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Il bello del giovedì sera 2025 vol 1
27 set 2024
27 set 2024
Momenti rabdomantici di una competizione serendipica.
(copertina)
IMAGO / Sports Press Photo
(copertina) IMAGO / Sports Press Photo
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Torna anche quest'anno la rubrica più unica di Ultimo Uomo, anche perché è effettivamente l’unica. Torna in un sito con una veste nuova, con contenuti nuovi ma spirito vecchio, cioè lo spirito del giovedì, anche se questa settimana era sia mercoledì che giovedì e come sapete è cambiato anche il formato delle coppe europee.

Ma a noi non non importa, possiamo solo resistere, far finta che non stanno cercando di privarci della nostra idea, insistere con questa rubrica che è anacronistica e puzza di morto. Non lo neghiamo: sarà un anno difficile, con più partite (dal prossimo turno arriva anche la Conference League), più storie da seguire, più giocatori, più cazzate, più assurdità. Non riusciremo a coprire tutto ma non abbiamo mai avuto un’intenzione di universalità: non siamo così pazzi. Quello che proveremo a fare è offrirvi un pezzettino di questo spirito, questo stato d’animo che abbiamo ribattezzato “giovedì sera”, ma che potete chiamare un po’ come vi pare. Se siete già passati da queste parti: bentornati; se siete nuovi: affrontate le prossime righe con la giusta leggerezza e non giudicateci.

Conosci la tua squadra del giovedì sera: Elfsborg

Oggettivamente: il logo di una birra.

Nel 1904 alcuni ragazzi di Boras decidono di fondare una squadra di calcio e la chiamano Boras. Come la vuoi chiamare. C’era già un Boras, ma non aveva il calcio nel suo programma. Due anni dopo però i ragazzi si sono già stufati: ci sono troppe squadre che si chiamano Boras, allora cambiano nome in Elfsborg. Attinenza di questo nome con la razza elfica? Nessuna purtroppo, solo alcune noiose questioni toponomastiche: nella regione dell’Alvsborg alcuni usano lo spelling con la ‘E’ e non con la ‘A’. I colori sono derivati dal reggimento Alvsborg, attivo agli ordini del re dal 1624 al 1998; le sue azioni militari degne di nota sono state tutte svolte in Pomerania.

A Boras ci sono le case con i tetti rossi, le fioriere sui balconi, gli edifici contemporanei e un po’ industriali in cui fare cose artistiche. D’inverno è bianca, d’autunno è gialla, d’estate è verde e in primavera, invece, ha molti colori.

I primi anni di gloria dell’Elfsborg sono i ’30, quando nella regione di Boras era nato Sven Jonasson, praticamente il Pelè svedese: il miglior marcatore della storia dell’All Svenskan; 252 reti in 410 presenze. Detiene anche un record assurdo: 344 presenze consecutive, un numero abnorme che non riesco a spiegarmi. Sono 15 anni consecutivi di partite. Non esistono video troppo significativi di Jonasson ma solo fotografie in bianco e nero in cui possiamo ammirare il suo petto d’uccello e la faccia da stronzo. La fisiognomica, insomma, del centravanti perfetto. Leggenda narra che giocasse falso nove molti anni prima che il falso nove esistesse. Comunque ecco un video di una partita di Jonasson nello scenario di una Svezia bergmaniana. Come in tutti questi video di calcio antico, le persone applaudono furiosamente, come se avessero un motorino nelle mani.

I vari decenni sono stati di alti e bassi, titoli, retrocessioni, partecipazioni europee, una doppietta del "Matador" Cavani presa in mezzo ai denti. Nel 2006 la squadra ha vinto il titolo dopo 45 anni di attesa. Il video ancora oggi mette i brividi.

L’Elfsborg è l’unica squadra svedese ad aver battuto, nella sua storia, la Nazionale svedese. Un fatto, anche questo, piuttosto inspiegabile. A chi è venuta l'idea di giocare quella partita, e perché? In ogni caso l'Elfsborg non è considerata una “grande” di Svezia, una “big-3”: Malmo, Goteborg e AIK. Le squadre, appunto, delle tre città più importanti di Svezia.

Erano più di dieci anni che l’Elfsborg non giocava in Europa League: un tempo abbastanza lungo da permetterle di non essere mai stata raccontata in questa rubrica. Il suo esordio è stato all’altezza della competizione, con un 3-2 pazzesco contro l’AZ: tiri da fuori, portieri con le mani piene di sapone ed esultanze vagamente sopra le righe. Il gol vittoria segnato da un tizio che si chiama, letteralmente, “pappagallo”. L’ultimo gol dell’Elfsborg nel tabellone principale di una competizione europea era questo missile di Jonsson su punizione.

È un quadro di Caspar David Friedrich o l’Europa League?

Forse l’abbiamo ripetuto anche troppo, ma non ci stancheremo mai di ripeterlo: parte del fascino di questa rubrica sta nel contorno, nel pubblico, nel meteo, nell’atmosfera, nei colori, nel mondo al suo confine. Questa era Bodo dopo il gol di Jens Petter Hauge. In questa immagine c’è tutto: la natura come opera divina, l’uomo davanti alla vastità dell’infinito, il calore del tifo, il romanticismo del tramonto e una cazzo di piattaforma elevabile. Come è possibile che in ogni singola inquadratura del giovedì sera c’è una gru o un camion o una betoniera o comunque qualche mezzo dell’edilizia?

Avete mai visto un allenatore indossare i pantaloncini al circolo polare artico?

Da vice di Sergio Conceicao Vitor Bruno indossava i pantaloncini in panchina. Lo faceva perché, a detta sua, i pantaloncini lo rendevano “un uomo di campo”, pronto a sporcarsi le mani in qualsiasi momento e a stare vicino ai giocatori. Nessuno ci ha mai fatto troppo caso perché dopotutto il ruolo del vice è un po’ questa figura ibrida, più da campo che istituzionale. Vitor Bruno però ha continuato a indossarli anche ora che è il primo allenatore del Porto. Vi vengono in mente altri allenatori con i pantaloncini in panchina durante delle partite ufficiali? Ci sono allenatori con la tuta, allenatori col completo da agente immobiliare, allenatori che si vestono come se dovessero andare alla cresima di tuo cugino, ma in pantaloncini non riesco a ricordarne uno.

Martedì gli hanno chiesto se li avrebbe indossati anche il giorno dopo, e cioè contro il Bodo, a Bodo, sopra il circolo polare artico. Vitor Bruno ha nicchiato, fatto il sornione: «Sarebbe un da folli andare con i pantaloncini domani, un gesto di poca intelligenza. Ma non si sa mai, a volte si fanno le follie. Sarà quel che sarà». Ovviamente il giorno dopo si è presentato in campo in pantaloncini (che poi sono pantaloncini “eleganti”, più da barca che da campo, quindi non regge neanche la scusa).

C’era davvero bisogno di indossare i pantaloncini anche ai circa 6 gradi del circolo polare artico? Che messaggio voleva dare Vitor Bruno? A un certo punto si è anche tirato dell’acqua addosso, una mossa da pazzo. La sua è sembrata più una forzatura testosteronica, una cosa da maschio alfa che deve fare uno statement sul suo essere maschio alfa, redpillatore, fufaguru; tutte ideologie che non funzionano il giovedì sera. E infatti il suo Porto ha perso 3 a 2 pur avendo giocato quasi tutto il secondo tempo in superiorità numerica contro una squadra fatta in maniera quasi letterale da pescatori norvegesi fortissimi a giocare a calcio.

Gol più Europa League: Václav Jemelka

gol

Virilità: 8
Assurdità: 9
Anti-epicità: 10
Paura della morte: 11

Eccoci qui, al gol che definisce una ragione, il momento in cui tutti i pezzi si uniscono per creare la magia. Anche questa volta non siamo stati delusi. Ci sono molti modi per essere il gol più Europa League, ma raramente se ne possono trovare tanti tutti insieme. Guardate questo gol, anche se l’inquadratura non gli rende merito, anche se per goderlo dovremmo essere lì, dentro quella mischia, vestire la maglia dei Viktoria Plzen che pochi minuti prima era sotto tre a uno con l’Eintracht e che ora si sta giocando tutto in una rimessa laterale.

L’aspetto più banalmente bello di questo gol è che il pallone non tocca mai terra. C’è una rimessa laterale lunga, un primo colpo di testa, un secondo colpo di testa, un tocco di schiena, un altro tocco di testa, un tocco di petto e poi il tiro al volo.

Il secondo aspetto notevole è il caos. C’è il portiere che sbaglia l’uscita, il difensore che dopo il primo colpo di testa perde il senso dell’orientamento e si fa sbattere il pallone sulla schiena. Subito dopo il pallone rimbalza sulla testa dell’attaccante, ma così, sempre per caso, senza nessuna volontà, fino ad addomesticarsi, ancora per caso, sul petto di colui che segnerà.

E arriviamo al marcatore, Václav Jemelka.

Forse è la televisione che invecchia, forse Jemelka si è trasfigurato dopo il gol, ma io un 29enne così vecchio non l’ho mai visto. Potrebbe essere uno dei monaci presenti a Wittenberg il 31 ottobre 1517, mentre Martin Lutero appendeva le 95 tesi al castello. Una di quelle facce medievali, un tempo in cui si invecchiava presto dentro monasteri gelati e continue orazioni al signore. Dopotutto non siamo la somma del tempo che passa, ma siamo le nostre esperienze, i nostri ricordi, i nostri gol del pareggio in pieno recupero in un giovedì sera estremamente piovoso.

Giocatori che la vostra squadra dovrebbe prendere subito

Ci sono dei giocatori che riempiono le stagioni di Europa League con il loro talento ma vengono ignorati dal calcio-che-conta. Spesso giocano in squadre che dominano in patria ma in contesti minori, per questo è così difficile riconoscerne il giusto valore. Sono capitani coraggiosi, centrocampisti con mille polmoni e altrettanti cuori, trequartisti pieni di fosforo ma con l’aspetto da frequentatori del Berghain. Ne abbiamo scelti quattro, ma potevano essere 8.

Pavel Sulc

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Pavel Sulc porta un mullet rossiccio e un pizzetto poco curato. È piccolo, magro, poco esplosivo. Sarebbe un centrocampista ma nel Viktoria Plzen l’hanno avvicinato alla porta, perché qualcuno dovrà pur segnare. In questa stagione è già a 6 gol e 3 assist e sta diventando sempre di più una specie di Pavel Nedved rachitico. Ieri contro l’Eintracht ha segnato con uno dei tiri da fuori più puliti e precisi che vi capiterà di vedere, ma è solo una parte delle mille cose che sa fare. Tra tutti è quello che più mi piacerebbe vedere in Italia, ma non succederà.

Darius Olaru

La caratteristica più riconoscibile di Darius Olaru e che ha la pezza. Il primo gol segnato contro il RFS è abbastanza esplicativo a riguardo: se avesse preso in faccia il portiere, oggi probabilmente staremmo parlando del primo caso di omicidio in Europa League. Oltre alla pezza, Olaru ha tutte quelle cose che servono a un centrocampista: dinamismo, tecnica, resistenza, visione, leadership. Gli mancano un po’ di centimetri, ma sopperisce con la compattezza e la forza di volontà. Guardate il gol che ha segnato al LASK nei minuti di recupero per qualificare la sua squadra al mega girone di Europa League e ditemi che non lo vorreste nella vostra squadra.

Patrick Berg

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Patrick Berg ha sempre lo stesso taglio e la stessa fascetta in testa da quando lo conosco, e lo conosco da parecchio. Gioca davanti alla difesa e non spicca in niente, ma è bravo in tutto. Si muove compassato, non sembra neanche un calciatore professionista, ma è il cervello del Bodo, quello che fa funzionare questa macchina perfettamente oliata. È forse il segreto meglio nascosto del segreto meglio nascosto di questa rubrica, che già di per sé è un segreto ben nascosto. Berg non è semplicemente un giocatore del Bodo: Berg È il Bodo: il nonno Harald, il prozio Knut, il padre Ørjan e gli zii Runar e Arild hanno tutti giocato per il club oltre ad avere dei nomi spaziali. Lui ha continuato questa tradizione e l’ha elevata a arte: non troverete un centrocampista più di culto.

Nedim Bajrami

No, lui lo conoscevamo già e l’abbiamo lasciato andare.

Ha segnato (due volte) il figlio di Mark Van Bommel

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Avete presente quel meme con due foto e la domanda “feel old yet?”. Ecco, niente vi farà sentire vecchi come questa notizia: Ruben Van Bommel, figlio di Mark, gioca e segna per l’AZ e non è neanche così giovane (classe 2004). In Italia siamo abituati ai “figli di” in ogni ordine e grado, anche nel calcio. Finora, però, a giocare e segnare in Serie A sono i figli di un calcio più legato agli anni ‘90: Chiesa, Thuram, Maldini, Weah. Con Van Bommel l’universo temporale si sposta molto di più verso gli anni ‘10. Van Bommel è quasi ancora un calciatore fresco nella nostra memoria, di quelli che ogni tanto fanno dei trasferimenti assurdi e tu ti chiedi ma gioca ancora?

Eppure è così, il tempo passa e il giorno dopo Ruben, abbiamo visto esordire e fare assist il figlio di Obafemi Martins (ma quella è Coppa Italia). Abituiamoci: andrà sempre peggio, se una volta si diceva che la vecchiaia inizia quando il tuo giocatore preferito è più giovane di te, cosa vuol dire quando è il figlio? Forse non ci resta che aspettare la morte. Ma tiriamoci su: Ruben Van Bommel gioca nell’AZ Alkmaar, che negli ultimi anni ha dato al calcio italiano alcuni dei suoi migliori giocatori (Koopmeiners, Gudmundsson, Reijnders, Beukema: assurdo) e magari il prossimo sarà lui. 

Che cosa voleva fare?

braga

Cosa voleva fare? è una nuova rubrica in cui ci si chiede: cosa voleva fare? Partiamo: cosa voleva fare qui Jean-Baptiste Gorby? (non c’è risposta, è una domanda retorica).

L’Ibrahimovic del mercoledì?

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Max Moerstedt ha 18 anni e il portamento di un cigno gigante. Quando questi centravanti altissimi appaiono sul palcoscenico del calcio professionistico sono un grosso punto interrogativo. Il range di possibilità va da Zlatan Ibrahimovic a Nikola Zigic. A che punto dello spettro si piazzerà Moerstedt? Ovviamente non lo sappiamo, questo gol, il suo primo tra i professionisti, ci ricorda che nel calcio non c’è limite all’immaginazione, e che si può tirare fuori un gol da veramente qualsiasi situazione. Bravo Max, ti aspettiamo in questa rubrica.

Il giovedì incubo del Qarabag

Avevamo lasciato il Qarabag come il Brasile del 1970, ma in Azerbaijan. Eliminato solo da due gol nel recupero del Bayer Leverkusen dopo un'espulsione quantomeno sospetta e dopo aver mostrato grande calcio Europa League. Lo ritroviamo che è tornato a essere il Qarabag, cioè un’oscura squadra di un oscuro paese, composta da oscuri calciatori con oscure barbe. Qualche maledizione ancestrale si è abbattuta su di loro ieri sera: la maledizione del traffico londinese.

Il loro pullman infatti è rimasto bloccato nel traffico impazzito mentre cercavano di arrivare allo stadio. La situazione era così fuori controllo, che a un certo punto i calciatori sono scesi hanno camminato verso lo stadio. Sono arrivati alle 19:45, la partita sarebbe dovuta iniziare alle 20. La Uefa allora ha deciso un rinvio di 35 minuti, che però non ha convinto il Qarabag: «Immagina rimanere bloccato nel traffico due ore e mezza» ha detto l’allenatore, che probabilmente non è mai stato a Roma, come se fosse la stessa cosa che essere colpito da un meteorite. «È una cosa imperdonabile, questo ha condizionato molto la mia squadra, ci hanno dato 40 minuti per essere pronti a giocare» ha continuato, lasciando intendere che la matematica non è il suo forte.

In ogni caso, la partita sembrava essersi messa alla grande, visto che dopo 5 minuti al Tottenham hanno espulso Dragusin. Peccato però che dopo altri 5 gli inglesi sono passati in vantaggio. Da lì il Qarabag ha fatto la partita sbagliando una quantità ridicola di gol o trovandosi davanti il Vicario (alla prima da capitano) dei giorni migliori, quando sembra veramente un ragno. La sintesi è forse il rigore sbagliato nel secondo tempo, che poteva rimettere la partita sui giusti binari.

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Alla fine hanno perso addirittura 3 a 0 e chissà se c’era il pullman ad aspettarli al ritorno. Il giorno dopo sono tornati a Baku: per fare 4750 chilometri in più rispetto al tragitto hotel-stadio, ci hanno messo solo tre ore in più.


Quanti Horta ci sono quest’anno al Braga?

Aggiornamento che serve a capire quanti fratelli Horta giocano in questa stagione al Braga - e quindi per capire che stagione di Europa League aspettarci.

Quest’anno al Braga giocano DUE Horta: André Horta e Ricardo Horta. André Horta, infatti, è tornato a giocare al Braga dopo un anno di esilio greco. La descrizione delle sue caratteristiche su Wikipedia è questa: «Centrocampista che, alla fantasia lusitana, unisce la velocità tipica di un calciatore alto meno di 170 centimetri». La fonte è un articolo in cui l’autore sembra ossessionato dal suo peso corporeo: "55 chili di talento" dice il titolo. Se uno ha visto giocare André Horta troverà strana questa descrizione. E infatti non è alto meno di un metro e 70 e di certo non pesa 55 chili. Forse si sono confusi.

Tabellino di quanti Horta hanno giocato nel Braga, stagione per stagione:

2016/17: 1 Horta

2017/18: 2 Horta

2018/19: 1 Horta

2019/20: 2 Horta

2020/21: 2 Horta

2021/22: 2 Horta

2022/23: 2 Horta

2023/24: 1 Horta

2024/25: 2 Horta

Secondo le scritture 2 Horta al Braga: una buona stagione; 1 Horta al Braga pessima stagione; 0 Horta al Braga stagione normale.

Il rinnovo di contratto di André Horta due anni fa fu annunciato con il video di un lui che dirige l’orchestra del Teatro Circo (?) di Braga che suona “The Show must go on” dei Queen.

Se invece volete vedere una cosa tenera, qui c’è un’intervista ai due fratelli in cui André dice che Ricardo non potrebbe vivere senza di lui.

Power ranking dei gol segnati dagli ex giocatori della Serie A

  1. Sam Lammers vs Manchester United

Quanto ci manca: 5

Quanto ci manca al Fanta: 0

Quanto sta ridotto male: 3

Bel gol? Sì

Il gol di Sam Lammers a Old Trafford è stato il momento più giovedì del mercoledì, e di questo strano e blasfemo turno che sembra stato architettato solo per complicare la vita a questa rubrica che da anni cerca di fare il proprio lavoro onestamente.

Il gol di Sam Lammers a Old Trafford è il tipo di momento che non immaginavamo di vivere nella nostra vita. Lo abbiamo pensato in tanti. Eppure subito dopo dovremmo avere il riflesso per interrogarci: perché pensavamo fosse impossibile, ma soprattutto: “e allora?”. Perché ci sconvolge tanto, cosa cambia nella nostra vita se questo attaccante che solo noi, intimamente, sappiamo quanto è scarso, abbia segnato un gol che ha dato un dispiacere a una delle tifoserie più grandi e odiose al mondo?

Sam Lammers è il prototipo finale dell’attaccante che segna solo in Eredivisie. Dal 2021 a oggi ha cambiato 7 sette squadre e ha segnato 5 gol fuori dall’Olanda, quasi gli stessi segnati in questo inizio di stagione con la maglia del Twente (3). Se vi piacciono le indagini archeologiche sui commenti, così se ne parlava sulla pagina Calcio Olandese - dove un utente si chiedeva “Ma all’Atalanta non servirebbe Cornelius?!”.

2. Rasmus Kristensen vs Viktoria Plzen

Quanto ci manca: 3

Quanto ci manca al Fanta: 1

Quanto sta ridotto male: 4

Bel gol? No

Non lo so, ci sono giocatori che in Serie A sembrano scarsi, poi vanno all’estero e sembrano scarsi lo stesso ma in qualche modo segnano, funzionano, sono felici. Kristensen alla Roma sembrava troppo grosso per giocare a calcio; portato nella capitale da Mourinho che ha spesso confuso in carriera il concetto di solidità per qualcosa di materiale. Avere dei giocatori grossi lo rassicurava.

Nel primo gol di Ekitike chiude l’uno due e poi quando quello segna si gira con noncuranza tipo “drop the mic”. Poi segna e si mette la mano dietro l’orecchio.

3. Nedim Bajrami vs Malmoe

Quanto ci manca: 4

Quanto ci manca al Fanta: 9

Quanto sta ridotto male:6

Bel gol? No

L’undici del Glasgow Rangers contro il Malmoe sembrava una squadra costruita da qualcuno che aveva digerito male. Tra i giocatori meno allucinanti, ed è tutto dire, Nedim Bajrami, di cui siamo orfani giusto noi che lo prendevamo al Fantacalcio. Il trequartista che nelle nostre squadre ha raccolto l’eredità del Bruno Fernandes della Sampdoria: uno che prende brutti voti, quasi sempre 5,5, ma che una parte del nostro cuore non può non trovare irresistibile. Sarà perché è un centrocampista ma gli interessa solo la fase offensiva, perché calcia bene, perché controlla bene il pallone. C’è una specie di residuo di talento poco discutibile in Bajrami, che ci fa credere in lui sempre e comunque. Ieri ha segnato a porta vuota dopo che un suo compagno ha preso il palo a porta vuota.

4. Mauro Icardi

Quanto ci manca: 10

Quanto ci manca al Fanta: 10

Quanto sta ridotto male: 5

Bel gol? No

A vedere Mauro Icardi in Turchia viene il sospetto che abbiamo sbagliato tutto su di lui. Epitome del calciatore viziato, mercenario, attaccatissimo ai soldi, a Istanbul sembra che l’unica cosa che gli interessi veramente è essere amato. Ieri ha segnato al rientro dai problemi fisici, alla coda di un’estate in cui al Galatasaray è arrivato un altro capo-popolo come Osimhen, ma non dovete vedere il suo gol - un tiro di piatto di prima in area. Dovete vedere cosa ha fatto dopo. In pratica un’esultanza durata più o meno un quarto d’ora, in cui ha dato fondo a tutti i codici della gestualità umana.

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Purgatorio Europa League

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L’Europa League è il purgatorio di calciatori come Marcus Rashford, che avrebbero il talento per fare la differenza in Champions League ma giocano nel Manchester United e quindi sono costretti a convivere con i loro fallimenti al piano di sotto. Ma è anche l’inferno per i giocatori come Ricky van Wolfswinkel, leggende minori del calcio del proprio paese (in Olanda è un attaccante molto prolifico, sposato con la figlia di Neeskens) che devono accettare di essere umiliati così. Su con la vita Ricky: succede a tutti prima o poi di sentirsi impostori sul posto di lavoro.

Gli ultimi dieci minuti di Braga-Maccabi Tel AViv

Al minuto 84 il Maccabi Tel Aviv era in vantaggio per 1-0 sul Braga e la situazione era questa. La faccia di queste due signore che vedono in crisi una grande squadra del giovedì sera.

Bruma aveva perso due palloni consecutivi e non sembrava la sua giornata. È quel giocatore sempre in bilico tra gloria e grottesco. Dor Peretz dominava il campo, con la fascia da capitano e i calzettoni bassi. Sembrava la sua giornata.

Poi all’87’ la manovra del Braga, lenta e legnosa per tutta la partita, si scioglie all’improvviso, e sugli sviluppi di un cross in mezzo Bruma segna l’1-1. Il Braga recupera la palla da in fondo alla rete e si rimette ad attaccare. Ma inevitabilmente si scopre, e all’ultimo minuto la palla capita sui piedi di Weslley Patati, un nome - vi assicuro - reale, di un giocatore brasiliano di 21 anni arrivato 20 giorni fa dal Santos. Patati - che suggerisco qui di soprannominare "Patatino" - converge e lascia partite un tiro che sembra velleitario ma scende all’improvviso e prende la traversa.

patati

Sul capovolgimento di fronte di quella stessa azione il Braga riparte e trova scoperto il lato destro del Maccabi. Roberto Fernandez detto “Roberto” salta l’uomo e converge, carica il tiro con l’interno ma la palla non gli si alza, il tiro viene smorzato, l’azione prosegue nel caos ma alla fine non succede nulla perché Victor Gomez di piatto tira sulla luna.. Sembra. Perché mentre i giocatori del Braga si disperano, e i giocatori del Maccabi si disperano, qualcuno dice qualcosa all’arbitro. Aspetta aspetta: c’è stato un tocco di mano. Il giocatore del Maccabi, scivolando, ha smorzato la traiettoria del tiro. È uno di quei rigori in cui il buon senso e il regolamento calcistico creano un cortocircuito. Chiaramente non c’è volontarietà, il giocatore del Maccabi, Shlomo, ha messo la mano a terra per accompagnare la sua scivolata; il tiro però andava verso la porta e l’arbitro non ha potuto esimersi dal fischiare.

L’arbitro ammonisce anche il capitano Dor Peretz per proteste; Bruma segna il gol del 2-1 battendo Roi Mishpati su rigore. Shlomo cerca di far scomparire la propria faccia dentro la maglia.

Bruma esulta gonfiando un palloncino rosso e allargando le braccia.

Kanichowsky viene espulso per doppio giallo e il Maccabi rimane in 10. Asante viene espulso per doppio giallo e il Maccabi rimane in 9. Il Braga vince. Fine.

La guerra tra romanisti e Sauditi attorno a Saud Abulhamid

L’acquisto estivo di Saud Abulhamid da parte della Roma è stato uno dei più strani dell’ultimo calciomercato. Il giocatore è arrivato per una cifra molto bassa, quasi simbolica, ed è nato il sospetto che non fosse davvero un calciatore. Certo, è considerato uno dei migliori del suo paese, ma di un paese che non ha mai prodotto un calciatore vero nei cinque maggiori campionati europei. Saud ha una già lunga militanza in Nazionale e a 25 anni sembrava il momento ideale per provare questo complicato salto di livello.

Eppure Saud non sembra avere il fisico adatto. Non ha un fisico da terzino. La Roma però lo ha comprato come riserva di Celik, De Rossi ha detto che il suo nome gli è stato consigliato anche da Roberto Mancini. E allora forse bisogna ricredersi, magari è solo il nostro orientalismo a bollare preventivamente Saud come un bidone.

I tifosi romanisti saranno pazzi, ma di certo hanno senso dell’umorismo, e ieri hanno accolto l’ingresso in campo di Saud con un boato. Come se fosse entrato il più pregiato pezzo del mercato, o una leggenda del club. Poi hanno preso a insultarlo sui social.

I tifosi sauditi oggi cercano di propagandare una verità alternativa in cui Saud ha giocato un buon esordio. Viene pubblicato il video di un suo passaggio all’indietro come se fosse una bella giocata.

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Viene pubblicato un bel contrasto, a cui è seguito peraltro un altro boato. Il video fa attenzione a tagliare il momento in cui perde palla. La caption recita: «Saud Abdulhamid's fierce ball-grabbing in today's match is an indication of a strong desire to take a place in the starting lineup for Roma.. The best is coming, inevitably. Good luck to Saud».

I tifosi della Roma su twitter non sono stati dello stesso avviso, e hanno cominciato a insinuare che no, alla fine Abulhamid non era davvero un calciatore. Sotto si sono scagliati tifosi sauditi pieni d’ira per gli insulti al loro beniamino.

È scoppiato un grosso conflitto di vasca scala tra Cesaroni e Cesauditi.

Come sempre nel twitter calcio, però, i vari layer hanno continuato a intrecciarsi uno dentro l’altro, e allora si è innescato un nuovo livello in cui i romanisti hanno provato a convincere i tifosi sauditi che “pippa al sugo” significherebbe “diamante grezzo che è destinato a brillare e prima o poi dimostrerà il proprio valore nel club”. Qualcuno ci è cascato.

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Quindi, Saud è un calciatore davvero o no?

Non è semplice dirlo. In quei venti minuti i segnali sono stati discordanti, ma di certo i problemi tecnici sono importanti. Ha chiuso la partita col 62% di passaggi riusciti. Certo, il campione è basso ma possiamo dire con certezza che Saud ha chiuso la partita completando un solo passaggio davanti a sé.

Qual è la peggiore esultanza scivolata del giovedì?

L’esultanza scivolata è l’unità di misura minima della felicità di un calciatore. Se prima era un esotismo riservato ai calciatori estremamente cool come Henry e Drogba, oggi la fanno praticamente tutti. Può riuscire bene e può riuscire male, e visto che è il giovedì sera riesce male.

Osher Davida

L’esultanza scivolata originariamente vuole esprimere freddo ed elegante distacco dal mondo. I giocatori scivolano sul prato immobili e guardano fisso davanti a sé. A Davida però le ginocchia si impuntano e si ribalta come una macchina che prende un dosso a tutta velocità. Cerca di recuperare la situazione esultando con i suoi compagni, quindi accettando il contrario del narcisismo dell’esultanza scivolata.

Hugo Ekitike

ekitike1

Ekitike sembra avere molta energia e molta determinazione, punta l’angolo come il toro punta il rosso. Ha dell’energia in eccesso che deve usare in qualche modo. È magro, alto e tecnico e ha l’aria di uno che può sfoderare una grande esultanza scivolata. Invece anche lui si impunta, anche se con grande estro sfrutta il ribaltamento per trasformare l’esultanza scivolata in una cosa altra, rotolandosi a terra in mille capriole ridicole. Probabilmente è questa la peggiore esultanza scivolata del giovedì.

Nel Ferencváros c'è un giocatore che indossa la maglia numero 88 e si chiama Rommens


Tutto normale.

Organizza la tua trasferta: Erevan

Rinfresco la memoria: una rubrica che sta una settimana avanti, che vi consiglia una partita della prossima settimana (in questo caso Noah-Mladá Boleslav) da andare a vedere dal vivo. Non tanto per la partita, il calcio fa schifo lo sappiamo, quanto per il viaggio, la scoperta, la crescita personale. Ovviamente non dovete ascoltare nessuno di questi consigli.

Come arrivare: in aereo

Come arrivare nella capitale dell’Armenia, alle pendici del monte sacro? In aereo. Siamo praticamente alle porte dell’Asia e mezzi meno convenzionali sarebbero ridicolmente complicati. Aumentate la vostra impronta carbonica a cuor leggero: tanto siamo spacciati. Inoltre ormai è una tratta che in Italia è servita anche da compagnie low cost, quindi se non lo prendete voi, quel posto verrà occupato da qualche 35enne emigrato italiano che pensa che farsi le ferie non convenzionali voglia dire passare due settimane a zonzo tra Armenia e Georgia alla ricerca di tristi reminiscenze dell’epoca sovietica solo per farsi arrestare almeno una volta.

Un memoriale: il memoriale del genocidio

Ok, magari non volete inserire nella vostra trasferta felice da stadio un posto che richiama solennità e tristezza, ma quanti memoriali assomigliano a una nave spaziale di Star Trek?

Foto di un mio amico

(non mi dilungo sulla storia del genocidio armeno perché, ahimé, non sono Barbero).

Un mercato: Gumi Shuka

Perché i mercati hanno tutto questo fascino? Vorreste fare altro oltre che girare il mondo per mercati? In questo ci stanno più spezie di quanto può contenere la vostra immaginazione.

Una libreria: Il Matenadaran

Immaginate un posto che contiene più di 23 mila manoscritti e oltre 500 mila documenti d’archivio. Qui potete trovare testi oscuri e arcani dell’Alto Medioevo, ma anche l’Evangeliario di Lazarevo, una traduzione della Bibbia del 5° secolo d.C, la Storia dell'Armenia di Movses Khorenatsi, i manoscritti di Anania di Shirak, uno dei più importanti matematici e astronomi armeni del VII secolo, l’ Ashkharhatsuyts (Atlante del mondo) –e il Codice di San Lazzaro.

Un gruppo nu metal: System of a Down

Se chiedete a me, il più grande prodotto che ci ha dato l’Armenia sono i System of a Down. Se non conoscete i System of a Down o siete troppo giovani - e allora beati voi - oppure avete vissuto gli anni tra il 2002 e il 2008 coi tappi alle orecchie. Nessuna band in quegli anni è riuscita a cavare qualcosa di tanto buono da un'estetica tanto brutta, quella del nu metal, dei pantaloncini larghi sotto al ginocchio, delle polo, dei capelli lunghi. Sarebbero californiani, ma sono figli della diaspora armena, quindi vale.


Un gelato: il cremino CCCP

Sempre il mio amico

Un gelato normalissimo, ma chiamato CCCP: quindi top.

Cose che accadono solo qui

Torna anche la meta-meta-rubrica che non voleva tornare, ma come facevo a non lasciarvi questi piccoli frammenti di parossismo?

L’Europa League, ma Mas que nada

balletto

L’Europa League ma sono io coi “bro” che guardo l’Europa League

saluto

L’Europa League, ma occhio a quello che batte l’angolo

bandierina


Ci vediamo tra una settimana, se superiamo questa settimana. Un abbraccio.

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