
Autodromo di Monza, domenica 9 luglio 2023. La coda nei pressi dell’eliporto per accedere al gate lungo il rettilineo che dalla Ascari porta alla Parabolica avanza lentamente. Sono le 9.15 di mattina e fa molto caldo. Siamo in ritardo, nonostante la sveglia all’alba. Gara 3 della Formula 1 Academy è già iniziata, ma l’ingresso nel parco della Villa Reale era intasato quasi a livelli di Formula 1, anche se si trattava solo del WEC, il campionato di endurance.
Avrei dovuto prevederlo, visto che la Ferrari era reduce dal successo alla 24 Ore di Mans, il primo in quasi sessant’anni. Per ingannare l’attesa scambiamo due parole con le persone attorno. Mio figlio di sei anni dice che si trova lì per vedere Lisa Collani, una pilota che in realtà non esiste. Si tratta di un alter ego virtuale dell’emiratina Amna Al Qubaisi – in pista in quel momento - creata per il board game che va per la maggiore a casa nostra. È un gioco di corse che si chiama Formula D e lo abbiamo modificato introducendo elementi di role-playing, inventando scuderie, piloti, contest e carriere.

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Nel mondo di Lisa Collani l’automobilismo femminile non esiste. Si sale in macchina, si abbassa la visiera e si corre. I migliori vincono. Sipario. Nel mondo di Amna Al Qubaisi, invece, alla domanda: “Ma perché, esiste l’automobilismo femminile?”, non si può che rispondere in maniera affermativa. Nonostante l’automobilismo sia una delle poche discipline sportive nelle quali la divisione di genere non è prevista, in quanto priva di senso, nella realtà si è resa necessaria la costituzione di una categoria dedicata esclusivamente alle pilote. In passato si chiamava W Series ed è stato un colossale buco nell’acqua, in primo luogo a livello finanziario, con perdite complessive pari a 48 milioni di euro (oltre 2 per ciascuna delle 21 gare disputate nel corso di tre stagioni) e un debito nei confronti di circuiti ospitanti, fornitori e piloti (per premi mai corrisposti) che ancora oggi si aggira sui 18 milioni. Azionisti come David Coulthard e Adrian Newey hanno complessivamente perso quasi 30 milioni in questa operazione che non ha prodotto alcun risultato tangibile per le partecipanti, a parte salvare qualche carriera, come nel caso di Abbi Pulling, su cui ritorneremo più avanti.
Quella mattina a Monza pensai che la F1 Academy, nata sulle ceneri della W Series, rischiava seriamente di andare incontro allo stesso destino. Le pilote correvano nel disinteresse più totale, con scarsissima copertura televisiva anche in streaming (in Italia, Sky dedicava loro una sintesi di pochi minuti) e in contesti poco appropriati, come appunto il WEC, oltretutto incastrate tra gare di auto d’epoca come l’Alfa Revival e la F3 Cup. Attirare sponsor e ottenere visibilità in queste condizioni sembrava un’impresa titanica. Un anno e mezzo dopo è cambiato tutto, con la stessa rapidità con la quale in Formula 1 si è passati dal dominio Red Bull alla sfida McLaren-Ferrari per il titolo costruttori. Conclusa la sua seconda stagione ad Abu Dhabi, in parallelo con l’ultimo atto del circus e della Formula 2, la F1 Academy ha cambiato marcia, tanto a livello formale quanto sostanziale.
F1 Academy è un nome senza dubbio pomposo e che può anche risultare fuorviante. Con la F1 infatti c’entra poco, non fosse per l’utilizzo delle livree ufficiali delle dieci scuderie, novità dal grandissimo impatto visivo e altrettanto notevole incremento di appetibilità commerciale, che ha segnato un netto spartiacque tra la prima e la seconda stagione della categoria. Ma di fatto la vera “scuola” piloti rimane la struttura gerarchica delle serie minori che, partendo dalle F4 regionali e dalla FRECA (la F4 europea), sale progressivamente alla F3 e alla F2.
La Academy è una categoria altrettanto propedeutica ma collaterale, non appartenendo alla galassia della FIA – pur seguendone regole e dettami tecnici – ma facendo capo a Liberty Media. Proprio la necessità di integrare questi due sistemi rappresenta uno dei nodi cruciali per lo sviluppo del campionato, e sotto questo profilo la seconda stagione ha compiuto passi da gigante rispetto a quella inaugurale, specialmente grazie all’introduzione dei punti per ottenere la superlicenza FIA, indispensabile per poter correre in Formula 1. Anche a livello di monoposto, senza scendere troppo nei dettagli tecnici, si è lavorato per un trimestre abbondante allo scopo di rendere le monoposto - tutte Tatuus-Autotecnica utilizzate nella Formula 4 – conformi ai regolamenti FIA, specialmente riguardo al rapporto potenza/peso, pur mantenendo alcune proprie peculiarità, soprattutto a livello aerodinamico, utili a incrementare le possibilità di sorpasso in assenza di DRS.
Pur non essendo ancora stati resi noti i dati finanziari dell’annualità appena conclusa, senza dubbio la F1 Academy sta viaggiando in direzione opposta rispetto alla W Series. Due gli indicatori: gli sponsor coinvolti e l’annuncio dell’allargamento da 15 a 18 monoposto per la stagione 2025, con Hitech che si aggiungerà ai costruttori già presenti, ovvero ART, Campos, MP Motorsport, Prema e Rodin. Tolte le dieci monoposto griffate F1, le altre hanno presentato colori e design dei partner ufficiali della serie: Puma, American Express, Charlotte Tilbury, Red Bull (la bibita ovviamente, non il team) e Tommy Hilfiger, quest’ultima un esempio di stile per l’utilizzo dei colori bianco, rosso e blu del brand aziendale. Si tratta di marchi che la prima Academy si sognava, e in questo caso l’aver agganciato la serie alla F1, tanto a livello di calendario quanto di coinvolgimento delle scuderie, è stata una mossa decisiva.
La F1 Academy è una piattaforma finalizzata alle pari opportunità a livello di accesso al mondo dei motori e nasce dalla considerazione che nessun talento possa evolversi in un campione se non gli vengono fornite adeguate possibilità di crescita e sviluppo. Allargando il discorso, si tratta anche di intercettare potenziali talenti derivanti da un bacino di utenza che i dati mostrano in crescita, come emerso da una ricerca pubblicata nel 2023 da More Than Equal, nella quale veniva evidenziato come il 40% dei fan guadagnati dalla F1 negli ultimi cinque anni fossero donne, e di come l’età media del pubblico femminile fosse di 10 anni inferiore rispetto a quello maschile. Gettate le basi di questo processo, con fondamenta economiche ben più solide rispetto al passato, il boss della F1 Academy, Suzie Wolff, moglie del team principal Mercedes Toto, è adesso chiamata al compito più difficile: estrarre da una formula di successo una pilota di successo. E i problemi non mancano.
In un’intervista al De Limburger, Max Verstappen ha mostrato le sue perplessità; non nei confronti della categoria, ma dei mezzi a disposizione delle pilote. «Le auto che guidano sono troppo lente», ha detto l’olandese «Se davvero si vuole che queste pilote un giorno arrivino in Formula Uno, bisogna alzare il livello». Capita così che la vincitrice del campionato, Abbi Pulling, capace di dominare la categoria proprio alla Verstappen, vincendo 9 gare e concludendo a podio tutte le rimanenti, non sia ritenuta pronta dal CEO della Formula 3 Bruno Michel per gareggiare nella categoria che dirige. «Non sto dicendo che non abbia talento, anzi, la considero dotatissima, ma non voglio bruciare nessuna carriera. Vorrei in Formula 3 una pilota che mi offra garanzie di poter fare bene, che sia strutturata fisicamente e mentalmente per essere competitiva fin da subito».
Premiare la vincitrice della F1 Academy con un posto nella FRECA, come previsto nella prima stagione, è stato un buco nell’acqua, e la Wolff è corsa ai ripari cambiando destinazione alla regina della categoria, con Pulling che nel 2025 correrà nel campionato GB3 inglese. Una sorta di “Formula 3.5” che utilizza monoposto di Formula 4 con specifiche tecniche che consentono un passo gara da Formula 3. In F4, del resto, le pilote corrono già, ottenendo anche discreti risultati. Pulling è arrivata settima nella F4 inglese, raccogliendo una vittoria, un podio e 130 punti totali; l’Academy Ferrari Maya Weug ha corso nel 2023 nella FRECA andando a punti in sei occasioni; Hamda Al Qubaisi è stata la prima pilota ad andare a podio in una gara di F4 italiana e a vincere in F4 EAU.
I risultati sono condizione necessaria ma non indispensabile per continuare a correre, come sanno tutti coloro che frequentano le corse. Quando si parla di budget, il problema nel reperire adeguate risorse è totalmente gender neutral e accomuna tutti, piloti e pilote, nelle categorie sotto alla Formula 1. Non c’è quindi da stupirsi se un domani riuscirà a fare più strada la filippina Bianca Bustamante, una delle maggiori delusioni di quest’anno della F1 Academy, rispetto ad altre colleghe. La Bustamante ha alle spalle un intero Paese, rapito dall’ascesa di una concittadina (attualmente nell’Academy McLaren) in uno sport dalla fortissima tradizione maschile e nel quale le Filippine non hanno mai avuto alcuna rilevanza. Un’autentica star, tanto da finire al 64esimo posto nella classifica stilata da SportsPro Media and NorthStar Solutions Group sui 150 sportivi più appetibili a livello di marketing nel 2024. Al 58esimo posto, per rendere l’idea delle proporzioni del suo business e delle sue potenzialità di marketing, staziona Carlos Sainz, mentre al 63esimo c’è George Russell.
La prima F1 Academy è stata vinta dalla spagnola Marta Garcia, che avrebbe dovuto correre in FRECA e che invece ha optato per la endurance. Gli accordi prevedevano la possibilità di schierare una monoposto aggiuntiva per la scuderia che avrebbe ospitato una rookie proveniente dalla F1 Academy. Chi avrebbe dovuto coprire i costi aggiuntivi per una macchina in più non era chiaro, o forse lo è stato fin da subito. Comunque, Garcia ha scelto un’altra strada, correndo comunque in FRECA nelle gare finali con le Iron Dames, senza ottenere risultati rilevanti. Poche settimane fa la spagnola ha dichiarato di avere con ogni probabilità disputato la sua ultima gara su una monoposto, optando per continuare nella endurance. Un’uscita che ha provocato l’intervento di Sophia Flörsch, la principale nemica degli steccati rosa nel motorsport. La tedesca, in passato molto critica nei confronti delle W Series («Non abbiamo bisogno di ghetti dove essere rinchiuse») è a oggi la donna presente al più alto livello nella piramide del motorsport, avendo concluso la sua seconda stagione in F3 (la prima con PHM, la successiva con Van Amersfoort Racing), categoria in cui nel 2023 è stata la prima pilota a ottenere punti.
Pinkwashing è stata l’accusa mossa dalla Flörsch alla F1 Academy, commentando in maniera durissima su X il post con l’annuncio della Garcia. “Mi spiace tanto per te, Marta”, ha scritto.“Dove sono tutti i programmi femminili annunciati nel 2021/2022? Sembra ti abbiano usata e poi messa da parte. La visibilità non sempre va d’accordo con il cronometro. La visibilità aiuta solo la F1, non le donne pilota. È tutto così triste”. Il magazine Autosport è stato il primo a pubblicare la storia legata ai commenti della Flörsch, per poi rimuoverla dopo solo mezz’ora. Un'altra testata, F1-insider.com, ha parlato di pressioni esercitate direttamente dalla Wolff per mettere offline l’articolo sgradito.
Senza dubbio Suzie Wolff è una politica navigata, che sa muoversi bene nei corridoi del motorsport. In caso contrario, la F1 Academy non sarebbe mai esistita, né ci sarebbe il suo nome nell’elenco dei potenziali candidati all’elezione di presidente della FIA prevista a fine 2025 al termine del mandato di Mohamed Bin Sulayem. Va anche detto che la W Series, pur gestita malissimo, ha salvato delle carriere, come quella della già citata Pulling. Costretta a ritirarsi per mancanza di fondi dalla F4 inglese nel 2021, la possibilità di entrare a costi ridottissimi come terza pilota nella W Series le ha consentito di rimettersi in pista. Da lì è arrivato l’ingresso nell’Academy dell’Alpine e tutto il resto.
Lo scorso anno un team principal, il cui nome non è stato rivelato, ha chiesto alla Wolff se la Academy fosse solo un cerotto e non la cura del problema, soprattutto se il campionato non fosse riuscito a raggiungere l’autosufficienza economica. Se sotto il profilo commerciale le scelte sono state indovinate, il grosso nodo rimane la carriera delle pilote dopo la F1 Academy. Una pacca sulle spalle e un augurio di buona fortuna per il futuro significherebbe un lavoro fatto a metà e potrebbe far scricchiolare tutto il sistema. Una soluzione, indubbiamente costosa a livello di investimenti ma che ha già mostrato di riuscire a portare risultati interessanti, potrebbe essere proporre in F3 e F2 una scuderia modello Iron Dames.
Il team Iron Dames è la storia femminile di maggior successo nel motorsport. Lanciato nel 2018 dall’ex pilota di Gran Turismo Deborah Mayer come costola di Iron Lynx, scuderia italiana con sede a Cesena, in poco più di cinque anni è diventato un marchio capace di fare la storia. L’impatto sul mondo delle corse è stato ben descritto dalla pilota Michelle Gatting. «Prima per noi pilote c’era il deserto: occasioni, considerazione, modelli a cui ispirarsi. Nulla, o quasi. Gli inizi sono stati molto duri, non mi sentivo rispettata nel paddock. Incrociavo gli sguardi degli altri piloti e capivo che mi salutavano solo per educazione, ma in realtà non mi vedevano, perché nessuno si aspettava di ritrovarmi ancora in pista la stagione successiva. Pensavano che io e le mie colleghe fossimo marketing, non avversarie. Ma il mondo sta cambiando molto rapidamente e le Iron Dames si sono inserite perfettamente in questa onda di novità».
Dal 2021 le Iron Dames partecipano al campionato endurance, nella categoria che potrebbe essere definita la F2 del WEC, la LMGT3, un gradino sotto le hypercar. Nel 2022 a Monza è arrivata la prima pole femminile nella storia della endurance, seguita da tre podi consecutivi (Monza, Fuji, Bahrain). Nel 2023 il trio Sarah Bovy-Michelle Gattling-Rahel Frey ha vinto la 8 Ore del Bahrain, e la scuderia ha concluso con la sua miglior stagione di sempre, concludendo al secondo posto in campionato con 218 punti.
La stagione appena conclusa ha visto le Iron Dames proporsi anche nel settore delle monoposto debuttando nella FRECA con Marta Garcia e Doriane Pin. La francese è un’altra pilota dal grande potenziale: Academy Mercedes, seconda nella F1 Academy 2024, due anni fa ha vinto il Ferrari Challenge Europe con Iron Lynx dominando la stagione con 9 vittorie, 13 podi e 11 giri veloci. È stato il primo successo femminile in assoluto nel trofeo. Pin ha anche corso la 24 Ore di Le Mans nel 2023 con Prema assieme a Mirko Bortolotti e all’ex pilota Red Bull Daniil Kvyat. Ha dichiarato di aver sempre apprezzato l’onestà e la schiettezza nel team Iron Dames. Non ci sono scuse per gli errori in pista, nell’assetto o nelle scelte strategiche. Si corre per essere competitivi e ottenere risultati.
«Dieci anni fa mi sarei rifiutata di correre su un’auto con livrea rosa (il colore ufficiale delle Iron Dames, nda]», ha aggiunto la Gattling, «Ora indosso questi colori e guido la macchina con orgoglio, perché sono consapevole che ci siamo guadagnate la nostra posizione e che possiamo guidare con qualsiasi colore desideriamo. Non ho mai voluto essere considerata una donna che corre. Sono una pilota».