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Anche l'atletica vuole essere più sexy
20 set 2024
La World Athletics vuole rivoluzionare i calendari e le regole per rendere lo sport più attrattivo.
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12 min
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IMAGO / Bildbyran
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“È una gara. Una gara che non possiamo perdere. Una gara contro il tempo, una gara per continuare a catturare l’attenzione dei giovani. Non è una gara contro gli altri sport. È una gara contro le influenze esterne che impiegano il loro tempo e, a essere sinceri, in alcuni casi sono più emozionanti e importanti per le loro vite”. Un copia e incolla di parole che abbiamo sentito più o meno ovunque, da più o meno qualsiasi uomo (sempre uomo) a capo di una qualunque istituzione sportiva. In questo caso le parole sono di Sebastian Coe, il presidente della World Athletics. Candidato presidente al Comitato Olimpico Internazionale e, alla pari di tanti suoi colleghi dirigenti, crede che lo sport che lui governa vada rivisto, rinfrescato e aggiornato, per essere all’altezza dello spettro che si aggira per il mondo: Fortnite.

Chiariamoci: l’atletica ha i suoi problemi, che derivano e si intrecciano a partire componenti diverse della propria natura. Uno sport individuale, uno sport olimpico (forse lo sport olimpico per eccellenza) e uno sport incredibilmente frammentato, che contiene al suo interno moltissimi altri sport, e atleti che non sembrano appartenere allo stesso pianeta. Il problema della federazione e di chiunque partecipi al mondo dell’atletica è quello di mantenere una narrazione convincente e coerente lungo tutto l’anno, tutti gli anni, che sfrutti ed esalti i propri migliori atleti in ogni disciplina, anche al di fuori dell’entusiasmante, ma infrequente, sbornia olimpica.

Le idee

Al momento, il calendario dell’atletica all’aperto si articola annualmente da aprile a settembre. C’è anche una più breve stagione invernale che si disputa al chiuso, su piste da 200 metri invece che 400, che gode però di minor interesse e infrastrutture (in Italia sono presenti soltanto due strutture complete ad Ancona e Padova, con una terza in costruzione a Brescia). Ogni quattro anni l’evento più importante sono le Olimpiadi, ogni due (quelli dispari) si svolgono i campionati mondiali. Nel corso dell’anno, gli atleti gareggiano poi in diversi meeting, organizzati in vari circuiti. Il più importante è quello della Diamond League, quattordici incontri – a cui appartiene il Golden Gala di Roma – che culminano nelle finali di stagione, una due giorni in cui ci si classifica sulla base dei punti accumulati durante gli altri meeting del circuito. Al di sotto c’è una selva di altri circuiti, meeting e campionati organizzati a livello mondiale, continentale e così via.

Per molti, parte del problema sta nella Diamond League, che non è stata in grado di replicare un formato da Coppa del Mondo simile a quello di altri sport individuali. L’atletica resta uno sport in cui contano due cose: vincere una medaglia per il proprio paese, oppure stampare la misura migliore possibile. L’atleta deve pianificare come distribuire i propri picchi di forma per arrivare al meglio agli appuntamenti più importanti, e nel frattempo raggiungere il massimo risultato in termini numerici – che, a cascata, sono il criterio di qualificazione ai grandi eventi. In questo scenario, a nessuno importa quante tappe di Diamond League hai vinto alla fine dell’anno.

Per questo, se hai entrate e sponsor a sufficienza, non partecipare è un’opzione percorribile, quando non la preferita. Prendete per esempio Sydeny McLaughlin-Levrone, dominatrice dei 400 ostacoli, di cui detiene lo strabiliante record del mondo. Nel 2024 McLaughlin-Levrone ha gareggiato dieci volte sui 400 metri (considerando senza ostacoli, con ostacoli e staffette), mai in Diamond League. La sua avversaria più accreditata, la neerlandese Femke Bol, è già a diciassette (ventisei contando anche le gare indoor).

Proprio qualche giorno fa McLaughlin-Levrone era stata invitata come wild card alle finali di Diamond League a Bruxelles. La decisione ha scatenato qualche protesta, perché per partecipare alle finali, anche su invito, bisogna aver preso parte almeno a un meeting del circuito in stagione. Gli organizzatori hanno dovuto organizzare eventi addizionali per garantirne la presenza senza calpestare l’opaco merito sportivo della Diamond League, le cui classifiche e i cui criteri di selezione sono di scarsissimo interesse anche per gli appassionati. Nella loro carriera, McLaughlin-Levrone e Bol si sono affrontate soltanto tre volte, in due Olimpiadi e un Mondiale.

Per provare a mettere più spesso a confronto le atlete e gli atleti migliori l’uno contro l’altro, la World Athletics ha da poco introdotto l’Ultimate Championship, un nuovo super-meeting biennale alla fine di ogni stagione pari, in un momento in cui non ci sono grandi incentivi alla defezione e con un montepremi a cui sarà difficile dire di no (dieci milioni di dollari complessivi). Sarà una competizione più snella dei Mondiali, senza turni di qualificazione (tranne la semifinale per alcune discipline) da svolgersi in tre serate. Mettendo a sistema l’introduzione dell’Ultimate Championship con la decisione di spostare i Mondiali alla fine delle stagioni dispari, la World Athletics vuole garantirsi almeno un evento annuale alla fine ogni stagione in cui mettere i migliori l’uno contro l’altro. Resta da capire se l’Ultimate Championship possa prendere un ruolo da Mondiale de facto (pur se gli atleti gareggiano per se stessi e non per la propria nazione) e annacquare così l’importanza dell’avvenimento biennale.

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Mettere i migliori l’uno contro l’altro sembra essere diventato il mantra da seguire, e lo si è visto anche nell’anticipatissima ed episodica sfida sui 100 metri tra l’astista Armand Duplantis e il quattrocentometrista a ostacoli Karsten Warholm, costruita con l’intento di stimolare curiosità e rivalità anche tra atleti di discipline diverse.

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Un nuovo caso Superlega?

Sulla stessa scia arrivano anche soluzioni dal mondo esterno alla World Athletics, nella riproposizione di un conflitto tra monopolio costituito e tentativi privati di irrompere che assomiglia, pur se in parte, ai tentativi falliti della Superlega calcistica e a quelli riusciti della LIV del golf. La novità del momento è la (il?) Grand Slam Track di Michael Johnson. L’ex primatista mondiale di 200 e 400, da sempre molto attivo e loquace riguardo a cosa debba essere fatto per tenere puntati sull’atletica riflettori più luminosi e più ricchi, ha presentato per il 2025 un nuovo circuito che – nonostante le smentite da ambo le parti – sembra metterlo inevitabilmente in rotta di collisione con World Athletics e la Diamond League.

Al momento i dettagli non sono tantissimi, ma qualcosa si sa già. La Grand Slam Track organizzerà quattro meeting annuali, gli Slam: due negli Stati Uniti (uno a Los Angeles) e due nel resto del mondo. Ci saranno sei gruppi di otto atleti, e ciascun gruppo gareggerà su due distanze (nessun lancio e nessun salto) nell’arco di tre giorni: sprint brevi (100 e 200), ostacoli e sprint brevi (110H/100H e 100), sprint lunghi (200 e 400), ostacoli e sprint lunghi (400H e 400), mezzofondo veloce (800 e 1500) e mezzofondo prolungato (3000 e 5000). A loro volta, gli atleti sono divisi in due categorie: una metà, i Racers, firmano un contratto annuale con l’obbligo di presenziare a ognuno degli Slam, mentre l’altra metà, i Challengers, verranno ingaggiati per il singolo meeting.

L’obiettivo, di nuovo, è di stimolare l’interesse per il confronto tra atleti, più che tra un atleta e il cronometro. Più di tutto questo, comprensibilmente, a contare per gli atleti sarà soprattutto il montepremi: l’ultimo classificato di ogni Slam guadagnerà 10.000 dollari, quanto il vincitore di una tappa di Diamond League, il primo 100.000. Anche per questo, i primi nomi che hanno firmato per la Grand Slam Track sono tra i più importanti del panorama: a Sydney McLaughin-Levron, il primo ingaggio, si è di recente aggiunto l’intero podio dei 1500 metri maschili alle Olimpiadi di Parigi 2024 (gli statunitensi Cole Hocker e Yared Nuguse – oro e bronzo – e lo scozzese Josh Kerr – argento) e i due centometristi statunitensi Fred Kerley (argento nei 100 a Tokyo 2020 e bronzo a Parigi 2024) e Kenny Bednarek (argento nei 200 a Tokyo e nei 100 a Parigi). La convivenza tra la Grand Slam Track e la Diamond League resta uno dei punti interrogativi della prossima stagione.

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Meno grandiose ma altrettanto interessanti sono altre proposte che emergono dagli Stati Uniti, come il meeting Athlos di New York: organizzato da Serena Williams e dedicato esclusivamente alle atlete donne, la gara offre, diritti tv e partnership commerciali da spartirsi tra le atlete partecipanti (tra cui il montepremi da 60.000 dollari per la vincitrice e il 10% dei proventi da botteghino). Parallelamente il primatista mondiale del peso Ryan Crouser sta pianificando una lega di lancio del peso: «I lanci sono pagati malissimo». Ci sono gare «dove i migliori otto del mondo vengono a competere per 1.000 dollari. Non puoi farlo in nessun altro sport». L’obiettivo è di dare più visibilità agli eventi di campo, spesso messi in secondo piano dalle gare di corsa dal punto di vista televisivo e d’immagine. L’American Shot Put League, pianificata per il 2026, si
organizzerebbe in una serie di competizioni fuori dagli stadi a pochi giorni l’una dall’altra, con l’intenzione di costruire un momentum e un filo narrativo che non rischi di sfilacciarsi nel corso delle settimane che passano tra un meeting di Diamond League e l’altro.

Novità anche sulle regole

La federazione mondiale, però, sta pensando anche a intervenire nella struttura delle gare in sé, alla ricerca ossessiva di una competizione che sia più “entusiasmante”, qualsiasi cosa voglia dire. La proposta più nota e discussa è probabilmente quella di eliminare l’asse di battuta nelle gare dei salti in estensione, il lungo e il triplo. Invece di una linea da cui si comincia a misurare la lunghezza del salto, la World Athletics ha proposto l’inserimento di una zona di stacco, quaranta centimetri di pedana da cui l’atleta può staccare in libertà, senza preoccuparsi di essere lontano dalla riga: i centimetri che, una volta, erano “regalati alla pedana”, verrebbero ora aggiunti alla misura del salto. Secondo l’ufficio innovazione della World Athletics, questo permetterebbe una competizione più rapida ed emozionante, in cui ogni salto (o quasi) è valido ai fini della gara.

Le critiche, però, sono arrivate come un fiume in piena. Gli appassionati hanno sottolineato come la capacità di lunghisti e triplisti di avvicinarsi il più possibile alla riga, senza toccarla, fa parte della tecnica stessa del salto e della bravura dell’atleta, e l’introduzione della zona di stacco trasformerebbe i salti in un puro esercizio di forza, privandolo di un sottile – ma determinante– esercizio di destrezza. Gli atleti, da parte loro, hanno confermato, piccati, di non essere mai stati presi in considerazione nel processo decisionale: il greco Miltiadis Tentoglu, bicampione olimpico in carica, ha anche minacciato di abbandonare lo sport, nel caso la riforma fosse confermata.

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La federazione ha testato in pubblico questa e altre innovazioni per la prima volta al meeting sperimentale Fribourg Track Lab, il primo settembre 2024. I difetti della nuova idea sono emersi in modo evidente. Oltre a snaturare l’evento, il nuovo salto in lungo impedisce agli spettatori, che siano a casa o in tribuna, di riconoscere immediatamente la bontà di un tentativo. Sarà lungo? Sarà corto? Un “normale” 8,10 può diventare un ottimo 8,40 a seconda che l’atleta abbia staccato trenta centimetri prima o dopo all’interno della zona di stacco, ma non è una valutazione semplice da fare ad occhio nudo: bisogna attendere pazienti il replay e la misurazione elettronica, sradicando totalmente dall’esperienza la spontaneità dell’impressione. Certo, già prima per la misurazione precisa c’era da attendere, ma almeno il confronto tra sabbia e tabellone metrico retrostante lasciava suggerire qualcosa. La vera beffa, poi, è arrivata già al primo salto della competizione: la neerlandese Britt De Blaauw ha saltato oltre la zona di stacco. In sostanza, nonostante tutti i tentativi per impedirglielo, ha comunque fatto nullo.

Una sensazione simile è quella che si è vissuta con il salto con l’asta. A Fribourg, per la prima volta, la misura valutata non era quella dell’altezza dell’asticella, ma quella effettivamente saltata dall’atleta, utilizzando telecamere poste in corrispondenza dello scavalcamento degli atleti. Di nuovo, la resa è stata pessima: da spettatori, e da atleta, l’adrenalina nel salto con l’asta sta proprio nel momento in cui l’astista, come un’acrobata, si contorce sull’asticella per provare a superarla, e l’esplosione di gioia (o tormento) nel momento in cui realizziamo che quella resta su (o cade). Affidarsi all’occhio elettronico, freddo e ritardatario, che ci dà una misura di cui non abbiamo nessun contrafforte fisico, pregiudica il nucleo emotivo che sta alla base dell’esperienza stessa. Senza parlare dell’annientamento della componente narrativa provocata naturalmente dal continuo alzarsi dell’asticella, che diminuisce via via il numero di partecipanti, finché di solito, se è presente, resta solo Duplantis.

Meno controversa è invece l’intenzione di liberarsi del tempo di reazione minimo: ad oggi, negli sprint, un atleta viene sanzionato se parte entro un decimo di secondo dallo sparo dello starter, storicamente ritenuto il tempo minimo impegnato dal sistema nervoso a reagire al segnale acustico. Già studi di 15 anni fa concordavano sulla necessità di abbassare il limite attorno agli 80 millisecondi, e ora la World Athletics sembra intenzionata ad abolire la soglia del tutto: se parti dopo lo sparo, anche solo appena dopo lo sparo, via libera.

Lo scenario è movimentato e confuso e, come accaduto con la Grand Slam Track di Michael Johnson, le proposte arrivano anche da fuori. A riguardo del lungo, per esempio, il Guardian proponeva di far seguire ai salti di qualificazione un tabellone tennistico in cui gli atleti si affrontassero uno contro l’altro in quarti di finale, semifinale e finale per stabilire le medaglie, tenendo insieme un formato (forse) più attrattivo e la ritualità ultracentenaria del gesto. Con un approccio simile, nel settembre del 2024 la Pole Valut Academy organizzerà a Latina una competizione di salto con l’asta a torneo, con gironi e tabellone a eliminazione diretta, includendo un formato a squadre.

Sarebbe quanto meno strano se, alla fine, la rivoluzione del futuro dell’atletica passasse dall’Agro Pontino.

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