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Il bello dell’Europa League 2019 vol. 9
08 mar 2019
Il meglio, del meglio, del meglio dell'andata degli ottavi di finale della coppa più amata dagli europei.
(articolo)
25 min
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Conosci la tua squadra di Europa League: Krasnodar

Quella attorno a Krasnodar è la regione del fiume Kuban, che nasce nel Caucaso occidentale e sfocia nel Mar Nero. È una regione conosciuta per essere la terra fertile della Russia, dove crescono gli infiniti appezzamenti di girasoli, il grano e gli ortaggi da portare poi nel resto del subcontinente. Per questo, e per via di un clima più simile al nord Italia che alla Russia continentale, tutto attorno a Krasnodar prolifera una sorta di enorme Emilia-Romagna, con tanto di riviera attorno alla famosa città di Sochi.

Storicamente è la regione dei Cosacchi del Mar Nero, la popolazione militare più temuta dell’impero russo, mai domata veramente dallo Zar e gestita soltanto utilizzandola come difesa nei confronti dell’Impero Ottomano. La zarina Caterina II decise direttamente di cedergli la terra attorno al fiume Kuban e la capitale di questa regione viene quindi chiamata alla fondazione Ekaterindar o dono di Caterina.

Con la rivoluzione russa la città, come da costume, cambia nome: diventa Krasnodar, dove Krasno- è rosso e -dar è dono. Da notare che in russo arcaico krasno è anche bello, la Piazza Rossa di Mosca (pronunciata in russo krasnaya ploschiad) infatti si chiama così non perché rossa, ma perché bella. A dispetto del nome, Krasnodar di bello propriamente detto però non ha molto da offrire. Non ha neanche il fascino del brutalismo sovietico a cui aggrapparsi. Solo palazzi disordinati e una vita cittadina in cui tutto gira attorno alla strada dello “struscio”, la Krasnaya (la bella, ma abbiamo capito ormai): un boulevard alberato che raccoglie tutto quello che Krasnodar ha da offrire: musei, teatri, ristoranti e centri commerciali.

Eccola in tutto il suo splendore nel tardo autunno kubano.

Per il resto, oltre a gustare una birra spizzicando i tipici gamberi di fiume o carpe essiccate, c’è poco da fare a Krasnodar, ma per via dei lunghi mesi senza gelo, questa è una regione storicamente legata al calcio, sport che solo qui si può praticare fino all’inverno e non deve condividere l’attenzione con l’hockey.

I ragazzi crescono giocando a calcio e con questa idea il miliardario Sergey Galitsky, calciatore mancato e fondatore della Magnit, ora una delle più importanti catene di supermercati della Russia, 11 anni fa ha pensato di fondare una squadra che voleva essere punto di attrazione per i migliori giovani della regione. Una squadra che ancora oggi porta fieramente lo stemma di un toro che passeggia sua una specie di tovaglia a scacchi: praticamente il logo di una bisteccheria.

In parallelo con la crescita della squadra, grazie a campagne acquisti per giocatori già affermati, sono stati ultimati i lavori per le migliori strutture per il calcio giovanile della Russia del sud e con l’aiuto dell’autodistruzione della squadra principale della città - il Kuban - il piano di Galitsky sta funzionando meglio del previsto: da 8 anni il Krasnodar è in Russian Premier League e da 4 stabilmente tra le prime quattro del campionato, qualificandosi per la nostra competizione preferita. In prima squadra ormai giocano stabilmente prodotti delle giovanili come il portiere Safonov, l’ala Suleymanov e il mediano Golubev, tutti ventenni e tutti visti giocare contro il Valencia ieri. A cui va aggiunta la punta Ignatjev, il giocatore più promettente della rosa, già visto nei sedicesimi contro il Leverkusen. In questa stagione il Krasnodar si sta persino spingendo a lottare con lo Zenit per la vittoria del campionato.

Dopo aver eliminato il Bayer Leverkusen, contro il Valencia di Marcelino, una delle squadre più forti di questa Europa League, il Krasnodar non ha certo sfigurato. Pur essendo andata in svantaggio ha segnato un gol, con Claesson, che riapre di fatto la possibilità di una qualificazione.

Il gol di Kral come un trattato di taoismo

https://twitter.com/calcioshop/status/1103978869361659904

Un concetto molto importante della filosofia taoista prende il nome di Wu Wei; ‘wu’ può essere tradotto con ‘non avere’ e ‘wei’ con azione. Il Wu wei ha a che fare con la capacità di discernere quando agire e quando non agire. Attraverso il Wu wei gli esseri umani possono agire in continuità con la natura e con il cosmo, perché agiscono senza sforzo, seguendo semplicemente il flusso. Per il taosimo non si deve ambire ad azioni troppo grandi o complesse, che non realizzati saranno solo causa di sofferenza.

Chi conosce più a fondo il concetto di wu wei di Alex Kral, detto il David Luiz ceco? La palla spiove su calcio d’angolo e lui non muove neanche un singolo muscolo per andargli incontro. A dirla tutta non si accorge nemmeno di dov’è il pallone, che gli rimbalza sulla testa e finisce in rete. Kral si gira cercandolo con l’aria persa, poi guarda verso la porta e si accorge che ha fatto gol. Ci mette un paio di secondi ad accorgersi di aver segnato. Il gol di Kral è una grande lezione di vita e spiritualità: nonostante quello che continua a ripeterci questa società, non bisogna sforzarsi troppo per raggiungere grandi obiettivi. Basta rilassarsi e attendere che la realtà ci assecondi.

Eintracht Francoforte e Terzo Reich

Ora, senza nessuna malizia, dobbiamo brevemente citare i legami più o meno diretti tra l’Eintracht Francoforte e il Terzo Reich.

a. L’allenatore dell’Eintracht si chiama Adolf Hutter. Di per sé chiamarsi Adolf in Germania è un fatto strano, come avevamo scritto tempo fa. Solo 13 bambini sono stati chiamati Adolf tra quelli nati tra il 2006 e il 2013, figuriamoci prima, quando è nato “Adi” Hutter, nel 1970. Va ricordato che Hutter si legge con la dieresi, quindi “Hiutter”, che lo fa somigliare ancora più sinistramente a Hitler. Questo Hutter magari ha anche i baffi. In effetti sì.

b. Francoforte era una delle città con la comunità ebraica più forte in Germania, e quindi tra quelle che ha maggiormente sofferto la repressione nazista.

c. Nel calcio è raro che si indossino maglie nere, interamente nere. Perché il nero è un colore oscuro, che non dovrebbe avere a che fare con la gioia dello sport. È un colore funebre, a dirla tutta non è manco un colore. Però l’Eintracht non ha avuto nessuna perplessità sull’indossare una maglia nera.

d. Lo stemma dell’Eintracht è un’aquila imperiale a una testa del XIII secolo. Indovinate chi altro adottava lo stemma di un’aquila imperiale?

e. Davvero basta aggiungere una semplice svastica sotto l’aquila e...toc

I tifosi dell’Eintracht sono dei grandi

https://twitter.com/Eintracht/status/1103900353437753344

In ogni caso ieri si festeggiavano i 120 anni dell’Eintracht Francoforte, fondato nel 1899. Per l’occasione lo stadio si è vestito a festa - anche se l’inno dell’Eintracht rimane strano e vagamente cupo, mezzo metal e con un testo troppo semplice per essere cantato con quella rabbia.

Another day at the office per l’Arsenal

Anche ieri abbiamo assistito al suicidio dell’Arsenal che, cambiano allenatori e giocatori, ma non cambia la propria sana abitudine di rovinarsi la vita. Anche ieri la partita ha contenuto tutte le caratteristiche di un suicidio standard dell’Arsenal:

- Gol del vantaggio che poi si rivelerà inutile ✓

- Diverse occasioni da gol divorate per il 2-0 ✓

- Espulsione per rimanere in dieci così de botto senza senso

- Gol fortuito del pareggio ✓

- Autogol ridicolo di giocatore assolutamente ridicolo ✓

- Nacho Monreal a metterci la firma ✓

3 fun facts su André Ramalho Silva

Non si può certo dire che la forza principale del Salisburgo sia quella di avere una difesa compatta, solida e imperforabile: dopotutto l’energy drink che dà il nome (più tutto il resto) alla squadra serve a «mettere le ali», mica a renderti più pacato e riflessivo.

André Ramalho Silva è la metà di questa mela piena di ammaccature e vermetti che ieri si è imputridita davanti agli attacchi del Napoli al San Paolo (per di più la metà migliore, in confronto a Onguéné). Ha salvato sulla linea un gol praticamente già fatto di Callejón, perciò ci sembra doveroso dedicargli un piccolissimo ritratto, tre cose che forse non sapete di lui, non foss’altro che per alleviarlo un po’ dalla pioggia di chitemmuort che francamente, con quei ricciolini che ti staresti ad accarezzare tutto il giorno, non si meritava.

1) È nato a Ibiúna, ridente centro rurale nel cuore verde della regione di Piedade, macroarea paulista. Secondo Tripadvisor una delle dieci cose da fare se siete in zona, tipo per un viaggio-pellegrinaggio nelle radici del culto ramalhiano, è scivolare col sedere sulla roccia del Cachoeira Vargem do Salto, un’esperienza estrema come difendere quando giochi nel Salisburgo.

Vicino a Ibiúna, a due ore di macchina, ci sono posti col nome ubercontadino come Hortolandia o Campinas, che è poi dove ha sede la squadra del RedBull Brasil. Se vi stavate chiedendo come fosse rimbalzato in Austria uno nato nel cuore più alpino del Brasile, ora avete più di una risposta.

2) André ha uno dei tagli di capelli più belli degli ottavi di finale di Europa League: una cascata ordinata di riccioli foltissimi come le fronde di un noce amazzonico (bot. Bertholletia Excelsa), i cui frutti sono peraltro utilizzatissimi per shampoo e creme proprio per i capelli.

Se avesse avuto meno coraggio, quel tipo di coraggio che a diciotto anni ti fa dire ma sì, proviamo a trasferirci in Europa col freddo che fa per diventare un calciatore professionista di ruolo difensore, magari sarebbe diventato un perfetto attore di telenovelas, perfetto tanto nel ruolo dello studente universitario fuorisede che del manovalante della fazenda che fa gli occhi dolci alla padroncina.

3) Ramalho, in portoghese, significa “grande ramo tagliato via da un albero”, che è un po’ la storia di André sottratto al paese del talento futbolistico, reciso come un ramo secco; ma è anche la prima persona singolare del presente indicativo del verbo “ramalhar”, che significa “scuotere le fronde”, cioè quello che fa quando colpisce di testa, ma anche - figurativamente - sussurrare, mormorare.

La grande partita di Skriniar e De Vrij

Quello di ieri è tutto sommato un buon risultato per l’Inter. La parte negativa è che non è riuscita a segnare un gol in trasferta, come sappiamo piuttosto importante nel peso del doppio confronto; quella positiva è che non ha perso, e gli basterà quindi vincere in casa per passare il turno.

L’Inter ha interpretato bene la gara in casa di un avversario davvero ostico, e se è riuscita a non subire gol dal miglior attacco dell’Europa League è soprattutto grazie alla mostruosa prestazione della coppia centrale Skriniar-De Vrij.

Durante il primo tempo l’Inter ha mantenuto un baricentro più alto, e i due hanno brillato soprattutto nelle copertura della profondità e nella gestione del pallone. Skriniar in particolare è stato il giocatore dell’Inter ad aver giocato più passaggi dopo Brozovic, 68, e raramente è stato conservativo nelle scelte, cercando sempre di tagliare le linee in verticale (e l’85% di precisione, basso per un difensore. Durante il secondo tempo l’Inter ha abbassato il baricentro e sono emerse tutte le capacità dei due centrali dell’Inter in fase di difesa posizionale.

L’Eintracht è una squadra difficile da difendere, brava ad attaccare sia l’ampiezza con gli esterni (specie dalla parte di Kostic) che la profondità. I suoi attaccanti sono bravi a non dare punti di riferimento, con Haller che spesso si defila sulle fasce, Jovic che viene spesso tra le linee e Gacinovic che si muove con una libertà quasi totale. È un’equazione difficile da risolvere. Skriniar e De Vrij hanno però letto sempre bene il gioco, mantenendo il giusto grado di aggressività e sfruttando tutte le loro qualità nel gioco aereo e nell’uno contro uno. Jovic in particolare era un cliente scomodo: ha già superato i 20 gol stagionali ed ha delle caratteristiche quasi uniche. È tecnico ma soprattutto incredibilmente reattivo, di piedi e di testa, negli ultimi metri verso la porta. Skriniar ha usato tutta la sua sensibilità nella gestione degli spazi e nell’uno contro uno.

Bravo a chiudere lo spazio a una vera serpe d’area di rigore come Jovic.

La prossima settimana sarà paradossalmente ancora più importante non subire gol e mentre l’Inter dovrà provare a vincere la partita, Skriniar e De Vrij saranno chiamati a un’altra grande partita.

Cose o persone che possono sostituire Lautaro Martinez al ritorno

L’ammonizione ricevuta al minuto 33 costringerà Lautaro Martinez a saltare la gara di ritorno tra Inter e Eintracht Francoforte. Considerando ancora fuori Icardi, problemi al ginocchio (?), e con il dubbio Keita Balde (che forse potrebbe recuperare, ma non è certo), chi potrebbe essere il centravanti dell’Inter nella gara di ritorno?

Diego Milito

Che fa Diego Milito oggi? Si sarà ingrassato troppo o è uno di quei ex-calciatori che va a correre in ogni caso? Comunque sia, la soluzione Diego Milito sarebbe la più apprezzata dai tifosi.

Forme uniche della continuità nello spazio di Umberto Boccioni

Ok, è una statua, però molto bella e significativa. La trovi anche vicino (al Museo del Novecento in centro a Milano), la porti in campo, gli infili una maglia dell’Inter e la metti tra i due centrali dell’Eintracht. Loro rimangono affascinati dalla grande espressione di velocità, dinamismo e forza e passeranno la partita a chiedersi se si sta muovendo o meno.

Andrea Ranocchia

Nell’ultima partita giocata in Europa League, Ranocchia ha segnato un bel gol con un destro al volo da fuori area. In altri momenti è stato schierato centravanti, perché allora non provare lui al posto di Lautaro?

Un muretto a secco

Lo costruisci qualche giorno prima, così si asciuga in tempo, circa 5-6 metri fuori da una delle due aree di rigore di San Siro. Speri che Handanovic vinca il testa o croce per scegliere il campo. Tra primo e secondo tempo lo butti giù e lo costruisci al volo dall’altro lato. Se si arriva ai supplementari è un bel problema.

Un attaccante della Primavera

Il miglior marcatore della Primavera, Andrea Adorante, si è lesionato un legamento due giorni fa. Un vero peccato perché aveva le caratteristiche per tornare utile in una partita in cui bisognerà sfruttare tutte le occasioni che arriveranno. Al suo posto può andare bene Eddy Salcedo anche se è più un attaccante esterno: giovanissimo, bel nome, può far girare la testa ai due centrali un po’ lenti dell’Eintracht.

Voi dove eravate il 4 Novembre 2015?

L’account Twitter dell’Europa League, ieri sera, ha postato il gol di Willian su punizione contro la Dinamo Kiev, questo:

https://twitter.com/EuropaLeague/status/1103631080417095680

Un’esperienza che negli ultimi tre secondi del video diventa inquietante: ti guardi intorno, ti dai un pizzicotto, ti dici «l’avrò visto solo io?». Allora lo riguardi. No, non ti sei sbagliato. Ma quello è Diego Costa. E quell’altro è Lampard!

Eppure - cerchi di convincerti - c’è la Dinamo Kiev, c’è Willian, c’è un calcio di punizione e poi un gol.

L’Europa League ha scelto di farci esplodere il cervello o non può farne a meno? La soluzione è semplice: il gol nel video non è quello di ieri sera, ma un altro - identico sotto molti aspetti - segnato la sera del 4 Novembre 2015. Sempre da Willian. Sempre su punizione. Sempre contro la Dinamo Kiev.

Se il messaggio che doveva passare era «affinché tutto cambi che nulla cambi», se l’intento era quello di farci riflettere sull’immarcescibilità del talento, beh ci sono riusciti.

Avete presente l’assist assurdo di Giroud, quel tocco di tacco con tunnel annesso al difensore avversario con cui ha mandato in gol Pedro?

https://twitter.com/EuropaLeague/status/1103793760524292096

Forse non volete sapere cosa ha combinato Oliver Giroud la sera del 4 Novembre 2015?

Però noi ve lo diciamo: ha segnato un gol clamoroso in sforbiciata (anche se l’Arsenal, a quel punto, ne aveva già raccolti 4 dal fondo della rete)..

E voi, il 4 novembre 2015, che stavate facendo?

Un’altra grande lezione di calcio di Fabian Ruiz

Alla vigilia, la sfida tra Napoli e Salisburgo nascondeva insidie ben maggiori di quelle viste in campo. La squadra di Ancelotti è riuscita ad imporsi con un netto 3-0 mostrando un gioco offensivo davvero fluido, con Mertens e Milik che hanno stravinto il confronto diretto con i due disastrosi centrali del Salisburgo, Ramalho e Onguéné.

Se l’attacco ha funzionato, è stata la prestazione di Fabian Ruiz e Allan a dare il ritmo alla squadra. Nel 4-4-2 di Ancelotti i due sembrano completarsi: il brasiliano rimaneva più bloccato per dare equilibrio alla squadra e non esporsi troppo alle folli transizioni offensive del Salisburgo, mentre lo spagnolo si occupava di ricevere palla dalla difesa, eludere la pressione avversaria e spostare il gioco nell’altra metà campo.

Ad appena 22 anni Fabian Ruiz sembra nato per interpretare questo tipo di partite in cui gli viene chiesta una competenza quasi enciclopedica: nei 90’ il centrocampista del Napoli è stato il giocatore ad aver effettuato più tocchi e passaggi dopo Mario Rui (76 passaggi con l’85% di precisione e 98 tocchi, appena 3 in meno del compagno); recuperato più palloni, 14 con 6 contrasti ed effettuato più dribbling (5, almeno 2 più di ogni altro). A questi numeri ha aggiunto 3 tiri (solo Mertens ne ha fatto uno in più) e un gol molto bello, con un sinistro al volo in girata dal limite dell’area, il primo gol europeo della sua carriera.

Agendo prevalentemente a sinistra, in connessione con Mario Rui e Zielinski, Ruiz è stato quasi sempre in grado di manipolare i meccanismi del pressing della squadra di Rose, creando spesso superiorità alle spalle del centrocampo e permettendo al Napoli di attaccare in spazi aperti, il gioco che preferisce.

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Dopo appena 1 minuto e 50 secondi di gioco, Fabian Ruiz si libera di Wolf e Schlager e serve Mertens.

Se spalle alla porta è un giocatore prezioso, quando ha potuto guardare davanti a sè, Ruiz ha dimostrato coraggio nel proporre un calcio quasi sempre verticale, perfetto per gli schemi di Ancelotti. Da un suo passaggio in verticale nasce il primo gol del Napoli, impreziosito da un tocco di Zielinski e dallo sciagurato movimento di Onguéné; da un suo cambio gioco il cross di Mario Rui maldestramente deviato in porta da Onguéné.

Ruiz ama prendersi dei rischi perché sa che c’è una ricompensa. Contro una squadra asfissiante come il Salisburgo gli errori vanno messi in conto (4 palle perse a fine partita, anche qui, più di tutti i suoi compagni), ma alla fine il suo gioco ha pagato i giusti dividendi. A fine partita lo stesso Ruiz ha sottolineato come si trovi a suo agio in questo sistema: «il mister mi ha dato fiducia e questo per me è importante. Mi piace verticalizzare, posso perdere più palle, ma preferisco rischiare».

Possibilità di passaggio del turno dopo l’andata dei sedicesimi

Gli ottavi di Europa League sono come le lezioni di una Laurea magistrale il Lettere: chi si era iscritto per rimorchiare ha già abbandonato, chi è rimasto si chiede tutti i giorni il perché, ma già che c’è ci prova sul serio. Come si è visto dai risultati dell’andata, qui non c’è niente di certo, tranne forse la bontà di Ari. Per sapere come andranno le cose al ritorno serve quindi una buona dose di sfrontatezza e soprattutto l’algoritmo top secret che ci siamo fatti scrivere dagli stessi tecnici dell’analisi costi benefici della TAV. Ecco su cosa scommettere in vista del ritorno.

Eintracht Francoforte 55% - Inter 45%

Lasciare a zero gol l’Eintracht alla Commerzbank Arena è un’impresa piuttosto eccezionale in questa Europa League, ma lo 0-0 è inevitabilmente un risultato che favorisce la squadra che gioca in casa. Tuttavia se l’Inter dovrà rinunciare a Lautaro Martinez ed Asamoah per squalifica, non è detto che non possa rinunciare per scelta anche a Candreva. Questo alza di almeno un 5% le loro possibilità di passare il turno.

Su cosa scommettere: Ranocchia centravanti ad un certo punto della partita.

Su cosa non scommettere: Icardi centravanti ad un certo punto della partita.

Siviglia 50% - Slavia Praga 50%

Qui l’algoritmo ha sussultato: indefinibili le variabili, troppo il quoziente Europa League. Il buon senso direbbe Siviglia, il risultato del campo Slavia Praga. Da una parte i campioni della competizione, dall’altra la squadra che forse più ne rappresenta lo spirito tra quelle rimaste in piedi. Scegliere non è facile, per questo vi invitiamo a fare come Salomone: minacciate di tagliare a metà Ben Yedder e forse otterrete il vincitore.

Come per i calciatori, un video di 15 minuti con i migliori momenti dei tifosi dello Slavia.

Su cosa scommettere: Miroslav Stoch Pallone d’Oro nel giro di tre anni.

Su cosa non scommettere: qui potete scommettere su tutto, all’andata c’è stato un gol senza che il marcatore se ne accorgesse (era dato 1/1000).

Zenit San Pietroburgo 13% - Villarreal 87%

In tutta la Liga, 26 partite a questo punto, il Villarreal ne ha vinte appena 4. Con la vittoria per 1-3 sullo Zenit anche in Europa League le vittorie del Villarreal sono 4, in 9 partite. Voi capirete che c’è qualcosa che non va e che i sottomarini gialli vogliono diventare la prima squadra a vincere l’Europa League e retrocedere contemporaneamente. Un obiettivo così Europa League, che cosa ci può fare lo Zenit a riguardo? Niente.

Su cosa scommettere: Un bel post di Marchisio dopo l’eliminazione.

Su cosa non scommettere: Marchisio in campo anche per sbaglio.

Rennes 70% - Arsenal 30%

L’Europa League è la tomba delle Arsenal del continente, perché non dovrebbe esserlo anche dell’Arsenal originale? Il gol fortunoso di Iwobi tiene vive le speranze, ma il fatto che è l’Arsenal, le affossa un po’. Il Rennes, invece, vuole diventare l’Ajax dell’Europa League e chi siamo noi per frenare il loro sogno?

Una foto di Cech quando giocava nel Rennes, forse vorrebbe trovarsi ancora lì.

Su cosa scommettere: Una partita drammatica.

Su cosa non scommettere: Monreal che fa una cosa giusta.

Dinamo Zagabria 47% - Benifica 53%

Una squadra ha un gol di vantaggio e Bruno Petkovic ma gioca fuori casa, l’altra ha un gol di svantaggio e Joao Felix ma gioca in casa. Davvero un bell’enigma.

Su cosa scommettere: Joao Felix.

Su cosa non scommettere: Bruno Petkovic.

Valencia 51% - Krasnodar 49%

Guarda caso, torna Ari dopo essere stato assente nelle ultime 3 partite di Europa League del Krasnodar, e i russi riescono a dimezzare lo svantaggio dopo appena otto minuti mantenendo piuttosto vivo il sogno di arrivare ai quarti.

Su cosa scommettere: sul grande pubblico di Krasnodar.

Su cosa non scommettere: una bella partita.

Napoli 96,62% - Salisburgo 3,38%

Al Napoli mancheranno tre centrali (Albiol infortunato, Koulibaly e Maksimovic squalificati), al Salisburgo invece - purtroppo per loro - i centrali sono perfettamente abili e arruolabili. Lasciamo un 3,38% di possibilità, ovvero la percentuale che ha preso Liberi e Uguali alle ultime elezioni politiche.

Una foto di Grasso con il simbolo di LeU per farvi capire quanto sono flebili le speranze del Salisburgo:

Su cosa scommettere: 15 minuti di grande calcio del Salisburgo.

Su cosa non scommettere: 15 minuti di grande difesa del Salisburgo.

Chelsea 99% - Dinamo Kiev 1%

La squadra di un magnate russo che ara la squadra di un magnate ucraino. La sussidiarietà all’interno dei territori dell’ex-URSS non è ancora in discussione, soprattutto se Giroud, Pedro e Willian sono in serata di grazia.

Su cosa scommettere: Callum Hudson-Odoi

Su cosa non scommettere: la Dinamo Kiev?

Chi sa solo di Europa League non sa niente di Europa League

Si dice: “Aiutati, che Dio ti aiuta”. Ma quale Dio? Quale aiuto? In Europa League sei solo con te stesso, al massimo c’è la nebbia, l’umidità, dei tifosi infreddoliti. Come uscirne sano di mente? Come affrontare quei 90 minuti con la consapevolezza che la morte è dietro l’uscio - pronta ad intervenire? Come resistere se non sei Aduriz?

L’Europa League è il torneo che più ci avvicina alla consapevolezza della morte, ma questo non ci deve distrarre. Le prossime 10 domande riguardano l’Europa League, perché potrete farvi fregare dalla vita o dalla morte, dal senso di smarrimento della domenica pomeriggio, dal vuoto esistenziale che arriva dopo la doccia, anche da un pasto con troppi fritti, ma mai e poi mai dovete scordarvi che Alberto Zapater ha segnato il primo gol in assoluto in una fase a gironi dell’Europa League.

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1. Chi ha la peggior differenza reti nella storia dell’Europa League?

a) Rapid Vienna

b) Apollon Limassol

c) Nacho Monreal

2. Qual è la squadra ad aver segnato il maggior numero di gol in Europa League?

a) Villarreal

b) Siviglia

c) Salisburgo + Aduriz

3. Se l’Europa League fosse un lunghissimo campionato, chi avrebbe più punti tra le squadre di Cipro?

a) Apollon Limassol FC

b) Apoel FC

c) Apelle, figlio di Apollo

4. Se l’Europa League fosse una lunghissima Nations League, quali sarebbero le due uniche nazioni ferme ad 1 punto conquistato?

a) Lussemburgo - Macedonia

b) Lussemburgo - Irlanda

c) Lussemburgo - Lussemburgo

5. Di queste tre coppie, solo una NON ha lo stesso numero di presenze in Europa League

a) Christian Maggio - Harry Kane

b) Mauro Zarate - Luis Suarez

c) John Guidetti - Zlatan Ibrahimovic

6. La squadra che è riuscita a perdere più partite consecutive

a) FK Vardar

b) ŠK Slovan Bratislava

c) Arsenal

7. Chi si è segnato l’autogol più veloce della storia dell’Europa League?

a) Nacho Monreal

b) Emilson Cribari

c) Nacho Monreal

Risposte: 1. Rapid Vienna (- 40 frutto di 48 gol fatti ed 88 subiti); 2. Salisburgo + Aduriz (118 il Salisburgo, 26 Aduriz) 3. Apollon Limassol (24); 4. Lussemburgo - Macedonia; 5. Maggio - Kane: Maggio ha 27 presenze, Kane 26; 6. ŠK Slovan Bratislava: ben 9 tra il 03/11/2011 e l’11/12/2014. 7. Emilson Cribari, dopo 1 minuto e 2 secondi, con la maglia del Napoli.

Il giocatore più Europa League: Kevin Gameiro

Quanto ci abbiamo creduto: 7

Quanto è stato realmente forte: 6

Quanto è caduto in disgrazia: 6

Quanto sembra depresso: 10

Il 14 dicembre 2005 deve esserci molta umidità tra i corridoi dello Stade de la Meinau, a Strasburgo. La squadra di casa gioca una partita di Coppa Uefa contro la Stella Rossa di Walter Zenga e Dusan Basta e il suo attaccante titolare è Kevin Gameiro, 18 anni. Gameiro in quella partita segna due gol, i primi della carriera, nella competizione progenitrice dell’Europa League. Due gol che lo segneranno per sempre.

Gli highlights di quella partita.

Nel 2011 diventa vice-capocannoniere della Ligue 1 con il Lorient, dietro a Moussa Sow, il re delle rovesciate in Europa League. Trasferitosi al PSG ci mette 17 minuti a segnare il suo primo gol in Europa League, all’FC Differdange 03. Nella stagione successiva prova la Champions League, ma non gli piace (0 gol), allora decide di tornare al suo primo amore trasferendosi al Siviglia.

È nella città andalusa che diventa uno dei giocatori più Europa League della storia, vincendone 3 consecutive e segnando un totale di 18 gol.

A quel punto decide che è arrivato il momento di riprovare con la Champions League, con la maglia dell’Atletico Madrid, ma anche questa volta finisce per tornare dal suo primo amore: vince l’Europa League 2017-’18 e diventa (insieme a Beto, Reyes e Vitolo) il giocatore ad averne vinte di più.

Ora ci sta riprovando a Valencia, a 14 anni di distanza dalla prima volta. Se la squadra di Marcelino non è considerata tra le favorite, Gameiro potrebbe essere un amuleto.

Come fa a stare ferma la frangia di Minamino?

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Stucco epossidico

Diverso da quello cementizio, offre prestazioni migliori (soprattutto se parliamo di capelli) essendo più elastico e maggiormente resistente all’abrasione. Minamino lo usa perché è del tutto idrorepellente e resiste molto bene allo shampoo.

La brillantina Linetti

Se non sapete cos’è, chiedete a vostro nonno.

La tecnica dell’incastro della falegnameria giapponese

https://twitter.com/TheJoinery_jp/status/816484800584290304

I giapponesi sono maestri nel lavorare il legno e le loro tecniche per creare incastri semplicemente intagliando con maestria le diverse parti. Lo stesso fa Minamino con la sua frangia.

Una fascetta molto piccola

Non la vediamo, ma c’è. Minimalismo giapponese.

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Gol più Europa League: l’autogol di Nacho Monreal

https://twitter.com/ArsenalGoalgifs/status/1103739323306950656

Virilità: 0

Assurdità: 9

Anti-epicità: 10

Paura della morte: 10

I pellegrini che da tutta Europa partivano alla volta di Santiago di Compostela, superati i Pirenei tra Saint Jean Pied de Port e Roncisvalle, arrivavano a Pamplona dopo un paio di giorni di cammino, attraverso la Navarra. Ancora oggi da tutto il mondo milioni di pellegrini passano da da qui nel tragitto che li porterà davanti alla Cattedrale di San Giacomo. O magari vengono per la festa di Sanfermines, quando corrono i tori. O magari solo per farsi una foto con la statua di Hemingway sullo sgabello del Cafe Iruña, che si trova nella piazza principale di Pamplona, Plaza del Castillo.

A Pamplona è nato Nacho Monreal, nel 1986, e qui è diventato un calciatore professionista, nelle file dell’Osasuna. Al momento del suo passaggio all’Arsenal, Monreal ammetteva di non aver mai corso davanti ad un toro, non ancora almeno. Non lo sapeva ancora, ma il suo toro sarebbe stata la sua carriera all’Arsenal. Nacho Monreal più passano gli anni più sembra inadeguato al suo ruolo, che più di tutti sta cambiando, come se un toro gli avesse attraversato l'intraprendenza e la capacità di non fare casini.

L'autogol di ieri è la rappresentazione simbolica di tutti i problemi storici dell’Arsenal che si uniscono a quelli di Nacho Monreal: i Gunners - in inferiorità numerica - sono tutti chiusi nella propria area, Ben Arfa prova a sfondare in dribbling, ma non trova lo spazio, si accavalla con Sarr che gli crossa sui piedi. Il pallone torna nella tre quarti dove Bensebaini lo raccoglie e prova a calciare. Il suo tiro è tremendamente ciabattato (c’è anche una deviazione) tanto da diventare un’apertura sulla fascia destra, dove Zeffane la controlla ed ha tutto il tempo di preparare un cross pericoloso.

Zeffane crossa invece in maniera piuttosto maldestra verso il primo palo, dove si trova Nacho Monreal, che con un movimento à la Baryshnikov, con la coscia sinistra devia il pallone sotto la traversa della porta difesa dal proprio portiere. L’Arsenal rischia seriamente di uscire agli ottavi contro il Rennes e ancora una volta Nacho Monreal si trova dalla parte sbagliata della storia.

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