
Nel suo podcast dedicato alla vita dell’uomo medievale Alessandro Barbero ci racconta l’incredibile storia di Salimbene da Parma, un frate predicatore dell’ordine francescano. Salimbene è molto orgoglioso dell'ordine dei francescani, che secondo lui terrebbe in peidi la Chiesa. Essere un francescano è un onore e un privilegio, e gli altri ordini sono, quando va bene, incomprensibili. C'è un ordine in particolare che non piace a Salimbene, quello degli apostolici. Questi sono il peggio del peggio: analfabeti, non servono a nulla, non dicono messa, non pregano, non danni buoni consigli, non sanno disputare, non conoscono la Bibbia, stanno tutto il giorno in piazza a guardare le donne. «Eppure la gente dà più elemosina a loro che a noi. È il mondo alla rovescia», si lamenta Salimbene.
Se, come in molti sostengono, l’Italia ha preso la sua forma nel Medioevo, allora forse è in quel periodo che abbiamo imparato l’arte di lamentarci con grande costanza. Lamentarci come riflesso involontario, lamentarci come stile di vita, lamentarci come i contadini pigri e spossati descritti in Cristo si è fermato a Eboli, o in quei racconti comici di Rocco Scotellaro. Come in quella sua poesia in cui un contadino, sfinito, si lamenta di non potersi nemmeno lamentare, invocando l'aiuto di Cristo:
Signore il mio padrone mi strapazza,
mi tratta come un cane per la via
tutto mi prende con la sua rozza mano
neppure la vita dice che sia la mia
se io mi lamento, peggio, mi minaccia
con catene mi castiga a prigionia
quindi ti prego questa brutta razza
distruggila tu Cristo per me
distruggila tu Cristo per me
Tutti si lamentano, ovunque, di continuo. Nella politica e nel calcio, però, la lamentela raggiunge il suo più alto grado di sofisticazione. «Le lamentele sono un veleno, un veleno all’anima, un veleno alla vita perché non ti fanno crescere il desiderio di andare avanti. State attenti con le lamentele», dice Papa Francesco, ma gli allenatori italiani non lo ascoltano e continuano a lamentarsi, intervista dopo intervista, arrampicati su mangrovie di scuse sempre più arcane.
Si lamentano per tutto: arbitri, calendari, colore dell’erba, consistenza del per pallone, fenomeni atmosferici e divini. A volte hanno ragione, altre volte meno. Secondo il Papa lamentarsi è quasi un peccato, e in effetti siamo vicini al territorio dell’accidia, fra i peccati capitali quello più mesto. Un abbandonarsi alla negatività, all’inerzia, all’abulia. Dante infilava gli accidiosi nella quarta cornice del purgatorio. È bello immaginare gli allenatori italiani correre sulla cornice del purgatorio incitandosi a non perdere tempo in scuse assurde, a concentrarsi su quello che possono controllare, mentre gli angeli della sollecitudine gli ricordano quanto sono riusciti a mettersi in ridicolo.
A volte le lamentele degli allenatori sfociano in quel peccato capitale che è il contrario dell’accidia, e cioè l’ira.
Gli allenatori si lamentano in tutto il mondo, a volte scendendo in abissi di ridicolo disumani; ma nessuno si lamenta con la costanza e il rigore degli allenatori italiani. Nessuno ha il loro senso artistico, la loro creatività. Perché si lamentano così tanto? «Non c'è tempo per piangere» ha detto Mourinho ieri dopo la sconfitta contro il Genoa, ma diciamoci la verità: il tempo per piangere almeno un po' si trova sempre (per Mourinho ieri, per esempio, mancavano Smalling e Ibanez).
Ci si lamenta per scrollare via un po’ di tensione, o anche solo un po’ di responsabilità. Pochi lavori sono più usuranti mentalmente di quello dell’allenatore di calcio, ritenuto sempre il maggior responsabile di qualcosa che poi di fatto non ha combinato lui - quando diciamo “in campo ci vanno i giocatori” diciamo un’ovvietà che spiega bene però il salto di pensiero che facciamo quando giudichiamo le partite. Ci si lamenta per stress, o come rito apotropaico, per scacciare malocchi, per esercizio di stile. Ci si lamenta con scuse vecchie come il mondo, o così inedite da poter sconvolgere e far ridere. Ci si lamenta scaltri e paraculi, o ci si lamenta ingenui, indifesi al cinismo memetico.
Mi sono lanciato nell’impresa di raccogliere le migliori scuse degli allenatori italiani negli ultimi anni, catalogandole a seconda della categoria. Quali sono le loro preferite? Quali sono gli allenatori che si lamentano di più? Cosa nascondono tutte queste lamentele? Proviamo a rispondere a tutte queste domande, e mi scuso se moltissime lamentele sono rimaste fuori da questo elenco: erano troppe. Buone lacrime a tutti.
___STEADY_PAYWALL___