Dopo aver vissuto una delle più incredibili stagioni dal punto di vista statistico, è facile cadere nell’errore di trascurare quei giocatori di assoluto livello che hanno appena disputato una stagione semplicemente normale.
La stagione 2016-17 di Blake Griffin non ha avuto i numeri irreali di Russell Westbrook o James Harden, ma dopo una stagione travagliata per problemi dentro e fuori dal campo ha comunque prodotto una stagione in linea con il resto della sua carriera, e se non si fosse infortunato in gara-3 avrebbe potuto benissimo rappresentare la differenza tra Jazz e Clippers nella serie del primo turno. Invece le cose sono andate male per lui e per i Clippers, - ma ciò nonostante, o forse proprio per questo, quest’estate potrebbe essere il free agent più conteso della lega.
Hidden Figures
Ad inizio stagione il messaggio nascosto ma ricorrente delle preview sugli L.A. Clippers era make it or break it. Un gruppo di talento, uno dei migliori quintetti base della Lega, sempre vicino a salire quel gradino che porta al vertice della Lega (con questa, fanno sei stagioni in fila oltre il 60% di vittorie in regular season), una squadra sempre sulla soglia dell’anno buono. In realtà, fatta eccezione per un dicembre dal record negativo (8 vinte e 9 perse, con 6 sconfitte consecutive nella seconda metà del mese), L.A. ha sempre viaggiato attorno al 4° posto ad ovest, rivelandosi come una squadra esponenzialmente migliore con Chris Paul in campo che fuori.
Il punto più basso della stagione dei Clippers, probabilmente
Nella prima stagione della sua seconda vita NBA, Blake Griffin ha confermato quella tendenza che si era già iniziata ad osservare prima dell’infortunio che l’ha tenuto fuori per più della metà dell’annata 2015-16 - una tendenza che affianca il nuovo al classico. L’allargamento del suo raggio di tiro, in controtendenza al giocatore ammirato nei primi anni NBA che faceva del costante attacco del ferro la principale arma offensiva, si è visto anche nella stagione in corso, con risultati diversi rispetto al passato.
Non è solo l’essere stato in grado di segnare quanto gli ultimi anni tirando di meno (contando solo le conclusioni da due punti, i 14.9 tiri di media a partita sono il dato più basso in carriera) e meglio (57% di percentuale reale, dato in linea con la sua meravigliosa annata 2013-14, che diventa 59% considerando il periodo post All-Star Game) a farci pensare di essere davanti al Griffin più versatile di sempre.
Questa percezione l’abbiamo osservando come il Blake 2.0 sia un giocatore maggiormente capace di crearsi le proprie conclusioni (solo la metà delle sue conclusioni in area sono state assistite, in controtendenza ad una carriera con un dato mai inferiore al 62%) ma allo stesso tempo classico nel lavorare su quel tiro dal mid-range che oggi è meno “di moda” rispetto al passato (è il quarto giocatore nella lega per punti a partita dal gomito, dietro a Anthony Davis, Carmelo Anthony e Marc Gasol), ma che comunque conserva una certa utilità quando eseguito a ottimi livelli.
A sinistra la stagione da rookie, a destra questa. Quel miglioramento dal mid-range tende a farsi notare.
Ma in una NBA che va verso una direzione diversa, un giocatore con queste caratteristiche come può rappresentare un fit vincente? Alla vigilia di una free agency in cui Griffin sarà uno dei pezzi più pregiati, vale la pena provare a domandarselo, cercando di capire dove, realisticamente o meno, il prodotto di Oklahoma può portare i suoi talenti.
Should I stay or should I go?
Le due squadre con maggiori possibilità di avere Blake tra le propria fila il prossimo anno, sia per facilità di inserimento del suo contratto che per fit tecnico.
L.A. Clippers
Qualsiasi riflessione deve partire dall’unica maglia che finora Blake Griffin ha indossato nella sua carriera NBA, quella dei Clippers. Ci vorrà del tempo per comprendere con precisione e chiarezza in che modo la bruciante sconfitta al primo turno contro i Jazz impatterà sul futuro dei velieri, la prima squadra di sempre capace di per cinque stagioni di fila una serie playoff partendo da una situazione di vantaggio.
Il nucleo assemblato nella breve Free Agency post-lockout, quello che ha portato Chris Paul a firmare per la metà sfigata di Los Angeles, aveva l’obiettivo del titolo NBA, verosimilmente nello spazio di cinque-sei anni. Essendosi chiusa quella finestra con la debacle contro Utah, è tempo di bilanci. E la fredda cronaca ci parla di una squadra arrivata sempre ad una manciata di centesimi dal dollaro: complici anche numerosi infortuni nei momenti clou della stagione, i Clippers non sono mai riusciti, nonostante i buoni risultati in regular season già citati prima e le tre serie di primo turno vinte (tutte in 7 gare) in 6 anni, a spingersi oltre le Semifinali di Conference, facendo di CP3 il giocatore col maggior numero di partite giocate in post-season nella storia NBA senza aver mai assaporato una Finale di Conference.
Quasi sicuramente Paul, come Griffin, non eserciterà la Player Option e uscirà dal contratto, puntando a quel max contract per giocatori pluri-decennali che, verosimilmente, sarà l’ultimo grande contratto della carriera (d’altronde ha contribuito in prima persona per farselo dare nelle contrattazioni per il nuovo CBA). I Clippers hanno una sola scelta per continuare a “galleggiare” ad alti livelli: provare a rifirmare sia Paul che Griffin, occupando quasi tutto il cap rimanente e “accettando” di perdere J.J. Redick, in scadenza di contratto anche lui e in cerca di un contratto ben più robusto di quello attuale.
Rifirmare uno invece dell’altro avrebbe poco senso: virtualmente L.A. ha sui 40-42 milioni “liberi”, rifirmando solo Paul o Griffin non si avrebbe del ragionevole spazio per migliorare la squadra, a meno di eventuali sign-and-trade. Uno dei motivi per cui, per Griffin, dobbiamo pensare al Plan B.
Boston Celtics
Come? I C’s, dopo aver indugiato a lungo alla trade deadline, dovrebbero essere grandi protagonisti della free agency più ricca di sempre. Considerando le ultime proiezioni sul cap dell’anno prossimo, Boston dovrebbe avere la possibilità di offrire il max contract cui Griffin può aspirare liberandosi di contratti minori come quello di Kelly Olynyk.
Perché sì? In questi playoff si è intravisto come Boston abbia bisogno di un altro giocatore con punti nelle mani oltre ad Isaiah Thomas. L’acquisizione di Horford è stata, giustamente, definita come uno dei migliori colpi di mercato della passata off-season: l’ex Hawk è un giocatore dall’indubbio valore e la sua aggiunta ha migliorato i Celtics, ma è difficile inquadrarlo come una “macchina da punti” quale Griffin è, e peraltro andrebbe a formare una coppia intrigante soprattutto alla luce dell’evoluzione recente dei due giocatori.
Immaginate, in una giocata del genere, Griffin al posto di Olynyk.
Quanto complicato sarebbe difendere questa azione?
Perché no? Un max contract a Griffin, da parte di Boston, vorrebbe dire impegnare su lui e Horford il 60% del salary cap, “obbligando” i Celtics su questo core (a meno di non utilizzare in maniera sapiente le scelte dei Nets), considerando che nel 2018 dovranno rifirmare Thomas, Smart e Bradley. Inoltre, se quella con Horford potrebbe sì essere un’ottima coppia, è tutta da verificare l’intesa di un eventuale terzetto con Isaiah Thomas, giocatore abituato ad avere a lungo la palla in mano (il 34% di Usage Rating in questa stagione corre a sostegno della tesi) e decisamente a suo agio in un attacco dalle spaziature maggiori, inevitabilmente compromesse dal fatto che Blake non tiri così tanto da tre.
Fattibilità: nel caso in cui Griffin voglia davvero lasciare i Clippers, Boston rappresenterebbe la migliore scelta “per vincere” - e questo ha sicuramente un suo peso nei ragionamenti che Blake dovrà fare. Scegliere i Celtics, però, potrebbe significare scegliere di ricoprire un ruolo diverso all’interno dell’economia di squadra: Chris Paul e Isaiah Thomas sono due giocatori diversi e diverso è l’impatto che hanno sui propri compagni di squadra, ma Blake andrebbe comunque considerato il creatore di gioco secondario del roster - un ruolo che certamente può ricoprire, ma quanto gli interessa?
How to Get Away with Blake
Quattro squadre nelle quali Blake Griffin sarebbe un fit eccellente, ma per le quali - per un motivo o per l’altro - il tempismo non è dei migliori o il lavoro da fare si annuncia particolarmente duro.
Dallas Mavericks
Come? Al momento Dallas ha sette giocatori a paga per il 2017-18 (Barnes, Matthews, Powell, Barea, Curry, Mejri e Liggins) per un totale di quasi 60 milioni di dollari. Considerando però che Nowitzki ha già dichiarato di voler continuare un altro anno e i Mavs hanno una team option sul suo contratto da 25 milioni, il tedesco dovrebbe fare un enorme favore ai texani per creare i presupposti e creare lo spazio necessario. Il vero nodo della bilancia, però, è dato dalla situazione di Nerlens Noel, che a meno dell’improbabile accettazione della qualifying offer (ben inferiore al potenziale valore di mercato dell’ex Sixers), dovrebbe escludere l’arrivo di Griffin poiché difficilmente sarà rifirmabile a meno di 10 milioni all’anno.
Perché sì? Potenzialmente Griffin sarebbe allo stesso momento un perfetto erede per Nowitzki, come ruolo e status, e una valida aggiunta per permettere al tedesco un ultimo anno più tranquillo come “attenzioni offensive” e, possibilmente, giocarsi qualche partita di playoff, perché Dirk Nowitzki meriterebbe di chiudere la carriera in post-season e non in regular season.
Perché no? Al di là della situazione di Noel, investire il 30% del cap su Griffin, avendo già impegnato 40 milioni su Barnes e Matthews, significherebbe avere poco margine di manovra per rinforzare la squadra sugli esterni, in particolare nelle point guard. I miglioramenti di Seth Curry in questa stagione sono stati evidenti sotto gli occhi di tutti, e anche dal Draft con un po’ di fortuna potrebbero arrivare notizie positive, ma puntare tutto su queste due variabili sembra molto rischioso e non è abbastanza per fare davvero strada nei playoff.
Fattibilità: alla fine, il discorso sui Mavericks si può ricondurre ad un'unica domanda: anche se il tempismo non è dei migliori, Dallas potrebbe diventare - nello spazio di un eventuale contratto quadriennale - quella squadra capace di portare Griffin a lottare per il titolo? E quanto invece il numero 32 dei Clippers li considererebbe una squadra capace, nella più verosimile delle ipotesi, di galleggiare tra il 6° e il 10° posto ad ovest?
Portland Trail Blazers
Come? Delle ipotesi che andremo a vedere in seguito, i Blazers sono sicuramente la più complicata: ad oggi Portland ha impegnato oltre 137 milioni di dollari per il 2017-18, pertanto l’arrivo di Griffin sarebbe possibile solo grazie ad una sign-and-trade, alquanto improbabile visto ciò che potrebbe offrire Portland.
Perché sì? Perché, anche alla luce di ciò che abbiamo visto in questi Playoff, potrebbe essere l’opzione più affascinante: Griffin con una combo di guardie come quella formata da Lillard e McCollum potrebbe sfruttare al meglio i miglioramenti tecnici, anche quelli relativi al suo playmaking, osservati negli ultimi anni, attirando attenzioni difensive e potenzialmente lasciando più spazio in attacco ai due esterni. Allo stesso tempo è vero anche il contrario: Griffin potrebbe avere maggior libertà in attacco ricevendo scarichi in libertà, e considerando la sua forza presenza in post potrebbe fare il gioco dei Blazers.
Perché no? Perché, al di là delle difficoltà tecniche nel portare a casa questa eventuale sign-and-trade, l’opzione Portland potrebbe non garantire nessuna delle due eventuali “richieste” che Griffin potrebbe avanzare verso una nuova squadra: vincere o essere l’alpha-dog. Senza contare la tremenda storia dei Blazers con i giocatori injury-prone, un qualcosa che potrebbe spegnere qualsiasi velleità sul nascere.
Fattibilità: è una suggestione interessante e stimolante, ma è destinata a rimanere tale. Neanche nel caso in cui Griffin esprimesse una precisa e diretta volontà di firmare per Portland l’affare sarebbe fattibile, visto che i Clippers dovrebbero accettare il pacchetto di ritorno (e probabilmente esporsi troppo, nel caso di coinvolgere una terza squadra).
Oklahoma City Thunder
Come? Nato 28 anni fa proprio ad Oklahoma City, quella del ritorno a casa sarebbe una narrativa perfettamente in linea con quella vista nelle ultime estati NBA. Il problema nell’applicare questa narrativa sta nel fatto che, per i Thunder, arrivare a Griffin presenta lo stesso problema dei Blazers: il ritorno di Griffin sarebbe possibile solo tramite una sign-and-trade, che quasi sicuramente dovrebbe coinvolgere il contratto di Enes Kanter.
Perché sì? Nella serie contro Houston abbiamo avuto evidenza di come, al di là di Westbrook, i Thunder abbiano assoluta necessità di giocatori con punti nelle mani e doti di playmaking aggiunto. Griffin, oltre a integrarsi benissimo in linea teorica con Adams, può rispondere a quella necessità, diventando quel giocatore di alto livello che può portare i Thunder a lottare per il titolo con il telaio attuale e lenire sia il Russ-centrismo che l’addio di Durant. In aggiunta, la sua pericolosità dal mid-range e anche dall’arco dei tre punti può aumentare le opzioni offensive di Oklahoma City.
Perché no? Oltre alla difficoltà nello scambiare Kanter, bisogna considerare il fatto che puntare Griffin quasi sicuramente comporterebbe il rinunciare a firmare Andre Roberson, giocatore limitante in attacco ma perno fondamentale della difesa dei Thunder. L’ex prodotto dell’università di Colorado uscirà dal suo contratto da rookie e potrebbe ricevere offerte con cifre intorno ai 15 milioni a stagione (il nuovo contratto standard per i titolari), rendendo - a meno di una sapiente gestione da parte del GM Presti - improbabile l’avere sia Griffin che Robertson in maglia Thunder per il prossimo training camp.
Fattibilità: delle quattro squadre di questa categoria, Oklahoma City probabilmente rappresenta la scelta migliore per “vincere”, con il valore aggiunto del “ritorno a casa”. Inoltre, non è detto che la sua inclusione nei meccanismi offensivi e difensivi dei Thunder possa essere così complicata, soprattutto se il Westbrook 2016-17 dovesse rivelarsi una meravigliosa “eccezione”, un anno con “licenza di uccidere”, e non la regola dei prossimi tre anni dei Thunder.
Magari in 7 anni è aumentato l’entusiasmo sull’idea di tornare a casa, dai
Miami Heat
Come? Anche in questo caso il “piano Blake” dipende strettamente da un’operazione che deve essere fatta alla radice: a meno di sign-and-trade, Miami può firmare Griffin solo in caso di rinuncia definitiva a Chris Bosh e al suo contratto, che dovrebbe chiamare poco più di 52 milioni di dollari nelle prossime due stagioni. In questo caso si libererebbe quello spazio necessario a firmare Griffin senza dovere includere, nel discorso, anche i Clippers.
Perché sì? Perché Griffin, forse più degli altri migliori free agent prossimamente su piazza, potrebbe essere l’aggiunta migliore per una squadra protagonista di una stagione incredibile, cui vorrà dare seguito nel provare a rilanciarsi verso la fascia medio-alta della Eastern Conference. Un pick-and-roll tra Dragic e Griffin potrebbe fare emergere le due anime del giocatore dei Clippers, quella più atletica e ‘aggressiva’ verso il canestro da un lato e quella più “dalla media”, e un trio formato dai due già citati e da Hassan Whiteside - a patto che stiano tutti e tre sani dal punto di vista fisico - può rivelarsi molto interessante, con l’aggiunta di un contorno di supporto all’altezza.
Perché no? Tagliando Bosh gli Heat avrebbero lo spazio salariale giusto per firmare Griffin, è vero, ma ciò comporterebbe rinunciare a rifirmare Dion Waiters e James Johnson, due pedine fondamentali dell’incredibile cavalcata di Miami nella seconda metà di regular season. Il valore di Griffin è indubbio, ma il gioco vale la candela?
Fattibilità: l’abilità di Pat Riley nell’attirare giocatori di livello in Florida è abbastanza notoria, e gli Heat rappresentano una soluzione indubbiamente interessante perché in grado, potenzialmente, di abbinare entrambi i possibili need di Griffin (Miami ha più probabilità di giocare almeno le finali di Conference rispetto ai Clippers). Ma quanto è disposta Miami a sacrificare parte dell’impianto che ha stupito l’NBA da Gennaio in poi?
#TrustTheProcess
Nelle ultime free agency abbiamo visto come i giocatori di maggior talento nel cambiare aria abbiano sempre fatto la scelta migliore “per vincere”. E se Griffin volesse invece fare una scelta di lungo respiro, chi potrebbe scegliere?
Los Angeles Lakers
Come? È improbabile che Griffin sia il primo obiettivo della Free Agency dei Lakers ma, pur riconoscendo che il cambio di spogliatoio sarebbe clamoroso, potrebbe rivelarsi il più “semplice” da raggiungere. Lo spazio ci sarebbe, sia in termini di salary cap che di eventuale sign-and-trade (ma quale sarebbe il ruolo di Randle con l’arrivo di Griffin?).
Perché sì? Perché rimanere a Los Angeles cambiando aria è un qualcosa che solo i Lakers sarebbero in grado di offrire, come l’essere la star di una franchigia la cui storia non ha bisogno di presentazioni. Un telaio formato da Griffin, Russell, Clarkson, Ingram, possibilmente unito ad una scelta in top-3 a fine giugno, potrebbe riportare i Lakers ai playoff dopo 4 stagioni d’assenza, ma si tratterebbe di una ripartenza da zero abbastanza complicata e con zero prospettive di passare il primo turno, almeno dal prossimo anno.
Perché no? Sebbene Griffin possa integrarsi bene con Russell e Clarkson, è difficile pensare che l’aggiunta di un giocatore con le sue caratteristiche possa essere più utile ai Lakers di un esterno come Paul George, il pezzo pregiato dell’estate che sta arrivando.
Fattibilità: dipende moltissimo da quanto Griffin ami la città e voglia rimanerci (considerati anche gli interessi nel mondo delle stand-up comedy). Perché c’è la possibilità di essere l’alpha dog, indubbio, e l’amore per Los Angeles potrebbe spostare nel tempo l’eventuale voglia di vincere subito e presto.
Prendendo Griffin poi si eviterebbe la sua furia che abitudinalmente si scaglia sui Lakers, oltre a far incazzare tremendamente Chris Paul nei quattro derby stagionali
Phoenix Suns
Come? A patto di rinunciare a rifirmare Alex Len, anche i Suns avrebbero lo spazio salariale per dare un max contract a Griffin. Anche una sign-and-trade, in linea teorica, non è da escludere: Phoenix ha degli asset scambiabili, sia sotto forma di scelte che di giocatori, che potrebbero ingolosire parecchio i Clippers.
Perché sì? I Suns sono tra le squadre NBA che tirano di più dal mid-range (oltre 21 conclusioni di media a partita tra i 3 e i 6 metri dal canestro), ma con percentuali mediocri (sotto il 40%): l’aggiunta di un giocatore che tira molto da quella zona del campo, togliendo conclusioni a tiratori peggiori, potrebbe migliorare l’efficienza offensiva di Phoenix. Non è da trascurare nemmeno il fatto che da almeno un paio di stagioni la dirigenza Suns punti ad un 4 di livello, andando vicinissima a prendere LaMarcus Aldridge e scegliendone due al Draft come Marquese Chriss e Dragan Bender. Che sia la volta buona con Griffin?
Perché no? Perché, nonostante i molti tiri fuori dal pitturato, Phoenix è penultima in NBA per tiri del rollante sul pick-and-roll (fanno peggio solo i Warriors) ed è quart’ultima per tiri dal post-up, due parti importanti del gioco di Griffin. Quello dei Suns è un gioco molto “individuale” (penultimi nella lega per assist, fanno peggio solo i Raptors), pieno di giocatori che tendono a crearsi i propri tiri, soprattutto tra gli esterni: è pur vero che Griffin si è evoluto in un giocatore più “offensivamente indipendente”, ma le conclusioni unassisted ricoprono soltanto il 46% dei suoi tiri totali.
Fattibilità: Al di là delle considerazioni che si possono fare sulla guida tecnica dei Suns, l’essere arrivati ad un passo da un top free agent come LaMarcus Aldridge può far sì che Phoenix sia una candidata da non sottovalutare, ma anche qui va saggiata l’effettiva disponibilità di Griffin a “partire da zero”: come per i Lakers, anche per i Suns è tutto da dimostrare che un nucleo formato da Blake + il roster attuale con Bledsoe e Booker + la scelta (sicura per Phoenix) al Draft a fine giugno possa essere già in grado di lottare per i playoff nella prossima stagione, ed è in ogni caso da verificare l’effettivo potenziale di un progetto del genere nell’arco di un quadriennio.
Difensivamente Griffin è un giocatore che non si esime dall’aiuto e dal cambiare frequentemente marcatore. Per i giovani Suns questa potrebbe essere un’ottima notizia.
Brooklyn Nets
Come? Chiudiamo un attimo gli occhi e immergiamoci in un mondo alternativo e distopico, in cui Brooklyn diventa the coolest part of New York City. Dopo una stagione assolutamente dignitosa nonostante le pessime premesse, Sean Marks l’1 luglio si presenta a casa Griffin per proporgli un contratto quadriennale al massimo salariale, convincendo il giocatore dei Clippers a scegliere il progetto Nets, una squadra che non ha nulla da chiedere al tanking e che ha deciso di costruire una squadra divertente e affascinante, offensivamente spettacolare, anche grazie all’arrivo in NBA dei migliori talenti di Eurolega.
Perché sì? I Nets sono stati la penultima squadra NBA per tiri dalla media distanza (davanti solo al Morey-ball dei Rockets), e nel tentativo semi-disperato di rinnovare il futuro di Brooklyn, Marks decide di cambiare il sistema e abbinare due lunghi in cerca di riscatto. Il tandem Lopez-Griffin funziona, Lin diventa il miglior assist-man della storia per assist da pick-and-roll in singola stagione, e i Nets che colgono un sorprendente ottavo posto nella Eastern Conference 2017-18.
Perché no? Lo scenario descritto sopra è abbastanza figo. Ma effettivamente quanto di quel futuro distopico è potenzialmente adattabile alla realtà? Kenny Atkinson, nella sua prima stagione NBA da capo allenatore, è sembrato essere un coach abbastanza moderno (oltre che discretamente malato, visto che si è inflitto interminabili sessioni di cyclette dopo ogni sconfitta, manco fosse il monaco albino del Codice da Vinci), capace di alternare perfettamente gioco in pitturato e fuori dall’arco dei tre punti. Un’idea di basket forse non così affine al gioco di Griffin.
Fattibilità: Distopie a parte, scegliere Brooklyn sarebbe la scelta più sorprendente degli ultimi 10 anni di Free Agency, come minimo. I Nets, però, servono a introdurre perfettamente l’ultima squadra dell’analisi: i loro rivali cittadini.
Questo è Brook Lopez al tiro nella scorsa stagione. È davvero così assurdo considerarlo affine a Griffin?
New York Knicks
Come? Per mesi il rumor di una trade tra Griffin e Carmelo Anthony è circolato su Internet e sui social network, alimentato dal desiderio di Melo e CP3 di giocare insieme. Con la recente eliminazione dei Clippers, la voce che vorrebbe Anthony trasferirsi in California è tornata ad alimentarsi, con scenari però che tendono a non coinvolgere il numero 32 di L.A. (il rumor verte per lo più su una possibile sign-and-trade di J.J. Redick che potrebbe includere anche Austin Rivers).
Perché sì? Per provare a rispondere a questa domanda bisognerebbe prima di tutto capire chi e che cosa saranno i New York Knicks nel 2017-18. Con o senza Derrick Rose? Chi in alternativa? Chi sarà l’allenatore? Quanto durerà la pantomima dell’Attacco Triangolo? Avrà fine? La terra è rotonda? (Trolling a parte, in che modo Porzingis e Griffin possono essere compatibili su un campo di pallacanestro?)
Perché no? Già solo il fatto che al “perché sì?” si risponda esclusivamente con delle domande dovrebbe farvi capire perché no.
Fattibilità: In linea teorica è una destinazione possibile, anche se è quantomeno complicato immaginare uno scenario dove Griffin rifirmi per poi essere scambiato per Anthony. Se non è invece così complicato vedere ‘Melo in California, è abbastanza irrealistico pensare che Griffin possa gradire la destinazione Knicks.
Will You Still Love Me Tomorrow?
Negli ultimi giorni i rumors sui Clippers sono molti e abbastanza confusionari: l’uscita contro i Jazz pesa (e molto), e non sembra filtrare un piano molto chiaro in vista dell’estate, se non un generico “teniamo tutti”.
Nell’illustrare le opzioni che potrebbero presentarsi davanti a Griffin dal 1° luglio ho posto maggiormente attenzione sul lato offensivo di Blake, essendo quello su cui ci sono maggiori certezze al netto degli infortuni e acciacchi che gli hanno fatto saltare, tra regular season e playoff, 74 partite (su 177 totali) nelle ultime due stagioni.
Difensivamente Griffin è un giocatore ancora da identificare: l’esplosività dei primi anni, che lo portava all’essere una presenza costante sotto i tabelloni a rimbalzo, potrebbe essere venuta meno quasi del tutto; ma questo non significa che il Blake 2.0 non possa essere un giocatore competente nella metà campo difensiva. La sua disponibilità all’aiuto e al cambio continuo sul pick&roll fa sì che, quantomeno, una squadra possa contare sulla sua attenzione e voglia, pur al netto dei famosi limiti fisici (ad esempio una certa lentezza negli scivolamenti e soprattutto l’apertura alare decisamente contenuta).
Riavremo questo Blake?
Qualsiasi riflessione sulla possibile destinazione 2017-18 di Blake Griffin deve considerare, innanzitutto, ciò che i Clippers possono dare di più rispetto alle altre squadre dal punto di vista contrattuale. Non essendo, a meno di una improbabile nomination in uno dei quintetti All-NBA, il prodotto di Oklahoma eligible per il Veteran Designated Player (la clausola del nuovo CBA che da ancor più potere economico alle squadre che vogliono rifirmare i loro giocatori franchigia), L.A. può “solo” offrire l’anno di contratto in più, che comunque corrisponderebbe, secondo le previsioni, ad un quinto anno da 41 milioni di dollari (e un totale, sul contratto, di 48 milioni in più rispetto al massimo di un’altra squadra). E 48 milioni di dollari possono essere un ottimo incentivo per continuare ad amare i Clippers almeno fino all’estate 2022, ma è difficile immaginare quali possano essere le prospettive di LA nel prossimo quinquennio.
Nel caso di un cambio d’aria, è abbastanza verosimile che lo status (e l’appeal) di Griffin sulla Free Agency possa cambiare vorticosamente a seconda degli spostamenti di altri All-Star che potrebbero essere sul mercato (Paul George e Jimmy Butler su tutti), così che Blake potrebbe passare dall’essere il free agent più ambito all’essere un ottimo premio di consolazione per quelle squadre che, inevitabilmente, rimarranno inizialmente deluse.
La situazione potrebbe essere già più chiara dopo la Draft Lottery del 16 maggio, quando si avrà una percezione esatta delle scelte di squadre come Celtics o Lakers; se ciò che traspare dall’esterno può essere indicativo, Griffin non è mai sembrato un giocatore con l’obiettivo di vincere ad ogni costo, quindi non è impossibile pensare alla scelta di una squadra middle-tier o addirittura low-tier come quelle presentate in precedenza.
Fare un pronostico preciso è difficile, ma potrebbe non essere azzardato immaginare che Blake Griffin, qualora voglia muoversi davvero dal lato Clippers di Los Angeles, possa scegliere una squadra comunque capace di garantirgli un ruolo da alpha-dog, permettendogli carta quasi bianca in attacco anche non essendo per forza la prima opzione offensiva.
Ogni riferimento ai Thunder è del tutto casuale, o forse no.