“Questa esperienza qui non è stata una frazione di vita, ma è stata la vita”.
Walter Sabatini
Di cosa parliamo:
Giocatori acquistati: 86
Giocatori ceduti: 48
Costo acquisti: 464,81 milioni
Ricavi cessioni: 372,91 milioni
Totale: - 91,9 milioni di cartellini per 5 stagioni inebrianti. Comunque meno di quello speso dai produttori di Games of Thrones, per un livello di intrattenimento non inferiore.
L’enigma Erik Lamela
di Daniele Manusia
Acquistato: 2011, 17 milioni
Ceduto: 2013, 30 milioni
Durante la conferenza di addio, subito dopo lo splendido sbrocco sulle commissioni e sugli “individui” da portare in tribunale per vincere cause e spendere tutti i loro soldi alla roulette, Sabatini si è espresso sul suo più grande rimpianto. “Vendere Lamela mi ha ucciso”, ha detto.
E poi: “Lamela è stata la mia provocazione”, nel senso che in quella lontana estate del 2011 il giovane talento argentino (pagato in totale più o meno una ventina di milioni, che in quanto argentino e numero 10 era stato indicato come potenziale erede di Messi) ha rappresentato una dichiarazione delle sue ambizioni di nuovo D.S. della Roma. Una dichiarazione rivolta al tempo stesso alla Roma e alle avversarie della Roma: “Ci siamo anche noi”, sempre per usare le parole di Sabatini.
Il primo gol di Lamela con la maglia della Roma, all’esordio dopo solo 7 minuti, è una letterina di presentazione e al tempo stesso un epitaffio, nel senso che l’idea dell’esperienza di Lamela a Roma è racchiusa nelle potenzialità e nei limiti dell’idea di un calciatore mancino che può prendere palla in un punto qualsiasi del campo, partire in progressione e calciare da destra a giro sul secondo palo. Sostanzialmente è questa l’idea che è rimasta di Lamela a Roma, e racconta più che altro dell’attesa romantica (per questo in molti hanno sofferto al momento dell’addio) e inevitabilmente frustrante di un fenomeno in grado di risolvere qualsiasi partita in qualsiasi momento.
Lamela è il simbolo più fedele della complessità di Sabatini. E della difficoltà di chi vuole dare un giudizio complessivo (al di là del discorso più semplicemente economico, di trading). Da una parte è un giocatore più complesso di come appare, che non si riduce all’icona di Lamela che porta palla con la suola del piede, quel gesto che a Roma è diventato famoso come “pettinata” (un gesto individuato e descritte anzitempo da Federico Buffa; anche se Buffa dice che Lamela fa scorrere la palla con la suola “senza ridurre la corsa”, e magari era vero per il Lamela del River Plate mentre il Lamela maturo userà la pettinata per fare una specie di pausa, uno scarto orizzontale che serve sia ad aprire un pezzetto nuovo di campo alla sua visuale, sia, appunto, a rallentare).
Lamela ha dimostrato a Londra di potersi adattare a un sistema ordinato di alto livello, di aver bisogno anzi di una struttura di gioco solida da impreziosire con le sue giocate. In questo senso è un giocatore forse meno eccezionale di come ci è stato venduto (o meglio: di come ci è stato comprato), ma forse più utile e più durevole. Non una semplice plusvalenza, insomma, ma un giocatore di indubbia qualità anche se non un vero fenomeno.
Dall’altra parte, però, il minimo comun denominatore dei giocatori offensivi acquistati da Sabatini è una certa qualità spettacolare, come se Sabatini avesse deciso di dimostrare l’erroneità del motto “non è tutto oro quel che riluce”, o spingerlo persino oltre fino al paradosso secondo cui non è la luce che riflette a fare di Lamela un fenomeno ma comunque se si guarda con attenzione quello è comunque oro.
Un enigma quasi insolvibile che lascia il tifoso comune sfiancato nel tentativo di capire davvero come deve guardare i giocatore di Sabatini e come deve considerare Sabatini stesso: un Direttore Sportivo in grado di scovare fenomeni e di costruire una squadra vincente (magari completa) o una specie di collezionista di calciatori assurdi, con l’ala di un museo a lui dedicata con le gif di Pastore, Ilicic, Lamela?
Tra questi estremi conserveremo il ricordo di un Direttore Sportivo carismatico come un allenatore e con un gusto così spiccato per i calciatori (ai trequartisti eleganti che si muovono come ologrammi vanno aggiunti i difensori con doti di anticipo, come se la più grande qualità che un difensore possa avere per Sabatini è quella di togliere palla all’attaccante prima ancora che gli arrivi, difensori fatti di vento come Marquinhos, o veri e propri uragani come Manolas) che è più di una forma molto evoluta di professionalità. È passione vera, è amore.
Top 5 giocatori a fine carriera
di Emanuele Atturo
Vasilis Torosidis
Acquistato: 2013, 400.000 euro
Ceduto: 2016, gratuito
Il mercato di Sabatini si è per lo più diviso fra scommesse sui giovani, scommesse sui vecchi e scommesse e basta. Pochi acquisti, insomma, erano privi d’ambizione, uno dei pochi è stato Vasilis Torosidis, che proprio per questo è stato in fondo piuttosto amato dai tifosi della Roma. Una squadra di calcio è anche un insieme di lavoratori, di onesti professionisti, di gente che “fa il suo”, e Torosidis era più che altro questo. Quando era in campo regalava una strana sensazione di normalità, rara a Roma: sapevi bene cosa aspettarti, nel bene o nel male, ed era rassicurante. Il suo culto è cresciuto nel tempo soprattutto grazie alla pagina Facebook “L’altra Europa con Torosidis”.
Federico Balzaretti
Acquistato: 2012, 4,5 milioni
Ceduto: 2015, fine contratto
Se Torosidis era una buona coperta di Linus, Balzaretti è stato uno dei più forti simboli di una Roma emotiva fino alle lacrime, dove niente può essere normale. La storia di Balzaretti alla Roma ha la parabola perfetta della tragedia sofoclea, dove forze superiori sono inevitabilmente destinate a surclassare l’eroe. Una parabola che si apre con le lacrime del derby del 26 maggio, continua con le lacrime dopo il gol nel derby l’anno dopo, prosegue con l’infortunio per consunzione («in carriera non mi sono mai risparmiato») e si chiude col ritiro. Con Balzaretti la Roma si è scambiata così tanti fluidi emotivi che è dovuto rimanere per forza di cose nello staff di Sabatini, come riconoscimento di un’emotività esagerata da romanista DOCG.
Morgan De Sanctis
Acquistato: 2013, 500.000 euro
Ceduto: 2016, fine contratto
Se vedessimo Sabatini come un imprenditore con un po’ di capitale da investire, Stekelenburg ha rappresentato il progetto di locale chic col quale voleva diventare ricco; De Sanctis il bar di quartiere che ti apri dopo che il locale è fallito e ti sono avanzati pochi spicci. Ormai hai rinunciato a svoltare, ti basta tirare avanti. Nel video sopra, De Santis esulta per un quarto d’ora dopo aver parato un rigore al Carpi sul 5 a 1.
Seydou Keita
Acquistato: 2014, parametro zero
Ceduto: 2016, fine contratto
In questo caso Sabatini c’entra relativamente: Keita fu voluto da Rudi Garcia e oggi possiamo considerarla la cosa più elegante che il tecnico ha portato a Roma.
Maicon Douglas Sisenando
Acquistato: 2013, parametro zero
Ceduto: 2016, fine contratto
L’idiosincrasia dei tifosi della Roma verso gli esterni bassi è una specie di condizione esistenziale: quando piove s’allaga tutto, la strada è piena di buche, mancano “du’ terzini boni”. Questo dolore, questo totale e assoluto bisogno di terzini, è stato lenito per un breve periodo da Maicon, per anni spauracchio della Roma sulla fascia destra dell’Inter. Maicon è stato uno dei primi acquisti post-26 maggio, che non a caso Sabatini ha indicato in conferenza come il momento in cui ha iniziato rivedere le proprie strategie. Il che ha voluto dire anche scommettere su vecchi campioni e non solo su adolescenti sudamericani.
Nel 2013 Maicon era già in chiaro declino, erano più sporadici i momenti in cui regalava sensazioni di superomismo quando attaccava la fascia destra. Ma quei momenti sono esistiti. Un mio amico che era all’Olimpico nel Roma - Verona che ho allegato sopra, una delle prime partite di Garcia, primo gol di Maicon della Roma, mi disse con un sollievo profondo: «Finalmente mi sono ricordato cosa vuol dire giocare con un terzino destro».
Il capolavoro Marquinhos
di Fabrizio Gabrielli
Acquistato: 2012, 3 milioni
Ceduto: 2013, 31 milioni
Non si può definire Marquinhos il capolavoro professionale di Walter Sabatini solo sulla scorta della somma algebrica tra la cifra pagata per il suo acquisto, in sordina e furbesco, dal Corinthians e quella per la quale è stato rivenduto, orgogliosamente e in maniera anche un po’ tracotante, al PSG. Non è volontà di discostarsi dal senso comune: inquadrarlo solamente in termini di plusvalenza è riduttivo dell’effettiva portata che questa manovra di mercato ha rappresentato non solo per Sabatini, ma allargando il campo per tutta la realtà romanista. L’intento principale di Sabatini a Roma, per sua stessa professione, era quello di operare una «rivoluzione culturale»: gli è riuscito solo in parte, ma di quella porzione di successo Marquinhos è il duplice emblema.
Scovare talenti e lanciarli su palcoscenici che sappiano consacrarli, e renderli appetibili sul mercato, che a volte e per realtà minori (anche se Sabatini non sarebbe d’accordo sulla minorità della sua Roma) è una situazione coincidente, è l’essenza stessa del mestiere di ogni direttore sportivo: nel caso specifico di Marcos, Sabatini è stato furbo nel fiutare la sovrabbondanza di centrali nella quale si gingillava il Corinthians, stuzzicarne l’interesse, presentarsi come la cassa di risonanza e valorizzazione europea della quale anche il Timão, in una maniera o nell’altra, avrebbe finito per beneficiare.
Dopo un periodo in prestito, nel quale Zeman gli conferisce sempre maggiore fiducia nonostante i suoi diciannove anni, per la Roma scatta l’obbligo di riscatto per una cifra vicina ai tre milioni di euro. Che sono tanti, per un meno-che-ventenne praticamente senza esperienza internazionale (e neppure nel campionato brasiliano), lanciato nel tritacarne del gioco di una squadra che le carriere dei centrali difensivi può esaltarle come affossarle definitivamente; ma anche pochi, per un prospetto di assoluto e cristallino valore, capace di rievocare nelle menti dei tifosi i sincronismi perfetti degli interventi di Aldair, ma con l’ardore tempestoso delle anime fanciulle.
La Roma, i giovani, ha sempre avuto la fortuna, e forse la spocchia, di coltivarseli in casa, e raramente se ne è privata: se Marcos, adamantina eccezione che invalida la regola, ha lasciato Trigoria dopo solo un anno, per certi versi esaltante e per cert’altri annichilente (in questo gol c’è tutto, fuorché l’effettiva colpa, quel che basta per bruciarsi su una piazza), è perché Sabatini ha scelto di immolarlo sull’altare della sacra causa della plusvalenza, sì, ma anche del reinvestimento in ottica migliorativa.
Se oggi Marquinhos può essere definito il capolavoro di Sabatini (e il peggior affare per il Corinthians), in buona sostanza, non è tanto per la preziosità in sé che ha generato, quanto perché con trenta milioni di euro si può davvero costruire una squadra intera: quel tesoretto è servito per acquistare Benatia, per esempio, a sua volta ulteriore mattoncino con cui lastricare la strada verso una rivoluzione, alla fine, solo auspicata. Che magari non sarà sfociata nel finale sperato, ma una volta tanto non è finita neppure con le ghigliottine in piazza, e le teste a rotolare.
Il pacco Mehdi Benatia
di Emiliano Battazzi
in: 2013, 13,5 milioni
out: 2014, 30 milioni
Nell’estate del 2013 la Roma ha bisogno di rifare la squadra quasi da capo per superare l’onta della Coppa Italia e soprattutto la devastante gestione tecnica Zeman-Andreazzoli. Si parte dalla difesa, ovviamente: dopo Tin Jedvaj (adesso al Bayer Leverkusen), la Roma annuncia l’acquisto di Mehdi Benatia. Sul franco-marocchino si basava la ricostruzione della difesa: adesso ci sembra una scelta naturale, logica. Allora non lo fu: Benatia non era un giovane di belle speranze, era un difensore già fatto, che l’Udinese aveva preso addirittura dalla Ligue 2 francese. Aveva raccolto poco meno di 100 presenze in Serie A nelle tre stagioni in Friuli, e nell’anno precedente aveva giocato poco per dei problemi fisici. In più, sembrava un giocatore perfetto per la difesa a tre dell’Udinese, ma nella Roma avrebbe dovuto giocare a quattro. Si diceva che fosse lento, addirittura. Insomma, il giorno del suo acquisto per 13,5 milioni di euro (compresi i giovani Verre e Nico Lopez), più di qualcuno disse che Sabatini aveva preso il pacco dai Pozzo.
Invece su Benatia la Roma ricompattò non solo la difesa ma anche la squadra: nel record di 10 vittorie consecutive iniziali, i giallorossi subirono un solo gol. E Mehdi ne segnò addirittura cinque a fine stagione, tra cui uno splendido slalom contro la Sampdoria.
Una storia finita bruscamente: il suo agente a fine stagione chiede un aumento spropositato, Sabatini lo definisce “menestrello”, dichiara la cedibilità di Benatia solo per 61 milioni, e poi lo vende al Bayern di Guardiola per 32, dicendo di averlo messo a metà prezzo perché ormai era solo un “simulacro”. Senza di lui, la difesa della Roma ha continuato ad avere problemi soprattutto in fase di impostazione: ma prima di Sabatini, Benatia era solo un progetto di gran difensore.
Top 5 acquisti misteriosi
Panagiotis Tachtsidis
Acquistato: 2012, 2,5 milioni
Ceduto: 2013, 3 milioni
L’acquisto di Panagiotis Tachtsidis in realtà è ascrivibile alla lista dei giocatori misteriosi che per qualche ragione piacciono a Zdenek Zeman. Pare avesse detto a Sabatini che lo avrebbe trasformato in un campione e Tachtsidis ha interpretato alla grande il ruolo di futura delusione della tifoseria romanista con il più classico dei grandi gol all’esordio, in un’amichevole di nessun conto in cui, però, ruba palla tagliando una linea di passaggio in verticale, sale fino al limite dell’area e scavalca il portiere con una citazione tottiana.
Il vero mistero è perché Sabatini abbia ceduto alla richiesta più folle di Zeman, quella di un giocatore che avrebbe dovuto sostituire il giocatore più pagato in rosa (De Rossi) e che dal punto di vista fisico e tecnico era così eccentrico da sembrare una richiesta provocatoria, un trollaggio, più che una vera e propria esigenza tattica. Tachtsidis sta ai trequartisti di Sabatini come un ecomostro sta alla casa sulla cascata di Frank Lloyd Wright, ma forse Sabatini, da collezionista eccentrico, ha creduto alla buona fede di Zeman, pensando che fosse un suo pari, assecondandone il gusto anche senza condividerlo.
Rafael Toloi
Acquistato: 2014, 500mila euro
Ceduto: 2015, fine prestito
Il nome di Toloi è uno di quelli che circola nel mercato dei difensori dall’alba dei tempi, al pari di Chiriches, Garay, N’Koulou. Sabatini aveva provato già a prenderlo al Palermo anni prima, poi riesce a portarlo a Roma in un mercato di gennaio in cui servivano ricambi in difesa. Toloi dovrebbe avere 24 anni ma è imbolsito come se ne avesse 34: gioca 5 partite di assoluta onestà, dove ha dovuto mantenere il suo livello di concentrazione ai limiti per evitare che la sua lentezza causasse qualche guaio. A fine stagione c’era uno di quei diritti di riscatto che Sabatini è pronto a esercitare solo in caso di regalo. Oggi è all’Atalanta e giuro che ho amici che ancora lo rimpiangono, considerandolo migliore di ¾ dei difensori che oggi giocano nella Roma.
Marquinho
Acquistato: 2012, 3,5 milioni
Ceduto: 2014, 500.00 euro
Sabatini ha dimostrato di essere perfetto per la Roma regalando ai tifosi uno di quei giocatori di cui è impossibile capire il reale valore e di cui è piena la storia della Roma. Marquinho resterà nella storia del tifo romanista grazie al soprannome “Acquistinho” per lui coniato da Kansas City 1927, una delle più belle manifestazioni di creatività tipicamente romanista (e che persino Sabatini adotterà in una conferenza stampa). Ma a posteriori è anche uno di quei giocatori che sporca il concetto di “giocatore da Roma”. Marquinho era un giocatore da Roma? E se lo era… chi non lo è? Dopo aver vissuto un grande momento nell’aprile del 2012, spronato da Sabatini che gli ha detto di far vedere che era un giocatore vero, Marquinho ha vissuto un anno non entusiasmante all’Hellas Verona prima di essere ceduto in prestito al Itthad (e poi all’Udinese). In che multiverso Marvel la Roma cede in prestito i giocatori al Itthad? Oggi, a 30 anni appena compiuti, Marquinho è tornato al Fluminense da cui Sabatini l’aveva prelevato, forse senza una vera ragione.
Norbert Gyomber
Acquistato: 2015, 1,5 milioni
Ceduto: prestito
Nel calcio contemporaneo è difficile non sapere niente di niente sui giocatori che arrivano alla tua squadra dallo stesso campionato, con Gyomber Sabatini è riuscito in questa difficile impresa. Che ruolo gioca? È destro o mancino? È utile o è solo la scoria, il male necessario, di qualche arcano giro di mercato?
Gyomber è arrivato nella coda dell’estate del maggiore entusiasmo dei tifosi della Roma, che avevano fatto l’abbonamento al treno Roma-Fiumicino, andando ad accogliere all’aeroporto persino un semi-sconosciuto Toni Rüdiger. Gyomber invece esce dall’aeroporto da solo, sembra un turista spaesato, con quell’aria drammatica che lo accompagnerà per tutta la sua esperienza. Dopo quindici giorni ha rilasciato un’intervista a un giornale slovacco esprimendo totale pessimismo verso le proprie possibilità: «Mi piacerebbe giocare il più possibile, ma mi rendo conto che non sarà facile perché in una grande squadra la concorrenza è grande». Nell’album dei ricordi possiamo mettere alla voce ‘Gyomber’:
- Quei fazzoletti di partita, spesso negli ultimissimi minuti, in cui Rudi Garcia lo schierava esterno offensivo, nella più brutale riduzione di una persona a puro corpo fisico che io ricordi.
- La sua prestazione eroica contro il Sassuolo, in cui ha giocato con un piede rotto e la testa bendata. Spalletti che rientra in sala stampa alla fine della conferenza successiva per elogiare Gyomber con toni epici: «Un esempio per tutti! Daniele De Rossi ha attaccato la sua foto nell’armadietto!».
- I cori goliardici dei tifosi in ritiro, con Gyomber ormai ridotto a parodia di sé stesso, costretto a subire il bullismo soft degli scherzi telefonici di Totti.
- Il momento in cui questa estate sembrava dovesse essere venduto e invece è stato riscattato (prima di girarlo in prestito al Pescara). La Roma ancora crede in lui.
Nicolas Spolli
Acquistato: 2014, 1,5 milioni
Ceduto: 2015, fine prestito
L’acquisto di Nicolas Spolli è così misterioso che il più sorpreso sembra essere proprio lui, che fino a una settimana prima faceva la panchina al Catania, in Serie B, e ora si ritrovava nella difesa della squadra seconda in classifica in Serie A. Si tratta di una di quelle mosse che sembrano nascondere tutto un universo deontologico che ignoriamo, in cui le ragioni tecniche rappresentano solo specchietti per le allodole e i giocatori sono ridotti a valori di mercato smaterializzati. Per provare a capirlo Pippo Russo ha addirittura creato il concetto di “Spolli system”. Garcia si concede di mandarlo in campo solo nell’ultima sconfitta casalinga contro il Palermo, partita utile solo per far segnare Totti e permettere a Emerson Palmieri l’ingaggio della vita. Spolli verrà ricordato per l’intervento senile che causa il rigore dell’1 a 0.
Fabio Borini, l'onesto
Fabio Borini non è mai entrato del tutto nel campo visivo del calcio italiano. Esotico a rovescio, Borini rappresenta un esempio minore di quella categoria di calciatori italiani che, per qualche ragione, viene spontaneo associare prima di tutto alla Premier League [1]. Arrivato a Roma in prestito sul finire della prima estate americana, si aggiunge a un attacco che ha appena scritturato Bojan, Osvaldo, e Lamela e può ancora contare su Totti e sulla eredità sensiana del contratto di Borriello. La notizia è subito messa in secondo piano da altre - nel giro di 24 ore Sabatini si aggiudicherà anche Pjanic, Gago e Kjaer - e Borini, che all'epoca ha zero minuti giocati nel calcio italiano, pare destinato più che altro al ruolo di giovane riserva, alla quale dedicare momenti futuri di quel progetto neonato. Invece Borini entra in campo già nella prima giornata effettiva di campionato, il maledetto Roma-Cagliari, e addirittura segna un gol annullato per fuorigioco di Heinze (che gli fa da torre). Pur inserito nella rotazione, Borini è concettualmente "secondo" rispetto ai compagni di reparto per l'intero girone di andata: segna il suo primo gol ad ottobre, a Marassi (un inserimento sotto porta in un'area di rigore piena di esempi di pessime marcature), poi si infortuna. C'è un giorno in cui le sue sorti sembrano cambiare (ricordatevi il "sembrano"): è quello del Roma-Inter post-nevicata, con i cumuli bianchi ancora a bordo campo. Nel 4-0 con il quale il nuovo corso di Luis Enrique annienta i nerazzurri di Ranieri, rappresentante recentissimo di quello vecchio, Borini beffa due volte una difesa costruita su ex o quasi-ex romanisti [2]: lanciato in verticale due volte, prima manda a terra Samuel con la versione macchinosa della finta di Delvecchio su Nesta, poi sfrutta il peso della spallata di Lucio per sbilanciarlo. Privo di mezzi squisitamente tecnici, Borini era arrivato con l'etichetta di "piccolo Inzaghi": rapido e furbo, bravo sul singolo tocco e nei cambi di direzione, cinico sotto porta. Alla fine si ritaglierà uno spazio ibrido come ala destra molto offensiva, dimostrandosi risolutivo soprattutto in partite in cui la presenza della Roma attorno al pallone è più ridotta o meno produttiva del previsto. Per lunghi tratti di quella primavera in effetti ricordo di aver avuto l'impressione che segnasse soltanto lui: i gol vittoria contro Parma e Palermo, quello della bandiera nell'imbarcata a Bergamo, il momentaneo pareggio nel derby. Non è così - a fine anno avrà segnato dieci gol totali, quattro dei quali inutili - ma è più o meno quello il periodo in cui Sabatini si sbilancia, commentando la sua convocazione in Nazionale con una lode quasi più all'allenatore che al giocatore. Luis Enrique con lui ha fatto "un ottimo lavoro", dice, trasformando "una possibilità in certezza", sottolineando involontariamnte come l'arrivo di Borini a Roma rispondesse più a un'occasione colta dal DS che a una richiesta dell'allenatore. Ovviamente non accade, perché le dimissioni di Luis Enrique costringono Sabatini a una seconda estate in cui svuota e riempie Trigoria come se sciacquasse una brocca. Borini non vuole rimanere in comproprietà, ma nel tentativo di forzare i nebulosi piani del direttore sportivo finisce per firmare il proprio foglio di via: la Roma lo riscatta alle buste (una soluzione più da fantacalcio che da società sportiva) soltanto per spedirlo di nuovo in Inghilterra, trasformandolo in una delle prime plusvalenze. Con l'arrivo di Zeman l'unica cosa a non mancare saranno i gol, perciò il tempo per rimpiangere "Er Caciara" non arriverà mai. Probabilmente il vero giorno in cui le sorti del Borini romanista - e forse del Borini calciatore - sono cambiate è quello in cui ha tentato di ribellarsi al proprio creatore. Quando anni dopo Borini è tornato in Italia, a un certo punto l'ho visto ridotto a terzino a tutto campo; era come se lo avessero completamente identificato col suo dinamismo, fino al punto da trasformare quella qualità in una condanna. Poco fa mi è capitata sotto gli occhi una foto, scattata nel 2011, in cui io e mio padre ci mordiamo la mano imitando la sua esultanza. Mi rendo conto che non lo vedo segnare da così tanto tempo che non so nemmeno più se faccia quel gesto.
Top 5 giocatori a cui far fare il salto
Diego Perotti
Acquistato: 2016, 9 milioni
Perotti ha ringraziato pubblicamente Sabatini per aver “creduto in lui” e nel suo caso il talento di Sabatini è consistito esattamente in questo: credere in un giocatore le cui qualità non erano più da scoprire, ma semmai da riscoprire. Sabatini ha dimostrato più volte di avere una fiducia cieca nell’avvenire, di essere un uomo tanto autodistruttivo quanto pieno di speranza. Al momento dell’addio, riprendendo in mano una sua vecchia dichiarazione in cui diceva di non affezionarsi troppo ai giocatori perché il calcio moderno è crudele, ha aggiunto: “Ma non capisco perché un tifoso non possa affezionarsi a Perotti”. Sabatini è tutto qui, nella precarietà dell’esistenza e nella profondità del sentimento.
Kostantinos Manolas
Acquistato: 2014, 13 milioni
Ieri, alla conferenza d’addio, Sabatini ha dichiarato: “Se io vendo Benatia e compro Manolas non penso di aver prodotto un danno, ma un utile”. È una dichiarazione difficile da decifrare al di fuori dell’interpretazione che vuole Sabatini più come un operatore di mercato che come un assemblatore di squadre. È chiaro che, in termini assoluti, Manolas è vendibile quanto Benatia, se non di più, ma è altrettanto chiaro che i due abbiano caratteristiche tecniche talmente diverse che sarebbero perfettamente assemblabili nella stessa difesa. Manolas è un giocatore davvero formidabile per tutta una serie di cose, ed a volte è esaltante vederlo giocare, ma è anche vero che da quando se n’è andato Benatia la Roma ha iniziato ad avere problemi a far uscire il pallone dalla difesa. Problemi che la Roma ha ancora oggi.
Se nei libri contabili della Roma si è sicuramente prodotto un utile, lo stesso non si può dire del campo. Questo tipo di contraddizione che, è utile ricordarlo, ha tenuto in vita la Roma finanziariamente, e magari è ciò che alla fine ha convinto Pallotta a lasciar andare Sabatini. Oggi, però, se far coincidere libri contabili e campo è sostenibile il merito sicuramente è suo.
Kevin Strootman
Acquistato: 2013, 17,5 milioni
Sabatini difende i suoi giocatori, fino al punto di negare l’evidenza. L’impatto, emotivo e tecnico, di Strootman, però, è stato tale che l’ex DS della Roma non ha mai avuto bisogno di giustificare il suo acquisto, nonostante per lui si sia spesa una cifra di una certa consistenza. Parole di Sabatini su Strootman si trovano solo nel lungo periodo del suo doppio infortunio, quando a Roma si parlava molto della sua decisione di rifiutarsi di farsi operare in Italia per andare da uno specialista di fiducia in Olanda dopo la prima rottura del crociato.
“Un giocatore fondamentale per noi e per il calcio in generale”, ha detto quando ha riniziato a camminare per la seconda volta. Poi, una volta tornato in campo: “Vederlo giocare e sapere di averlo perso per un anno e mezzo mi fa male”. Leggere dichiarazioni di questo tipo fa bene all’anima. Sapere che le fa anche per i giocatori che poi tratta o cede è il motivo per cui Sabatini dice che la sua anima è “talmente complicata che non la comprerebbe nessuno”.
Miralem Pjanic
Acquistato: 2011, 11 milioni
Ceduto: 2016, 32 milioni
Pjanic è stato uno dei primi acquisti della nuova proprietà americana e non si è mai capito quanto sia stata realmente un’operazione di Sabatini (alcuni dicono che sia stato in realtà voluto da Franco Baldini, ma su questo tipo di cose, ovviamente, non si può avere certezza). L’ex DS della Roma non ha speso moltissime parole sulla mezzala bosniaca, se non in relazione alla sua cessione potenziale, poi divenuta reale quest’estate. Forse era un giocatore troppo lineare, troppo poco immaginifico. Era anche uno dei suoi acquisti che era rimasto a Roma per più tempo e quindi forse anche quello che ha contribuito meno a quel “bilancio negativo dell’anima” che è il calciomercato di Sabatini.
Forse, ma non lo sapremo mai visto che Sabatini ha detto di volersi ritirare e non parlare per un po’, Pjanic è anche una di quelle cessioni che hanno contribuito a ridefinire la grandezza della Roma, a ridimensionare in un certo senso le ambizioni del Sabatini che dice “Ci siamo anche noi” con l’acquisto di Lamela. Il ricordo di Pjanic, magari inconsciamente, è una risposta del tipo: “Ci siete anche voi, ma sarete sempre un passettino dietro a noi”.
Radja Nainggolan
Acquistato: 2014, 18 milioni
È difficile dire quanto ci sia di Sabatini nell’operazione Nainggolan. Il belga fu acquistato nel gennaio del 2014 e il suo impatto in qualche modo colmò il vuoto emotivo lasciato dall’infortunio di Strootman. Ieri Sabatini è stato molto freddo nei suoi confronti: “Noi non stiamo trattando il rinnovo di Nainggolan, è lui che ha chiesto un aumento”.
Non possiamo sapere se in condizioni di libertà totale Sabatini l’avrebbe mai comprato ma è indubbio che, almeno da un punto di vista di una sua possibile cessione futura, Nainggolan potrebbe essere uno dei suoi successi maggiori. Al momento è, senza dubbio, il “bene” di maggior valore che lascia in dote a chi venga dopo di lui. La casa al mare ereditata in cui far felice la propria famiglia tutte le estati, o da vendere in caso di bisogno.
Mattia Destro, l’attaccante a cui si toglie anche il saluto
di Emanuele Atturo
Acquistato: 2012, 16 milioni di euro
Ceduto: 2015, 10 milioni di euro
Destro è stata la prima prova di forza di Sabatini, ancor prima di quella di Iturbe. È stato uno dei primi casi in cui la Roma era riuscita a rubare un calciatore all’Inter, l’avversaria storica degli anni precedenti, verso cui esisteva un forte complesso di inferiorità. Anche in seguito Destro è stato usato come simbolo positivo da Sabatini, un modo per mostrare i muscoli: «Non nego di aver ascoltato delle offerte, fatto salvo che nella mia testa c’era di non venderlo; farà molto bene. È anche vanità: mi piace poter dire di no a grandi offerte».
Dal punto di vista calcistico, invece, Destro è diventato l’unico giocatore della storia recente che i tifosi della Roma preferiscono non nominare, neanche per scherzo. Di Destro non abbiamo un ricordo né nostalgico né doloroso, solo sgradevole: come quando ti sei portato/a a letto una persona da ubriaco e il giorno dopo vorresti solo che sparisse dalla tua vita per evitare che ti ricordi, con la sua semplice presenza, dove possono portarti gli aspetti peggiori di te. Questo è stato Destro.
Quando ha segnato il suo gol dell’ex al Dall’Ara, sotto la pioggia, togliendosi la maglia ed esultando facendo il giro di campo, come i pazzi, si è esibito in quel tipo di scenata in cui la persona che hai davanti è talmente fuori controllo che non puoi farci più niente. In fondo pensi che te la sei cercata.
Top 5 giocatori che Sabatini avrebbe potuto e voluto acquistare e che invece...
Il giocatore segreto
Sabatini ha detto la causa scatenante del suo addio è stato un giocatore che “sta facendo molto bene” e a cui non è riuscito ad arrivare quest’estate. C’è chi dice sia Boyè, chissà se lo sapremo mai.
L’impossiblità di Iturbe
di Daniele Manusia
Acquistato: 2013, 24,5 milioni
L’acquisto di Juan Manuel Iturbe - luglio 2014, la Roma al primo anno di gestione Garcia è da poco arrivata seconda dietro la Juventus dopo un inizio di stagione clamoroso con 10 vittorie consecutive, l’amaro in bocca può essere lavato solo con la speranza di vincere immediatamente, la stagione successiva - è uno dei cardini su cui è ruotata la fortuna della Roma degli ultimi anni. Sono pochi gli acquisti così importanti sbagliati così totalmente e serve a poco ricordare che a Verona aveva fatto una grande stagione e che l’interesse della Juventus era sincero (per alcuni, il mancato acquisto di Iturbe fu addirittura una delle cause delle dimissioni di Antonio Conte). A posteriori, Iturbe sembra uno di quegli acquisti al Fantacalcio a cui qualcuno partecipa perversamente solo per alzare il prezzo d’acquisto, per poi ritirarsi al momento giusto e comprare Dybala l’anno dopo.
Certo, è più complessa di così, ma la mutazione di Iturbe nel nostro immaginario coincide in maniera stupefacente con quella più generale delle potenzialità della Roma. Un crollo verticale inspiegabile e rapidissimo, un ridimensionamento che ha costretto la società a cederlo in prestito al Bournemouth e poi a riprenderselo e a farlo giocare poco, come una famiglia ricca che trova un posto in azienda per il figlio meno in gamba. Iturbe è la dimostrazione che le caratteristiche tecniche arrivano solo fino a dove la mente le fa arrivare, che uno stesso giocatore può percorrere il campo come una pista da sci appena spalata, un giorno, come se fosse un percorso di guerra, il giorno dopo.
Da un altro punto di vista, Iturbe è vittima di un fraintendimento tattico e di un sistema di gioco - quello di Garcia - non adatto alle sue qualità. E per questo unisce l’impossibilità del mestiere di Direttore Sportivo e di quello del tifoso. Ogni volta che guardo Iturbe vedo l’idiozia dei commenti superficiali secondo cui i calciatori professionisti si dividono esclusivamente in pippe e fenomeni, ma anche la tragicità di chi, come Sabatini, come me, e chissà quanti di voi lettori, e per forza di cose Iturbe stesso, prende troppo sul serio un gioco.
Flop 4 giocatori a fine carriera
Urby Emanuelson
Acquistato: 2014, parametro zero
Ceduto: 2016, fine contratto
Emanuelson in realtà è arrivato alla Roma a 28 anni ma di fatto è stato il suo fine carriera. Di Emanuelson mi piace ricordare solo che una delle prime domande della sua conferenza di presentazione è stata: «L’arrivo di Iturbe rende la Roma favorita per lo scudetto?».
Gabriel Heinze
Acquistato: 2011, parametro zero
Ceduto: 2012, fine contratto
La Roma è stata la penultima squadra di Gabriel Heinze prima del suo ritiro dal calcio giocato. Prototipo perfetto del centrale argentino aggressivo tanto amato dai tifosi della Roma fin dai tempi di Walter Samuel dentro un corpo ormai in decadenza, Heinze ha almeno dato l’impressione di voler cercare di salvare la nave che affondava nei peggiori momenti della prima Roma americana di Luis Enrique. Il suo ricordo è stato cancellato insieme alla stragrande maggioranza di quella squadra, nonostante Heinze avesse avuto una carriera di primissimo livello fino a quel momento.
Fernando Gago
Acquistato: 2011, 500mila euro per il prestito
Ceduto: 2012, fine prestito
Nel 2005, anno dell'esordio con il Boca, c'è chi paragona Fernando Gago a Pep Guardiola non solo per la posizione in campo, ma anche per la caratteristica di "vivere e morire solo per poter organizzare il gioco della sua squadra".
Come Pep, ma spinto da motivazioni diverse, Gago arriva alla Roma sul crepuscolo della carriera: anche se di anni ne ha solo 25 (Guardiola ne aveva 32) non è già più il giocatore così pieno di "urgenza e ansia di ricevere il pallone che alla fine tutto gli altri finiscono per accontentarlo"; il Real l'ha messo all'angolo e Sabatini, ovviamente, fiuta l'affare racchiuso nell'equazione rimembranze esotiche + esperienza + provenienza da un Grande Club + costo zero.
La sabatinità dell'acquisto di Gago, però, è tutta nella poesia decadentista e nel fervore intellettuale di chi si riconosce con uno sguardo, trovandoci le scintille del senso di rivalsa, del bisogno di autoaffermazione in una giungla di sentimenti avversi.
Giocherà 30 partite, né belle né brutte: ordinate ma soprattutto ordinarie. In quanto al riscatto, questa azione contro il Napoli è esemplificativa di quanto ci sia andato vicino. Nice try, Nando.
https://m.youtube.com/watch?v=Fnq5soNU56c
Ashley Cole
Acquistato: 2014, parametro zero
Ceduto: 2016, fine contratto
«Mi sveglio ogni mattina libero come un uccello. So per certo che non dovrò temere una di quelle storie spazzatura su una serata in discoteca. [...] Ora ho messo il passato alle spalle e sto cercando di godermi gli ultimi anni della mia carriera. In Inghilterra tutto è più esagerato, in Italia tutto è più rilassato. Puoi andare a cena fuori, gustarti un bicchiere di vino, anche fumare: in Inghilterra saresti crocifisso per questo». L’innocenza da studente Erasmus con la quale Ashley Cole pose la pietra tombale sulla sua esperienza a Roma, fino a quel momento comunque fallimentare da un punto di vista tecnico, è quasi da invidiare. Venne messo in panchina dopo una manciata di partite e, a parte queste parole, a Roma viene ricordato per un meme. Lo stesso anno in cui lui sbarcò a Roma, la Juve prese Evra, che ancora oggi se la gioca con Alex Sandro per un posto da titolare. Siamo sempre stati terribili con le sliding doors.
Top 5 giocatori il cui significato capiremo in futuro
Antonio Rüdiger
Acquistato: 2015, 13 milioni di euro
La schizofrenia del tifo romanista è stato uno dei topos della conferenza d’addio di Sabatini e ciò che più avrà consumato la sua anima in questi cinque anni. Uno dei tanti simboli di questa schizofrenia è stato Antonio Rüdiger. Il centrale tedesco è arrivato l’estate scorsa dallo Stoccarda per 13 milioni di euro con alcuni problemi al ginocchio. Commise alcuni gravi errori nella prima parte della stagione diventando il giocatore della rosa più insultato in assoluto. Oggi è atteso che recuperi da un altro infortunio al ginocchio come il salvatore della compattezza difensiva della Roma. E pensare che se non si fosse infortunato, oggi giocherebbe con un’altra maglietta.
Emerson Palmieri
Acquistato: 2015, prestito
Il momento di speranza di Spalletti di poter fare affidamento su Emerson Palmieri è durato, come tutte le cose effimere, un’estate. Nell’ultima partita dello scorso campionato segna il gol che dà alla Roma la vittoria per 1-3 sul Milan; realizza un ottimo precampionato con prestazioni difensive convincenti; riesce a non farsi notare dall’arbitro per un netto fallo da rigore durante l’andata del preliminare di Champions League. Al ritorno, sembra realizzarsi il suo destino più grande: con la Roma sotto di 1-0 e in 10 uomini è lui quello scelto da Spalletti per riportare le cose nel loro ordine naturale. E invece dopo nove minuti, a seguito di un brutto intervento, viene espulso. Da quel giorno Emerson ha giocato 10 minuti contro il Crotone sul punteggio di 4-0.
Ezequiel Ponce
Acquistato: 2015, 4,20 milioni di euro
Ceduto: 2016, prestito
Ponce ha lo stesso soprannome di German Denis. In Primavera la stagione scorsa, prima di essere colpito dalla maledizione del legamento crociato che aleggia su Trigoria, ha segnato 13 gol e 4 assist in dieci partite. Quest’anno è stato prestato al Granada: è il quarto giocatore per Expected Goals della Liga dopo Messi, Gameiro e Suarez e ha già segnato un gol. Tutti i tifosi della Roma lo aspettano a braccia aperte per illudersi di aver trovato davvero il nuovo Tevez. Spalletti permettendo.
Gerson
Acquistato: 2016, 18,9 milioni di euro
Il giocatore più pagato nell’anno solare 2016 dalla Roma (16,6 milioni di euro) e anche quello che ha meno possibilità di scendere in campo, già pubblicamente bollato da Spalletti: «È un trequartista a cui piace avere la palla sui piedi, non va in profondità: non è Nainggolan e nemmeno Perrotta. Non è rapido di gambe e in questo campionato può andare in difficoltà. Per me il suo ruolo è quello di mezzala, anche se fatica nella fase difensiva. Non ho abbastanza spazio da concedergli, dovrà essere bravo lui a ritagliarselo». Si dice che Sabatini lo abbia soffiato al Barcellona, che aveva un diritto di prelazione e che avrebbe fatto inserire una clausola premio qualora Gerson dovesse vincere il Pallone d’Oro.
Adesso si parla di un suo possibile prestito in Serie B, e di nuovo un talento cristallino ma per ora inutilizzabile diventa il simbolo del sol dell’avvenire di Sabatini: e se quel sole non dovesse mai arrivare? Nel frattempo, non potendo quasi contare su di lui, la Roma ha un buco nella rosa a centrocampo.
Leandro Paredes
Acquistato: 2014, 6,25 milioni di euro
Leandro Paredes rientra a pieno titolo in quella categoria di calciatori che devono aver solleticato l’emisfero destro del cervello di Sabatini, quello in cui alberga il senso della percezione, il riconoscimento delle forme, la prospettiva e il senso estetico; le sinapsi impazzite di fronte a Pastore o a Lamela sono presumibilmente le stesse che sono andate in visibilio, dentro una coltre fumosa, per l’enganche del Boca.
Inserire Paredes tra i top o tra i flop, invece, è un gesto arbitrario, per il quale bisognerebbe appellarsi al principio di presunzione di innocenza (dalla condanna di essere un flop). Come Sabatini ha rimarcato in conferenza, questa squadra, fino alla fine del campionato, è da intendersi la sua; solo la bocciatura finale del centrocampista argentino sancirà, in ultima istanza, il fallimento specifico di Sabatini.
Eppure anche di fronte a questa evenienza non potremmo davvero dirci di assistere a un fracaso. I margini di crescita di Leandro dal suo arrivo in Italia, quasi in fuga da un Boca molto meno restivo che in altre circostanze a lasciarsi sfuggire un prodotto del vivaio, men che meno un potenziale erede di Riquelme, sono sotto gli occhi di tutti: ha saputo impegnarsi per reinventarsi, ed è anche nella malleabilità di un giocatore, nel suo farsi creta, che alberga il potenziale, e quindi la lungimiranza nello scovarlo.
Se Spalletti lo taglierà fuori dal suo progetto tattico, allora ci si staglierà nuovamente di fronte la dimostrazione che l’estetica è una questione personale e non si può pretenderne la mutua condivisione.
Al contrario, chissà che Paredes non diventi la più grande incarnazione della legacy di Sabatini.
Piris, il #poroPiris
di Fabrizio Gabrielli
Acquistato: 2012, 700mila euro per il prestito
Ceduto: 2013, fine prestito
Il fatto interessante riguardo a Ivan Piris è che di tutti i nomi che sarebbero potuti ragionevolmente saltar fuori srotolando il lungo papiro dei flop, quello del laterale basso paraguaiano è stato l’unico effettivamente snocciolato in termini negativi da Sabatini nella conferenza stampa d’addio: #poroPiris anzi è diventato un po’ l’hashtag - finalmente sdoganato - della rivendicazione di tutti i suoi fallimenti, il dark side di quell’orgogliosa professione d’appartenenza che è #etruscoresiduale, se vogliamo. «Magari passo la notte a fumarmi cinque sigarette e a osservare un soggetto per capire se è bravo, e poi prendo un Piris», ha detto per racchiudere in una definizione la sua fallibilità.
Se nel quinquennio in cui è stato DS ha davvero «osservato le spalle di una donna da DS della Roma» (che resta la mia frase preferita in assoluto di tutta la conferenza), ci sta il rischio di immaginare che quella donna possa avere un volto tutt’altro che rispondente alla verità: Piris sono state le spalle straordinarie col volto ordinario, a posteriori bruttino.
Dopo la prima uscita a vuoto del guaranì, nella sconfitta casalinga della Roma di Zeman contro il Bologna, Sabatini lo protesse sottolineando alcuni movimenti azzeccati, nella fattispecie due diagonali ben eseguite, ma soprattutto lanciò un appello che, a posteriori, suona più come una richiesta d’assoluzione per ogni scelta sbagliata che avrebbe compiuto di lì in avanti: «Non uccidetelo». (Rincarò anche la dose, però, chiedendogli anche di «difendersi da solo»: lavorando, e quindi aiutandolo a dimostrare la bontà della scelta).
Dopo l’evanescente stagione giallorossa Piris è rimbalzato tra Lisbona e Udine, dove con Stramaccioni è in un certo senso «rinato», pur dimostrando, con tutti i suoi limiti, di non essere davvero un giocatore «da Roma», qualsiasi cosa significhi.
Al contrario di Dodo, cederlo non è servito a «salvargli la vita»: oggi gioca in Messico, a Monterrey, dove può continuare a ispirarsi a Francisco Arce e in più guadagnare un sacco di dollari. Ma magari, seguendo dal vivo la conferenza di Sabatini, si è anche trovato d’accordo con la valutazione del suo ex direttore sportivo. E se avesse avuto un account forse l’avrebbe twittato anche lui, #poroPiris.
Josè Rodolfo Pires Ribeiro, detto “Dodò”
di Emanuele Atturo
Acquistato: 2012 - svincolato
Ceduto: 2014 - 9 milioni
«Alcuni giocatori, anche se molto giovani, a volte possono spostare gli equilibri di una squadra»
Walter Sabatini su Dodò
Dodò è un grandissimo terzino. Sono sicuro che non riuscirete a smentire questo mio assunto. D’altronde quante volte lo abbiamo visto giocare? A quante diagonali sbagliate potete aggrapparvi per dimostrare il contrario? Lo conoscete da quando giocava in Brasile e ricopriva la fascia sinistra di stelle filanti? Forse non ricordiamo bene la carriera di Dodò alla Roma, quindi la riepilogo:
- Nel 2012 la Roma lo ha comprato dal Corinthians per zero euro. Nel primo anno, con Zeman, ha dovuto divincolarsi tra l’ambientamento e qualche problema fisico.
- L’anno successivo, alla fine del girone d’andata, è diventato titolare. Ha fatto tante ottime, solide prestazioni, poi si è infortunato con una distorsione al ginocchio proprio mentre era ormai il padrone della fascia sinistra. Al suo posto ha giocato Romagnoli, molto peggio di lui, ma che per qualche motivo ricordiamo meglio.
- L’anno dopo la Roma lo vende all’Inter per circa 9 milioni di euro. La cosa per qualche motivo desta uno scalpore tale che le altre tifoserie iniziano usare il “Dodò” come valuta ironica di scambio, es.: “Lo hanno pagato 2 Dodò”; “Quell’attaccante costa mezzo Dodò”.
Lo scorso anno ha giocato molto bene nella Sampdoria di Montella, a parte qualche piccola sbavatura, e oggi Giampaolo lo tiene in campo per sedute supplementari di linea difensiva. Come se Giampaolo potesse insegnare qualcosa a Dodò. Sabatini, vendendolo, aveva dichiarato «Ho dovuto cederlo per salvargli la vita», che è lo stesso motivo per cui noi siamo stati costretti a inserirlo tra i flop. Scusa, grande Dodò.
Top 5 giocatori che hanno fatto una brutta fine
Nico Lopez
Acquistato: 2012, 790.000 euro
Ceduto: 2013. 4 milioni
Quest’estate, a 23 anni, Nico Lopez ha forse chiuso definitivamente la sua esperienza con il calcio europeo. L’Udinese l’ha venduto all’Internacional per una cifra che si aggira intorno ai nove milioni di euro (!), dopo averlo provato a far girare per mezza Europa e Sudamerica nel tentativo di sbarazzarsene (Verona, Granada, Nacional).
Quell’esperienza che el conejo aveva iniziato con un gol incredibile, che aveva salvato un punto nella prima uscita stagionale della Roma di Zeman. Quando verrà ceduto l’anno successivo all’Udinese per arrivare a Benatia, molti lo rimpiansero pure. Erano tanti quelli che avevano riposto qualche fiducia su Nico Lopez, chissà quanta, in realtà, ne aveva investita Sabatini.
José Angel
Acquistato: 2011, 4,5 milioni
Ceduto: 2014, gratuito
José «Cote» Angel appartiene a quel tempo mitico e protoamericano in cui il presidente era Di Benedetto, il mister Luis Enrique e i contratti dei giocatori ancora arrivavano via fax.
Cote è uno degli esempi più fulgidi di quanto Sabatini, a volte, si sia fidato più delle richieste degli allenatori che del suo istinto; tre anni più tardi avrebbe telefonato a Luis Enrique chiedendogli se casomai avesse voglia di riprenderselo indietro.
Lo sguardo perso nel vuoto, in una smorfia che sembra di intensa concentrazione, e poi l’irritazione per gli scherzi di Bojan, ne fanno una specie di icona a forma di punto interrogativo: l’impossibilità di superare la metà campo in proiezione offensiva con un minimo di sensatezza, o almeno senza mettersi a nudo in tutta la sua goffaggine, hanno reso il suo soggiorno romano di José Angel un’esperienza, in ultima battuta, triste almeno quanto questa clip.
Maarten Stekelenburg
Acquistato: 2011, 7,35 milioni
Ceduto: 2013, 5,6 milioni
Se Sabatini ha mostrato sempre un gusto spiccato per ogni suo acquisto, per il ruolo del portiere ha sempre ostentato un disinteresse significativo. Niente di quello che fa Sabatini è davvero lanciato nel vuoto, ogni azione racchiude molteplici sensi e articolati messaggi che vuole lanciare all’esterno. Cosa voleva dirci “Saba” con l’acquisto di un portiere completamente sordo da un orecchio?
Nel fondo di caffè che è la storia della Roma, Stekelenburg è ancora un grandissimo portiere, purtroppo diventato scemo dopo l’infortunio alla testa subito da Lucio contro l’Inter, in una delle sue primissime uscite. Per un pelo, ma comunque catalogabile nell’infinita lista dei rimpianti.
Pablo Daniel Osvaldo
Acquistato: 2011, 16 milioni
Ceduto: 2013, 15 milioni
Il gol più bello che io abbia mai visto dal vivo è di Pablo Daniel Osvaldo. Il fatto che questo gol sia stato segnato da un giocatore che oggi inseriamo in una lista di flop di mercato e poi annullato, la dice lunga sul mio essere romanista. Effettivamente Osvaldo è un giocatore difficilmente ascrivibile tra gli errori di mercato, un giocatore della sua tecnica che arriva a segnare 17 gol in una stagione non può essere considerato come una svista. Ma a Roma capita spesso che i gol belli vengano annullati e che le cose vadano storte: una cosa su cui anche Sabatini, con le sue promesse rivoluzioni culturali, non è riuscito ad avere potere. Resta il fatto che uno degli ultimi grandi centravanti in cui la Roma ha creduto ha smesso di giocare a calcio a 30 anni per dedicarsi a tempo pieno alla chitarra. Qualcosa vorrà dire.
Mauro Goicoechea
Acquistato: 2012, 100.000 euro pesr il prestito
Ceduto: 2013, fine prestito
La sinergia (e l’unità di intenti) tra DS, società e allenatore è un triangolo imprescindibile in ogni macchinazione di mercato: Sabatini, dall’alto della sua caratura intellettuale, ha sempre compreso che i desiderata dei tecnici, loro stessi espressione di un suo desiderata, erano da considerarsi imperativi, e anche, in un certo senso, “a rischio controllato”.
L’acquisto di Goicoechea è sabatiniano al 30%: a volerlo a Roma, essenzialmente, non era di certo Pallotta, né Stekelenburg, ma il boemo, innamorato della capacità dell’uruguaiano di giocare la palla con i piedi.
La percentuale sabatiniana risiede in quel contesto melmoso in cui è stato prelevato, la palude dei sovrastimati in cui vai a sporcarti le scarpe quando decidi di seguire principi di mercato “rissosi”, e poi anche nel prezzo relativamente irrilevante, sul quale progettare una rivendita da plusvalenza, ma soprattutto nella frequentazione di “bosco e riviera” che è l’unica dinamica di viaggio nella quale capita di imbattersi in esemplari di Goicoechea in cattività.
Scampato all’estinzione (un avvenimento quasi miracoloso dopo il meteorite che si è abbattuto sulla sua carriera), il percorso di Goicoechea è passato per Romania, Portogallo e Francia, dove oggi gioca con il Tolosa: se vi concentrate sulle pupille di Sabatini in questa foto, scattata durante la presentazione, potete scorgere, in un lampo di terrore, ognuna delle tappe.
Seydou Doumbia, il martire
di Emiliano Battazzi
Acquistato: 2014, 14,4 milioni
Ceduto: ancora tesserato
Dopo l’Epifania del 2015, la Roma è seconda a un punto dalla Juventus ma ha grandi problemi realizzativi: Destro e Iturbe non ingranano e i giallorossi iniziano a perdere punti. C’è pressione per l’acquisto di una punta: Sabatini vende Destro al Milan ma sembra non avere ancora pronto il sostituto. Il 31 gennaio, in prossimità della chiusura del mercato, la Roma annuncia l’acquisto di Seydou Doumbia dal CSKA Mosca per 14,4 milioni di euro. Pare fosse un vecchio pallino di Sabatini, che ne era rimasto colpito in una partita di Europa League tra il suo Palermo e il CSKA. L’ivoriano ha appena vinto la Coppa d’Africa con la sua Nazionale, insieme a Gervinho: e proprio questo è il problema. Doumbia si presenta a Trigoria solo due settimane dopo il suo acquisto, e nel frattempo la Roma non ha un centravanti (è stato ceduto anche Borriello).
Appena arrivato, il buon Seydou dice di essersi allenato durante i festeggiamenti: il campo dirà un’altra cosa. Fa il suo esordio appena due giorni dopo (!), con 85 minuti disastrosi contro il Parma: finisce 0-0, a riguardare le immagini adesso si capisce che era un ectoplasma. Con più onestà, pochi mesi fa ha confessato di essere arrivato a Roma completamente cotto dai festeggiamenti in Costa d’Avorio. Tranquillo Seydou, ce n’eravamo accorti.
Basta quella partita per essere fischiato ed etichettato come “pippa” (a Roma basta poco): poi segnerà due gol importanti contro Sassuolo e Genoa, ma senza convincere neppure un po’. Regala un’ultima perla alla tifoseria giallorossa prima di abbandonare per sempre: un rigore sbagliato con il cucchiaio nell’amichevole contro il Manchester City. Ritorna al CSKA e segna 6 gol in 8 partite di Champions; poi prova l’esperienza al Newcastle ma viene addirittura confinato nella squadra riserve. Adesso è in prestito al Basilea, ha segnato 6 gol in 8 giornate di campionato, e magari è felice. La Roma non tanto: fino al 2019 Doumbia ha un contratto con i giallorossi al folle ingaggio netto di 3 milioni di euro.
Lucas Digne e il caos
di Emanuele Atturo
Acquistato: 2015, prestito
Ceduto: 2016, fine prestito
Negli ultimi tempi Sabatini sembrava lavorare con meno pianificazione del solito, e l’operazione Lucas Digne ne è un buon esempio. Digne è arrivato a Roma in prestito con un diritto di riscatto altissimo, attorno ai 18 milioni di euro. Una cifra assurda che forse Sabatini pensava di poter negoziare. Questa fiducia nelle proprie capacità affaristiche, il presupposto implicito di essere più furbo degli altri, a volte lo ha portato fuori controllo.
La Roma ha avuto da Lucas Digne una buona stagione in prestito secco, ma dopo un anno si è trovata dover riprogettare la fascia sinistra ancora da capo. Distruggere senza paura di dover ricostruire: un principio che Sabatini non ha mai temuto, forse per un eccesso di egocentrismo. Spesso il DS è sembrato aver sempre più fiducia nella propria capacità di muovere il mercato, piuttosto che in quella dei giocatori di assicurare una continuità tecnica alla Roma.
Michael Bradley, il miracolato
di Emanuele Atturo
Acquistato: 2012, 3,75 milioni
Ceduto: 2014, 7,40 milioni
Michael Bradley era un buon centrocampista: ha giocato una stagione e mezzo a Roma, per lo più partendo dalla panchina, e un pezzo di cuore dei tifosi della Roma se lo è guadagnato con il gol qui sotto, segnato all’Udinese: la vittoria più complicata delle dieci consecutive di Rudi Garcia, quella in cui gli astri sembravano essersi allineati. L’importanza del gol si capisce dalla nota disperata e stridula che Carlo Zampa tocca solo nelle grandi occasioni.
Bradley, come Nakata prima di lui, è un ottimo esempio di una tendenza all’esotismo che Roma ha sempre avuto, una città che può dubitare anche dei più grandi, ma anche credere negli eroi più improbabili. Bradley è stato apprezzato sul serio a Roma e mostra l’aspetto più universalista e meno provinciale di una città spesso accusata, a ragione, di autoreferenzialità. In qualche modo, senza dire mai “aò”, Bradley ha rappresentato Roma e i romani.
Bradley è importante però soprattutto come esempio dell’infinità capacità affaristica di Sabatini, il motivo vivente del perché Pallotta lo stimava così tanto. Bradley è stato acquistato dalla Roma per una cifra inferiore ai quattro milioni di euro ed è stato rivenduto, due anni più vecchio, con dei limiti tecnici sempre più evidenti, a 7,40 milioni di euro, esattamente il doppio. Un’operazione che ha indignato la sempre più nutrita schiera dei “tifosi ragionieri” d’Italia, ma che spiega bene perché Sabatini, per certi versi, è davvero un mago.
Top 5 scommesse che sembravano avere senso, ma che poi abbiamo rimpianto
Victor Ibarbo
Acquistato: 2015, 2,5 milioni
Ceduto: 2016, 3,5 milioni
Ibarbo, oggi al Panathinaikos in prestito dal Cagliari, è uno dei giocatori che Sabatini ha nominato nella sua conferenza d’addio. L’ha fatto per ricordare uno dei momenti più belli della sua gestione dal suo punto di vista (il derby del 2015 per l’assegnazione del secondo posto, vinto con un gol di Iturbe, servito proprio da Ibarbo) e per difendere quell’operazione: «I due milioni spesi per il suo prestito sono stati recuperati dal Watford». Fa sempre un po’ impressione sentire un personaggio così lirico parlare di persone come fossero asset aziendali (lo fece anche con un quasi minorenne come Umar Sadiq). Non mi ricordo nemmeno perché la Roma ha deciso di scartare Ibarbo così in fretta. Mi ricordo solo il giorno in cui, giocando a FIFA, me lo sono ritrovato nell’Atletico Nacional de Medellin.
Tin Jedvaj
Acquistato: 2013, 5 milioni
Ceduto: 2015, 7 milioni
Jedvaj ha uno dei rapporti più sbilanciati, tra tutti i calciatori passati negli ultimi anni da Roma, tra quanto se ne è parlato e quello che in effetti si è riuscito a vedere di lui. Quando è arrivato a Roma, nel 2013, aveva diciassette anni e poco più di una decina di partite con la Dinamo Zagabria, se ne è andato un anno dopo in prestito dopo aver giocato qualche amichevole estiva, qualche partita in Primavera e appena 2 sole presenze ufficiali (entrambe con il Genoa, pochi minuti all’andata, l’intero ritorno: in quella partita, per capirci, Rodrigo Taddei giocava da centrale di centrocampo). Il Bayer Leverkusen lo ha riscattato dopo altri due anni (con alcuni infortuni importanti) e ok, la Roma ha guadagnato un pochino anche con lui, ma che importa quando si parla, o meglio, quando si parlava di uno dei migliori talenti del calcio croato, capace di giocare come terzino, difensore centrale e addirittura centrocampista centrale, che aveva fatto tutto il percorso con le nazionali giovanili e ancora la scorsa estate durante era in Francia per l’Europeo? Negli ultimi due anni non è diventato un vero e proprio rimpianto (adesso sembra finito dietro il 17enne Hendricks nelle gerarchie di Schimdt) e forse le ragioni del suo fallimento romano sono da cercare più nel carattere e nella capacità di ambientamento a Roma, ma è di sicuro un calciatore di talento che - ci vuole poco - avrebbe potuto dare di più. Tin Jedvaj deve ancora compiere 21 anni.
Salih Uçan
Acquistato: 2014, 4,75 milioni per il prestito
Ceduto: 2016, fine prestito
Uno dei grossi limiti dell’esperienza romana di Sabatini è stato quello di assumere allenatori che non credessero quanto lui nei giocatori che comprava. Parlando di Uçan, preso in prestito nell’estate del 2014 spendendo circa cinque milioni di euro, una volta disse: “Io scelgo i giocatori e la maggior parte delle volte coinvolgo l’allenatore, glieli faccio vedere e cerco di capire e avere la sua approvazione perché è lui che li allena. Deve volergli bene, se la scelta è comune un allenatore si affeziona, se invece la scelta è univoca è diverso”.
Buon natale a tutti.🎄🎅🏻 Un video pubblicato da Salih Uçan (@salihucan48) in data: 24 Dic 2015 alle ore 11:38 PST
Le volte in cui Sabatini ha comprato giocatori senza coinvolgere gli allenatori sono nate delle incomprensioni grottesche ai limiti del comico, di cui Uçan è in qualche modo il simbolo. La mezzala turca ha giocato un totale di 376 minuti in due stagioni di Roma (poco più di quattro partite complete) e di lui si parlava solo per ridere dei suoi infortuni assurdi. Una volta, per dire, è stato ricoverato per un’infezione alle vie respiratorie. Non riuscire a vederlo giocare con continuità non è un rimpianto solo di Sabatini. Uno spreco di bellezza concepibile solo a Roma.
Simon Kjaer
Acquistato: 2011, 3 milioni per il prestito
Ceduto: 2012, fine prestito
Se pensate che Kjaer, oggi, ha appena 27 anni immaginate quanto era giovane quando arrivò a Roma, un’era fa (era nella prima foto del profilo ufficiale facebook della Roma). Aveva 22 anni, aveva già giocato due stagioni di alto livello in Serie A, una così così in Bundesliga e vinto il premio di giocatore dell’anno della Danimarca. C’era, in quel periodo, un giocatore migliore su cui costruire le fondamenta difensive di una squadra di talento e prospettiva? Sabatini lo aveva portato al Palermo per il costo di una settimana di sigarette: 3mila euro, e poi lo ha portato a Roma. Kjaer è stata una delle prime e più inequivocabili delusioni della gestione americana: semplicemente avevamo comprato un giocatore e ce ne era arrivato un altro. Con le cassette di frutta al posto dei piedi - dentro una squadra che voleva impostare da dietro -, insicuro, lento fino alla completa stasi. La pietra tombale sulla sua esperienza a Roma è arrivata già il 16 ottobre, in un Roma - Lazio che Kjaer purtroppo non potrà raccontare ai suoi nipotini danesi.
Al quinto del secondo tempo, con la Roma in vantaggio, Hernanes serve l’inserimento di Brocchi. La palla è lunga ma Kjaer commette la leggerezza di dargli una carezza sul petto: non è davvero rigore, ma l’arbitro lo fischia ed espelle il difensore.
La differenza tra l’esultanza pazza di Brocchi e la tristezza di gesso della reazione di Kjaer è tutto. Da ricordare anche l’autogol in Coppa Italia contro la Juventus.
Ora è in Turchia e non voglio sapere come sta giocando.
Bojan Krkic
Acquistato: 2011, 12 milioni
Ceduto: 2013, 13 milioni
Leggenda vuole che Bojan Krkic Pérez abbia segnato complessivamente 638 gol nelle giovanili del Barcellona. Quando è arrivato a Roma aveva ancora 21 anni, le sue quotazioni erano in leggera flessione ma i discorsi di lui come “nuovo Messi” non erano poi così distanti. Era una scommessa, ma Bojan sembrava appartenere a quella fascia di talento d’elite che la Roma non aveva mai davvero maneggiato. La formula dell’operazione è cervellotica: 12 milioni, con il diritto di “recompra” del Barcellona per 17, con un ulteriore possibilità della Roma di trattenerlo versando altri 28 milioni. È stato il primo acquisto della Roma di Sabatini: la prima pietra del suo piano quinquennale. Bisogna riconoscere che a spingere sull’investimento fu soprattutto Luis Enrique; Sabatini, trovatosi a commentare, disse: «Magari in due anni fa 50 gol»: l’aveva già buttata a ridere.
Tony Sanabria, la plusvalenza pura
di Emanuele Atturo
Acquistato: 2014, 4,5 milioni
Ceduto: 2016, 7,5 milioni
Nella visione economica della Roma, Tony Sanabria è stato l’acquisto perfetto. Arrivato per 4,5 milioni, guardato da lontano dai tifosi della Roma che ne osservavano lievitare il valore economico, e infine rivenduto per 7,5 milioni, con una cospicua percentuale sulla futura rivendita. L’attaccante paraguaiano è la plusvalenza perfetta, che gonfia il suo valore senza neanche sporcare la maglia della squadra che ne possiede il cartellino. Sanabria ha chiuso la carriera alla Roma non arrivando neanche a mezz’ora giocata.
Minusvalenza, anche emotiva: Adem Ljajic
di Fabrizio Gabrielli
Acquistato: 2013, 11 milioni
Ceduto: 2016, 8 milioni
Nella conferenza d’addio Sabatini ha svelato di aver “adorato” il mancino serbo; di fatto il suo acquisto tormentato, nell’estate del 2013, dalla Fiorentina, si inscrive nella logica superiore dei tesseramenti fatti non solo per colmare lacune generate dall’addio di un tassello importante (in quel caso era Lamela), ma anche orientati a migliorare la rosa, quindi è evidente che il DS ne fosse innamorato: “ho accettato di cedere Lamela anche perché stavamo prendendo Ljajic”. Adem era apparso nella palla di vetro di Sabatini stagliandosi più nitido delle bizze e dell’indolenza, immagini relegate sullo sfondo di una polaroid sovraesposta, in cui il profilo di Ljajic era di un nitore sorprendente. Gli aveva mostrato un futuro radioso, tanto da spingerlo a redigere un contratto all’uopo, con clausole-trabocchetto.
Cederlo, tre anni più tardi, forse è stato più complicato che acquistarlo, anche da un punto di vista sentimentale, intendo. Immagino quante sigarette abbia divorato struggendosi per i capricci del serbo. Che poi ha accettato di trasferirsi a titolo definitivo al Torino: si sa com’è la mano di Walter, pò esse piuma come pò esse fèro.
Leandro Castan, tranquillo
di Dario Saltari
Acquistato: 2012, 5 milioni
Ceduto: 2016, 500mila euro per il prestito
Leandro Castan è uno dei giocatori che ha deciso di lasciare un proprio ricordo sui social dopo l’addio di Sabatini alla Roma. Su Instagram ha scritto: «Mi hai portato in Italia !!! Hai creduto in me quando nessuno ci credeva !!! Grazie grazie grazie !!! In bocca al lupo per il futuro !!!».
Castan rappresenta quella distanza che si era ormai creata tra Sabatini e la società perché, per la verità, il centrale brasiliano non sembra essersi separato benissimo da Roma. Dopo la vittoria del Torino per 3-1 dello scorso settembre, Castan aveva infatti dichiarato: «Qui ho trovato continuità non come prima che giocavo una partita e poi per 5 mesi nulla, poi un’altra partita in campo e poi altri mesi fermo». Castan doveva essere il centrale titolare della Roma la scorsa stagione ma la prima partita contro il Verona convinse Garcia a non farci più affidamento. Lo stesso fece Spalletti, esattamente un girone dopo.
C’è una trasposizione romana del già inquietante detto “Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio” che è particolarmente brutale: “Tranquillo è morto da un pezzo”. Fa luce su quanto a Roma sotto l’apparenza del volemose bene, tutti non aspettano altro di farti fuori al primo errore. Castan, girato prima in prestito alla Sampdoria in un’operazione tutt’altro che chiara, non ce l’ha fatta.
Holebas, l’ignaro
di Dario Saltari
Acquistato: 2014, 1 milione
Ceduto: 2015, 2,5 milioni
A volte Sabatini tratta i giocatori come cassette di frutta. Holebas, ad esempio, venne venduto senza essere informato: “Hanno organizzato il mio trasferimento senza chiedermelo ma non ho ancora firmato nulla. Non so perché questo è accaduto. So che il mio trasferimento è stato annunciato sia dalla Roma che dal Watford ma avrebbero dovuto prima parlare con me. Non ho mai detto di voler lasciare la Roma, firmerò dopo aver accettato i termini del contratto. Sono tornato dalla vacanza da Dubai e hanno iniziato a dirmi che è stata annunciata ufficialmente la mia cessione. Sono in Germania ora, come posso aver firmato un contratto?".
Allo stadio, nei momenti più bui della Roma di Garcia, Holebas era uno dei giocatori più insultati. Sotto la tribuna Tevere moltissimi gli urlavano di andare avanti, di essere più intraprendente (che poi è la stessa cosa che gli dice Totti durante l’azione che portò al suo bellissimo gol contro l’Inter). Nella Roma di Garcia, d’altra parte, non esisteva un piano di gioco e i giocatori tecnicamente sotto la media (per gli standard di una squadra di vertice della Serie A) venivano messi alla gogna per non riuscire ad incidere da soli sul risultato finale. Nel 2015 Holebas venne sostituito da Digne, senza che la Roma facesse un grandissimo salto qualitativo in quella parte di campo. Holebas, invece, ha continuato la sua onesta carriera al Watford, dov’è ancora titolare.
Gervinho, l’alieno
di Dario Saltari
Acquistato: 2013, 8 milioni
Ceduto: 2016, 18 milioni
Gervinho è sempre stato un elemento estraneo a Roma. Era un giocatore più di Garcia che della squadra, e il pubblico si eccitava e si imbufalifa alla stessa maniera per la sua mancanza di controllo sul pallone. Quando Garcia è stato esonerato, Gervinho è sembrato cadere sulla Terra da una galassia lontanissima: “Sono stato sorpreso e deluso perché, secondo me, non c’erano motivi per cui non potesse finire la stagione [Garcia, ndr]. Nonostante tutto quello che si è detto, la squadra non era così male. Era ancora sufficientemente ben piazzata per arrivare a qualcosa”.
A Roma pochi rimpiangono Gervinho, incluso Sabatini che con lui ha realizzato una megaplusvalenza che di solito non viene annoverata tra i suoi maggiori successi (col senno di poi, anche il suo prezzo d’acquisto era in realtà molto basso).
D’altra parte anche Gervinho non sembra sentire moltissimo la nostalgia: poco dopo essersi trasferito all’Hebei, in Cina ha pubblicato un video che era pensato come una sorta di ringraziamento ai tifosi della Roma ma che invece è uscito come una metafora di tutta la sua esperienza nella capitale. Lo si vede cercare la maglia della Roma in mezzo ad un mucchio di panni sporchi, trovarla, assicurarsi che sia proprio quella, e poi dire, rivolto alla telecamera: “Sempre forza Roma”. Poteva almeno aspettare la fine della registrazione prima di ributtarla a terra.
bstrong>Bonus: progetti primavera, chi portereste con voi su un’isola deserta?
Filippo Scardina - oggi al Siracusa dopo aver segnato un gol a Sofia senza sapere di doverci andare (né dove fosse Sofia), e che si vergognava di parlare al telefono con la madre dal ritiro.
Loic Nego - oggi al Videoton (dove spacca le porte ed è il king delle polemiche)
Claudiu Bumba - oggi all’Hapoel Tel Aviv, dove lo chiamano Bomba.
Alexis Ferrante - oggi all’Abano Calcio, qui in una clip malinconica (con dissolvenze a stella) di quando brillava nell’U18 dell’Italia. Pare che per lui e Berisha Sabatini rinunciò a Belotti.
Deian Boldor - oggi all’Hellas Verona, strappato da Sabatini da un contesto di spogliatoi coi tetti di tegola sconnesse e punti esclamativi!
Jonatan Lucca - oggi al Pune City, dopo una stagione in Malesia in una squadra che ha un cerbiatto nello stemma, dove infiamma i cuori del subcontinente indiano.
Sebastian Mladen - oggi svincolato: sognava un futuro di successo, da bling bling, è andata com’è andata (quello là dietro è un KOALA?).
Tomas Svedkauskas - oggi in prestito alla Lupa Roma.
Alex Pena - oggi al Matera.
Valmir Berisha - oggi al Cambuur. Di Marzo scriveva: «Valmir Berisha dovrà convivere a lungo con l'appellativo pesante di 'nuovo Ibrahimovic', ma proverà a scrollarselo di dosso in fretta». Direi che c’è riuscito facilmente.
Tomas Vestenicki - oggi al Cracovia.
Petar Golubovic - oggi al Pisa. Highest-peak in carriera: comparire sull’agenda di Sabatini nelle stesse pagine di Javier Pastore.
Wesley Yamnaine - oggi al Fabrègues. Pizzi, allora allenatore del Parma Primavera, disse «Se deve giocare al posto di uno come José Angel ci penserei un attimino».
Pepin - oggi in prestito al Trapani: sul serio non lo seguite ancora su Twitter?
Kevin Mendez - oggi in prestito al Losanna. A proposito di Nuovo [aggiungere campione], gli davano del Nuovo Tévez.
Ismail H’Maidat - oggi in prestito al Vicenza, il famoso carrarmato che a Risiko sposti sulla Kamtchakta sperando di costruirci un’armata.
Conor Borg - oggi in prestito al Floriana. Incredibile ma Sabatini, all’atlante dei suoi acquisti, che somiglia a un bestiario, ha saputo aggiungere pure Malta.
Nemanja Radonjc - oggi al Curacicki: uno con cui invadere i pullman, un pazzo vero. Infatti a casa di chi abitava, a Roma? Taac.
Nura Abdullahi - ancora alla Roma, con la pesante eredità di essere uno dei pochi giovani ai quali Sabatini ha dato del fenomeno.
Umar Sadiq - oggi in prestito al Bologna, un “un bambinone del ’97 che valeva 300mila euro e ora vale sciaguratamente 5 milioni”.