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Un'Inter all'altezza dei più grandi
03 ott 2019
La squadra di Conte ha imposto il contesto nel primo tempo senza riuscire però a capitalizzare.
(articolo)
11 min
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Giocare in Champions League significa innanzitutto affrontare squadre dalle enormi risorse ed esperienza - squadre che riescono a trovare improvvisamente il guizzo geniale, anche in mezzo a una partita poco brillante, o a rigirarne mentalmente o tatticamente una che sembrava compromessa.

La sfida di ieri al Camp Nou ha sicuramente avuto tanti aspetti positivi per l’Inter: ha mostrato quanto sia fenomenale Conte nell'installare in un gruppo le sue idee in brevissimo tempo e quanto queste idee possono essere efficaci anche ad alti livelli. Ha mostrato insomma come la strada intrapresa per essere competitivi anche nelle coppe europee sia fondamentalmente quella giusta, al di là del risultato finale. Ma dalla partita di ieri l'Inter può apprendere anche altre consapevolezze: innanzitutto che per battere un avversario del livello del Barcellona non basta un piano gara iniziale perfettamente eseguito e mantenuto per tutto l'arco della partita. L’Inter ha giocato un primo tempo praticamente perfetto, sorprendendo il Barcellona sui suoi difetti strutturali, senza però riuscire ad andare oltre il singolo gol (anche grazie ad una grandissima parata del solito ter Stegen, che si trova in momento di forma psicofisica eccezionale).

Senza nessun timore, l'Inter ha insomma dato mostra del suo calcio in un palcoscenico difficile per chiunque. Quella di Conte è una squadra che si appoggia su giocate codificate, che si sono rivelate piuttosto efficaci ieri soprattutto per via della passività del Barcellona. In questo modo, nel primo tempo, i nerazzurri hanno dato un senso di controllo della situazione continuo con e senza palla.

Un fraintendimento comune (lo era già con l'Italia agli Europei del 2016) è che il calcio di Conte si basi semplicemente sulla difesa posizionale e sulle transizioni veloci in verticale, ma in realtà non è così. Ieri, ad esempio, l’Inter attraeva la pressione del Barcellona fin dentro la sua area con il possesso basso, e attraverso lo spazio che si veniva così a creare dietro la prima linea di pressione blaugrana si cercava di risalire il campo con passaggi taglia linee, fino ad arrivare ad Alexis in zona di rifinitura. E andare al Camp Nou e uscire palla al piede dalla propria area fino ad arrivare a quella avversaria con combinazioni di prima che sfruttano il terzo uomo con la precisione ritmica di un metronomo è già una vittoria, almeno per il morale. Anche perché avviene nello stadio dove, dall'arrivo di Johan Cruyff, il mantra è proprio che senza un’uscita dalla difesa pulita non si può giocare bene a calcio.

L’Inter ha imposto il contesto di gioco

Il gol di Lautaro è il secondo più veloce subito dal Barcellona in casa nella storia della Champions League dopo quello di Pato, contro il Milan nella stagione 2011/12, dopo 24 secondi. Un gol che ha permesso alla squadra di Conte di fare la propria partita in posizione di vantaggio, costringendo così il Barcellona a dover alzare il baricentro fin dall’inizio per trovare il pareggio.

L'Inter si è quindi fin da subito ritrovata nel contesto tattico che più preferiva e in questo modo ha potuto impostare una partita di difesa posizionale, con un 5-3-2 in cui l’esterno saliva aggressivo sul terzino avversario (che nel sistema di Valverde è l'uomo preposto a dare ampiezza alla squadra), mentre l'esterno opposto rimaneva più vicino al terzo centrale per uscire sull'avversario in anticipo sul cambio di gioco del Barcellona.

Un esempio che spiega in maniera chiara questo sistema difensivo: in questo caso Candreva sale aggressivo su Semedo, mentre Asamoah rimane vicino a Skriniar, ma è pronto ad uscire con successo sul cambio di gioco per Sergi Roberto. Questo semplice meccanismo disinnesca l’attacco in ampiezza del Barcellona e lo costringe a giocare al centro, con gli uomini offensivi schiacciati sull’area di rigore, dove grazie alla difesa a tre i nerazzurri avevano parità numerica.

A centrocampo, invece, Conte ha sistemato Sensi vertice alto su Busquets, mentre Barella e Brozovic rimanevano più bassi ed erano attenti a seguire Arthur e de Jong.

Contro una difesa così ben organizzata la squadra di Valverde ha fatto avanzare il pallone fino alla zona di rifinitura, dove però era costretta a schierarsi con un 2-3-5 in cui le mezzali rimanevano spalle alla porta al limite dell’area, senza movimenti in profondità, togliendo quindi spazio di manovra sia a Griezmann che a Messi. Il 10 argentino, inoltre, tendeva ad accentrarsi con il sinistro, portando il francese a giocare molto più largo di quanto avrebbe dovuto. Il risultato è stato per il Barcellona avere tanti giocatori in zone di campo poco favorevoli al proprio gioco (in primo luogo Griezmann e de Jong) e spazi strettissimi per i giocatori preposti a dare l'ultimo passaggio (Messi su tutti).

In attacco hanno invece lavorato molto bene Alexis Sanchez e Lautaro, che hanno riproposto i classici movimenti di Conte per la coppia d'attacco. I due partivano alle spalle di Busquets, alternando movimenti ad uncino per chiamare a sé il centrale mentre l’altro attaccava contemporaneamente la profondità. I due attaccanti nerazzurri, quindi, non si accontentavano solo di far risalire la squadra, ma agivano da reparto unico, in modo da attaccare sempre i due centrali isolati del Barcellona - in situazione di parità numerica.

Piqué e Lenglet sono apparsi in affanno fin da subito nel dover coprire tanto campo alle spalle contro due giocatori più veloci e così bravi nei movimenti coordinati. In questo modo, Alexis Sanchez e Lautaro hanno abbassato la difesa avversaria creando spazio tra le linee in cui l’Inter poteva venire a giocare. In altre parole: la squadra di Conte, attraverso la combinazione di movimento senza palla e gestione dei passaggi, cambiava a suo piacimento la grandezza del campo di gioco a proprio vantaggio. E difendere in un campo tanto grande è diventato difficilissimo per il Barcellona.

Attraendo in avanti Suarez, Messi e Griezmann con il possesso basso e spingendo indietro la difesa attraverso la coppia Alexis Sanchez-Lautaro, l’Inter ha creato insomma un'enorme zona a centrocampo dove poter attaccare in transizione e in cui l’esuberanza atletica di Barella e Sensi veniva esaltata. Busquests aveva troppo spazio da coprire ai suoi lati - spazio che veniva utilizzato dalle due mezzali dell'Inter per ricevere il pallone a turno e far risalire la manovra. La prestazione di Barella e Sensi è da sottolineare visto che si trovano per la prima volta in un contesto ambientale del genere e non ne hanno risentito (e Barella ha giocato praticamente tutta la partita da ammonito).

Certo, c'è da dire che l'ottima prestazione dell'Inter nel primo tempo è stata aiutata da quella disastrosa senza palla del Barcellona. La squadra blaugrana da una parte soffriva la passività di Suárez e Messi in pressione alta, dall'altra l'errato posizionamento dopo la perdita del pallone del centrocampo Arthur Melo, Busquets, de Jong. È soprattutto per questa combinazione di fattori che nel secondo tempo Valverde ha deciso di cambiare le cose, passando ad un 4-2-3-1 più rigido con l’entrata di Arturo Vidal al posto di Busquets. Cambiando di fatto cambia il contesto tattico della partita.

L’intervento di Valverde che cambia la partita

Alla sua terza edizione della Champions League alla guida del Barcellona e dopo due brutte eliminazioni rimediate in partite in cui non ha saputo trovare il modo di intervenire dal punto di vista tattico a beneficio della squadra, Valverde ha finalmente dimostrato di saper intervenire in partita per salvare il risultato.

In realtà le le scelte sono due. La prima è per l'appunto l'entrata in campo di Vidal al 52’ e il suo inserimento al centro della trequarti, con Arthur e de Jong che passano in coppia a presidiare la fascia centrale del campo. Oltre al cambio di modulo, l’entrata di Vidal ha significato soprattutto un cambiamento radicale nella riaggressione alta, con il cileno che ha iniziato a tuffarsi su ogni pallone riuscendo a coprire da solo praticamente tutta la trequarti con i suoi interventi - impedendo all’Inter di riconquistare il pallone appena perso. L'entrata di Vidal ha spostato de Jong nella fascia centrale, da mediano - mossa che ha avuto l'immediato beneficio di liberarlo dai compiti tattici di bilanciamento della posizione di Messi. Libero di muoversi con tutto il campo attorno, de Jong ha lasciato definitivamente il mezzo spazio di destra a Messi esibendo tra l'altro una maggiore disinvoltura tecnica e prendendo di fatto la regia della squadra.

E cinque minuti dopo l'entrata in campo di Vidal è arrivato il gol del pareggio del Barcellona. È stato proprio il cileno a fare l'assist, tra l'altro, dopo un dialogo proprio tra Messi e de Jong - un cross dalla parte opposta dell'area dove Suárez, che era uscito intelligentemente al limite dell’area si è trovato libero di calciare verso la porta. Certo, è difficile dare colpe in questo caso alla difesa dell'Inter perché in quella situazione di gioco è anche difficile arrivare a pensare che un giocatore possa tirare al volo di collo pieno dando quella potenza e quella precisione al pallone, anche se quel giocatore si chiama Suarez.

La seconda scelta vincente di Valverde è stata l'entrata in campo di Dembélé al 66’ per un Griezmann che, in zone di campo così esterne è sembrato spaesato per tutta la partita. L'ala francese ha dato ulteriore esplosività all'attacco del Barcellona, puntando continuamente l'uomo e costringendo Godín a stare più largo per raddoppiare ed evitare che potesse entrare in area dopo il dribbling. Le uscite dalla linea di Godín hanno minato ulteriormente gli equilibri della linea difensiva interista, aprendo altri varchi in area per gli inserimenti avversari.

Dembélé punta D’Ambrosio (entrato per Candreva) e Godín è costretto a seguire l’azione. D’Ambrosio non si fa saltare e riconquista palla, ma arriva di corsa Vidal (che si trovava libero in area per ricevere il cross) a strappargliela e riciclare il possesso per Semedo.

Contemporaneamente, Conte non è stato altrettanto bravo ad aiutare l'Inter con il cambio Alexis Sanchez-Gagliardini, con Sensi che è avanzato in attacco nell'inusuale posizione di seconda punta. Un cambio probabilmente forzato dalla fatica dell'attaccante cileno ma che inevitabilmente ha abbassato ulteriormente il baricentro dell’Inter, togliendo a Lautaro il socio perfetto in attacco. Rompendo la coppia d'attacco, Conte ha rinunciato al gioco che gli aveva permesso di risalire con il pallone e di allungare il campo di gioco, abbandonandosi ad una partita puramente difensiva.

Proprio il baricentro particolarmente basso dell'Inter ha aperto gli spazi per Messi che con una grandissima progressione si è praticamente inventato il 2-1 blaugrana. Il 10 argentino ha ricevuto vicino alla linea di centrocampo e ha prima saltato con una finta Asamoah, lasciandolo sul posto, e poi anche Brozovic, con un cambio di direzione. Messi si è poi accentrato e ha servito Suárez, che si è inventato un grande primo controllo per saltare Godín, avanzato per fronteggiarlo, e facilitare la conclusione solo davanti ad Handanovic (D’Ambrosio era troppo lontano per poter intervenire, essendo rimasto largo per occuparsi di Dembélé ad inizio azione). Un’azione in cui Godin non ci ha fatto una grande figura ma che dimostra più che altro l'incredibile talento di Suarez, che riesce ancora a ritagliarsi lo spazio di pura intelligenza contro uno dei migliori centrali del mondo nonostante abbia perso la brillantezza atletica del picco. Per Messi, invece, è semplicemente another day in the office, come si dice: nonostante anche lui non fosse al 100% fisicamente, ha comunque completato 10 dribbling su 13 tentati, 34 passaggi su 38 nell’ultimo terzo di campo - di cui 6 passaggi chiave, uno dei quali è l’assist per Suárez.

A fine partita l'Inter è uscita amareggiata per quanto dimostrato nel primo tempo, ma l'idea che abbia perso una partita dominata per via di due fuoriclasse è fuorviante. Perché se è vero che il piano gara di Conte è stato perfetto, ed è stato aiutato anche dal gol al secondo minuto, e altrettanto la sua esecuzione nel primo tempo, è anche vero che quando sono mancate le energie e soprattutto quando il Barcellona ha modificato il proprio sistema di gioco, l’Inter non ha più trovato efficacia nell’attuare la strategia iniziale o comunque non ha trovato un piano B all’altezza.

Le invenzioni di Messi e Suárez non sono arrivate come episodi isolati, ma come frutti di una fase della gara (all'incirca l’ultima mezzora) in cui il Barcellona ha avuto il controllo totale del contesto di gioco, e in cui l’Inter ha portato avanti una partita esclusivamente difensiva ed è stato quasi innocua offensivamente, effettuando due tiri totali di cui zero in porta.

Insomma: un tempo perfetto in Champions League non basta e trovare il modo di variare il proprio gioco quando gli avversari fanno la propria mossa è decisivo per fare un ulteriore passo in avanti, oltre la semplice consapevolezza di potersela giocare. Questo Conte sembra saperlo, o almeno ha provato a dimostrarlo nel post-partita: «Adesso ci lecchiamo le ferite e ci prepariamo a giocare domenica contro la Juventus. Ma a me viene difficile parlare in termini positivi di una partita quando si perde. Io la sconfitta la soffro».

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