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Il bello del giovedì sera 2025 vol. 2
04 ott 2024
04 ott 2024
Momenti lampeggianti di due competizioni torrenziali.
(copertina)
IMAGO / Pro Sports Images
(copertina) IMAGO / Pro Sports Images
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Conosci la tua squadra di Europa League: Heidenheim

Che dire: bruttissimo e manco fa il giro.

Questa rubrica esiste per molti motivi, ma soprattutto per parlare di storie impreviste. Storie irregolari, che creano una nota stonata nella grande narrazione del calcio. Storie che generano un’aritmia, una macchia di colore diverso.

Questa, in particolare, è la storia di come una squadra fondata nel 2007 è arrivata a esordire in una competizione europea poco più di 15 anni più tardi. Questa è la storia di una piccola cittadina del Baden in cui si gioca a calcio da fine ‘800, ma senza riuscire ad arrivare ai massimi livelli. Questa è la storia di una scalata lunga e faticosa, ma risolta poi all’atto decisivo da piccoli dettagli. Questa è una storia di underdog, questa è la storia dell’Heidenheim.

Ricapitolando: nel 1994 Holger Sanwald, giocatore dell’Heidenheim, diventa direttore tecnico del club. Nel 1999 Klaus Mayer assume la direzione della parte economica. Klaus Mayer è il presidente della Mayer Group; di cosa si occupa? Tessile, forniture per l’edilizia, metalli e tutto ciò che vi viene in mente che si possa produrre in una ricchissima industria di una regione ricca e industriale del sud della Germania.

Nel 2007 l’Heidenheim prende la sua attuale denominazione affrancandosi dal club polisportivo. Nel 2009 vince la Regionalliga Sud, poi passa tanti anni in terza serie, tanti anni in seconda serie. Qualche segnale di eccezionalità si ha già nel 2019, quando la squadra in DFB Pokal riesce a costringere il Bayern Monaco a un 5-4 che è una delle partite più strane che vi capiterà di vedere. Sopra di un uomo per l’espulsione di Sule, l’Heidenheim aveva pareggiato con un gol del journeyman della Zweite Liga Robert-Nesta Glatzel. Poi la partita aveva preso tutta una serie di ondulazioni incomprensibili di punteggio, per inchiodarsi col rigore finale di Lewandowski. L’Heidenheim è riuscito a pareggiare dopo essere tornato in svantaggio per 4-2.

Nel 2023, per la prima volta nella sua storia, inaspettatamente, viene promosso in Bundesliga. La promozione non arriva grazie a chissà quale mercato, ma grazie alla costanza degli investimenti, a uno scouting di alto livello e, ovviamente, a Frank Schmidt, che allena l’Heidenheim dal 2007. È l’allenatore in carica da più tempo nel calcio tedesco.

La promozione, però, arriva soprattutto con un colpo di teatro pazzesco, un gol segnato al novantatreesimo minuto su rigore (da una persona molto simile a Mose Schrute) e poi un gol segnato al novantanovesimo minuto. All’ultimo secondo dell’ultima giornata del campionato, in una lotta per la promozione con l’Amburgo, celebre in passato come «La squadra che non può retrocedere» e che evidentemente ora non riesce a essere promossa.

Più o meno tutti in Germania erano concordi nel dare l’Hedenheim per spacciato. La squadra però non si è limitata a salvarsi ma si è qualificata per la Conference League. Anche qui c’è voluto un piccolo colpo di fortuna finale, e cioè la vittoria del Bayer Leverkusen della coppa di Germania contro il Kaiserslautern. Poi la squadra è dovuta passare per i playoff, dove ha eliminato l’Hacken vincendo sia all’andata che al ritorno. I giocatori dell’Heidenheim sembrano nomi derivativi dai nomi veri, un processo artificiale che ha generato gente come Sirlord Conteh (tre richiami nobiliari tutti insieme), Mikkel Kaufmann, Luca Kerber, Leonardo "Léo" Weschenfelder Scienza, grande acquisto estivo, giocatore rivelazione dell’Ulm, terza divisione. Due anni fa giocava in sesta divisione. Anche quest’anno la squadra ha iniziato bene, rafforzata dal prestito del piccolo fenomeno del Bayern Monaco Paul Wanner, considerato da qualcuno l’erede di Thomas Muller per l’istinto negli smarcamenti. Ha già segnato 4 gol in questo inizio di stagione. Ieri ha fatto il gol vittoria contro l’Olimpia Ljubljana, segnando su ribattuta il rigore del 2-1. L’Heidenheim ha così vinto il primo match della sua storia nel tabellone principale di una competizione europea.

Ci hanno chiesto: dovreste parlare del Chelsea in questa rubrica?

No.

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Cose che non esistevano quando ha esordito Jonny Evans

Ieri ten Hag si giocava la panchina e dopo essersi fatto rimontare due gol da Porto e subito un terzo ha pensato: sai che c’è, ora faccio entrare Jonny Evans. Jonny Evans sembrava inadeguato già quando era un giovane difensore dello United: bianchissimo, stempiato, pochi muscoli, praticamente il perfetto irlandese del nord (non poi così diverso da un irlandese); oggi sembra semplicemente un supplente che ogni tanto lo United butta in campo, così per divertimento. Comunque, effettivamente, la squadra di ten Hag ha pareggiato e - forse - non verrà esonerato.

Ma torniamo a Evans. Evans si è affacciato in prima squadra nel 2005, e se vi sembra un’eternità: beh, non ci siete lontani. Ecco una lista, non esaustiva, di cose che non esistevano nel 2005:

- YouTube,

- 300 (il film, non il numero),

- Simone Pafundi, Warren Zaire-Emery, Endrick, Claudio Echeverri,

- gli Ebook,

- la crisi dei mutui subprime,

- questo gol,

- l’idea che, a un certo punto, chissà precisamente dove, la nostra società si è completamente fottuta,

- il Tiki-taka,

- l’Europa League.

Power Ranking dei Pedro del giovedì sera

Pedro (Lazio)

Una leggenda di questo gioco, che onestamente pensavamo fosse già diventato un allenatore. Nella Lazio di coppa brilla il suo talento immortale.

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João Pedro Araújo Correia (Pafos)

João Pedro Araújo Correia ha esordito in Portogallo con una squadra che si chiama Pinhalnovense, poi è diventato una piccola leggenda del Chaves contribuendo alla sua promozione in A. In estate deve aver pensato che il suo era il profilo ideale per la Conference League e si è trasferito al Pafos. Aveva ragione: all’esordio ha segnato doppietta contro il Petrocub Hîncești.

Pedro Neto (Chelsea)

Ex Lazio, sembrava fosse una specie di trucco contabile di Jorge Mendes più che un calciatore e il recente passaggio al Chelsea per quasi 60 milioni di euro non fa che confermarlo (comunque mezzo forte).

Pedro Porro (Tottenham)

Terzino passato dal Manchester City, come tutti i terzini di questo gioco maledetto. È uno di quei calciatori spagnoli che somigliano a un torero e giocano come un torero.

Pedro Bravo (Midtjylland)

Difensore colombiano di 19 anni, il Midtjylland lo ha preso dal Mafra, un club della serie B portoghese, grazie all’algoritmo. Quale algoritmo? Dovreste chiedere a loro.

Zé Pedro (Porto)

Difensore portoghese di 27 anni che fino all’anno scorso giocava nel Porto B ma oggi è finalmente in prima squadra. In alcune diciture risulta come José Pedro.

Pedro Igor (Dinamo Minsk)

Pedro Igor viveva la sua vita in Brasile come tutti i brasiliani: giocava ala sinistra in un club il cui nome non avete mai sentito (Ceará) e probabilmente si divertiva. Poi un giorno qualcuno gli ha detto di andare alla Dinamo Minsk e lui ci è andato. Si sarà pentito? Non lo sappiamo, ma quest’anno ha segnato nei preliminari di Europa League contro il Lincoln FC. Non ha una pagina Wikipedia.

Pedro Lucas Schwazer (Olimpia Lubiana)

Non chiedete al nonno di Pedro Lucas Schwazer dov’era tra il 1939 e il 1945. Incredibilmente anche lui viene dal Mafra.

I 5 giocatori più gallesi del The New Saints

1. Sion Alun Bradley

In maniera piuttosto fedele come disegnereste un britannico (diciamoci la verità: inglesi, scozzesi e gallesi sono tutti uguali) se vi chiedessero di disegnarlo.

2. Gwion Dafydd

I gallesi o si chiamano Tom Jones o si chiamano Gwion Dafydd.

Un po’ di notizie sull’origine del nome Gwion

Le prime tracce si trovano nella mitologia gallese: il nome Gwion è legato alla leggenda del bardo Taliesin. Gwion Bach era un giovane servo incaricato di mescolare una pozione magica per la dea Ceridwen. Dopo aver inavvertitamente ingerito alcune gocce della pozione, acquisì saggezza e poteri soprannaturali. Per sfuggire alla vendetta di Ceridwen, si trasformò in vari animali prima di essere infine inghiottito e rinascere come Taliesin. Tutto normale. L’origine del nome potrebbe essere legato alla parola gallese gwyn che vuol dire “bianco” o “puro” (non indagherei oltre).

3. Tom Jones

I bianchi essere come: gli asiatici sono tutti uguali. Certo, gli asiatici…

4. Connor Roberts

Connor Roberts è la versione dei gallesi dopo i 30 anni. Hanno tutti la barba ispida e il collo ispessito, ti guardano sempre come se dovessero darti una testata da un momento all’altro. Generalmente sono brave persone.

5. Ben Clark

Vedi Ben Clark e dici: ma questo stava in Game of Thrones? Oppure era il Signore degli Anelli? No, no: era Harry Potter, scusa.

Il gol più giovedì sera

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Virilità: 100

Assurdità: 100

Anti-epicità: 100

Paura della morte: 100

Nel 2022 la Uefa ha deciso che le squadre bielorusse avrebbero giocato in campo neutro, senza pubblico. La Dinamo Minsk non ha fatto una piega e ha scelto un campo in Azerbaijan. Ma non a Baku, troppo facile. Lo ha scelto a Sumqayıt, la terza città più grande del Paese, perché comunque doveva essere un po’ più scomodo di una trasferta già di per sé scomodissima.

Il primo giro è toccato all’Heart of Midlothian, squadra scozzese di Edimburgo che si trova in maniera quasi letterale dall’altra parte dell’Europa (quasi perché il concetto di Europa è vago e se l'Azerbaijan ne fa davvero parte andrebbe discusso)(ma anche per la Scozia). Per loro è una trasferta da 5000 chilometri, praticamente la stessa distanza che se fossero andati in trasferta a New York, in un altro continente. Una trasferta che si sono accollati dopo una serie di 10 partite senza vittorie, l’esonero del loro allenatore e un allenatore ad interim. In tutto questo sono scesi in campo in uno stadio che così vuoto onestamente non l’avevo mai visto, neanche ai tempi del Covid. Non c’è veramente nessuno, neanche gli steward, un giardiniere, un amico del custode dello stadio che si è detto stasera mi vado a vedere un po’ di Conference League. Nessuno.

In ogni caso, in questa distopia del giovedì, al 94’, con le squadre in pareggio e nell’ultimo minuto di recupero del recupero, l’Heart of Midlothian ha segnato questo gol. Lo ha segnato Yan Dhanda, un passato nel Liverpool e 4 presenze nell’Inghilterra u17, al primo gol con gli Heart, ma è uno di quei gol che andrebbero assegnati a tutta la squadra, un gol con il pallone spinto disperatamente in rete a partire dalla rimessa laterale, con calciatori medi che fanno sforzi titanici. Guardate il cross o la torre del capitano. Se poi Dhanda l’abbia spizzata in rete con un riflesso geniale o abbia segnato per sbaglio, è difficile da dire. Ma soprattutto non importante.

Ecco come hanno festeggiato questo gol in un bar di Edimburgo. We are back. We are fucking back.

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I peggiori gol presi grazie alla costruzione dal basso

Qui a Ultimo Uomo difendiamo la costruzione dal basso anche nelle sue versioni più estreme. C’è però una sera ogni due settimane, circa, in cui semplicemente non funziona: il giovedì sera ovviamente. Può essere colpa di portieri coi piedi foderati di prosciutto, di campi che sembrano orti medievali, di difensori legnosi come querce. Ecco i peggiori esempi di questo turno.

3 Maccabi Tel Aviv-Midtjylland

franculino

Sul campo del Partizan, con una specie di cicatrice terrosa lunga mezzo campo, il Maccabi stava dominando. Poi è arrivato questo momento: portiere e difensore scambiano nella propria area di rigore per far muovere gli avversari, poi il portiere prova un filtrante. Portieri che provano filtranti di giovedì: mai una buona idea. E infatti il pallone arriva a Osorio, che di prima va al centro. Da sottolineare anche come la difesa del Maccabi provi a difendersi facendo il fuorigioco.

2 Braga-Olympiacos

el kaabi

Non so se si può definire pienamente come costruzione dal basso (ma se ve li recuperate tutti i 4 gol subiti dal Braga sono un po’ colpa della costruzione dal basso), ma il campanile totalmente senza senso di André Horta ha qualcosa di poetico. A segnare poi un autentico fenomeno e mio personale favorito per il ruolo di nuovo Aritz Aduriz: Ayoub El Kaabi.

1 Real Sociedad-RSC Anderlecht

real so

Notevole che neanche la regia si aspetta la giocata veloce del portiere dell’Anderlecht e infatti deve velocemente far sfumare il logo dell’Europa League (che però dà un tono al momento) per regalarci questo momento. Perché il portiere batte mentre c’è un giocatore della Real Sociedad dentro la propria area, ma proprio accanto a lui? Tra l’altro non è neanche regolare, tipo. C’è un’urgenza in questa giocata a tre dentro la propria area del tutto immotivata. Da segnalare il bel cross di Umar Sadiq, che è sempre bello ritrovare in questa rubrica.

Il calcio vecchie maniere di Lazio-Nizza

Ieri un nubifragio si è abbattuto sopra lo Stadio Olimpico. Noi del gruppo d’ascolto del giovedì sera che viviamo a Roma siamo rimasti in uno stallo messicano: pioveva troppo per fare la spesa e cucinare, pioveva troppo per ordinare cibo da asporto, allora abbiamo digiunato, e a pancia vuota abbiamo ammirato questi 22 giocatori in campo lottare con tanti nemici diversi: contro l’avversario, contro sé stessi, contro il calcio e contro gli elementi, nemici del calcio. Il terreno dell’Olimpico ha retto più o meno 45 minuti: abbastanza per chiarire che la Lazio fosse molto superiore al Nizza e il risultato non poteva essere messo in discussione. Un tempo giocato all’apparenza in uno stadio vuoto, ma in realtà vuoto solo per metà, perché i tifosi della Lazio si erano rifugiati in alto sotto la copertura per ripararsi dalla pioggia, dando l’effetto desertico sul parterre.

Il gioco verticale, ad alto ritmo di Baroni funziona anche con un minimo di turnover. Tutti i giocatori della Lazio sono in forma stellare, e anche quelli che giocano poco quando entrano riescono in cose pazzesche. Il gol che ha aperto la serata, per esempio, è quello di Pedro, che di sinistro ha messo la palla sotto al sette. Uno di quei gol che a vederli danno soddisfazione fisica.

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Prima di quel gol la Lazio aveva preso due volte il palo; la difesa del Nizza non sembrava semplicemente preparata allo stato di forma degli attaccanti della Lazio. In particolare di “Taty” Castellanos, che ieri sera ha vissuto momenti di onnipotenza. Un giocatore irreale, nel senso di finzionale, partorito dalla penna di uno sceneggiatore a cui è stata assegnato un film sul calcio e che non ha mai visto una partita di calcio. Un attaccante argentino coatto che sa fare più o meno tutto col pallone e non fa che provare colpi che stirano all’estremo le possibilità tecniche del calcio. Tunnel vicino alla bandierina, rabone etc. Ieri ha segnato con un cucchiaio e poi con un tiro violento all’incrocio dei pali. Promette di diventare il Cristiano Ronaldo dell’Europa League.

Nel secondo tempo il campo è diventato questa cosa qua e il calcio è diventato una cosa diversa. Un gioco in cui la palla non scorre e bisogna provare a vedere dove e come si bloccherà. Un gioco quindi per certi versi simile al golf, per i complessi calcoli fisici richiesti intuitivamente ai calciatori per muovere la sfera. I giocatori si buttavano la palla in avanti calciandola come nel rugby, e poi ingaggiavano duelli corpo a corpo con i diretti avversari. Tutti spazzavano via il pallone, la palla veniva alzata più del solito, e se schizzava o si impantanava non si poteva sapere.

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Il Nizza pare stia pensando di chiedere alla UEFA di rigiocare la partita per le condizioni del campo. Intanto la Lazio è prima, solitaria, nella classifica dell’Europa League: 6 punti, 7 gol segnati, 1 subito.

Samu Omorodion ha raso al suolo il Manchester United

Matthijs De Ligt è alto quasi un metro e novanta, è spesso come la porta blindata di un caveau e sembra avere la consistenza di quei tavoli di marmo che si trovavano nelle cucine di una volta, e ieri Samu Omorodion avrebbe potuto fargli ombra, guardarlo letteralmente dall’alto in basso. Quando la palla si alzava, il difensore olandese aveva un brivido, sembrava pensare: non ancora. Alla fine Omorodion ha vinto “solo” cinque dei nove duelli aerei ingaggiati nella sua partita, ma la vibrazione che ha rimandato lo scontro in aria con De Ligt sul gol del 2-2 e la violenza con cui ha messo il pallone sotto la traversa sul gol del 3-2 è una di quelle cose che un difensore non dimentica.

Il giovane attaccante spagnolo è stato uno dei gangli attorno a cui si è annodato l’ultima sessione del calciomercato. Di proprietà dell’Atletico Madrid, Omorodion veniva da una buona stagione al Deportivo Alaves e, nonostante avesse poco più di vent’anni, è finito tra i rumor di diverse squadre di alto livello. Prima pareva dovesse andare alla Roma, quando il trasferimento di Dovbyk sembrava ormai naufragato. Poi è sembrato vicino a passare al Chelsea, anche come possibile contropartita nell’affare che ha portato Gallagher a Madrid. Alla fine è passato al Porto, per la cifra relativamente contenuta di 15 milioni di euro. Cosa ci avevano visto tutte queste squadre in un attaccante che aveva mostrato così poco? Ieri l’abbiamo capito. Che poi forse l’avremmo già dovuto capire, visto che non è nemmeno iniziata la stagione che Omorodion ha già segnato 7 gol in 6 partite, ma il Manchester United - anche questo Manchester United - fa storia a sé, e lo stesso si può dire di De Ligt, con tutto quello che si può pensare di De Ligt.

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Come ha detto il suo ex allenatore al Deportivo Alaves, Luis Garcia, Omorodion «ti impressiona solo guardandolo». Non è solo la grandezza, ma è la grandezza abbinata alla velocità, e a quella furbizia che hanno solo i centravanti più esperti di mettere il corpo dove può dar più fastidio, o di comparire improvvisamente davanti a un difensore che se lo aspettava alle spalle. Certo, il primo controllo è quello che è, ma Omorodion è il tipo di centravanti che ti fa pensare che con questa violenza alla fine la tecnica vale relativamente. Guardate sul gol del 3-2 il terrore con cui De Ligt cerca di coprire il suo taglio alle spalle e il disappunto quando scopre che, nell’unico momento in cui si è distratto, Omorodion gli è spuntato davanti, con quelle gambe forti ma agili da demone fantasy che farebbe onore al suo nome. Al 65’ l’attaccante spagnolo avrebbe potuto segnare anche il 4-2, forse l’unica volta in cui più che la potenza ha provato ad utilizzare la precisione, con un tiro a giro da dentro l’area che Onana è riuscito a deviare sul fondo. Il Porto era arrivato in area in maniera surreale, con una palla alzata in area da Mazraoui che era stata aggiustata da un tocco col ginocchio di De Ligt, ormai completamente nel panico. D’altra parte, come si può reagire in maniera razionale davanti a quella mandria di gnu imbizzarriti fatta centravanti che è Samu Omorodion?

Perché la Lazio ha accolto Romulo come una propria leggenda?

La Lazio ha fatto avere un biglietto a Romulo per andarsi a vedere Lazio-Nizza all’Olimpico. Romulo ha annunciato «Biglietto arrivato, a domani laziali». Poi Romulo è andato all’Olimpico, ha indossato la maglia della Lazio ed è andato a prendersi il saluto sotto la curva nord. Per chiunque sia esterno all’universo-Lazio (anzi, diciamo al Pianeta Lazio), un fenomeno incomprensibile. Romulo giocava alla Lazio? Controllando, a quanto pare sì: 10 presenze dopo un prestito dal Genoa a gennaio 2019. Un prestito così così, dopo il quale la Lazio ha deciso di non riscattarlo.

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Quei mesi però hanno fatto nascere in Romulo un sentimento pazzo. Romulo, a quanto pare, è un grande tifoso della Lazio. Ho contattato il giornalista tifoso della Lazio Marco Gaetani per chiedere delucidazioni e lui ha chiarito «È laziale fracico» e mi ha segnalato questo reel. Dentro troviamo una dichiarazione d’amore così iperbolica da suonare persino incredibile.

«Mi dispiace per coloro che non hanno mai avuto il privilegio di indossare questa maglia.

Mi dispiace per chi non ha mai calcato il terreno dell’Olimpico, gremito di cuori biancocelesti.

Mi dispiace per coloro che non hanno mai respirato l’aria di Formello durante gli allenamenti.

Mi dispiace per chi non ha mai visto l’aquila volare alto nel cielo dell’olimpico.

Questo sogno di essere laziale è davvero commovente. 😢»

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In tutte le interviste rilasciate in questi anni Romulo ha espresso il desiderio di tornare alla Lazio. Intendeva da calciatore, o anche da allenatore, magari della primavera, o magari anche da osservatore (l’ultima idea), e invece - per ora - è stato accolto da leggenda del club. In una di queste interviste Romulo espresse la propria personale teoria cosmogonica: «Il mondo nasce a Roma».

Tre gol iconici rifatti nell’ultimo turno

Ibrahimovic contro l’Italia, interpreta Erik Botheim

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Quanto è simile: 4/10

Più bello? Sì

Più difficile? No

Potrebbe farlo Ibrahimovic oggi: ovviamente sì.

Probabilmente ci sono almeno altri 5 gol di Ibrahimovic simili o più simili a questo remake di Erik Botheim. Quello al Bologna, ad esempio o uno segnato ai tempi del PSG (qui ne trovate alcuni). Ho scelto questo perché comunque bisogna sempre ricordare i momenti in cui siamo stati infelici. La vera similitudine tra questo gol di Botheim e quelli di Ibra, oltre ovviamente all’idea dell’acrobazia, è che tutti e due riescono a usare il tacco come se fosse il collo del piede.

Vieri contro il Paok, interpreta Valon Berisha.

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Quanto è simile: 8/10

Più bello? No

Più difficile? No

Potrebbe farlo Vieri oggi: no

Rispetto al gol di Vieri, Berisha è dall’altra parte del campo. Berisha sta andando in diagonale, e può aggiustarsi il pallone col controllo, cosa che Vieri non poteva fare. Inoltre non sta proprio sulla linea di fondo, cosa che rende tanto iconico il gol di Vieri, ma almeno un metro dentro al campo. Berisha deve però aggiustare e accelerare la sua parabola perché ci sono dei difensori in recupero.

Del Piero contro la Steaua Bucharest, interpreta Gary Magnée

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Quanto è simile: 9.5/10

Più bello? No

Più difficile? No

Potrebbe farlo Del Piero oggi: penso di sì

È difficile oggi, con un gioco più veloce e palloni più performanti, segnare dei gol alla Del Piero simili a quelli di Del Piero. Forse serviva la Conference League e i palloni della Kipsta per riprodurre quel tipo di magia. Qui l’unica differenza è che Magnée tira da appena dentro l’area di rigore e Del Piero invece era appena fuori. Per il resto il movimento è lo stesso, la parabola è la stessa, il volo del portiere anche.

La trasferta più lunga della storia dell’Europa League

Per andare a giocare contro l’Omonia Nicosia, a Cipro, il Vikingur è dovuto partire dall’Islanda e percorrere cinquemila chilometri. Sono 8 ore e 15 di volo: la cosa più vicina a un viaggio intercontinentale che si può fare il giovedì sera. Pensa farti 8 e 15 di volo per prendere 4 gol dall’Omonia Nicosia, che lezione trarre da questa notizia? Che come diceva Battiato la felicità bisogna cercarla dentro, non andandosene in giro per il mondo. Il giorno della fine non ti servirà l’inglese.

Top 18 nomini del giovedì sera

Pico, Dodô, Pico, Tuta, Jajá, Raí, Juanmi, Kaio, Miki, Samu, Tetê, Cadu, Fred, Jefté, Pepê, Rick, Rwan, Son.

Cosa pensano i bambini baschi di Theo Leoni

Il giocatore dell’Anderlecht ha appena segnato un gol pazzesco e impensabile e, come a quanto pare tutti il giovedì sera, si inchioda a terra provando a esultare scivolando. Davanti a lui i bambini lo odiano. Lo odiano cazzo, lo odiano dal più profondo del cuore. Lo odiano come un giocatore del cazzo mai sentito che si è inventato un gol impossibile e mai visto. Uno di quei gol che quando li prendi ti fanno maledire questo mondo infame. Quando mai un giocatore della tua squadra ha segnato un gol simile? E invece a questo gli è venuto in mente di colpire al volo di piatto da fuori area e di metterlo sotto l’incrocio. Ma vaffanculo va.

Ha fatto assist Sadiq

Chi dovrebbe naturalizzare l’Italia tra Theo Leoni e Killian Sardella

Le radici italiane nel calcio belga sono profonde e note, ma forse è sorprendente venire a sapere - in un qualsiasi giovedì di pioggia e coppe europee - che sono vive ancora oggi. Della vittoria dell’Anderlecht ieri in casa della Real Sociedad sono spiccati anche due giocatori i cui cognomi non possono non suonarci familiari, e che infatti appartengono a giocatori belga ma di origini italiane, per di più giovani e di talento, che poi è ciò che interessa ai tecnici della federazione preposti alla naturalizzazione (se esistono, ma speriamo di sì: in questi tempi di magra per il calcio italiano bisogna aggrapparsi a tutto). Parliamo di Theo Leoni, che ieri ha squarciato la diretta Europa/Conference League con un gol di piatto al volo da fuori area che il giovedì si vede di rado, e Killian Sardella, entrato a metà del secondo tempo riuscendo comunque a mettersi in luce. Ma quindi chi dovrebbe provare a naturalizzare l’Italia, visto che nessuno dei due ha ancora esordito in Nazionale maggiore?

Theo Leoni, nato a Bruxelles nel 2000, deve le sue origini al padre Michael, che probabilmente derivano dalle migrazioni italiane nella zona di Charleroi. Lì si trova Marcinelle, dove avvenne il celebre disastro minerario, e dove il piccolo Theo crebbe nei primi anni di vita. Non a caso la sua prima squadra è stata lo Sporting de Charleroi, che poi, dopo un primo approccio dello Standard Liegi, lo ha ceduto all’Anderlecht. Da lì una crescita graduale ma lenta, per la solita sfiducia che devono subire i giocatori molto tecnici ma anche molto piccoli. Nella stagione 2022/23 l’esordio in prima squadra, la scorsa l’esplosione: 5 gol e 7 assist che per una mezzala non sono niente male e che l’hanno messo al terzo posto dei migliori assistman del campionato belga. Ieri, oltre al gol, una grande partita di cucitura del gioco tra difesa e centrocampo, e anche una dimostrazione di personalità niente male, tra sbroccate ai compagni e gesti verso i tifosi che avevano tirato degli oggetti in campo.

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Killian Sardella è ancora più precoce. Nato nel 2002 a Wemmel, nella parte fiamminga del Paese, anche lui deve il suo passaporto italiano per via del padre. Terzino che può giocare sia a destra che a sinistra, applicazione difensiva che renderebbe fiero Beppe Iachini, ma anche un bel piedino, come dimostrano i 5 assist della scorsa stagione. Ieri, nei pochi minuti di gioco che gli sono stati concessi, ha messo in porta un compagno con un esterno sfacciato, che a momenti porta l’Anderlecht sull’1-3. Ha esordito giovanissimo in prima squadra, con Kompany in panchina, e la scorsa stagione ha sfiorato i tremila minuti di gioco. L’esperienza non gli manca.

sard

Chi dovremmo naturalizzare quindi? Il cuore dice Theo Leoni ma, tra la concorrenza che dovrebbe affrontare a centrocampo e l’età avanzata di Di Lorenzo, la testa dovrebbe dire Killian Sardella. Sarebbe anche un bel modo per omaggiare uno dei grandi protagonisti della nostra televisione. Prego.

Cherki è un mago e i terzini del giovedì sera dovrebbero cacarsi sotto

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Quanti giocatori, palla al piede, sono più forti e imprevedibili di Rayan Cherki? Me ne vengono in mente due o tre, non di più. Stiamo parlando di un giocatore speciale, al di là del valore assoluto. Un’affermazione al livello del suo talento tecnico non è scontata. In estate si diceva che il Lione potesse cederlo e non si parlava di chissà quali club per lui. Quando Cherki è ispirato, e in queste settimane sembra mooolto ispirato, sembra semplicemente inarrestabile.

Ieri ha danzato attorno a tutti i giocatori del Glasgow Rangers, infliggendogli dribbling umilianti a ogni altezza del campo. Ecco un rating dei dribbling di Cherki ieri. Per ogni tunnel è appuntato il minutaggio.

2. Croqueta in area di rigore - 0.13 del video

Difficoltà: 7.8

Umiliazione: 7.5

Efficacia: 9.5

Cherki dribbla così tanto che riesce a servire assist direttamente dribblando, eseguendo per esempio una croqueta in area di rigore che ha finito poi per armare il tiro di Fofana (stiamo parlando di un Fofana nuovo di zecca).

Qualcosa di inclassificabile - 0.41 del video

Difficoltà: 8.4

Umiliazione: 7.3

Efficacia: 7.1

Il primo controllo di Cherki è morbido come un marshmellow, come quei cuscini mochi imbottiti fatti per avere la consistenza aerea dello zucchero montato. Quando riceveva così in transizione e riusciva a girarsi il Glasgow Rangers doveva pregare. Mentre i giocatori cercano di andargli addosso come per fare un incidente, o comunque fare qualcosa, Cherki si è inventato questo dribbling di suola-tacco tremendamente complicato da fare in corsa. Dopo tra l’altro aver schivato una scivolata come Neo coi proiettili.

Tunnel

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Difficoltà: 7.2

Umiliazione: 8.9

Efficacia: 6.9

Qui siamo in territorio Adel Taarabt, il maestro del tunnel, per come questo dribbling è stato preparato, aprendo le gambe ai difensori a forza di tocchi di suola depistanti. Un dribbling in cui si vede bene l’ambidestria di Cherki. In questo video potete vederlo mettere la palla in tutti gli angoli della porta con tutti i piedi che possiede.

Ondulatorio

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Difficoltà: 6.8

Umiliazione: 8.1

Efficacia: 9.6

Cherki ondeggia, finta, dice di andare di là, poi va di qua, poi mette in mezzo ed è gol. Sempre di Fofana. Quando vedi la facilità con cui Cherki apre queste difese chiuse ti viene da chiederti come fanno le altre squadre a giocare a calcio senza Cherki.

Tunnel di tacco - 1.41 del video

Difficoltà: 6.8

Umiliazione: 8.1

Efficacia: 9.6

Vabbè, bruttissimo gesto nei confronti di un avversario ormai mandato al manicomio. Il povero Jefté Non sappiamo quanto durerà questo stato di onnipotenza di Cherki ma noi vi consigliamo di guardare tutte le partite del Lione che potrete vedere quest’anno.

L’imbarazzante serata della Roma in Svezia

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Mentre Paolo Assogna pone la sua domanda Ivan Juric lo guarda come se volesse strangolarlo. Appoggiargli le mani sul collo e stringere, prima con dolcezza, poi con forza crescente. Giacca e camicia, buttati lì senza cravatta, come uno che è stato mandato a un evento formale ad ammazzare qualcuna. Assogna gli chiede se, forse, non c’è stata un po’ di confusione in questa Roma, specie con i nuovi arrivati. La Roma - ricordiamolo - ha appena perso contro l’Elfsborg, squadra quinta in Allsvenskan. Juric non condivide l’analisi di Assogna. Per niente. Quella di Assogna, a dire il vero, è più che altro una constatazione un po’ eufemistica, ma Juric non accoglie quell’invito. Anzi, rilancia: vede cose positive nella prestazione. C’è stato tanto gioco, giusto qualche problema nelle preventive, niente di che. Anzi, di più dai, roviniamoci. Non solo non è stata una brutta prestazione ma è stata una prestazione in miglioramento. Anzi, no, che i miglioramenti sono stati “impressionanti”.

È forse questa la parte più inquietante della serata della Roma, proprio questa intervista. O Juric pensa davvero che la Roma abbia mostrato dei miglioramenti, e sarebbe preoccupante, oppure crede che le condizioni psicologiche della squadra siano tali da non poter dire la verità, e cioè che la Roma ha fatto pena.

Difficile descrivere cosa non ha funzionato nella Roma, bisognerebbe parlare di tutto. Quello che si può dire, in linea generale, è che non somiglia per niente a una squadra di Juric. Non ha intensità, energia; è scadente nei duelli, lenta nella circolazione palla, compiaciuta e depressa al contempo. Sembra piuttosto la Roma di De Rossi, ma sclerotizzata in tutti i suoi difetti e senza ormai alcun pregio. Una squadra che tiene palla solo per diventare più fragile, e che è organizzata per responsabilizzare al massimo i propri peggiori giocatori. Magari, come dice qualcuno, la Roma è anche mal costruita, ma l’organizzazione tattica sembra cucita per esaltare i difetti della squadra e diminuirne i pregi.

Prima del match i tifosi dell’Elfsborg avevano caricato la sfida all’inverosimile, contrapponendo il proprio calcio a quello della Roma come il socialismo si contrappone al capitalismo. Non giocavano solo contro la Roma, ma contro il Friedkin Group e contro un certo modo di intendere il calcio; non giocavano solo per sé stessi ma rappresentavano tutto il calcio svedese. Hanno montato anche la maglia dell’Elfsborg su Totti e De Rossi scrivendo che oggi loro tiferebbero Elfborg, in sostanza perché rappresenterebbe il calcio romantico, quello del popolo.

Una sfida in teoria morbida diventata improvvisamente un derby infuocato, contro una squadra scandinava, sul campo sintetico. Vi ricorda qualcosa?

L’Elfsborg, però, non è il Bodo, è molto peggio. Ancora non è chiaro quanto è profonda la buca in cui è finita la Roma.

Una versione alternativa ma non più strana di Roma-Elfsborg

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Questo pallone NON è entrato in porta

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