Carlo Perrone è stato un discreto giocatore negli anni ’70. Cresciuto nella Lazio, ha esordito coi biancazzurri in serie A, è passato per un anno alla Roma, per poi trasferirsi ad Ascoli, Avellino e chiudere la sua carriera con la Lodigiani. Nel 2004 allena la Berretti della Viterbese dove gioca un centrocampista alto e asciutto. Coi piedi è bravo, ma Perrone capisce che se vuole avere un futuro da professionista, il ragazzo deve giocare dietro.
Nasce così, a 16 anni, il difensore Leonardo Bonucci. Probabilmente nemmeno Perrone immagina di avere gettato le basi per il più moderno centrale italiano degli anni a venire. A dodici anni di distanza dai suoi passi indietro dentro un campo di calcio, dopo un cammino non sempre lineare, Bonucci ha vinto lo scetticismo di tanti ed è unanimemente considerato uno dei migliori difensori al mondo. Il tutto grazie anche al suo passato da centrocampista.
Nella vittoriosa partita di esordio della nazionale italiana agli Europei in Francia è stato il migliore in campo, autore di una prova difensiva impeccabile che ha bloccato ogni tentativo del pericoloso attacco belga e, in fase di possesso palla, di 5 smarcanti lanci per i compagni, tra cui il fantastico assist per il gol di Giaccherini, servito esattamente sulla corsa da una distanza superiore ai 40 metri. Una partita che è stata il compendio di tutte le virtù di Leonardo Bonucci.
Senza predestinazione
Dopo gli esordi da bambino nel Pianoscarano, la squadra del rione storico di Viterbo in cui è nato e a cui è particolarmente legato, e il passaggio alla Viterbese, Bonucci viene acquistato dall’Inter. Ha già 18 anni e viene aggregato alla squadra Primavera; non sembra la storia di un predestinato.
Alla fine della stagione viene portato sulla panchina della prima squadra da Roberto Mancini che lo fa esordire in serie A all’ultimo minuto dell’ultima partita, sostituendo a Cagliari Santiago Solari. L’anno dopo continua a giocare con la Primavera assieme a Jonathan Biabiany, Francesco Bolzoni, Luca Siligardi, Ibrahim Maaroufi e Mario Balotelli. Non viene mai convocato in prima squadra in campionato, ma riesce a giocare da titolare la semifinale di ritorno di coppa Italia contro la Sampdoria, nel ruolo di terzino destro; Burdisso-Samuel la coppia di centrali.
L’Inter lo cede in comproprietà e, a 20 anni, Bonucci si trasferisce a Treviso in serie B. Il primo anno va abbastanza bene: gioca metà delle partite da titolare e segna anche due gol. L’anno successivo le cose peggiorano. L’allenatore Gotti gli preferisce nel ruolo Scurto, ex primavera della Roma, e il serbo Vlado Smid, proveniente dal Bologna. A Treviso non è più aria e a gennaio va in prestito al Pisa, dove incontra Giampiero Ventura, il 4-2-4 e la manovra offensiva che deve iniziare dai piedi dei difensori.
L’allenatore giusto per il calciatore giusto
Ventura apprezza e valorizza questo giovane difensore che pensa come un centrocampista. Bonucci diventa fondamentale nella costruzione bassa del gioco che l’allenatore pretende dalla sua squadra. La stagione è disastrosa per il Pisa, che retrocede e in estate fallisce, ma è il trampolino di lancio per Bonucci. L'Inter lo cede al Genoa nell'affare che porta Thiago Motta e Diego Milito in rossoblu e Ventura, passato a guidare il Bari neopromosso in serie A, convince i “galletti” ad acquistare metà del cartellino di Bonucci e a inserirlo nella propria rosa.
In nove mesi Bonucci passa dalla panchina a Treviso in serie B alla maglia da titolare in serie A con il Bari. Fa coppia al centro della difesa con Andrea Ranocchia, lui invece sì considerato un predestinato. Ranocchia gioca sul centro-destra, Bonucci sul centro-sinistra ed è lui principalmente a far "frullare" il pallone come vuole l’allenatore. Gioca a testa alta, con estrema compostezza e non butta via mai una palla. È sicuro di sé, guida il reparto a dispetto della presenza di un compagno più famoso e non ha paura di prendersi dei rischi e di sfidare gli avversari.
L'esordio è a San Siro contro l'Inter. Il Bari impressiona per il gioco palleggiato che coinvolge persino il portiere Gillet. Bonucci gioca un gran primo tempo, eludendo continuamente il pressing dagli attaccanti di Mourinho contro la circolazione bassa del pallone del Bari. Ma ad inizio del secondo tempo commette un ingenuo fallo da rigore su Milito. Bonucci, incurante dell'errore, tira dritto, gioca 38 partite da titolare, guadagna un posto tra i 23 azzurri che Lippi porta in Sudafrica e, in estate, viene acquistato per 15 milioni di Euro dalla Juventus.
Il Bari in cui gioca Bonucci insiste nella circolazione del pallone anche in zona profondamente arretrata, per attirare il pressing e creare spazi da attaccare alle spalle della prima linea di pressione avversaria. Alla fine del campionato, concluso al decimo posto, solo Inter e Milan giocano più passaggi dei “galletti”. La giovane coppia di centrali costituisce il nucleo più interessante di giocatori. Bonucci gioca 44.4 passaggi a partita, di cui 6.1 lunghi, con una percentuale di successo del 83.5 %. Ranocchia gioca circa 7 passaggi in meno a match, di cui 3.4 lunghi e con una percentuale di riuscita dell' 88.8,%. Bonucci effettua 2.6 tackle e intercetta 2.1 palloni a partita, Ranocchia 3.3 tackle e 1.5 intercetti.
I numeri fotografano la differenza di stile tra i due difensori. Bonucci è quello con maggiori responsabilità nella costruzione dell’azione: gioca più passaggi e prova a servire lungo prendendosi anche dei rischi, mentre Ranocchia si orienta verso una circolazione più sicura. In pura fase difensiva Ranocchia predilige il contatto fisico con gli avversari, mentre Bonucci è un difensore che sfrutta maggiormente il posizionamento e la lettura delle traiettorie avversarie grazie al quale intercetta più palloni del compagno di reparto. A quei tempi Ventura afferma che Ranocchia è un difensore migliore, ma che Bonucci ha una personalità tale da superare i propri limiti.
Imparare a difendere
Il passaggio alla Juve di Delneri non è indolore. Bonucci viene travolto dalla pessima stagione complessiva della squadra. La fase offensiva di Delneri, meno strutturata e molto più verticale di quella del Bari, nasconde le doti di costruzione del difensore. Il passaggio a una grande squadra fa invece risaltare le lacune di Bonucci in fase puramente difensiva, figlie forse del passaggio posticipato al ruolo arretrato in fase di formazione.
In particolare Bonucci mostra difficoltà nella marcatura stretta sui cross dalle fasce e nella difesa contro avversari che lo puntano palla al piede. Sui cross tende troppo spesso a “perdere l’uomo”: si posiziona tra il pallone e l’avversario e fa affidamento quasi esclusivo sul suo senso della posizione e sui suoi centimetri. Se ciò ha un senso in fase di difesa schierata nella purissima difesa a zona di Ventura e Delneri, quando la posizione è guidata dalla palla, dai compagni e dagli avversari (in ordine di priorità), risulta invece molto pericoloso in situazioni aperte, di difesa non schierata.
Sul cross di Marilungo, Bonucci non guarda nemmeno il movimento di Pozzi che gli scappa alle spalle e ha lo spazio per colpire di testa.
In fase di difesa frontale, invece, spesso Bonucci affronta l’avversario assumendo un postura troppo “piatta” che lo rende sostanzialmente impreparato a reagire prontamente al dribbling avversario. Le non eccelse doti di reattività e velocità non gli permettono di rimediare a quest’errore di impostazione.
E poi ci sono le “bonucciate”, concetto coniato per definire gli errori di Bonucci palla al piede. Errori che sembrano il riflesso di un misto di supponenza e poca concentrazione. Bonucci non butta mai via il pallone a casaccio e accetta i rischi di giocate non banali in zone di campo estremamente pericolose, e quasi sempre senza alcuna copertura. È la sua forza ma, in quel periodo, anche un pericoloso capo d’accusa al suo effettivo valore e alla reale utilità del suo stile di gioco. Che non cambierà mai di una virgola: definirà i limiti tra sicurezza e supponenza e aumenterà il livello di attenzione in ogni singolo gesto tecnico. Delle “bonucciate” oggi non parla più nessuno.
https://www.dailymotion.com/video/x15hb8p_juventus-2-2-galatasaray-hd-02-10-2013_sport
La BBC
L'arrivo di Antonio Conte alla Juventus è decisivo per la crescita e l'affermazione di Bonucci. In realtà nelle prime quattro partite della stagione rimane in panchina a guardare Barzagli e Chiellini giocare come centrali della difesa a 4 della Juve.
Il posto da titolare lo guadagna nella partita casalinga con il Milan, quando Chiellini si sposta terzino, e da allora non lo mollerà più. Il 29 novembre 2011, in Napoli-Juventus, per la prima volta, Antonio Conte schiera la BBC, la difesa a 3 con Bonucci in mezzo e Barzagli e Chiellini ai suoi fianchi. La difesa della Juve subisce tre reti e Bonucci commette il solito errore di posizionamento nel terzo gol di Pandev, ma a posteriori quella data sancisce l'inizio di un pezzo fondamentale della storia, non solo tattica, del calcio italiano. Giocando quasi sempre con la difesa a 3, la Juventus vince cinque scudetti consecutivi e la sua difesa diventa una delle più solide e impenetrabili d'Europa.
Nel suo nuovo ruolo Bonucci è come un pesce nell'acqua. La posizione di centrale tra due altri difensori valorizza i suoi pregi e rende meno evidenti le sue debolezze.
Difensivamente, gli oneri della marcatura stretta e aggressiva sugli attaccanti avversari sono soprattutto di Barzagli e Chiellini, e a Bonucci è lasciato il compito di giocare sulle traiettorie di gioco avversarie e di coprire i movimenti dei compagni di reparto. Un'interpretazione più cerebrale del ruolo, cucita sulle sue caratteristiche.
In fase di possesso la nuova posizione in campo, unita alla volontà di Antonio Conte di costruire le azioni con il contributo fondamentale dei difensori, esaltano le capacità tecnico-tattiche di Bonucci. Il rombo arretrato di costruzione della Juventus diventa un rompicapo per il pressing degli avversari, proprio grazie alla presenza di Bonucci nel vertice basso. Alcuni allenatori allora predispongono una marcatura a uomo su Bonucci, a testimonianza della sua influenza sul gioco.
La qualità di Bonucci in fase di costruzione, non è esclusivamente una questione tecnica. Certo il piede destro è educato e preciso anche sul lungo. Ma la differenza la fanno le sue scelte, il suo pensare da centrocampista.
Bonucci ha la personalità per ricevere il pallone e giocarlo in qualsiasi condizione, assumendosi la responsabilità di scegliere l'indirizzo da dare allo sviluppo della manovra. È in grado sia di condurre palla per attrarre verso di sé gli avversari, e poi tagliarli fuori con un passaggio sia di accelerare la giocata.
Il rombo di costruzione della Juve è al lavoro nonostante sia pressato in posizione molto basso da tanti giocatori laziali. Bonucci riceve palla dentro l’area e di prima taglia due linee di pressione della Lazio con un “laserpass”.
Bonucci è chirurgico nel selezionare la soluzione più efficace. Può giocare in orizzontale per consolidare il possesso e posizionare i compagni; verticalizzare alle spalle della linea di pressione avversaria; oppure scegliere la soluzione lunga, spesso verso gli esterni offensivi o per gli inserimenti profondi dei centrocampisti.
La centralità di Bonucci nel gioco bianconero diviene via via più importante. Il numero di passaggi per match cresce di anno in anno, così come il rapporto tra numero di passaggi e quelli totali della squadra.
La crescita di Bonucci ha coinvolto aspetti tecnici, tattici e mentali. Ha affinato le sue capacità in marcatura pura, e ha sviluppato ulteriormente le letture preventive e quindi la capacità di anticipo. Le sue scelte sono diventate sempre più pertinenti, assecondando le diverse richieste degli allenatori. Spesso accusato di eccedere nel gioco lungo, negli anni e con l’avvento di Allegri, il numero di lanci è progressivamente diminuito, a favore di un controllo maggiore dello sviluppo della manovra. Come dimostra l’assist per Giaccherini nella partita contro il Belgio, il tracciante lungo rimane comunque una delle armi offensive di Bonucci.
Juventus-Napoli, partita decisiva per lo scudetto 2015-16. Bonucci, ricade in un vecchio errore e si fa scappare Higuain alle spalle. Ma mentalmente è un altro giocatore: non si arrende e lotta e con la punta del piede toglie la palla dalla testa di Higuain
Contro la Lazio mette a referto due assist per mezzo di passaggi lunghi. Nel primo tempo lancia addirittura di sinistra per l’inserimento profondissimo della mezzala Vidal. Nel secondo tempo dalla propria metà campo serve il taglio di Vucinic.
Il numero di tackle è progressivamente diminuito ed è invece aumentato il numero di intercetti. Dati che sono il frutto del miglioramento delle sue doti di anticipo, ma anche di una difesa meno aggressiva e più posizionale progettata da Allegri.
Amore e odio
A sostegno delle sue doti tecniche e tattiche c’è soprattutto una forte personalità. Una sicurezza in sé stesso che divide l’opinione pubblica, attirando l’amore degli juventini e l’odio delle tifoserie avversarie.
Si è parlato molto del contributo alla definizione caratteriale di Bonucci del suo “motivatore”, conosciuto ai tempi del suo secondo e problematico anno a Treviso. Negli anni si sono accumulati aneddoti ed episodi sui suoi particolari metodi di lavoro, che hanno rafforzato l’immagine di “duro” difensore bianconero.
In questi anni Bonucci è diventato uno dei leader della Juventus unendo la centralità nel gioco con la leadership emotiva. In campo non ha alcuna remora ad assumersi responsabilità tecniche, tanto da essere nel 2015/16 il giocatore della Juventus che effettua più passaggi per partita, giocando ben 15 passaggi chiave.
Dopo i gol disegna un cerchio disegnato attorno al viso, come a ribadire che non si nasconde. Parte dell’avversione dei tifosi rivali nasce forse dalla sua capacità di incarnare i caratteri stereotipici della Juventus, esibendoli apertamente: aggressività, determinazione, sicurezza ai limiti della prepotenza, resilienza
Quella che gli permette di vincere le partite all’ultimo minuto.
Modernità
Nel calcio di oggi la possibilità di essere pericolosi nell’ultimo terzo di campo dipende enormemente dalle fasi di costruzione bassa delle azioni offensive. È proprio lontano dall’area di rigore avversaria che possono essere generate situazioni di superiorità posizionale che, a catena, si trasmettono fino alle zone più avanzate.
Per questo è necessario che i difensori, che acquistano sempre maggiore importanza nella fase offensiva della propria squadra, siano capaci di giocare bene l’inizio delle azioni d’attacco. Serve la personalità per tentare giocate complesse, sapendo che ogni errore può comportare un pericolo immediato per la propria porta, la tecnica individuale necessaria a indirizzare bene il pallone. Oltre alle capacità di lettura per trovare la soluzione migliore per avanzare il pallone, ordinare la propria squadra e tirar fuori quella avversaria. Tutte qualità che devono ormai far parte del bagaglio tecnico-tattico di un difensore di alto livello, al pari di quelle riservate alla fase di non possesso.
Leonardo Bonucci è il prototipo del difensore moderno. La sua sicurezza nel ricevere e non buttare mai via la palla, i suoi ottimi fondamentali con entrambi i piedi e le sue spiccate abilità di interpretazione delle situazioni di gioco disegnano il profilo preciso del centrale difensivo ideale per il calcio estremamente tattico di quest’epoca.
Bonucci prosegue la lunga tradizione dei difensori italiani innovandola, interpretando tutte le fasi di gioco con grande padronanza del tempo e dello spazio. Padronanza del tempo e dello spazio quando in fase di non possesso gioca sulle traiettorie avversarie o copre con precisione le aggressioni palla dei propri compagni di reparto. Padronanza del tempo e dello spazio quando si trasforma nel primo regista della propria squadra, ponendo le fondamenta della fase offensiva.
Ancora contro la Lazio recupera palla, legge lo spazio vuoto davanti a sé e lo aggredisce. Pirlo gli passa il pallone e Bonucci conduce palla come un centrocampista, controlla lo spazio e il tempo creati dai movimenti dei due attaccanti davanti a lui e conclude in rete dal limite dell’area. E nel video spiega cosa ha fatto.
Bonucci si è continuamente migliorato. Non è partito con l’impronta del predestinato e con la forza della propria volontà si è imposto limando alcuni limiti nella pura tecnica e tattica difensiva. Ha affinato la sua comprensione del gioco, alzando attenzione e competitività fino a ridurre al minimo i rischi insiti nel proprio stile.
Oggi Bonucci è uno dei pochi giocatori della Nazionale italiana che può essere considerato tra i migliori esponenti del proprio ruolo a livello europeo e mondiale. La speranza è che i successi azzurri, anche in questo caso proseguendo e innovando la tradizione italiana, partano ancora una volta dalla forza della propria difesa. La partita con il Belgio sembra fortificare questa speranza.
Questo articolo è stato scritto in collaborazione con Coca-Cola, all’interno della campagna #tifiamoinsieme, una campagna basata sull’idea di come il tifo per la Nazionale sia per tutti energia positiva e voglia di stare insieme, un sentimento forte che supera le divisioni e unisce le persone. La redazione de l’Ultimo Uomo seguirà alcune partite dell’Europeo da casa Coca-Cola e vi racconterà le emozioni delle partite con un live twitting.