Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Il Bayer Leverkusen non ha fatto un miracolo
15 apr 2024
Racconto di una Bundesliga dominata in grande stile.
(articolo)
13 min
(copertina)
IMAGO / Sven Simon
(copertina) IMAGO / Sven Simon
Dark mode
(ON)

Ognuno può scegliere la propria immagine preferita. Xabi Alonso che osserva dall’alto di una balconata i tifosi che invadono il terreno della BayerArena. La osserva come un generale stanco e riflessivo farebbe di fronte alla piana di una battaglia vittoriosa. Oppure il momento successivo al terzo gol al Werder Brema, una partita trasformata in una lunga festa. L’immagine in cui Florian Wirtz invece di esultare deve invitare i suoi tifosi a non invadere il campo, ma davanti a sé uno steward, cioè colui che dovrebbe davvero preoccuparsi di non permettere l’invasione di campo, sta esultando insieme a lui. Vorrebbe abbracciarlo.

I tifosi avevano accolto il bus che entrava allo stadio passando per la strada denominata per l’occasione Xabi-Alonso-Allee. Poi era iniziata una festa sotto forma di partita. Il Bayer che come al solito schiaccia i suoi avversari con gol, gesti tecnici e azioni spettacolari. Un dominio fresco e leggero, un nuovo modo di intendere il calcio. L’arbitro non aveva neanche fischiato, ma i tifosi non avevano resistito. Mai nella loro storia avevano potuto lasciarsi andare a un'invasione epica, liberatoria. Uno di quei momenti che ci ricordano che il calcio resta uno dei pochi teatri della felicità di massa; il solo pretesto capace di offrirsi a questi affreschi collettivi.

Come da costume universale i tifosi hanno issato i giocatori sulle spalle come eroi contemporanei; come da costume locale sono arrivate le docce di birra negli spogliatoi, la copia di cartone del Meinsterschale con cui farsi fotografare. I piccoli riti che solo il Bayern Monaco nella storia recente ha avuto il diritto di perpetrare - tanto che abbiamo iniziato a pensare fossero loro per diritto divino.

La scorsa stagione la Bundesliga era stata diversa nella forma ma non nella sostanza. Si è dovuti arrivare agli ultimi minuti dell’ultima partita del campionato, e passare attraverso la più profonda incertezza, per poi però arrivare al solito esito: la vittoria del Bayern Monaco.

È inconsueto per il campionato tedesco arrivare fin quasi all’estate per decidere il vincitore, e quest’anno il titolo è stato assegnato a metà aprile, a cinque giornate dal termine. A festeggiare per la prima volta in 12 anni, però, non è il Bayern Monaco ma il Bayer Leverkusen. O meglio ancora: il Bayer 04, come vuole essere chiamata la squadra seguendo la peculiare tradizione tedesca di aggiungere l’anno di fondazione al nome della squadra.

Un anno fa il vasto popolo giallonero del Borussia Dortmund aveva assistito inerme allo psicodramma della propria squadra, vittima di quell’incantesimo di conservazione che ogni primavera porta il titolo in Baviera. Oggi vediamo il piccolo popolo rossonero tutto raccolto attorno al proprio stadio per festeggiare il primo titolo di Bundesliga della propria storia. Un titolo che era nell’aria da settimane e che ha trovato la giusta cornice per i festeggiamenti in una calda domenica di primavera.

Piccolo popolo è sempre una definizione relativa, ovviamente. La BayArena ha fatto il pienone questa stagione: 30mila spettatori di media, gli stessi della Fiorentina in Serie A. Ma è innegabile che la tifoseria del Bayer non è certo tra le più calde di Germania. Per quello bisogna andare allo stadio del Colonia a pochi chilometri a sud ovest attraversando il Reno. Storicamente il Bayer è una delle squadre borghesi della Bundesliga. Una delle due curve, per capirci, è riservata ai palchi per sponsor e vip; questo nonostante l’altra curva sia occupata da una delle prime tifoserie organizzate di Germania e Leverkusen sia una città industriale. Una cittadina a metà tra Colonia e Düsseldorf, nata solo nel 1930 dall'unione di vari paesini dei sobborghi di Colonia per fare un solo centro abitato. Lì Carl Leverkus aveva scelto nel 1860 di fondare la sua fabbrica di coloranti e farne, quindi, la capitale dell’industria chimica tedesca. Nel 1891 Friedrich Bayer decide di spostare lì la sua fabbrica di coloranti. La città di Leverkusen esiste nella nostra mente di appassionati di calcio a partire da quella decisione.

Non bisogna lasciarsi ingannare dal legame tra la fabbrica e la squadra, però. Non stiamo parlando di una squadra "aziendale", ma di una squadra di lavoratori, nata dall'idea degli operai della fabbrica - anche se oggi non rispetta la regola del 50%+1. Viene definita Werkself, squadra della fabbrica; viene vista dall'alto in basso dai tifosi dei club storici, ma non è bersagliata dall’odio culturale che colpisce invece il Red Bull Lipsia, la squadra nata come mossa di marketing della Red Bull. Il Leverkusen fa parte della storia del calcio tedesco, non ha intenzione di cambiarne la natura.

Il Leverkusen è sempre stato visto come una squadra innocua, anche fuori dalla Germania: tanti anni di presenza ad alto livello, la sicurezza economica di un colosso farmaceutico alle spalle che ha portato tantissimi giocatori di culto (Völler, Ballack, Ze Roberto, Berbatov, Lucio, Son), ma il soprannome di Bayer Neverkusen o Vizekusen in tedesco. La squadra che ci arriva vicina ma non vince mai, che dal 1997 al 2002 è arrivata 4 volte seconda in classifica. E poi la celebre primavera del 2002, in cui ha perso in pochi giorni il titolo di Bundesliga, la finale di Coppa di Germania e la finale di Champions League. Per anni i tifosi avversari tedeschi hanno riservato un coro a quelli del Bayer: «Ihr werdet nie deutscher Meister!» o «Non sarete mai campioni di Germania!».

Sono passati 22 anni e nel frattempo il Bayern ha vinto 16 titoli, di cui 11 consecutivi stabilendo la più duratura dinastia della storia del calcio tedesco. Poi è arrivato Xabi Alonso, uno che da giocatore ha contribuito a cementare lo status del Bayern. I bavaresi hanno un vantaggio competitivo tale, nel contesto tedesco, che gli basta spesso non commettere errori grossolani per avere sempre il titolo assicurato. Alla fine dello scorso anno, però, qualcosa ha iniziato a scricchiolare, e il Dortmund pareva comunque più vicino a contestare il titolo. Quando Xabi Alonso è arrivato al posto di Seoane, a ottobre 2022, la squadra sedeva penultima in classifica.

Quest’anno il dominio del Bayer è stato totale fin dalle prime giornate: solo per 4 turni il Bayer non ha avuto la vetta solitaria; nei primi 12 sono arrivate 11 vittorie e 1 pareggio (proprio contro il Bayern) e nelle 13 partite giocate nel 2024 dal ritorno della pausa invernale sono arrivate 12 vittorie e 1 pareggio. In totale 25 vittorie e 4 pareggi con +55 di differenza reti.

Il Bayer non ha alle spalle un metodo rivoluzionario di costruzione della rosa. Il catalano Fernando Carro che lo gestisce dal 2018 ha comprato giocatori interessanti negli anni, ma non c’è molta differenza rispetto a com’è costruito il Borussia Dortmund o il Red Bull Lipsia. Non esiste una grande differenza di livello sulla carta. La scorsa estate è arrivata, tra le altre, la cessione per 55 milioni all'Aston Villa della stella Moussa Diaby; questi soldi sono stati reinvestiti per far arrivare la punta Victor Boniface (20,5 milioni), l’ala Jonas Hofmann (10 milioni) e l’ala Nathan Tella (23,3 milioni). I soliti giocatori promettenti o da rilanciare che si possono permettere le squadre che vivono all’ombra del Bayern, che tutto mangia nel mercato tedesco. È stato comunque un mercato intelligente, è innegabile. Sono arrivati per esempio un paio di giocatori, Alejandro Grimaldo e Granit Xhaka, che hanno fatto la differenza. Questo però è il successo di Xabi Alonso e del suo lavoro, e di come ha trasformato ogni giocatore irrealizzato o fumoso in un campione del titolo.

Da giocatore Xabi Alonso ha vinto da protagonista tutto quello che si poteva vincere; ha giocato per alcune delle più grandi squadre e alcuni tra i più grandi allenatori della storia moderna del calcio: Rafa Benítez nel Liverpool, Del Bosque nella Nazionale spagnola, Mourinho e Ancelotti nel Real Madrid, Guardiola nel Bayern. «Questo mix mi fa pensare che sarà un grande allenatore», aveva detto Mourinho qualche tempo fa. Xabi Alonso, insomma, era un predestinato, ma non ha avuto fretta: si è preso i tempi e i modi che meglio gli calzavano per costruirsi il percorso. È partito dalle giovanili del Real Madrid ed è passato per la seconda squadra della Real Sociedad. Ora è già considerato uno dei migliori allenatori al mondo. Inevitabile dopo aver vinto la prima Bundesliga della storia del Bayer Leverkusen: 25 vittorie in 29 partite, nessuna sconfitta, 74 gol segnati e 19 subiti. La squadra è ancora in corsa per vincere la Coppa di Germania e l’Europa League. Qualche settimana fa il suo destino sembrava lontano da Leverkusen. In un momento del genere aveva il lusso di poter scegliere tra alcune delle più ambite panchine al mondo. In molti lo immaginavano già al Liverpool, dove anche da giocatore ha costruito la propria legacy.

Sorprendendo tutti, Xabi ha annunciato che rimarrà anche il prossimo anno. L’annuncio ci ha aperto gli occhi: in effetti perché avrebbe dovuto andar via? Non ha ancora perso una singola partita in stagione. La storia si può scrivere anche seduto sulla panchina del Leverkusen, lo ha già dimostrato e lo potrà dimostrare ancora.

La migliore descrizione della sua filosofia di gioco l’ha data lui stesso: «Più che automatismi, è necessario creare sinergie, in modo che ciò che i giocatori fanno in campo sia istintivo». In autunno il passaparola descriveva già le sue partite come uno spettacolo unico nel calcio europeo. In quel periodo Dario Pergolizzi scriveva un articolo per raccontare il modo peculiare, leggero, libero, con cui il Bayer Leverkusen creava la superiorità numerica; con una densità particolare nella zona palla, con sei giocatori vicini al portatore "e ripetizioni di rapidi passaggi interlocutori che “chiamano” fuori dalla posizione gli avversari".

La fluidità della struttura del Bayer è la sua qualità più visibile. Volendo mettere in numeri il suo sistema di gioco potremmo parlare di un 3-2-2-3. A seconda del tipo di pressing avversario cambiano alcune altezze specifiche e, a seconda della posizione della palla, cambia la densità di uomini in un punto del campo e l’ampiezza generale della struttura. Il gioco di posizione praticato dalla squadra è allo stesso tempo solido e altamente versatile. Un gioco ideale per esaltare le tante anime che compongono l’undici titolare.

Alejandro Grimaldo può giocare indifferentemente sulla fascia o dentro il campo: la sua influenza tattica è sempre alta. Ha messo insieme 11 gol e 15 assist in tutte le competizioni. Dall’altra parte Jeremie Frimpong più che un terzino è un’ala pura. È nato per un calcio verticale e che gli permette di toccare tanti palloni in area di rigore. Al centro della difesa Jonathan Tah era celebre per lentezza e disattenzioni, mentre quest’anno ha rasentato la perfezione. Al centro dell’attacco c’è stato spazio per un centravanti possente che gioca di sciabola come Victor Boniface e per uno longilineo che gioca di fioretto come Patrik Schick. La squadra si aggiusta attorno alle caratteristiche di questi giocatori di volta in volta.

Due persone, però, rappresentano i veri cardini della squadra: il regista Granit Xhaka e il rifinitore Florian Wirtz, entrambi in rete nella vittoria che è valsa il titolo.

Lo svizzero è l’alter ego di Xabi Alonso in campo e il giocatore di grande esperienza necessario. All’inizio della stagione aveva parlato quasi da allenatore: «Ho la sensazione che questa squadra non sia ancora al massimo. Questo fa parte del mio lavoro: spingere i giovani giocatori al limite. Ma anche mostrare loro dove si trova il limite». La sua scelta di lasciare l’Arsenal per passare al Bayer Leverkusen era sembrata una rinuncia. Il momento in cui un giocatore sceglie di scendere di livello per allungarsi la carriera. Si è rivelata una mossa molto più interessante di quanto eravamo disposti a immaginare. Dai piedi di Xhaka deve perfezionarsi l’uscita dal basso, e dalle sue indicazioni parte la riaggressione nel momento in cui la squadra perde palla. Xhaka è il governatore della supremazia territoriale del Bayer Leverkusen. Questo magari potevate immaginarlo; metteteci pure che è stato il giocatore del campionato con più chilometri percorsi: 339.

In zona di rifinitura ha brillato il talento più splendente, il giocatore che ha dato uno spessore diverso a tutto. Il giocatore per cui vale la pena sempre accendere il televisore per guardare una partita del Leverkusen. Di Wirtz ne ha scritto Daniele Manusia a dicembre:"C’è sempre un’idea dietro le giocate di Florian Wirtz. Un’idea quasi sempre ambiziosa. Non è scontato ammirare un giocatore di calcio per le idee che ha, oltre che per le sue qualità tecniche. Visione, idee e coraggio portano magari ad errori, ma portano anche a giocate uniche, persino quando sono giocate piccole piccole in relazione alle sue possibilità".

Da Xabi Alonso Wirtz ha avuto carta bianca. Poteva decidere da sé come e dove associarsi, se allargarsi sulla fascia a ricevere o venire a centrocampo. Wirtz è primo per passaggi all'interno dell'area, primo per passaggi chiave, primo per azioni che portano a un tiro, primo per dribbling in azioni che finiscono in gol e primo per tocchi nell'ultimo terzo di campo. La sua presenza trasmette un magnetismo che però va oltre i numeri. Se c’è un giocatore iconico di questo Bayer è il suo numero 10, che con i calzettoni abbassati dribbla nel traffico prima di mandare in porta un compagno.

Oltre allo sviluppo dei talenti a disposizione un altro aspetto da non sottovalutare del lavoro di Xabi Alonso è stata la capacità di coinvolgere tutta la rosa. Con le rotazioni è riuscito a utilizzare più dei soliti 12-13 giocatori, e così ha coperto senza fatica anche infortuni sulla carta penalizzanti come quelli di Boniface e Palacios. Le assenze che affliggono tutte le squadre durante la stagione non hanno minimamente intaccato la marcia del Bayer. La vittoria simbolo della cavalcata al titolo è quella per 3-0 contro il Bayern di Tuchel del 10 febbraio. Una vittoria arrivata con una formazione rimaneggiata.

Per tutta la stagione il Bayer ha trovato il modo di superare le contromisure degli avversari che hanno provato a bloccarne il dominio. La sensazione, vedendoli giocare, è un divertimento palpabile che i calciatori provano associandosi tra loro. Si cercano e si trovano in situazioni diverse, provano cose originali, non si accontentano mai, non hanno paura di sbagliare: «I giocatori sono i più importanti. Non sono robot. Hanno le conoscenze per sapere cosa potrebbe accadere e poi decidono cosa è bene fare con le loro qualità», ha detto Xabi Alonso. L'equilibrio raggiunto tra libertà d'espressione individuale e organizzazione collettiva è ciò che rende il Leverkusen una grande squadra - oltre che una squadra bellissima da osservare.

La vittoria del Bayer ha un grande significato simbolico. La Germania si era anestetizzata all'idea di un Bayern intoccabile, troppo più ricco e potente; ma è un periodo in cui la Bundesliga sta iniziando a ripensare sé stessa per far fronte alla concorrenza dei campionati esteri. Un periodo in cui è in atto un’enorme protesta delle varie tifoserie per mantenere la peculiarità del sistema tedesco. Un sistema in cui però la diseguaglianza tra il Bayern e le altre rende il campionato meno competitivo.

Il Bayer di Xabi Alonso ha smentito l'idea che solo una stagione tragica del Bayern possa portare a nuovi vincitori. Certo, la squadra di Tuchel ha avuto un'annata difficile, ma il Leverkusen ha stravinto con un gioco poggiato su basi solidissime. Quello del Bayer non è stato un miracolo ma il logico risultato di una squadra gestita bene e allenata meglio. Una squadra che non ha solo vinto il campionato ma lo ha dominato. Al pari del primo Borussia Dortmund di Klopp, del Bayer di Xabi Alonso parleremo tra vent’anni. Ne parleremo come di una delle più importanti squadre della storia della Bundesliga. A differenza del Borussia Dortmund di Klopp, però, il Bayer Leverkusen di Xabi Alonso non è soltanto una formazione innovativa e di successo. Questa stagione è riuscita nell’impresa, ai limiti dell’impossibile nel calcio contemporaneo, di cambiare il proprio status, la propria storia.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura