalire il campo e recuperare la palla. «Abbiamo sbagliato tutto: abbiamo sbagliato l’approccio, abbiamo sbagliato tecnicamente, ci hanno messo sotto nei duelli e dal punto di vista fisico», ha dichiarato a fine partita Pioli, rassegnandosi alla chiara superiorità dell’Atalanta.
Difficilmente il Milan sarebbe riuscito a rientrare nella lotta per un posto in Champions League, l'obiettivo dichiarato a inizio stagione, e se questa sconfitta non cambia molto gli scenari è pesante soprattutto perché ha mostrato quanto fossero fuori fuoco certe ambizioni. Anche se Pioli sembrava aver trovato alcune certezze su cui poter costruire una seconda parte di stagione più convincente, il livello del Milan si è rivelato ancora troppo basso per una squadra come l’Atalanta, che secondo gli obiettivi di inizio stagione doveva essere una rivale diretta.
Pioli aveva anche preparato un piano ambizioso, soprattutto per come aveva pensato di gestire la manovra sul lato sinistro dell’Atalanta. Se infatti sulla fascia sinistra rossonera Calhanoglu si abbassava vicino al terzino per coprire meglio gli spazi e uscire in pressione sul giocatore in ampiezza dell’Atalanta, sul lato opposto Suso restava più avanzato, per fare da riferimento una volta recuperata la palla, e costringeva Conti e Kessié alle sue spalle a coprire una porzione maggiore di campo, spesso in inferiorità numerica contro Pasalic, schierato da centrocampista centrale, Gosens in ampiezza e Gómez, che da punta nel corridoio interno a sinistra si apriva sulla fascia.
A ogni scelta di Kessié e Conti, c’era sempre un uomo libero dell’Atalanta che poteva far scorrere l’azione: Pasalic si apriva per allontanarsi dalla mezzala rossonera e sullo sviluppo dell’azione andava a inserirsi in area, Gómez poteva decidere se ricevere abbassandosi oltre i centrocampisti del Milan o restando dietro Kessié quando quest’ultimo era impegnato a marcare Pasalic, la posizione larga di Gosens fissava Conti o attirava Kessié verso l’esterno e apriva spazi nel corridoio interno per i compagni. A rendere ancora più complesse le scelte dei giocatori del Milan sulla fascia destra, anche Djimsiti poteva creare superiorità numerica avanzando per aggiungere un’altra linea di passaggio.
L’Atalanta ci ha messo poco a rivelare la fragilità difensiva del Milan da quel lato. Dopo nemmeno dieci minuti, con un’azione che ha attraversato il campo da destra a sinistra, Gómez si è ritrovato a puntare Conti ricevendo aperto sulla fascia. Lo ha saltato con un tunnel ed è riuscito a entrare in area da sinistra anche perché Kessié, rientrato dopo essere stato attratto inizialmente da Pasalic sul passaggio di Ilicic verso Gómez, non ha coperto Conti e Musacchio non ha accorciato velocemente verso destra. Il “Papu” ha quindi mirato l’angolo alto più lontano e ha portato in vantaggio l’Atalanta.
Nel secondo tempo, quando Gómez è diventato il trequartista e Malinovskyi lo ha sostituito come punta sul centro-sinistra, muovendosi più in verticale senza ricercare la palla largo sulla fascia per poi tagliare al centro come faceva Gómez, un altro cambio di gioco verso sinistra ha dato origine al gol del 2-0. A ricevere di fianco a Conti stavolta è stato Gosens, che rientrando sul destro ha probabilmente calciato in porta trovando però la deviazione di Pasalic.
Prima della giocata decisiva in rifinitura, le difficoltà dei giocatori del Milan nel leggere i movimenti degli avversari si possono intravedere nella libertà concessa a Gómez vicino al cerchio di centrocampo. I rossoneri si erano riorganizzati dopo aver allontanato la palla dalla loro area, e Calhanoglu si era ritrovato a essere il riferimento più avanzato al centro, mentre Leão si era invece spostato a sinistra e stava seguendo Castagne. Bonaventura si è alzato verso de Roon e alle sue spalle è andato a ricevere Gómez, libero di allargare il gioco a sinistra su Gosens.
Gómez da trequartista è più abituato di Malinovskyi ad abbassarsi per partecipare alla prima costruzione. In questo caso trova Gosens aperto di fianco a Conti, l’innesco che porta al 2-0.
Poco dopo il Milan si è fatto trovare sbilanciato su una ripartenza dell’Atalanta e ha subito il 3-0 da Ilicic. Pioli nel frattempo aveva riorganizzato la squadra inserendo Piatek come centravanti, allargando a sinistra Leão e portando a centrocampo Calhanoglu. Oltre a premiare la buona prestazione di Leão entrando dalla panchina contro il Sassuolo, la scelta iniziale di Pioli di preferire il giovane attaccante portoghese a Piatek rivelava la volontà di attaccare l’Atalanta soprattutto con i tagli verso l’esterno del suo centravanti.
L’idea principale del Milan dopo aver recuperato la palla era infatti di mandare Leão a sfidare in velocità un difensore dell’Atalanta, ma il portoghese non è mai riuscito a ricevere in modo pericoloso in campo aperto, per l’imprecisione o la frenesia dei compagni nel giocare la palla lunga, senza prima creare le condizioni per arrivare in modo pulito nella trequarti avversaria. Anche quando impostava da dietro, il Milan cercava di arrivare da Leão in pochi passaggi, con movimenti studiati che trascinassero fuori posizione i centrali di fascia dell’Atalanta e aprissero corridoi in cui poteva tagliare il suo centravanti.
Al Milan è però mancata qualità in queste combinazioni rapide e verticali con cui ha cercato di manipolare l’aggressività dell’Atalanta, e non ha trovato nessuno che potesse assorbire da solo la pressione, conservare il possesso e permettere una risalita del campo più ordinata, un ruolo che aveva recitato Paquetá (squalificato ieri) nella vittoria per 3-1 di febbraio. E perdendo subito la palla i rossoneri si condannavano a lunghe fasi difensive nella loro metà campo.
Così poco dopo il gol del 2-0 di Pasalic, la squadra di Pioli si è trovata a gestire una situazione poco frequente nella partita. Ha provato a manovrare nella trequarti dell’Atalanta, ma dopo aver perso la palla non è riuscita a organizzarsi per la transizione difensiva. Pasalic con un passaggio ha superato una linea di tre milanisti davanti a lui e, sullo sviluppo dell’azione, con i soli Musacchio e Romagnoli rimasti a protezione della metà campo, Ilicic ha trovato il gol del 3-0.
Pasalic ha appena recuperato la palla e il Milan non sa come gestire la situazione. Conti e Bennacer sono troppo distanti per alzarsi a pressare Pasalic, ma nemmeno scappano verso la loro porta. Il centrocampista dell’Atalanta trova Malinovskyi libero alle loro spalle e sullo sviluppo dell’azione Ilicic segnerà il 3-0.
La partita si è quindi conclusa con una classica giocata di Ilicic, un tiro a rientrare col piede mancino sul centro-destra su una punizione battuta corta da Gómez, e con un’altra azione che ha scavato nelle debolezze del Milan, quando un lancio di Malinovskyi poco distante dall’area di rigore nerazzurra ha trovato Muriel dietro la linea difensiva milanista, e il colombiano ha bruciato in velocità Musacchio prima di saltare Donnarumma e appoggiare la palla in rete a porta vuota.
Dopo il piccolo ciclo positivo contro Parma, Bologna e Sassuolo, la sfida contro l’Atalanta doveva mostrare se i miglioramenti del Milan erano abbastanza solidi da reggere l’impatto con una delle migliori squadre del campionato. La risposta è stata negativa sotto ogni punto di vista. Senza la palla i rossoneri non erano in grado né di pressare né di mantenere un blocco stabile che restringesse gli spazi di manovra dell’Atalanta, e sono sembrati poco preparati a gestire le tante linee di passaggio che la squadra di Gasperini creava attorno alla zona della palla. In fase di possesso invece la proposta del Milan è stata troppo povera per affrontare l’aggressività dell’Atalanta, che ha soffocato i tentativi rossoneri di risalire il campo.
Così la squadra di Pioli chiude l’anno con 21 punti e 16 gol fatti in 17 giornate, e se alzare la qualità offensiva sembra imprescindibile per provare a crescere nella seconda parte del campionato, intervenire a gennaio, nel mezzo di una stagione compromessa che probabilmente anticipa una nuova rivoluzione a fine anno, non è semplice.
La sconfitta contro l’Atalanta non cambia gli obiettivi stagionali del Milan, ma ha certificato l’inversione nei rapporti di forza tra le due squadre. Anche l’Atalanta in questo momento è a un livello troppo alto per i rossoneri, una cosa impensabile se si confrontano risorse e tradizione, perché ha più giocatori in grado di fare la differenza, un progetto tecnico stabile e una direzione societaria lungimirante, componenti che il Milan non riesce a mettere insieme ormai da diversi anni.