«Spesso allenare lo spogliatoio è più importante che allenare la tattica». Sergio Ramos, capitano del Real Madrid, ha usato la sciabola per chiosare sulla manita subita dal Real Madrid nel primo Clásico della stagione. La partita era destinata ad entrare nella storia ancor prima di iniziare: sarebbe stato il primo senza Leo Messi e Cristiano Ronaldo in campo, i due giganti che hanno monopolizzato l’ultimo decennio di calcio europeo. Alla fine il Clásico è però entrato nella storia soprattutto per il suo esito: un’umiliazione che ha affondato la panchina di Lopetegui e cementato le certezze attorno al progetto di Valverde.
Un primo tempo umiliante
Con Rafinha ancora una volta a fare le veci di Messi, il Barça ha confermato la formazione che ha battuto l’Inter. Il piano di Valverde prevede una squadra paziente nella circolazione e compatto tra le linee. Il Barcellona ha deciso di cercare superiorità numerica sulla parte sinistra del campo, attorno alla catena formata da Jordi Alba, Arthur e Coutinho. La presenza di Rafinha alto a destra ha regalato alla squadra un centrocampista in più che può muoversi dal lato destro verso il centro. Un movimento che ha permesso a Rakitic di giocare ancora più centrale, potenziando quindi tutta la struttura asimmetrica che fa da rete per il possesso palla.
Valverde sceglie di lasciare in appoggio a destra il solo Sergi Roberto, che si dimostra ancora una volta in grado di reggere da solo una zona ampissima di campo. Almeno se la squadra è in grado di mantenere il possesso con continuità.
Quello che però ha fatto la differenza nel piano gara di Valverde è stata la pressione. Senza Messi in campo il tecnico ha accettato l’idea di organizzare prima di tutto un pressing che permettesse alla squadra di recuperare il pallone su diverse altezze. Questo - ancor più che la circolazione del pallone - ha reso la vita difficilissima alla squadra di Lopetegui.
Una pressione non ortodossa: Suárez e la mezzala sinistra Arthur Melo andavano sui due centrali del Real Madrid; gli esterni Coutinho e Rafinha restevano più bassi a seguire la salita dei terzini; Busquets e Rakitic ruotavano per seguire il centrocampo avversario quando si abbassava. Così il Barcellona ha costretto il Real Madrid a tornare sempre indietro per poter andare avanti. La strategia è stata permessa dal grande dinamismo di Arthur: il numero 8 ha guidato la pressione partendo da Modric e alzando pian piano la squadra. A quel punto il Madrid è stato costretto a tornare indietro. Quando la squadra di Lopetegui ha provato ad uscire palla a terra il Barcellona è riuscito a recuperarla in alto con continuità e senza il minimo sforzo (gli unici a correre in avanti erano Suárez e Arthur). Il Barcellona ha dominato il primo tempo senza dover faticare più di tanto, sfruttando al massimo il momento storico negativo degli avversari.
La partita e la strategia iniziale del Real Madrid è difficilmente commentabile, soprattutto perché condizionata alla radice dall’aspetto psicologico. I Blancos hanno faticato innanzitutto a stare mentalmente dentro la partita, una squadra scollata nella pressione e con un linguaggio del corpo che comunicava resa incondizionata prima ancora che il Barça segnasse il primo gol.
Se questa doveva essere la partita del riscatto si è trasformata invece in un incubo. Una partita che ha confermato quanto le motivazioni siano essenziali per un piano tattico ben eseguito a questi livelli. Non sappiamo cosa avesse realmente in mente Lopetegui, quello che abbiamo visto non può essere un piano gara. Per dare l’idea della passività vista in campo nel primo tempo: in 45’ il Madrid ha tentato in tutto 3 dribbling, completandone appena uno. Sono passati pochi mesi dalla vittoria in Champions League, eppure della squadra che manipolava lo spazio attraverso la tecnica non sembra esserci traccia.
In questo grafico di passaggi e posizioni medie del Real Madrid nel primo tempo si vede l’incapacità della squadra di trovare pattern di gioco consolidati che non siano il passaggio di Marcelo verso un Isco che si accentra dalla fascia sinistra.
Lopetegui ha provato a mettere in campo contemporanemente tutti i pesi massimi dello spogliatoio. Magari sperava in una reazione d’orgoglio e di carisma. Nacho terzino destro adattato invece di Odriozola, per sostituire Carvajal indisponibile, è l’unica decisione tecnica imputabile all’allenatore rispetto al teorico undici migliore. Una decisione che si è rivelata alla fine pesantissima perché l’interpretazione del ruolo da parte di Nacho ha facilitato la vita a Valverde. Nacho seguiva Coutinho, i cui movimenti sono però a rientrare proprio nella zona a metà tra lui e il compagno Varane, occupato dai movimenti di Suárez.
Con Modric impegnato a seguire Arthur, l’unico che poteva occuparsi delle salite di Jordi Alba era Gareth Bale. Il passato da terzino e la velocità potevano aiutarlo, ma non si può chiedere alla propria ala e principale fonte di pericolo offensivo di andare in copertura ogni azione. Al Barça è bastato pazientare un minimo con il possesso prima di cambiare gioco dietro la linea difensiva del Madrid, dove può ricevere indisturbato Jordi Alba. Una strategia semplice: usare Coutinho come minaccia per andare invece da Jordi Alba.
Non è un caso se il gol che sblocca la partita arriva proprio così, con una manovra paziente fatta di 30 passaggi consecutivi che portano al lancio per Jordi Alba e al conseguente cross per Coutinho finito a tagliare in area. In questi due grafici si vedono i passaggi ricevuti da Jordi Alba nel primo tempo e quelli dell’azione del gol.
Bisogna sottolineare le prestazioni individuali di Coutinho e Arthur. Coutinho, oltre al gol, ha interpretato molto bene la partita senza il pallone; Arthur, in una squadra che continua a non far circolare il pallone alla velocità adeguata, è diventato l’ago della bilancia della manovra centrale. Il suo Clásico è risultato ingiocabile per il centrocampo passivo del Madrid. Sulle sue tracce Lopetegui ha mandato Modric, che però non poteva seguire il brasiliano per tutto il campo, come la partita avrebbe richiesto. Arthur è stato letteralmente ubiquo nel primo tempo: con i suoi movimenti in appoggio al portatore in uscita del pallone e poi con il suo spostarsi tra le linee con l’avanzare della manovra ha aiutato anche i compagni di reparto Busquets e Rakitic a funzionare meglio. Il contesto della gara nel primo tempo ha esaltato i pregi di Arthur. Il suo primo Clásico in carriera ha avuto attorno un’aura da predestinato.
Passaggi ricevuti e fatti da Arthur nel primo tempo. Impressionante la capacità di alternare la precisione sia nel passaggio corto che nel lungo.
Varane è uno dei maggiori imputati del momento drammatico del Real Madrid. Dall’inizio della stagione farcisce le proprie partite di errori non forzati. Rispetto a quello dell'anno passato, Mondiale compreso, sembra letteralmente un altro giocatore, leggero nei duelli fisici e svagato nelle letture difensive. Ancora una volta ha regalato all’avversario qualcosa, questa volta un fallo su Luis Suárez che ha significato il rigore del 2-0.
Nel primo tempo il Real Madrid non solo non è riuscito a costruire nulla, ma è sembrato anche difensivamente in balia degli avversari. Il risultato di 2-0 sta strettissimo al Barcellona, che senza neanche forzare ha dimostrato una superiorità umiliante. Quanto visto nel primo tempo ha reso quindi l’inizio della ripresa ancora più anomalo.
L’ultimo tentativo di Lopetegui
Proprio quando la partita sembra un lungo corteo funebre per Lopetegui, nei primi 20 minuti del secondo tempo succede qualcosa di difficile da spiegare alla luce del primo. Mi riferisco non tanto al cambio di sistema utilizzato da Lopetegui, che approfondiremo tra poco, ma all’atteggiamento dei giocatori del Madrid completamente cambiato. Per rendere ulteriormente chiaro quanto sposti l’aspetto mentale a certi livelli in cui la base tecnica e tattica è già alta, il Madrid ha iniziato subito con un piglio diverso e ha preso sempre maggiore vigore con l’andare avanti dei minuti, vedendo quanto le cose improvvisamente gli riuscivano.
Vero, era disposto meglio in campo, ma quello che conta nel tentativo di rimonta sono la determinazione nei movimenti più che i movimenti in quanto tali. Il gol di Marcelo che accorcia le distanze, nel primo tempo sarebbe stato impensabile. Non sarebbe mai entrato in area in modo così determinato.
Passando all’aspetto tattico - ovvero all’ultimo tentativo di Lopetegui di salvare la propria panchina - il nuovo sistema è lo stesso tentato già contro il Sevilla in una dinamica simile: passaggio alla difesa a 3 con l’entrata di un esterno puro in Lucas Vázquez e Marcelo alzato a centrocampo. L’uscita di Varane è stata compensata dall’abbassamento al centro della difesa di Casemiro proprio come contro il Sevilla. Con Bale e Benzema al centro dell’attacco il Madrid ha messo in campo quello che a seconda della posizione di Isco può essere letto come un 3-5-2 o 3-4-1-2.
Si vede subito come il Madrid occupi in modo diverso gli spazi in campo con il 3-4-1-2 (in questo caso Bale e Isco si sono invertiti) e riesce finalmente a far circolare il pallone.
Con un baricentro inevitabilmente più alto e l’incapacità del Barça di trovare zone alte in cui riuscire a consolidare il possesso, il Real Madrid ha cominciato a recuperare alto con continuità, disponendo anche di una superiorità numerica in zona palla. Sono minuti frenetici, dove la dinamica dell’incontro pare completamente rovesciata. Il Barcellona sembra incapace di reagire.
È arrivato il gol di Marcelo e cinque minuti dopo il palo di Modric. Il croato ha calciato un rigore in movimento dopo un filtrante di Kroos. Sul palo di Modric gira probabilmente tutta la partita. L'azione ha mostrato con quanta facilità il Real Madrid riesce a toccare il pallone in area, ma da quel momento non arriverà più nessuna occasione così nitida.
Il Barcellona pian piano capisce come affrontare il nuovo contesto: alza i terzini attaccando fino all’area di rigore, costringendo gli esterni del Madrid a ripiegare. L’esempio migliore è il palo colpito all’ora di gioco da Suárez su passaggio di Sergi Roberto, trovato sul taglio in area alle spalle di Marcelo da Rakitic.
Capito come disinnescare il vantaggio tattico del Real Madrid, Valverde ha mosso le proprie pedine prima inserendo Semedo per Rafinha, così da alzare al posto del brasiliano Sergi Roberto, e poi Dembélé per Coutinho. Due esterni e due terzini che attaccano la profondità hanno permesso ai blaugrana di sfruttare al meglio il campo alle spalle del Real Madrid. Il vantaggio tattico trovato da Lopetegui gli si è quindi rigirato contro. Al Barcellona a quel punto non interessa più essere paziente per provare a battere la pressione, bastano due passaggi iniziali per cercare poi l’uomo alle spalle delle linee, in caso anche il lancio lungo. Se nel primo tempo quindi il Barcellona ha vinto con la pressione, nel secondo l’ha fatto sfruttando e mandando a vuoto quella avversaria.
L’ultima mezz’ora è una lunga passerella del Barcelllona verso la manita inflitta al cadavere di Lopetegui. Luis Suárez, da parte sua, ha confermato di essere il giocatore ad aver risposto meglio di tutti all’assenza forzata di Messi. Dal punto di vista atletico, di reazione in area e freddezza sotto porta, non è più il giocatore del 2015, però ora sembra aver compreso meglio i propri limiti fisici e il modo con cui girarci attorno. Si muove in modo instancabile per creare spazi ai compagni ma sceglie bene i momenti in cui farlo. Si assume maggiori responsabilità in termini di coinvolgimento nel gioco; non ha paura di sbagliare il passaggio e ha aumentato il suo peso nel numero di conclusioni della squadra. Sbaglia tanto sotto porta e perde lucidità nelle scelte con l’andare avanti della gara, ma la sua determinazione pare crescere dopo ogni errore. Un martello. Suarez ha finito per siglare una tripletta, la prima in un Clásico di un giocatore che non si chiama Messi dai tempi di Romario.
Il nostro indice degli xG dice che il solo Luis Suárez è valso 1.53 xG (rigore escluso). Se sommiamo questo a tutto il lavoro fatto senza palla è impossibile non lodare la partita del pistolero orfano di Messi.
L’azione del 5-1 con cui si concretizza la manita è un concentrato di tecnica in velocità di Dembélé, che ha servito uno splendido assist per Vidal. I canonici 2 minuti a partita in cui Ousmane Dembélé sembra il giocatore più forte al mondo.
È stato un trionfo personale per Valverde, che ha scelto un piano gara semplice ma tremendamente efficace. Dopo la sconfitta della Roma il suo ciclo sembrava già finito, ma ora pare aver ritrovato il filo tattico perduto. Il Barcellona è tornata ad essere una squadra che indirizza il proprio attacco tramite il possesso a centrocampo, e che arriva ad attaccare attraverso pattern specifici (il famoso lancio per Jordi Alba su tutti). Al contempo è attenta a non perdere palla in zone pericolose per esporre troppo una linea difensiva che non sembra in grado di proteggere Ter Stegen.
Se il Madrid partirà quindi a novembre con un nuovo progetto - con una rosa a metà tra la via vecchia e quella nuova - il Barcellona potrà invece correre su una strada tattica già tracciata. Un sentiero che intanto gli ha permesso di umiliare i rivali storici anche senza il miglior giocatore al mondo in campo.