Fino alla vigilia di Atalanta Roma, sulla squadra di Mourinho aleggiavano due nubi minacciose: l’esiguo numero di gol segnati, nonostante un potenziale offensivo decisamente sopra il livello medio del campionato, e la lunga striscia di risultati negativi nei big match, che proseguiva da oltre un anno, enfatizzata ironicamente da Mourinho in un'intervista post-partita in cui non faceva che guardarsi l'orologio.
Dal punto di vista del risultato la trasferta di Bergamo ha diradato entrambi i dubbi: è stato un trionfo che potrebbe scrollare di dosso un po’ di tensione per i prossimi scontri diretti e il fatto che la vittoria sia arrivata contro una delle squadre più in forma del momento, sia nei risultati che nelle prestazioni, testimonia ancora di più del grande successo ottenuto. Certo, per la maggior parte del tempo, in realtà, la partita è stata più incerta di quello che il risultato finale suggerisce, ed essere riusciti ad andare in vantaggio durante il primo minuto di gioco ha inclinato il piano dal lato di Mourinho. Ma non è escluso che il tecnico portoghese avesse preparato proprio questo tipo di partita, cioè una gara di contenimento, che limitasse le risorse offensive avversarie per poi sfruttare la verticalità, intesa più che altro come talento individuale delle due punte, Tammy Abraham e Nicolò Zaniolo.
Il gol improvviso e l’atteggiamento difensivo della Roma
La Roma ha trovato il gol nella prima azione in cui ha messo in difficoltà l’Atalanta, ma non è stato un caso quanto piuttosto il prodromo dell'aspetto che ha funzionato di più a Bergamo, e cioè la prestazione delle punte. Sono trascorsi appena 43 secondi quando Cristante raccoglie un appoggio di Karsdorp e non esita un attimo a verticalizzare subito verso Abraham e Zaniolo. I due, come accadrà poi diverse altre volte, sono disposti quasi in verticale: Abraham va sul lungo e Zaniolo sul corto, e vengono controllati rispettivamente da Toloi e Palomino. Il lancio morbido di Cristante arriva preciso davanti a Zaniolo, che con un unico tocco riesce ad accompagnare la traiettoria del pallone a terra, spostarselo verso la sua destra e scavalcare Palomino, facendo arrivare il pallone ad Abraham. In questo istante i due attaccanti della Roma sono soli contro sei avversari nella metà campo avversaria, e non ci sono molte combinazioni disponibili per poter risalire il campo: devono contare l’uno sull’altro.
Per tutta la partita i due si troveranno in situazioni simili di svantaggio numerico e/o a dover giocare palloni sporchi dopo un recupero in transizione, o a dover correre per recuperare la posizione dopo un ripiegamento difensivo. In generale, le volte in cui Zaniolo e Abraham sono riusciti a trovarsi direttamente in maniera pulita si contano su una mano, si può dire anzi che il miglior spot per la loro intesa sono stati i movimenti senza palla, la divisione dello spazio. Ma vale la pena di spendere qualche parola in più sull’estemporanea azione del primo gol.
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Questa azione è un esempio perfetto di quella che viene chiamata nel gergo tattico superiorità socio-affettiva. Una superiorità che non dipende dalla condizione numerica di partenza, ma è un vantaggio generato da un’intesa che va oltre la posizione o persino il potenziale qualitativo dei giocatori coinvolti. È un'unione di due o più giocatori che mettono in relazione la loro personale interpretazione della situazione con la contemporanea percezione delle scelte dell’altro o degli altri compagni.
Dopo il primo controllo geniale di Zaniolo il pallone è scivolato verso Abraham, che forse nemmeno se lo aspettava, ma subito dopo l’inglese non ha esitato nel restituirlo al compagno, che aveva proseguito la sua corsa verso l’interno del campo, uscendo così dal cono visivo di Toloi (gesto che in gergo viene chiamato "smarcamento fuori linea"). Zaniolo avrebbe potuto allargare il gioco verso sinistra, dove, anche se in ritardo rispetto all’inerzia dell’azione, Mkhitaryan e Viña avrebbero potuto ingaggiare un due contro due o persino un due contro uno contro Hateboer e al massimo De Roon. Zaniolo, invece, è concentrato sul movimento di Abraham, che si muove verso una zona molto più densa di avversari e senza compagni. E con un secondo tocco di prima Zaniolo trova una traiettoria di passaggio in profondità, una linea stretta che passa fatalmente sotto le gambe di Toloi, nella frazione di secondo in cui il difensore pagava il dazio della sua postura “piatta” e cercava di cambiare il senso di corsa per inseguire Abraham. Gli sviluppi successivi sono un po’ fortunosi, ma è l’azione nella sua globalità che è stata una sorta di coronamento precoce della prestazione generosa delle due punte di Mourinho. Un gol che naturalmente ha dato una grande spinta emotiva a tutta la squadra.
Anche l’atteggiamento difensivo della Roma prevedeva innanzitutto una grande partecipazione collettiva, specialmente per ridurre le distanze verso il portatore avversario nella propria metà campo. Durante la prima fase di pressing, Zaniolo e Abraham venivano accompagnati da Mkhitaryan, che era chiamato a saltare fuori su Toloi, dato che i suoi compagni avanzati si orientavano verso gli altri due difensori centrali dell’Atalanta. In generale la Roma non è riuscita a disturbare molto la prima circolazione avversaria, ma è pur vero che il piano difensivo si basava soprattutto sull’ostruzione del centro e l’invito del palleggio verso l’esterno.
Quando l’Atalanta alzava il suo raggio d'azione, Abraham e Zaniolo seguivano il flusso abbassandosi, a volte anche molto, per mantenere quanto più possibile la densità vicino al pallone. Per questo motivo i contropiede della Roma non erano sempre così rapidi, escluse alcune occasioni, come per esempio quella del secondo gol. In questa azione entrambi si trovavano al di sopra della linea della palla, e Zaniolo ha ricevuto in isolamento contro Djimsiti sfoggiando un altro colpo di genio col colpo di tacco verso Veretout.
L’atteggiamento posizionale della Roma senza palla. Lo scivolamento laterale a sinistra ha avuto spesso successo, con Viña e Ibanez attenti a controllare Hateboer e Ilicic. Quando invece l’Atalanta riusciva ad alzarsi, sullo stesso lato Abraham forniva spesso supporto.
Nel post-partita, Mourinho si è soffermato - su richiesta dello studio - sull'evoluzione di Abraham, alla sua prima doppietta in Serie A. Ha detto di non essere stato troppo preoccupato per i pochi gol, ma per l'ambientamento generale dell'attaccante nel nostro calcio, e in una squadra che non può dominare il possesso per la maggior parte del tempo. Questo, oltre a dirci molto di come Mourinho vede la sua squadra, probabilmente ci dà un indizio sul tipo di difficoltà riscontrate da Abraham nel suo primo periodo romanista e sulle prospettive future. Di sicuro Mourinho sarà stato felice della prestazione di sacrificio del suo attaccante.
L’Atalanta è macchinosa, Smalling domina
La partita difensiva della Roma si è incanalata bene, oltre che per la situazione di punteggio, anche per qualche difficoltà dell’Atalanta. La squadra di Gasperini ha giocato una partita più confusionaria e compassata del solito. Inizialmente sembrava che Gasperini volesse insistere sullo sfruttamento del nucleo di destra Toloi-de Roon-Hateboer-Ilicic, che dovevano regolarsi in modo da sfruttare la superiorità numerica contro la catena di sinistra della Roma, o in alternativa creare spazi centrali manipolando la densa struttura di Mourinho, che, come abbiamo detto, privilegiava l’intasamento del corridoio di mezzo. L’Atalanta voleva sfruttare il trigger di pressing di Mkhitaryan, che veniva fuori sul loro centro destra, mettendolo però in crisi con il movimento di Ilicic sullo stesso lato: Viña era l’unico giocatore di fascia della Roma, e tendenzialmente doveva adeguarsi alle scelte di Hateboer. De Roon si abbassava spesso per dare supporto alla difesa nella costruzione, liberando Toloi in avanti. L’Atalanta non è però riuscita a creare dinamiche pericolose da queste circostanze, sia per l’attenzione difensiva della catena sinistra della Roma, sia per qualche problema a livello di spaziature ed esecuzioni.
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Tre azioni in cui l’Atalanta non è riuscita a ottenere i risultati sperati passando da destra, per ragioni diverse: occupazione non funzionale dello spazio, sviluppo lento che agevola scalata avversaria in parità numerica, gestione tecnica errata.
In generale la sensazione era che l’Atalanta mancasse di un collante interno che potesse aiutarla a muovere la palla dentro dopo aver sviluppato in ampiezza. I due gol di svantaggio e queste difficoltà hanno portato Gasperini a riadattare la sua squadra già poco dopo la mezz’ora di gioco, inserendo Muriel al posto di Djimsiti e passando a un 4-2-3-1 più offensivo con Hateboer e Pezzella sulla linea di Toloi e Palomino, Ilicic Pasalic e Muriel sulla trequarti, e Zapata davanti.
L’Atalanta è riuscita a prendere campo più facilmente grazie a condizioni numeriche più immediate sugli esterni, però non ha dominato come di consueto. Una delle ragioni è certo la grande attenzione di tutta la difesa giallorossa, spesso lucida anche quando costretta a difendere dentro l’area. Su tutti, però, svetta la partita di Smalling, impegnato in un duello epico contro uno degli attaccanti più in forma del campionato, Duvan Zapata. La sfida tra i due è stata articolata e intensa: l’ex difensore del Manchester United ha avuto la meglio praticamente su ogni lancio lungo dell’Atalanta, chiudendo sempre l'opzione della profondità.
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Sulle palle lunghe non c’è stata gara.
Smalling è stato un maestro nel riconoscere il momento esatto in cui sfruttare il corpo dell’avversario a suo favore, senza soccombere, riuscendo ad anticiparlo soprattutto su questo tipo di giocate. Quando Zapata invece è riuscito a ricevere con il pallone a terra il confronto è stato più equilibrato, ma i movimenti a supporto dei compagni non sono sempre stati puntuali. Ad apparire più in difficoltà sono stati soprattutto Pasalic e Ilicic: se il primo è stato poco coinvolto, il secondo invece non è riuscito a illuminare come nelle sue giornate migliori. I due sono stati sostituiti da Miranchuk e Malinovski.
Senza poter sfruttare il solito vantaggio competitivo del suo centravanti, l’Atalanta ha perso un po’ di imprevedibilità e ha faticato a sovrastare l’avversario nonostante il predominio territoriale, anche a causa di un minor coinvolgimento dei centrali. Certo, le occasioni non sono mancate, anche se arrivate soprattutto da piazzati e tiri da fuori. A un certo punto la pressione era tale che se i padroni di casa avessero trovato il pareggio non sarebbe stata una sorpresa, ma alla lunga è stata la Roma a trovare il gol. Le mosse di Gasperini hanno avuto un effetto positivo sotto l’aspetto dell’occupazione della metà campo avversaria, e dunque dell’abbassamento avversario, propiziato parallelamente da un fisiologico calo dopo un primo tempo di grande intensità e partecipazione anche degli attaccanti: Muriel posizionato a sinistra ha coinvolto di più Pezzella e aggiunto ampiezza, mentre successivamente Miranchuk e Malinovski hanno portato più pulizia sul centro destra e dunque la possibilità di salire per vie centrali.
Qualche problema è però nato nella gestione delle marcature preventive, e dunque in quella delle transizioni difensive. È possibile che la rinuncia a un centrale abbia tolto qualche sicurezza a Toloi e Palomino, che spesso sono risultati troppo distanti o persino disinteressati al controllo dell’avversario a palla persa.
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Tre ripartenze esemplificative.
Nella prima azione Karsdorp disturba prima il diretto avversario Muriel (esterno sinistro) e prosegue l’azione vincendo anche il contrasto con Freuler, scaricando verso Abraham che si sfila senza problemi da Toloi, che stava già scappando per dare copertura. Nella seconda, sia Abraham che Zaniolo sono molto bassi per aiutare in difesa, ma nessuno dei difensori nerazzurri si trova a ridosso per controllare l’eventuale palla persa. Infine, nell’ultima, nonostante passino diversi secondi tra il momento della perdita del possesso e il passaggio che raggiunge Abraham, Toloi è lontano diversi metri.
Andando oltre il risultato e le imperfezioni della squadra di Gasperini, questa partita può comunque essere uno snodo importante per la stagione della Roma, sia per la capacità di reggere l’urto contro un avversario sulla carta favorito, sia per le prestazioni individuali di alcuni giocatori che possono ergersi a leader tecnici e carismatici. È stata sicuramente la partita di Smalling, Zaniolo e Abraham, e se il primo può essere il perno su cui consolidare la solidità difensiva (condizione fisica permettendo), gli altri due si potrebbero rivelare una coppia funzionale sul lungo periodo, permettendo nel breve periodo di sopperire all’assenza di Lorenzo Pellegrini, vitale per l'articolazione della manovra. L’interpretazione di Zaniolo e Abraham può essere potenzialmente imprevedibile, data l’interscambiabilità dei due sul lungo e sul corto, l’inventiva e l’intensità del primo e la dinamicità dirompente del secondo. Cosa ne sarà di questi spunti ce lo dirà il resto della stagione.