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Bagnaia-Martin: sfida senza fine
10 ott 2024
10 ott 2024
La rivalità tra i due sta mettendo in scena uno dei Mondiali più emozionanti degli ultimi anni.
(copertina)
IMAGO / PanoramiC
(copertina) IMAGO / PanoramiC
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Da quando nel motorsport si è diffusa l'abitudine di trasmettere in TV le immagini del retropodio c'è la possibilità di origliare qualche dettaglio in più sulle conversazioni a caldo dei piloti. Lo scambio di battute tra Francesco Bagnaia e Jorge Martin prima del podio del Gran Premio a Motegi, per esempio, potrebbe diventare uno dei capitoli della loro rivalità, tra le più rispettose e leali (per alcuni fin troppo, citofonare il giovane collega Acosta) della storia del Motomondiale.

«Adesso, Jorge, mi devi far arrivare a Valencia [ultimo appuntamento del mondiale, nda] a zero. Andiamo lì a pari punti», dice il bi-campione del mondo al collega spagnolo, in un clima rilassato. «Firmo eh», gli risponde, tra il serio e il faceto, il pilota del team Pramac.

Con queste premesse sta per avere inizio il rush finale di uno dei Mondiali di MotoGP più equilibrati della storia, un tiratissimo duello tra Bagnaia e Martin, arrivati per il secondo anno consecutivo a giocarsi il titolo in classe regina in un uno contro uno che non ammette intrusi (ci hanno provato Enea Bastianini e Marc Márquez, entrambi rimbalzati per motivi diversi). A quattro turni dalla chiusura dei giochi sono solo dieci i punti in classifica a separarli: lo scarto più basso degli ultimi trent'anni in classe regina, al pari del mondiale 2020 (tra Quartararo e Mir all'epoca), quando però si disputarono solo 13 GP (senza gare sprint per di più) rispetto alle 20 di questa stagione. Un testa a testa equilibrato, sempre sul filo del rasoio, le cui sorti continuano a mutare di gara in gara. Una sfida talmente estenuante da sfiorare la noia, dal livello vertiginosamente alto ma con tanti errori.

Quel che è certo è che sarà un finale di stagione imprevedibile: è pressoché impossibile stabilire con certezza chi porterà il titolo a casa e come lo farà. L'unica cosa che sappiamo è che chi la spunterà potrà dire di aver conquistato un titolo piuttosto pesante.

Scambio di ruoli

La corsa per il titolo per la verità è stata un affare a due quasi dalla prima gara. Bagnaia e Martin erano reduci dalla stagione 2023, in cui erano stati entrambi nettamente superiori a tutta la concorrenza, entrambi dominatori di una parte di stagione (la prima metà - sino all'incidente a Montmeló - il piemontese, la seconda metà il madrileno), entrambi arrivati all'ultimo Gran Premio a giocarsi il titolo. Con queste credenziali - e in sella alla Desmosedici GP24, il miglior mezzo della griglia per distacco - era difficile fin dal principio immaginare quest’anno rivali all’altezza, capaci di coniugare picchi di rendimento e continuità come fatto da loro due. I numeri dimostrano il solco piantato rispetto a tutti gli altri: tra Sprint Race e gare classiche, Bagnaia o Martin hanno tagliato il traguardo per primi in ben 22 occasioni su 32 (numeri equamente distribuiti in ambo i formati, 11 su 16).

Anche se in qualche modo prevedibile, le modalità con cui questo duello si è dispiegato sono però inusuali. Negli ultimi anni, infatti, Bagnaia si è imposto come un pilota molto continuo, intelligente e misurato, eccellente nell'ottenere il massimo in ogni GP senza strafare; dall'altro lato, Martín spiccava per essere un pilota velocissimo, specialista in qualifica e nelle Sprint Race, ma spesso incapace di gestire le più complesse situazioni delle gare lunghe (scelta e gestione delle gomme, duelli corpo a corpo con gli avversari, attenzione alle cadute) e quindi alla lunga svantaggiato in classifica generale.

Nella stagione corrente, però, i ruoli si sono ribaltati (con qualche inevitabile eccezione): mentre Bagnaia sta raggiungendo picchi di prestazione impressionanti (basti pensare al Grand Chelem del GP di Assen o al recentissimo en plein di Motegi) a costo di qualche errore imprevisto, Martín sta tenendo un livello sì altissimo ma anche molto attento e misurato. Anche qui vengono in soccorso i numeri: come si spiega che il numero 89 sia in vetta alla classifica pur avendo vinto non solo molte meno gare lunghe di Bagnaia (3, contro le 8 del numero 1), ma anche meno Sprint Race (5 a 6)? Con la continuità: Martín, infatti, è incappato in 4 "zeri" (o DNFs, did not finish), contro i 7 del pilota italiano, che spesso ha portato la moto o le gomme al limite, incappando in cadute o episodi sfavorevoli. Se consideriamo anche le gare in cui i due hanno ottenuto punteggi trascurabili (1 o 2 punti), la situazione è ancor più accentuata: 9 le volte in cui è successo a Bagnaia, 5 quelle di Martin.

Anche nell'andamento del campionato i ruoli si sono invertiti rispetto alla scorsa stagione, dove Bagnaia teneva la testa della corsa e Martin provava a rimontare, anche se quest'anno la loro sfida si potrebbe meglio descrivere come una corsa tra cavalli con continui ribaltamenti di fronte e cambi di gerarchie, dove potrebbe essere il cortomuso di allegriana memoria a segnare la differenza quando bisognerà tirare la riga finale. Un equilibrio a elastico: in tutta la stagione, la casella del 1° posto in classifica generale ha variato proprietario per ben cinque volte, terzo numero più alto della storia finora (dietro le sei volte di 2008 e 2017), con la differenza che questa volta i "cambi di guardia" hanno coinvolto solo 2 piloti (in entrambe le occasioni precedenti erano stati 4).

Il peso specifico degli errori

La sfida tra i due diventa ancora più interessante se si scava in profondità tra gli "zeri" dei due contendenti al titolo, osservando in particolare le loro cadute. Nelle quattro occasioni in cui Martín è scivolato, in ben tre casi si trovava al primo posto, tallonato da Bagnaia e/o Marquez, mentre in un altro caso era al terzo. Discorso a parte lo merita il "risultato trascurabile" di Martin, ossia il 15° posto del GP di San Marino a Misano (alias Misano-1): in quel caso "Martinator", momentaneamente secondo e attaccato a Bagnaia primo, aveva scelto dopo le prime avvisaglie di pioggia di passare dai box per cambiare moto (unico nel gruppo di testa) per salire su una con le gomme da bagnato, perdendo così le prime posizioni (la pioggia si era rivelato poi uno scroscio passeggero) e finendo ai margini della zona punti.

Discorso diametralmente diverso per quanto concerne le defaillance di Bagnaia, che è caduto in testa alla corsa solo nella Sprint Race in Catalogna; mentre in altre tre occasioni si trovava terzo, quarto e quinto (è escluso il problema tecnico occorso a Le Mans). Per quanto riguarda i "punteggi trascurabili", ossia l'ottavo e il nono posto nelle Sprint Race rispettivamente di Austin e Aragón, si tratta di corse in cui Bagnaia è stato in difficoltà sin dal principio, complici anche due partenze pessime.

L'impressione, a leggere questi dati, è che Martín vada maggiormente in difficoltà quando deve fare la lepre e dettare il ritmo, mentre gli errori di Bagnaia sono dettati da un’implacabile volontà di rimonta, che a volte però gli ha giocato brutti scherzi. L’episodio cardine in questo senso è la caduta di Aragón, in quello che è stato l'episodio più controverso della stagione: un contatto con Alex Márquez in cui il pilota Gresini, dopo un errore di traiettoria, non si è reso conto dell'ingresso all'esterno di Pecco ed è finito allo scontro, causando la caduta e il ritiro di entrambi (con anche diversi acciacchi alla spalla per Bagnaia). Se da un lato è stata universalmente riconosciuta la poca attenzione di Márquez in quel frangente, in molti ritengono che l'incidente sia stato dovuto anche alla fretta del campione del mondo: nei giri precedenti aveva recuperato già diversi secondi a Marquez; al momento della caduta mancavano 6 tornate al termine della corsa, con moltissime altre occasioni per infilarsi, alla luce del passo superiore che stava mostrando.

Fattore comune in alcune cadute dei due rivali è il ritmo forsennato che stanno tenendo entrambi. Pressoché in ogni circuito vengono migliorati i record della pista, sia quelli sul giro secco che in gara, di diversi decimi (dove non di un secondo), e nella maggior parte dei casi sono Bagnaia e Martin a firmare questi risultati; le gare intere durano spesso tra gli 8 e i 10 minuti in meno rispetto all'anno scorso. Un merito, ancora una volta, di un sensibilissimo miglioramento delle prestazioni sia delle Ducati dei due fuoriclasse che degli pneumatici, i quali però hanno poco grip per quanto riguarda le anteriori (e troppo per le posteriori) e causano diverse perdite dell'anteriore, a maggior ragione allo sfrenato aumentare dei ritmi di corsa.

Le possibili chiavi di volta

Il finale di stagione, alla luce dei soli dieci punti di distanza, rimane indecifrabile. D'altra parte, tra sprint e gare lunghe devono ancora essere assegnati altri 148 punti. Come detto, poi, quest'anno sembra più difficile affidarsi alle indicazioni del passato. Bagnaia, per dire, non aveva mai vinto in MotoGP a Motegi prima dello scorso weekend, nel quale ha fatto segnare una perentoria doppietta sprint-gara. Quel che dice lo storico è che, almeno in 2 circuiti su 4, Martín ha ottenuto risultati migliori, a partire dal GP di Australia di domenica: se da un lato JM89 non ha mai vinto sul circuito di Philipp Island, dall'altro ci ha ottenuto 4 pole e 2 podi; stesso numero di podi per Bagnaia (ottenuti, per di più, nelle ultime due stagioni) ma a fronte di parecchie altre uscite in difficoltà su questo circuito.

Come succede nei Grandi Giri ciclistici in occasione delle cronometro tenute a fine competizione, i valori strettamente tecnici (lì nella specialità contro il cronometro, qui sulle specifiche piste) ormai vengono meno: in questo momento a fare da padrone sono le energie fisiche e mentali rimaste ai protagonisti.

Il caso di scuola in materia è proprio Valencia 2023: in un circuito in cui Martín ha ottenuto risultati migliori di Bagnaia, nella sfida decisiva per l'assegnazione al titolo, lo spagnolo è caduto dopo poche tornate, consegnando il titolo di campione a Bagnaia. Va detto ancora una volta come il Jorge Martin del 2024 sia tutt'altro pilota rispetto a quello di una o due stagioni fa: più solido e concreto, molto più maturo e sereno ai microfoni. Il salto di qualità rispetto al passato recente è dettato anche dai numeri: i 12 podi stagionali raggiunti nelle gare lunghe ad oggi (dato, dunque, ampiamente migliorabile) sono esattamente la somma dei podi delle stagioni 2022 e 2023 (rispettivamente 4 e 8).

Altro elemento critico sarà quello delle partenze. In una MotoGP in cui sorpassare richiede attenzione e precisione non indifferenti, partire con il piede giusto (e qualificarsi altrettanto bene, ça va sans dire) è fondamentale per cercare di piazzarsi subito nelle primissime posizioni e rimanerci. Martín, partito undicesimo a Motegi per via di una caduta in qualifica, è reduce da due capolavori in questo senso, entrambi nel GP nipponico, nel quale ha guadagnato 7 posizioni nel primo giro della Sprint Race e 6 nella prima tornata della gara. Il classe 1998 sembra migliorato anche da questo punto di vista, mettendo sempre in mostra una reattività impressionante alla partenza.

Discorso complesso per Bagnaia. Nel bagaglio tecnico del pilota di Chivasso, quello delle partenze è uno dei tanti pregi da mettere in mostra. Ad un certo punto di questa stagione, però, le partenze di Bagnaia hanno iniziato a incepparsi: moto che saltellava, slittamenti ed errori nelle traiettorie che hanno causato problemi e punti persi. Una mini-crisi durata da Aragón a Mandalika, che sembra essere stata tamponata a Motegi: nessun problema allo start e partenze più o meno positive. Fondamentale sarà la gestione delle gomme, con cui entrambi hanno avuto qualche problema in momenti diversi della stagione (Martín più all'inizio, Bagnaia nell'ultimo mese e mezzo). La questione meteorologica, con possibili piogge e forte vento soprattutto nei tre eventi asiatici rimanenti, rappresenta un'incognita per entrambi: i veri specialisti del bagnato (Marc Márquez, Binder e Miller) saranno schegge impazzite da gestire sia per l'uno che per l'altro.

Motivazioni e conseguenze

È il momento di affrontare l'elefante nella stanza: dopo 4 anni di onorato servizio in Ducati, per Martín le ultime uscite del 2024 rappresenteranno la fine del suo rapporto con Ducati, nel dettaglio con il team Prima Pramac, prima del passaggio in Aprilia Racing nella stagione 2025. Un finale abbastanza amaro: Martín non è mai stato chiarissimo sul tema, ma in passato aveva esplicitamente espresso più volte la volontà di passare al team ufficiale, meritata con i risultati in pista. Da questo punto di vista la conquista del numero 1 può rappresentare un ulteriore stimolo nella corsa al titolo.

In casa Ducati la scelta di Márquez a discapito di Martin come compagno di squadra per la prossima stagione ha suscitato diverse polemiche. Paolo Campinoti, team principal di Prima Pramac, ha paragonato la scelta di Márquez a quella effettuata dalla Juventus con Cristiano Ronaldo nel 2018, inserendo questa decisione tra i motivi che hanno portato alla separazione tra Pramac e Ducati dopo più di vent’anni («Le scelte di Ducati ci hanno fatto percepire che per loro fossero cambiate le priorità», ha dichiarato il dirigente toscano); Oscar Haro, ex collaboratore del Team LCR, ha svelato che Paolo Ciabatti (direttore sportivo di Ducati Corse dal 2013 al 2023) gli ha confidato che uno dei motivi che l'ha portato ad abbandonare il progetto MotoGP per concentrarsi sullo sbarco di Ducati nell’off-road è stata proprio la scelta di Márquez a discapito di Martín.

Dovesse riuscire in quest’impresa, Martín sarebbe il primo pilota a vincere il titolo in MotoGP e cambiare team nella stagione successiva da 21 anni a questa parte. L’ultimo a farlo fu Valentino Rossi nel 2003, passando a Yamaha nella stagione successiva (il resto della storia la sappiamo). Per Martín, in ogni caso, la vittoria del titolo rappresenterebbe prima di tutto il coronamento di un percorso di crescita piuttosto incredibile: le stigmate del campione si potevano notare già dall'esordio in GP nel 2021, ma la troppa discontinuità e l'inesperienza gli avevano tarpato le ali nei primi due anni in classe regina. Il titolo mondiale sarebbe il coronamento di questa traiettoria graduale ma continua.

Dall'altro lato della barricata, Bagnaia è a un appuntamento con la leggenda: dovesse riuscire a vincere il terzo titolo in classe regina raggiungerebbe Jorge Lorenzo per i campionati vinti in MotoGP e soprattutto, calcolando quelli consecutivi, anche nomi come Valentino Rossi, Marc Márquez, Mick Doohan, Wayne Rainey e Kenny Roberts, autentici miti di questo sport (gli unici a riuscirci negli ultimi cinquant'anni). Bagnaia dimostrerebbe di poter vincere nella terza situazione diversa in tre anni: nella prima si rese protagonista della storica rimonta su Quartararo da -91; nella seconda ha resistito alla rimonta subita da Martín dopo il cruento incidente catalano; nella terza vincerebbe dopo un lungo duello rusticano già nella storia. Inoltre, sarebbe il modo perfetto di presentarsi al prossimo compagno di squadra, quel Marc Márquez terzo incomodo in tutta questa storia. «Vorrei si confermasse Bagnaia campione del mondo, preferisco avere un campione del mondo nel garage l’anno prossimo», ha detto il pilota spagnolo nella conferenza stampa prima del GP di Austria.

Al di là di come andrà a finire, comunque, sia Bagnaia che Martín usciranno da questa sfida ulteriormente rafforzati nella loro reputazione, che già inizia a solidificarsi nella storia di questo sport. Forse l'unica cosa che si può rimproverare ai due in questa stagione sono i pochi corpo a corpo, strano per due piloti così spesso al vertice. Tra le poche battaglie, si può ipotizzare un 2-1 per Bagnaia ad oggi: vittorioso l'allievo di Valentino Rossi in Catalogna e nella Sprint Race di Misano, mentre in quel di Le Mans la strenua difesa di Martin gli ha procurato una vittoria pesantissima.

Se si potesse esprimere un desiderio, quindi, si andrebbe sul sicuro: un Mondiale deciso all'ultimo giro dell'ultima gara a Valencia con qualche sportellata tra i due entrerebbe immediatamente nella leggenda.

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