Al fischio d’inizio è già evidente: il Real Madrid vuole segnare subito, il prima possibile. Deve vincere per agganciare il Barcellona primo in classifica, per spegnere l’entusiasmo che si respira in casa dei rivali di sempre dopo il 4-1 contro il Bayern Monaco in Champions League, per rimetterli al loro posto.
E infatti, dopo un minuto, il Real ha la prima occasione. Camavinga riceve a centrocampo e si sbriga a servire la corsa di Mbappé dietro la linea difensiva. Il francese calcia fuori e un secondo dopo l guardalinee alza la bandierina. Il Bernabeu ribolle perché sembra il preludio di una grande serata. Sono mancati centimetri, ma ne arriveranno altre di occasioni così. Dieci minuti dopo ancora Camavinga in verticale, ancora Mbappé scatta e riceve dietro la linea. Stavolta sceglie di passarla a Bellingham sul secondo palo, e non riesce a segnare nemmeno lui. E di nuovo si alza la bandierina. Alla mezz'ora Mbappé riceve in area e calcia subito sull’uscita del portiere. È il suo primo Clásico, è il giocatore più atteso, e ha appena segnato con un bel pallonetto morbido. Lo mima ai tifosi festeggianti sugli spalti.
È di nuovo fuorigioco però, e il VAR annulla il gol. I giocatori del Real Madrid cominciano a diventare matti. Sembra sempre questioni di centimetri, di margini esigui, ma questi margini continuano ad andare contro la squadra di Ancelotti. Gli vengono fischiati 7 fuorigioco nel primo tempo. Una linea invisibile e millimetrica continua a impedirgli di segnare.
Questa linea, però, non è tirata a caso: è una delle novità portate da Flick al Barcellona, l’arma più evidente in questo Clásico. Al termine della partita saranno 12 i fuorigioco fischiati al Real Madrid. Arrivato in panchina, con poco clamore e qualche dubbio dei media, per sostituire una leggenda del Barcellona come Xavi, con il suo atteggiamento da zio simpatico, Hansi Flick è riuscito subito a creare empatia con lo spogliatoio e buone sensazioni tra i tifosi.
Ha subito detto che non avrebbe fatto rivoluzioni: il suo Barcellona sarebbe stata una squadra offensiva e che avrebbe fatto molto affidamento sui giovani della Masia. Rispetto alla scorsa stagione ha girato il triangolo di centrocampo per avere due centrocampisti centrali tecnici e un centrocampista più offensivo tra le linee, proprio come nel suo Bayern. Ha poi ritoccato alcuni meccanismi, sia col pallone che senza. Oggi il Barcellona è una squadra migliore in ogni fase del gioco. In termini generali non è che il Barcellona sia più preciso nei passaggi o corra di più in pressing rispetto alla scorsa stagione, ma sembra più organizzato e sta risultando più efficace. Si tratta di una squadra proattiva come pochissime altre quando non ha il pallone. Non soltanto vuole pressare alto e recuperare palla il prima possibile, ma utilizza una linea che si alza sul campo altissima per tenere la squadra compatta e forzare il fuorigioco avversario. Funziona bene l’intesa tra i due centrali difensivi - l’esperto Iñigo Martínez e il giovanissimo Pau Cubarsí. La strategia ha grandi rischi, ma crea energia. Una squadra così compatta e una linea che sale così alta spinge l’avversario ad avere fretta, ad andare in verticale troppo sbrigativamente.
Gli avversari del Barcellona cercano le transizioni veloci. Pensano che così possono far male alla squadra di Flick. Solo che non ci riescono, a sfruttare questo punto debole che resta solo virtuali. Con 77 fuorigioco fischiati a favore ad oggi (sostanzialmente 7 di media a partita), il Barcellona è di gran lunga la squadra con il numero maggiore tra i 5 campionati più importanti, il Brighton secondo in questa classifica ne ha 35, meno della metà. Ci troviamo davanti a una vera anomalia nel calcio contemporaneo: nessun’altra squadra rischia così tanto con la propria linea difensiva, che si alza e si abbassa costantemente a seconda di dove si trova il pallone.
Anche il Real Madrid è caduto nella trappola. Del resto è forse la migliore squadra del mondo in transizione. Bisognava andare il prima possibile da uno tra Vinicius e Mbappé. Provarci ancora e ancora, fino al gol. Questo ha creato un contesto tattico inedito nello scontro tra le due squadre, perché anche se inframezzato dai tanti fischi arbitrali, il ritmo di gioco è stato subito frenetico. Una foga giustificata da parte della squadra di Ancelotti dall’avere due attaccanti perfetti in teoria per giocare contro una linea alta, e dalla facilità con cui potevano essere trovati. Ma qui sta il punto focale della scelta di Flick: la ricerca del fuorigioco sistematico serve proprio a evitare che i difensori centrali Iñigo Martínez o Cubarsí debbano misurarsi nello spazio contro attaccanti più veloci. Il Barcellona difende coscientemente alzando la linea per togliere dal campo il duello individuale sulla velocità contro gli attaccanti avversari. Gli avversari sono costretti a essere perfetti nell’esecuzione del filtrante e dello scatto; e i difensori del Barcellona dovranno essere perfetti nel tempismo e nella lettura. È un duello molto più cerebrale che tecnico o fisico.
Come mostrato dalla partita con il Bayern di qualche giorno fa, contro il Barcellona vale invece la pena portare pazienza. Giocare in ampiezza, cambiare gioco, attaccare dalle fasce. Questa strategia offensiva non poteva essere eseguita dal Real Madrid perché il 4-4-2 messo in campo da Ancelotti era costruito tutto attorno alla verticalità pura verso le due punte. Camavinga e Bellingham sulle fasce dovevano raddoppiare in termini difensivi Lamine Yamal e Raphinha. Bellingham non si inserisce in area dalla seconda linea, e lo fa invece Camavinga. A destra quindi è Lucas Vazquez ad alzarsi tanto, compensato dal movimento di Valverde accanto ai centrali. Una situazione studiata da Ancelotti per attaccare anche in ampiezza e che nel secondo tempo ha reso la squadra più fragile, soprattutto nel versante destro.
Fin tanto che la partita è ad alto ritmo e il Barcellona scambia colpi su colpi in verticale lo squilibrio non si nota, ma Flick se ne accorge e all’intervallo fa la mossa che gli permette di vincere lo scontro tattico con Ancelotti. Sostituisce il dinamico ma poco lucido Fermin Lopez per il redivivo Frenkie de Jong, alzando Pedri sulla trequarti. L’olandese viene messo accanto a Casadó e questa semplice mossa cambia il modo con cui il Barcellona gestisce il pallone, aggiungendo pausa al centrocampo e permettendo un tempo in più di gioco, fondamentale per poter sfruttare le lacune strutturali del Real Madrid.
Nell’arco di due minuti il Barcellona scarica un uno due tremendo e decisivo. Due gol che esprimono un gioco di posizione eseguito magistralmente: il primo nasce da un invito alla pressione di Mbappé da parte di Casadó, che lo attira e poi lo supera in conduzione a testa alta muovendosi nello spazio lasciato libero a centrocampo. Nel frattempo il centravanti Lewandowski si allarga a sinistra per farsi marcare da Lucas Vazquez, mentre Pedri si allarga verso il mezzo spazio di destra per farsi marcare da Rüdiger e l’ala sinistra Raphinha si è mossa senza palla verso la trequarti per farsi seguire dal centrale Militão.
Sono movimenti di pochissimi metri, che servono al fronte offensivo del Barcellona per manipolare la linea difensiva avversaria. Quando Militão abbocca e si muove in avanti, perde quei due metri che permettono a Lewandowski il movimento a rientrare dietro la linea difensiva.
In una partita che è stata fino a quel momento una collezione di fuorigioco fischiati al Real Madrid, curiosamente il Barcellona segna il primo gol proprio con un filtrante in profondità dietro la linea avversaria. Lewandowki segna proprio con il tipico movimento da centravanti che fino a quel momento Mbappé aveva sempre sbagliato.
Sempre grazie a un’azione da centravanti di livello sublime arriva due minuti dopo il secondo gol. In questo caso l’azione parte da destra: il Barcellona resiste alla pressione del Real e de Jong riesce a trovare uno spazio verso il centro. Intanto Raphinha, partendo dall’altro lato, gli è corso incontro per offrire una linea di passaggio al compagno e lasciare la fascia alla corsa di Balde. De Jong serve Raphinha, che gli restituisce subito il pallone, e poi va di prima largo e profondo proprio dal terzino.
Con Vazquez che si è stretto a seguire Raphinha, a seguire la corsa di Balde deve andare Bellingham, ma è in ritardo. Il terzino del Barcellona ha il tempo di calibrare il cross per la testa di Lewandowski e ci sono poche teste al mondo migliori per trovare l’angolo alla destra di Lunin, dove il portiere non può neanche provare ad arrivare.
Sono due minuti da sogno per Lewandowski, a cui seguono altri da incubo: il centravanti polacco, all’interno di una partita diventata frenetica, riesce a sbagliare due gol più facili di quelli segnati, prendendo un clamoroso palo a porta vuota e calciando fuori da posizione, per lui, piuttosto semplice.
Peggio fa però Mbappé che per due volte, tra il 60’ e il 63, riesce a non cadere nella trappola del fuorigioco per Barcellona, ma davanti alla porta non fa niente di meglio che tirare addosso a Inaki Pena. Una scena che si ripeterà anche al 70’. Saranno gli unici 3 tiri di Mbappé non in fuorigioco, tutti arrivati nel giro di 10 minuti con la partita ancora aperta, e saranno tutti simili nella forma. Dopo il terzo errore, Mbappé si auto-annullerà dalla partita, pur rimanendo in campo fino al fischio finale.
Le occasioni, insomma, si susseguono da una parte e dell’altra. Il Real Madrid spinge per accorciare, ma così facendo fa il gioco degli avversari, che possono ancora meglio andare in verticale lì dove Raphinha può sfruttare la lacuna del sistema difensivo di Ancelotti. E così arriva il terzo gol: al 77’ un lancio lungo di Inaki Pena trova la spizzata di Lewandowski che innesca proprio il brasiliano. Il suo stop a seguire taglia fuori Vazquez e può entrare in area indisturbato e servire Lamine Yamal, che fino a quel momento non era stato all’altezza del suo talento.
Per i grandi giocatori basta però un pallone e un momento d’ispirazione: Lamine Yamal controlla in corsa con l’esterno del sinistro e poi scarica subito un bolide sotto la traversa col destro, il piede teoricamente debole. È il suo primo gol al Real Madrid.
7 minuti dopo è Raphinha a far partire la festa blagurana con il quarto gol, sempre andando a battere Lucas Vazquez nel duello diretto. Anche qui basta un lancio lungo che lo trova in isolamento contro il terzino del Real Madrid. In campo aperto tra i due non c’è storia e infatti Raphinha se lo mangia e poi, arrivato all’altezza del dischetto, beffa Lunin con un pallonetto.
E così, dopo un primo tempo che sembrava suggerire il vantaggio del Real Madrid da un momento all’altro, in mezz’ora nel secondo tempo il Barcellona ha segnato 4 gol ai rivali di sempre in casa loro. Questa vittoria è l’apoteosi di un ottobre che a Barcellona ha risvegliato l’entusiasmo per una squadra che sembrava smarrita negli ultimi anni. Per lo stile di gioco eccitante e una rosa piena di giovani della Masia, la squadra di Flick ha ricordato il primo Barcellona di Guardiola (2008/09), quello col tridente Messi, Eto’o, Henry che vinse il triplete. Ovviamente è ancora prestissimo e quella squadra aveva un livello di talento molto più alto. Questo Barcellona è ancora una squadra in costruzione e pensare oggi che possa vincere la Liga o la Champions è ancora azzardato. Tuttavia il successo del lavoro dell’allenatore tedesco nei pochi mesi avuti a disposizione è sotto gli occhi di tutti. Il Barcellona è tornato a essere considerato a pieno titolo “una delle grandi d’Europa”, soprattutto lo ha fatto scegliendo una strada opposta a quella del Real Madrid, proprio quello che è lo spirito più profondo del Clásico: due squadre che cercano di essere la migliore al mondo, ma lo fanno con uno stile agli antipodi, rendendo le loro sfide molto più che partite di calcio.