Quando l’urna di Nyon ha messo di fronte Arsenal e Bayern Monaco per i quarti di finale di Champions League il pensiero di tutti è tornato alle sfide dello scorso decennio, quando i tedeschi trituravano regolarmente la squadra di Wenger ormai a fine ciclo.
Tra il 2015/16 e il 2016/17, prima con Guardiola, poi con Ancelotti, il Bayern sconfisse per tre volte di fila l’Arsenal con il risultato di 5-1: un’anomalia statistica che descrive perfettamente il sadismo con cui i bavaresi amano accanirsi su certi avversari.
A distanza di sette anni, però, la situazione per una volta sembrava essersi ribaltata. Il Bayern vive un momento di crisi tecnica e istituzionale, che dopo dodici anni gli impedirà di vincere il Meisterschale. L’Arsenal, invece, è tornata ad essere una delle migliori squadre al mondo, arrivata ad aprile a poter competere sia per la Premier che per la Champions League.
Nonostante i momenti di forma opposti, tra le due squadra era il Bayern quella a vantare i migliori giocatori e una maggior esperienza, perciò azzardare un pronostico era comunque difficile. Alla fine è stata una gara divertente, ricca di possibili turning point che avrebbero potuto indirizzare l’eliminatoria da una parte o dall’altra: proprio ciò che chiediamo alle notti europee. La partita d’andata ha rispettato le attese della vigilia e ha confermato come l’Arsenal sia di gran lunga una squadra migliore del Bayern, anche se sappiamo che non necessariamente basta questo per imporsi in Champions League.
L’aggressività dell’Arsenal senza palla
Arteta si è affidato alla formazione che ha utilizzato più stabilmente negli ultimi tempi. Nel 4-3-3 di partenza, vicino al portiere Raya e all’inamovibile coppia di centrali Saliba-Gabriel Magalhães, i terzini erano Ben White, a destra, e Kiwior, a sinistra, preferito a Zinchenko (tornato solo nelle scorse settimane da un infortunio). Jorginho si è preso il posto di metodista, perciò Rice ha agito da mezzala sinistra, con Ødegaard sul centro destra. In attacco è stato confermato Havertz da centravanti, con Martinelli largo a sinistra e, ovviamente, Saka ala destra.
Tuchel, invece, ha fatto sedere Upamecano e Kim in panchina per puntare sulla stessa coppia vista all’Allianz Arena contro la Lazio, quella formata da Dier e de Ligt. Rispetto agli ottavi di finale i bavaresi hanno recuperato Alphonso Davies come terzino sinistro, con Kimmich nella posizione di terzino destro per far spazio a Laimer a centrocampo. Accanto all’austriaco nel 4-2-3-1 di partenza agiva Goretzka. Sulla trequarti Tuchel ha preferito rinunciare a Thomas Müller, così Musiala ha preso il suo posto alle spalle di Kane, con Sané largo a destra e il rientrante Gnabry sulla sinistra.
A dimostrazione di quanto siano cambiati i tempi, il Bayern ha accettato da subito di lasciare il controllo del pallone all’Arsenal: i tedeschi hanno provato a pressare solo in occasione delle rimesse dal fondo, per il resto hanno preferito sistemarsi a blocco medio-alto con un 4-4-2. Preoccupato dallo sviluppo dell’Arsenal sulla catena di destra, quella dove si concentra la qualità di Ødegaard e Saka, Tuchel ha raccomandato particolare attenzione al terzino e all’ala da quel lato - Davies e Gnabry - chiamati a seguire a uomo i riferimenti.
La catena di destra è il punto di forza dell’Arsenal. Lì non solo Ødegaard e Saka riescono a intendersi alla meraviglia grazie al loro talento, ma il terzino, Ben White, è in grado di compensare le loro scelte con i movimenti senza palla, che si tratti di occupare staticamente l’ampiezza, quando Saka stringe, o di sovrapporsi. Visto che il Bayern evitava di pressare, per dare più imprevedibilità allo sviluppo Ødegaard scendeva e si allargava sulla linea di Jorginho o addirittura su quella dei difensori, quasi da terzino destro. In una zona defilata e bassa aveva libertà di giocare, perché Saka e White rimanevano più avanzati: quando il terzino inglese si alzava, Gnabry lo seguiva a uomo abbassandosi da quinto di difesa, mentre Davies marcava Saka nello spazio di mezzo. Ad uscire su Ødegaard, quindi, doveva essere il mediano di sinistra, Laimer, che però non sempre se la sentiva di allargarsi in maniera così estrema sul centrocampista avversario. In questo modo Ødegaard poteva giocare a palla scoperta.
Libero di alzare la testa, il numero otto dei “gunners” sa essere minaccioso con i suoi passaggi, ma i vantaggi generati contro il Bayern sono stati soprattutto indiretti. L’Arsenal non ha prodotto molto con la manovra ragionata, tuttavia il fatto di poter alzare White e Saka, seguiti da Gnabry e Davies, ha abbassato il Bayern; le verticalizzazioni di Ødegaard, allora, sono state allora utili per attivare il gegenpressig. Se Davies o Gnabry intercettavano il passaggio, infatti, c’erano già Saka e White in zona pronti ad eseguire la riaggressione, coadiuvati da Havertz che si avvicinava alla fascia. È così che è nato il gol dell’1-0.
Ødegaard ha preso palla a metà campo da terzino destro. Laimer ha preferito non allargarsi in maniera decisa su di lui e allora il norvegese ha scodellato per il movimento profondo di Saka.
Davies è riuscito a intervenire, ma Saka ha sporcato il suo tackle. Ne è nata una palla contesa, su cui è intervenuto prima di tutti Havertz, che si era aggregato alla catena di destra.
Il tedesco ha ripulito all’indietro per White, il quale ha servito Saka in area. Con grande senso della porta, girato di spalle e senza mai guardare Neuer, l’inglese ha fatto sfilare il pallone e ha calciato all’angolino basso del secondo palo.
Un paio di minuti dopo l’1-0, l’Arsenal aveva avuto l’occasione per confezionare il 2-0 esattamente allo stesso modo. Con Saka e White avanzati a fissare in basso Davies e Gnarby, Ødegaard, nella posizione di terzino destro e con Laimer piuttosto lontano, aveva potuto alzare un’altra volta la testa per eseguire un lancio identico a quello del primo gol, stavolta per il taglio profondo di White.
Gnabry era riuscito a seguire l’inglese come un vero esterno a tutta fascia, ma non essendo un terzino di ruolo aveva respinto di testa verso il centro, qualcosa che non bisognerebbe mai fare.
Sulla seconda palla, così, era arrivato per primo Havertz, sempre prezioso in riaggressione. Il tedesco di prima aveva servito White, rimasto libero in area alle spalle della difesa e tenuto in gioco da de Ligt. A tu per tu col portiere White ha calciato ad occhi chiusi, centrale tra le braccia di Neuer.
È stata l’aggressività in fase di non possesso a garantire all’Arsenal il dominio della partita. Hanno funzionato sia la riaggressione che il pressing alto. Gli uomini di Arteta si disponevano con un 4-1-3-2 in cui Rice si alzava tra i due mediani bavaresi, pronto a scivolare a seconda del lato palla. Le due punte Havertz e Ødegaard di solito cercavano di indirizzare il passaggio sul centrale di sinistra Dier, probabilmente per evitare che il Bayern costruisse sul lato di Kimmich. Appena partiva il passaggio per Dier, la punta più vicina – Ødegaard – usciva su di lui attivando il pressing sul lato palla, con Saka che scivolava su Davies e Rice che stringeva sul mediano più vicino – Laimer.
La fase di non possesso dell’Arsenal sembrava perfetta. Il Bayern non trovava risposte al pressing alto che non fossero lanci disperati su Kane e Musiala. Se i tedeschi riuscivano a guadagnare la seconda palla e ad avanzare, l’Arsenal rientrava in maniera fulminea, ricompattandosi a ridosso della propria area in un 4-4-2 cortissimo che scivolava da una fascia all’altra con grande velocità, riuscendo così a coprire sia gli spazi interni sia l’ampiezza. Col Bayern che non sapeva cosa fare, il 4-4-2 dell’Arsenal si rialzava all’unisono, passando da blocco basso a blocco medio e riconquistando il centro del ring.
La Champions League sfugge a ogni controllo
Con una precisione del genere in fase di non possesso e con un dominio totale del campo, com’è possibile allora che il Bayern abbia ribaltato la partita? Il fatto è che in Champions vale poco il dominio se non lo si riesce a tradurre in gol. Soprattutto contro una nobile della competizione come il Bayern.
È emblematico che il pareggio sia arrivato due minuti dopo l’occasione di White davanti a Neuer, primo punto di inflessione dell’eliminatoria. Da un'azione nata da un lancio alla cieca, nella terra di nessuno, di Musiala, rientrato in seguito all’ennesimo gegenpressing dell'Arsenal eseguito alla perfezione.
Non c’erano avvisaglie di pericolo, fin quando David Raya non ha deciso di rievocare il fantasma di Manuel Almunia dando il via a una serie di scelte catastrofiche che hanno portato al pari. Il rinvio di Musiala sembrava innocuo, Gabriel Magalhães era in pieno controllo, ma Raya è salito in maniera inopinata fino a centrocampo: il portiere si era avvicinato troppo e così Gabriel non ha potuto eseguire il retropassaggio.
Il brasiliano ha dovuto cambiare idea, si è spostato goffamente verso la fascia e ha provato a servire Kiwior. Il passaggio era impreciso, ma l’ex Spezia è sembrato poco reattivo.
Il possesso, così, è finito tra i piedi di Sané. Rice a palla scoperta ha pensato di provare a mettersi sulla linea di passaggio invece di preoccuparsi del movimento di Goretzka che gli ha tagliato alle spalle.
Sané, così, ha servito Goretzka, il quale poi ha prolungato per il taglio di Gnabry.
Per chiudere l’azione in bellezza, Raya, che era rimasto in una terra di mezzo, si è fatto passare il pallone tra le gambe.
L’Arsenal non ha reagito male al primo gol, perché ha continuato ad attaccare e ad aggredire con la stessa convinzione. Il Bayern ha continuato a non trovare modi di rendersi pericoloso. Eppure, ad andare in vantaggio è stata la squadra di Tuchel. Alcuni fenomeni, visti da fuori, sembrano relativamente semplici da spiegare: in Champions League la tensione emotiva e il livello eccezionale dei giocatori fanno si che diventi più importante trovare momenti decisivi che non dominare la partita.
Senza la pazzia di Neuer, ad esempio, il Bayern non avrebbe mai fatto l’1-2. Viene da sorridere a pensare che il secondo gol nasca da una giocata così tanto fuori contesto, con Neuer che a quasi quarant’anni non smette di essere più originale di qualsiasi altro portiere e decide di alzarsi il pallone come se stesse giocando con i suoi amici in spiaggia per scavalcare con un pallonetto Havertz che credeva di avergli chiuso la linea di passaggio verso destra.
Da lì la palla era arrivata a de Ligt, che, pressato, aveva potuto solo verticalizzare per Sané spalle alla porta con Kiwior addosso. Da una situazione senza reali vantaggi, Sané si è inventato un tunnel di tacco con cui ha lasciato sul posto il polacco e si è aperto l’intera metà campo avversaria per correre.
Rice, prima, e Gabriel, dopo, hanno provato a intervenire in scivolata, ma Sané li ha saltati per inerzia come se stesse correndo in discesa. Giunto in area, Saliba lo ha atterrato concedendo il rigore. Sul calcio di rigore Raya, ancora una volta, è stato tutt’altro che perfetto: i portieri stanno diventando sempre più efficienti sui tiri dal dischetto e non è accettabile battezzare un lato con così largo anticipo, contro un giocatore abile come Kane.
A conti fatti, l'Arsenal è stato persino fortunato quando, qualche istante dopo l'1-2, alla disperata ricerca del pareggio ha portato tutti gli uomini, difensori inclusi, sulla trequarti, e dopo aver perso palla ha concesso a Sané una ripartenza senza nessun difensore davanti – le squadre poco avvezze a frequentare la Champions sono quelle che dopo aver subito un gol si comportano come se stesse per arrivare la fine del mondo e si privano di qualsiasi rete di sicurezza. I recuperi velocissimi di Ben White e Ødegaard – i suoi rientri sono stati una costante per tutta la partita – hanno evitato che l’eliminatoria si concludesse già dopo i primi 45’.
È il 35' del primo tempo della partita di andata ma l'Arsenal va all'arrembaggio come fosse l'ultimo minuto dell'eliminatoria. Ødegaard è l'ultimo uomo. Un errore simile poteva costare già ieri sera l'eliminazione.
Poi, all’improvviso, Gabriel Jesus
Nella ripresa Arteta ha provato a modificare qualcosa inserendo Zinchenko al posto di Kiwior. Così a impostare davanti ai difensori sono rimasti l’ucraino e Jorginho, con Rice e Ødegaard che rispetto al primo tempo si sono alzati sulla trequarti, nella speranza di avere un palleggio più produttivo. Non è cambiato poi molto. Il gioco tra le linee dei “gunners” è migliorato solo dal 67’, quando ha fatto la sua apparizione Gabriel Jesus, entrato al posto di Jorginho: Rice si è abbassato, con Havertz mezzala sinistra e il brasiliano punta.
Con l’Arsenal alla ricerca di una scintilla che portasse al pari, Gabriel Jesus, oltre alla sua tecnica, ha portato in campo la sua esperienza nell'arte dell'inganno, che fino a quel momento era stata assente nella partita: da brasiliano vero. Il modo in cui ha manipolato difensori e centrocampisti del Bayern per ricevere tra le linee è stato grandioso, con la palla e senza. Il primo pallone che tocca è un appoggio a centrocampo, con cui scarica per Zinchenko e si sfila immediatamente da Dier, che era salito su di lui. Visto che ha portato Dier fuori posizione, poi si muove nello spazio lasciato libero dall’inglese.
De Ligt stringe su di lui, e allora Jesus finge di tagliare verso il centro dell’area. De Ligt fa per seguire il movimento, ma intanto Jesus ha già cambiato direzione della corsa, separandosi dall’olandese per tagliare verso la fascia, stando attento prima a non finire in fuorigioco.
Così riceve il passaggio di Saka sul fondo, dove si ritrova nuovamente davanti Dier. Usando la suola mantiene il controllo del pallone e indietreggia, mentre la difesa del Bayern si schiaccia in area; solo a quel punto scarica d'esterno all’indietro per Declan Rice, il cui tiro viene ribattuto da Goretzka.
La furbizia nel raggirare gli avversari con movimenti corti ed elettrici, unita ad una qualità tecnica che non ha pari tra i compagni di reparto, rendono Gabriel Jesus un giocatore unico per l’Arsenal.
Un paio di minuti più tardi guardate come gli basti un semplice abbozzo di scatto per ricavarsi lo spazio con cui girarsi tra le linee. Trossard, entrato al posto di Martinelli, converge sul destro. Kane e Goretzka presidiano la linea di passaggio per Gabriel Jesus e, più dietro, de Ligt sembra pronto ad accorciare su di lui. Il brasiliano percepisce i movimenti intorno a sé e allora finge di tagliare verso la fascia. Fa solo il primo passo: tanto basta a Goretzka e a de Ligt per spostarsi entrambi verso la fascia.
Con quello spostamento Goretzka apre la linea di passaggio da Trossard verso Jesus, mentre de Ligt ormai è troppo lontano per poterlo tamponare tra le linee.
Così Jesus riceve, si gira, salta Laimer che aveva stretto e dopodiché apre con un rasoterra deciso verso Saka, che arriva al cross.
Non basta occupare gli spazi tra le linee, bisogna saperli dilatare con i movimenti, con l’astuzia e con la tecnica, concetti che Gabriel Jesus domina alla perfezione.
Di fronte a una lucidità tale, passa quasi in secondo piano il pregio tecnico con cui costruisce l’azione del 2-2. Anche lì, oltre che di piedi, è stata una questione di percezione degli spazi e di inganno. Una seconda palla ripulita da Saka, recapitata sui piedi di Jesus che si è girato sul limite dell’area e ha eseguito una prima sterzata per saltare de Ligt, il quale si era buttato in scivolata per negargli il tiro. Dopodiché erano stati Goretzka e Dier a mettere contemporaneamente la gamba per sbarrargli la strada verso la porta, ingannati da un secondo tocco con cui sembrava aver preparato il tiro: Jesus aveva nascosto le sue intenzioni, perché attraendo su di sé gli avversari aveva liberato lo spazio per il passaggio a rimorchio su Trossard. Il belga quasi dal dischetto ha superato Neuer sul secondo palo.
Di fronte a un Bayern inedito, che ha cercato risposte ai suoi dubbi cedendo l’iniziativa agli avversari, l’Arsenal si è rivelato all’altezza di un quarto di finale di Champions League. La squadra di Arteta è stata superiore, inappuntabile nell’applicazione del proprio piano gara.
Eppure, dalla partita dell’Emirates il Bayern ne esce con un preziosissimo 2-2, che lo rende favorito per il passaggio del turno, visto che gli basterà vincere in casa. È difficile pensare che il Bayern, all’Allianz Arena, possa nuovamente rinunciare al possesso, anche se è una squadra fragile in transizione che quest’anno sembra attaccare sempre sotto ritmo. L’Arsenal, d’altra parte, dovrà dimostrare la stessa consistenza dei propri avversari nel loro momento peggiore.
In Champions League la storia ha sempre un certo peso e non è ancora chiaro se tra Arsenal e Bayern le gerarchie siano cambiate.