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Il ritorno di Marco Belinelli
02 dic 2020
Dopo 13 anni di NBA Belinelli ha deciso di tornare a Bologna.
(articolo)
7 min
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Giovedì scorso il pomeriggio del basket italiano scorreva tranquillo quando all’improvviso è arrivata la notizia che nessuno si aspettava: Marco Belinelli torna in Italia, alla Virtus Bologna. Lì dove ha iniziato la carriera, lì dove ha esordito in Serie A poco più che 16enne lanciato da Ettore Messina.

Dopo 13 anni di onoratissima carriera in NBA, la priorità di Belinelli era quella di rimanere negli USA, ma non tanto per il gusto di starci. Belinelli voleva una squadra di alte ambizioni, da titolo o quantomeno da playoff. E invece sul tavolo gli sono arrivate offerte che, seppur economicamente non da disprezzare, non rispondevano al requisito di cui sopra. Da quello che risulta Golden State aveva pensato a lui, ma l’infortunio di Klay Thompson ha costretto gli Warriors a cambiare strategia e a dirigersi su altre tipologie di giocatori.

Ecco che allora la Virtus si è rifatta sotto riprendendo un corteggiamento durato almeno un anno, da quando Aleksandar Djordjevic nell’estate 2019 mandò un messaggio a Belinelli: il contenuto esatto non è dato saperlo, ma si può facilmente immaginare che fosse molto più di un tentativo di approccio. Poi le parti hanno riparlato a febbraio, in primavera, in estate fino alla volontà reciproca di chiudere la trattativa. Nella Segafredo Belinelli ha trovato la squadra che gli permette di lottare per alzare trofei, quello che voleva più di ogni altra cosa arrivato alla soglia dei 35 anni.

Il meglio di Marco Belinelli nel campionato italiano. Nel primo frame lo si vede dietro l’uomo che lo ha fatto giocare con continuità in Serie A da minorenne, uno che per i giovani ha sempre avuto fiuto: Bogdan Tanjevic.

Come Bologna ha vissuto la notizia

Per la Virtus e per il campionato italiano è un acquisto di enorme spessore, sia tecnico che di marketing. Basti pensare alla quantità di interazioni social che la news ha generato, anche se non soprattutto tra i non appassionati che però il nome di Belinelli lo conoscono benissimo. C’è però un’eccezione rumorosa: e cioè i tifosi della Fortitudo.

«Porterò sempre la Fortitudo con me, e per questo il giorno che tornerò a giocare in Europa lo farò solo qui a Bologna, la mia città, e con la maglia della Fortitudo. Questo è il mio impegno e la mia promessa». Queste parole sono state pronunciate il 19 luglio 2007, giorno dell’addio di Belinelli alla F prima della partenza per gli USA destinazione Golden State. Su queste frasi buona parte dei tifosi dell’Aquila hanno costruito delusione e rabbia per la firma con i cugini: dal loro punto di vista Belinelli - che con la F ha giocato una finale di Eurolega e vinto uno Scudetto - ha tradito i colori biancoblu preferendo il vil denaro.

Affrontando il tutto razionalmente - ovvero in un modo non compatibile con l’essere tifoso - bisogna riconoscere che stiamo parlando di una dichiarazione di 13 anni fa di un ragazzo che all’epoca aveva 21 anni. Rinfacciargliela oggi significa non tenere conto che Marco Belinelli è un professionista e che firmando con la Virtus ha fatto la scelta da lui ritenuta migliore in questo momento della carriera sia dal punto di vista economico - si tratta pur sempre del suo lavoro, giova ricordarlo - che tecnico e personale. Sarebbe stato romantico se fosse tornato alla Fortitudo, senza dubbio: ma visto lo status attuale delle due squadre si trattava oggettivamente di uno scenario non realistico. Come irrealistico sarebbe stata nell’estate 2003 l’attesa da parte del giovanissimo talentuoso Belinelli di capire cosa sarebbe accaduto alla Virtus dopo la radiazione: il passaggio alla Fortitudo, anche in quel caso, fu la cosa più logica.

Cosa può dare Belinelli alle V Nere

L’innesto di Belinelli alza la qualità del roster bianconero sia per il campionato che per l’Eurocup, probabilmente il vero obiettivo stagionale dal momento che è l’unica strada oggi percorribile per tornare in Eurolega. In campionato l’Olimpia Milano resta più forte e completa, ma è innegabile che sulla carta il divario tra le due rivali si sia ridotto. I meneghini peraltro su Belinelli non sono stati immobili: ci hanno pensato, ci hanno provato, hanno insistito ma un po’ per motivi tecnici (visto il roster completo sul reparto esterni) e soprattutto per motivi economici (dove uno sforamento così ampio del budget non è stato ritenuto sostenibile) l’affare è sfumato. La proprietà della Virtus invece ha dato il via libera e l’ad Luca Baraldi e il dg Paolo Ronci hanno chiuso l’importante operazione che ha riportato a Bologna il talento locale più lucente, definito addirittura “la firma più importante nel basket italiano degli ultimi 40 anni”.

Ora la palla passa ad Aleksandar Djordjevic che, come qualsiasi allenatore in una situazione simile, vive tra la soddisfazione di avere un elemento di questo calibro in più e la preoccupazione di inserirlo in un sistema che fin qui ha prodotto molte più cose buone che cattive. Durante la conferenza stampa di presentazione del giocatore, il coach serbo tra il serio e il faceto ha ripetuto più volte la parola “difesa” anche interrompendo lo stesso Belinelli. Su quel lato del campo gira tanto di quello che potrà essere la Segafredo in questa stagione.

Il trio Markovic-Teodosic-Belinelli non ha nella dedizione difensiva la propria vocazione ed è difficile pensare ad un impiego dei tre contemporaneamente, quantomeno in una fase iniziale. La Virtus sceglie spesso di cambiare sistematicamente e questo porta i piccoli a marcare i lunghi: se Pajola, Weems e Abass hanno il fisico per reggere il confronto, i due serbi e Beli hanno necessità di usare altre armi come l’anticipo, la furbizia e la lettura. Il giudizio del campo nei primi tre mesi di stagione è stato molto chiaro: questa Segafredo può ottenere risultati solo se difende di squadra, altrimenti fatica a portare a casa le partite. Belinelli dovrà inserirsi nel team ragionando in questi termini.

La vittoria in campionato a Venezia è emblematica di quanto la Virtus se ha voglia di difendere insieme diventa quasi imperforabile. L’attacco della Reyer, non certamente uno degli ultimi arrivati, nel secondo tempo è stato anestetizzato.

Nella metà campo offensiva il discorso è completamente diverso. Già adesso la gran parte degli attacchi virtussini, soprattutto quando in campo ci sono Teodosic e/o Markovic, si basa sul pick and roll centrale da cui possono nascere le più svariate combinazioni. Ma attenzione a un altro dato: la dinamica grazie alla quale la Virtus produce più punti è quella in catch and shoot, sugli scarichi della guardia che penetra piuttosto che sull’uscita del tiratore dai blocchi. In una situazione del genere Belinelli è una sentenza: nelle ultime 7 stagioni in NBA ha tirato con il 55.4% di percentuale reale ricevendo e tirando senza palleggi.

Non dobbiamo però immaginare un Belinelli fermo in angolo ad aspettare che gli arrivi un buon pallone: parliamo pur sempre di un attaccante molto dinamico, che sa essere anche un eccellente tagliante dal lato debole e che non sa segnare solo da oltre l’arco. Il suo arrivo presuppone un aumento del lavoro dei lunghi nel portare blocchi e favorirne uscita e ricezione: uno schema che i bianconeri eseguono già ma in maniera ridotta, anche perché Adams e Teodosic sono gli unici ad avere nella faretra questo tipo di soluzione - che non è comunque la loro primaria e neanche la secondaria. Altro aspetto da tenere in considerazione è che a Belinelli non verrà chiesto di portare palla o di prendersi 20 tiri a partita. Anzi, più lontano starà dalla creazione del gioco e più letale potrà essere. Un ruolo molto più simile a quello avuto in NBA rispetto a quello con la maglia azzurra, dove spesso è stato interprete dell’hero ball con momenti di goduria assoluta e momenti in cui la palla di entrare non ne voleva sapere.

Qui abbiamo goduto parecchio, per esempio.

Marco Belinelli è attualmente l’unico giocatore del campionato italiano ad aver vinto l’anello NBA in carriera. Il caso precedente riguarda Mario Chalmers, sempre alla Virtus. Ecco, la firma di Chalmers non ha portato tutti i risultati sperati (seppur non sia stato secondario nella Final Four di Champions League vinta il suo contributo), però l’ex Miami Heat si può definire l’acquisto più importante delle ultime due stagioni virtussine. Più di Teodosic, più di Belinelli.

Con Chalmers le V Nere hanno lanciato un segnale chiaro: si punta in alto con i nomi più grossi che possono arrivare. Con Chalmers i marchi Virtus e Segafredo sono usciti dall’ambito nazionale e sono entrati in un circuito più ampio che ha di fatto ingolosito la proprietà di Massimo Zanetti. Con Chalmers il patron ha compreso che anche nel basket la sua visione di puntare su nomi di grande calibro può portare riscontri, in campo e fuori. E allo stesso tempo con Chalmers i giocatori e gli agenti hanno capito che la Virtus faceva sul serio nel voler puntare in alto in tempi brevi.

Si può pensare che forse Belinelli non fosse proprio il tassello ideale che mancava alle V Nere. Forse serviva un altro tipo di guardia, forse la difesa soffrirà di più, ma siamo onesti: ammesso che siano tutte cose veritiere voi, nei panni della Virtus, la possibilità di prendere uno così non l’avreste colta?

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