
Nel calcio ci sono diverse leggi-non-scritte, regole che vengono ripetute acriticamente senza interrogarsi sulla solidità del loro contenuto e che però vengono fatte passare per verità incontestabili. Una di queste è: «Gli attacchi fanno vendere i biglietti, le difese fanno vincere i campionati». In Italia - inevitabilmente - molte di queste leggi riguardano le difese. Una delle più celebri, parola più parola meno, è: «Se ti vuoi salvare, devi chiuderti dietro». Nonostante negli ultimi anni si siano presentati diversi casi che sembrano dire il contrario (lo Spezia quest'anno, ma si potrebbero anche fare i casi del Verona 2019/20 o della SPAL 2018/19), nel discorso comune una difesa solida e soprattutto un gioco reattivo sono le basi imprescindibili su cui costruire la salvezza. Per tutte le squadre, ma a maggior ragione per quelle che arrivano dalla Serie B che si confrontano con la massima serie, vale il primo comandamento del calcio nostrano: «Primo: non prenderle».
In questa stagione un caso interessante che ci permette di ragionare sul contenuto di queste leggi non scritte è il Benevento. Nelle prime 17 giornate, la squadra di Filippo Inzaghi ha raccolto in media 1,24 punti a partita, dopo 6 vittorie, 3 pareggi e 8 sconfitte. La nona sconfitta, quella che forse a fine stagione definiremo fatale per la squadra giallorossa, è arrivata contro il Crotone, in modo a dir poco rocambolesco.

Non era la prima volta che il Benevento aveva creato più dell’avversario ma non era riuscito a raccogliere quanto avrebbe meritato. A metà dicembre contro il Sassuolo, il Benevento aveva dominato sul piano del gioco ma non era riuscito a segnare, nonostante i 30 tiri verso la rete, e alla fine era persino arrivata la beffa della sconfitta per via di un rigore subito. Forse stizzito da queste partite sfortunate, dopo la partita di Crotone il Benevento ha deciso di cambiare atteggiamento. In campo, la squadra di Inzaghi si è sistemata più bassa a protezione dell’area di rigore, cercando poi di attaccare il campo che gli avversari si lasciavano alle spalle.

Il Benevento ha abbassato il baricentro dei propri interventi difensivi: da una media di 31 metri è passato a una di 28. Grazie a questo cambiamento, ha iniziato a concedere una media di 13 tocchi in area di rigore agli avversari, contro i precedenti 26. I gol subiti sono passati da una media di 1,7 gol/partita a una di 0,6 gol/partita. Anche gli Expected Goals concessi sono diminuiti passando da 1,4 xG/partita a 0,5 xG/partita. Si può dire, quindi, che i numeri difensivi del Benevento sono effettivamente migliorati. Ma a che prezzo?

Insieme all'altezza degli interventi difensivi, infatti, anche il baricentro offensivo si è abbassato inevitabilmente di 3 metri. Questo ha comportato una diminuzione molto forte dei tocchi nell’area avversaria (6 tocchi/partita contro i precedenti 23 tocchi/partita), delle occasioni create (da 1 xG/partita a 0,2 xG/partita) e dei gol segnati (da 1,2 gol/partita a 0,2 gol/partita). Insomma: per cercare di subire meno gol, il Benevento ha azzerato la propria fase offensiva. Il problema, mettendo sulla bilancia entrambe le cose, è che la media punti, dopo la partita di Crotone, è stata di 0,57 punti, cioè meno della metà di quella del periodo precedente.
Il cambio di rotta di Filippo Inzaghi, che è sembrato tornare alla sua vena più difensivista mostrata a Bologna, non sembra aver pagato. E non stiamo parlando di una coincidenza: dopo 17 giornate, il Benevento non era infatti al decimo posto per caso, anche se ovviamente sarebbe stato difficile per una piccola squadra mantenere quella posizione. La squadra di Inzaghi in quel momento era quindicesima per dominio territoriale, tredicesima per passaggi riusciti nell’area avversaria, tredicesima per Expected Goals prodotti su azioni di gioco manovrate, dodicesima per tiri nello specchio. Da dopo la partita con il Crotone, in tutte queste statistiche, il Benevento è ultimo. Il passaggio dal decimo al sedicesimo posto, insomma, non sembra frutto della sfortuna, che invece aveva tolto molto alla squadra campana nella prima parte di stagione.
È difficile capire perché Filippo Inzaghi abbia deciso di cambiare strategia, in un momento comunque positivo della sua stagione (nelle cinque partite precedenti alla sconfitta di Crotone, il Benevento aveva raccolto tre vittorie perdendo solo contro Atalanta e Milan). Chissà magari proprio per paura dei gol subiti o forse per il confronto con altre squadre del passato. Forse i sonni di Inzaghi sono stati infestati dallo spettro di Fabio Liverani? Il suo Lecce, retrocesso all’ultima giornata dello scorso campionato giocando un calcio propositivo, aveva finito per incassare la bellezza di 85 gol. Forse lo staff di Inzaghi ha notato che quel Lecce, allo stesso punto della scorsa stagione, aveva la stessa differenza reti del Benevento, cioè -13. La differenza, però, sta nel modo in cui quei gol sono arrivati, perché in tutte le altre statistiche il Benevento stava avendo un rendimento migliore del Lecce dello scorso anno.
Il cambio strategico di Inzaghi, insomma, sembra una decisione di pancia e manca di razionalità - cioè del supporto dato non solo dai numeri, ma anche dalle evidenze del campo. Più che un tentativo di correggere un difetto, sembra quasi un atto propiziatorio. Così come gli antichi greci bruciavano i loro migliori capi di bestiame prima di intraprendere un viaggio per calmare gli dei, allo stesso modo, per placare i numi difensivisti del calcio, Inzaghi ha sacrificato parte di ciò che ha costruito nell’ultimo anno e mezzo. Non possiamo sapere oggi se la sua scommessa alla fine pagherà lo stesso. Certo, gli aruspici non sarebbero contenti dei primi segnali.