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Cosa può aggiungere Donte DiVincenzo a Italbasket
16 lug 2025
C'è un nuovo italiano in città.
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9 min
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IMAGO / Icon Sportswire
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Martedì sera con una nota del Consiglio dei ministri è arrivata la notizia che aspettavamo da mesi: Donte DiVincenzo ha ottenuto la cittadinanza italiana “per meriti speciali”. Se magari non avete mai sentito questo nome, i suoi “meriti speciali” sono il saper giocare a basket, e saperlo fare molto bene.

Per vederlo con la Nazionale italiana agli Europei, che inizieranno il 27 agosto, manca solo la firma di Sergio Mattarella e il via libera dei Minnesota Timberwolves, la franchigia per cui gioca DiVincenzo che dovrebbero essere una formalità.

THE BIG RAGÙ
Nel basket FIBA naturalizzare i giocatori è la norma, e ogni Nazionale può schierare un giocatore a cui è stata data la cittadinanza dopo i 16 anni. Di lui come “italiano” si parla dal suo arrivo in NBA nel 2018, anche se poi il prescelto per il posto di naturalizzato era sembrato essere Paolo Banchero. Forse vi ricorderete: l’aereo non preso per rispondere alla convocazione a causa della positività dello zio, e poi la scelta di giocare per Team USA.

Banchero, che a 22 anni è già uno dei migliori giocatori della NBA, sarebbe stato una scelta migliore, ma ovviamente anche DiVincenzo arricchisce e alza il livello del nostro roster, aumentando le speranze di poter far bene all’Europeo, dove una medaglia manca dal 2003.

Nato a Newark, in Delaware, da genitori di origine italiana, deve il suo nome “Donte” a un errore del padre all’anagrafe: doveva essere Dante, come il poeta, è stato Donte. O almeno così si legge in giro sulla stampa italiana, anche se è un'informazione la cui origine sembra introvabile, mentre sembra esistere davvero negli Stati Uniti, per quel che vale, il nome Donte, come spelling alternativo di Dante. Tanto che esiste anche un altro giocatore di basket di nome Donte, Donte Grantham.

DiVincenzo inizia a farsi notare come giocatore di basket all’università con i Villanova Wildcats, con cui vince due titoli NCAA tra il 2016 e il 2018, anno in cui segna 31 punti in finale, vincendo il premio di NCAA Final Four Most Outstanding Player. Quella è una squadra di culto in cui gioca con Hart, Brunson e Mikael Bridges, oggi il core dei Knicks.

È al college che prende il soprannome con cui lo conosciamo in Italia, The Big Ragù, usato la prima volta dal telecronista Gus Johnson che lo ha preso in prestito da Laverne & Shirley, una sit-com molto popolare negli anni ‘70 e ‘80 in cui il personaggio di Carmine Ragusa veniva chiamato così.

Uno che i tornei brevi e da dentro o fuori li sa giocare.

«Penso perché sono italiano e rosso di capelli», ha commentato DiVincenzo, quando gli hanno chiesto da dove nasce questo soprannome. Non è comunque l’unico soprannome per lui: è chiamato anche The Michael Jordan of Delaware e White Donte, ma è sicuramente quello che più lo avvicina a noi.

Quando è stato chiamato dai Milwaukee Bucks al Draft 2018 con la 17° scelta, ha detto ironizzando che avrebbe portato un po’ di pasta fatta in casa dalla madre a Giannis Antetokounmpo per fargliela assaggiare, una dichiarazione più da italo-americano che da italiano, ma che comunque aiuta a capire come le sue origini sono quelle.

LA CARRIERA DI DIVINCENZO IN NBA
La carriera di DiVincenzo in NBA fino a questo momento è stata particolare. Dopo il primo anno di assestamento da rookie, è diventato subito titolare di una squadra con ambizioni da titolo, anche in maniera inaspettata. Nel sistema di quei Bucks le sue caratteristiche erano perfette per sposarsi con il gioco di Giannis: DiVincenzo è un esterno con tiro, buone letture offensive e grande atletismo, che banchettava sugli scarichi e gli spazi aperti dal greco e difendeva duro.

Un infortunio alla caviglia nella prima serie dei playoff del 2021 gli toglie la gioia più grande, mancando la corsa dei Bucks culminata con lo storico titolo vinto in finale contro i Phoenix Suns. Un infortunio che lo tiene fuori 6 mesi e ne ridimensiona anche il ruolo in squadra, tanto che la stagione successiva viene ceduto a febbraio a Sacramento, anche perché Milwaukee non era sicura di potersi permettere il suo rinnovo per ragioni salariali.

DiVincenzo ha qualche difficoltà ad adattarsi al sistema di gioco dei Kings, molto diverso da quello dei Bucks, e le sue percentuali al tiro calano. Per un esterno come lui la capacità di segnare sugli scarichi, o comunque massimizzare ogni pallone toccato in attacco fa tanto. A fine stagione, inaspettatamente, i Kings non gli offrono un rinnovo e DiVincenzo si ritrova free agent.

Passare da essere titolare in una squadra da titolo a non ricevere l’estensione del contratto da rookie deve essere stato un duro colpo per lui. In NBA, dove ogni anno entrano decine di giocatori di talento, il rischio di eclissarsi rapidamente è alto.

DiVincenzo decide allora, più che di puntare ai soldi, di cercare una squadra adatta al suo stile di gioco, e firma con Golden State un contratto di un anno (più un anno di player option) a meno di 5 milioni di dollari. Tornare in un sistema più oliato e che enfatizza le sue caratteristiche da tiratore lo rimette sulla mappa della NBA. Come raccontato dallo stesso giocatore, è anche l’incontro con Steph Curry a cambiarne la mentalità e il tiro. Sono gli insegnamenti del miglior tiratore della storia ad aggiustarne la meccanica: più attenzione alle spalle, alla stabilità del busto, alla fluidità del movimento. Il risultato è la miglior stagione al tiro in carriera, passata flirtando con il 40% da tre punti.

In estate mette la firma su un contratto da 4 anni a 50 milioni con New York. Ai Knicks ritrova Brunson e Hart, e si incastra alla perfezione con quella che è l’idea di gioco di Thibodeau. Non c’è solo l’affinità con i due compagni, è proprio il basket che si gioca al Garden che sembra calzargli a pennello: intensità, durezza fisica e mentale, tanti tiri da tre punti.

Con la partenza di Barrett e Quickley, e i tanti infortuni che hanno ridotto il roster, l’importanza di DiVincenzo sale di partita in partita. Gioca la stagione migliore della carriera: segna 15 punti di media in 29 minuti, tirando col 40% da tre su più di 8 tentativi a partita. Il picco sono le 11 triple segnate contro i Pistons, record della franchigia, e la tripla segnata allo scadere contro i Sixers in gara-2 dei playoff.

In estate al trio di Villanova si aggiunge anche Mikal Bridges, ma pochi giorni dopo DiVincenzo viene ceduto ai Timberwolves nello scambio che ha portato Karl Anthony Towns a New York, una cessione che deve essere stata difficile da digerire per DiVincenzo, che ai Knicks sembrava aver trovato la sua dimensione migliore.

A Minnesota inizia male la stagione, anche a causa di un infortunio al dito, ma chiude in crescendo, aumentando alla grande la sua efficienza offensiva nelle ultime 20 partite. Nei playoff il tiro è stato un po’ ondivago, ma ha comunque confermato il suo ruolo attuale in NBA: e cioè quello di un giocatore con 25/30 minuti dalla panchina, in una squadra da playoff. Che magari così può sembrare minore, ma è tutt’altro che scontato o facile da conquistare.

COSA PUÒ AGGIUNGERE ALLA NAZIONALE
Sotto la gestione Pozzecco, la nostra Nazionale si è distinta soprattutto per la capacità di essere un gruppo. Se il deludente preolimpico ha gettato qualche ombra sulla gestione del CT, non possiamo dimenticare quanto di buono fatto vedere agli Europei del 2022, dove abbiamo sconfitto la Serbia, prima di cedere al supplementare con la Francia, condannati da uno 0 su 2 in lunetta di un, fin lì, straordinario Fontecchio. O anche al Mondiale, prima della sconfitta con gli Stati Uniti, per quanto pesante nel risultato.

L’Italia non è nella sua fase storica di maggior talento, ma ha saputo giocarsi le sue possibilità con tutti, trovando proprio nel collettivo le migliori risorse. Si vede anche fuori dal campo: basta guardare qualche puntata del podcast Afternoon, condotto da Melli e Datome durante il Mondiale e il Preolimpico, per capire l’affiatamento che c’è tra i giocatori e lo staff.

Come si può inserire DiVincenzo in questo gruppo? Presumibilmente il giocatore di Minnesota salterà il camp di Folgaria, che inizia il 23 luglio, e conoscerà i suoi compagni di Nazionale a due-tre settimane dall'Europeo, trovandosi in un mondo totalmente diverso rispetto a quello a cui è abituato.

Se la lingua sarà relativamente un problema, per i giocatori di basket è normale conoscere l’inglese, per il resto dovrà trovare un modo di integrarsi in una realtà in cui le dinamiche sono diverse, dagli allenamenti, alla gestione degli atleti, dalle dimensioni del campo alle regole. A 28 anni DiVincenzo non ha mai giocato a livello FIBA e, pur trattandosi sempre di basket, ci sono delle differenze, sia nel regolamento che nello sviluppo del gioco (anche se, avendo giocato tanto in NCAA, si può dire che il basket collegiale è quasi più simile a quello FIBA).

In ogni caso, DiVincenzo diventa automaticamente il miglior giocatore del roster della Nazionale. In attacco, in questa stagione con Minnesota, la maggior parte dei suo tiri sono state triple (71%) di cui circa la metà prese sugli scarichi, senza mettere palla per terra. Su questo tipo di conclusioni, DiVincenzo fa parte dell'élite di questo sport. Quando invece deve creare dal palleggio, la sua efficenza è decisamente inferiore paragonata a quella dei migliori attaccanti. È comunque un tiratore che si muove molto, che sa sfruttare i blocchi lontani dalla palla, che ha bisogno di pochissimo spazio per organizzare un tiro.

In un backcourt che, oltre a Fontecchio, manca di creatori palla in mano, Pozzecco probabilmente chiederà al suo nuovo giocatore di ampliare quella che in NBA è solo una piccola parte del suo gioco offensivo. DiVincenzo, comunque, ha fatto vedere cose interessanti nelle letture con la palla in mano e senza, sia quando si tratta di attaccare i close-out, sia nel trovare compagni liberi dopo aver ricevuto in movimento. Questa intelligenza cestistica potrebbe anche ampliarsi nel basket FIBA e fare le fortune dell'attacco dell'Italia.

In difesa, poi, pur non essendo uno specialista difensivo, ha le dimensioni fisiche e l’atletismo per essere un problema per tutte le guardie avversarie all’Europeo, mentre in NBA soffre un po' la sua taglia e delle dimensioni fisiche "normali". A volte è troppo istintivo, cercando troppo il recupero, ma ha quel tipo di grinta e cattiveria agonistica che è un po’ la cifra della Nazionale di Pozzecco, anche quando si tratta di aiutare i compagni.

Con lui in campo il CT potrebbe anche dare tanti minuti a Fontecchio da 4, ruolo in cui l'Italia è un po' deficitaria, costruendo quintetti veramente aggressivi e veloci: un quintetto Pajola, Procida, DiVincenzo, Fontecchio, Melli non è grosso ma può diventare un incubo per tutti gli avversari, se le cose girano.

Sta forse proprio nell’atteggiamento con cui DiVincenzo gioca a basket, come se fosse la cosa più importante sulla terra, la speranza maggiore che possa davvero dare una mano alla Nazionale.

Il ministro per lo sport, Andrea Abodi, ha detto che DiVincenzo è «entusiasta di vestire la maglia azzurra», ed è proprio il suo entusiasmo la cosa più importante: la voglia di mettersi in gioco e non fare una vacanza, di prendere un ruolo di leader che in NBA non può avere e farlo al meglio. La ricompensa per lui e per i tifosi potrebbe essere un finale dell'estate molto piacevole.

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