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L'incredibile successo della boxe a mani nude
28 apr 2023
Sabato a Denver si terrà un incontro con milioni di spettatori in tutto il mondo.
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9 min
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IMAGO / ITAR-TASS
(copertina) IMAGO / ITAR-TASS
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Snatch – Lo strappo è un film del 2000 scritto e diretto da Guy Ritchie in cui un Brad Pitt, splendido quasi quarantenne, interpreta Mickey O’Neil, detto Lo Zingaro. O’Neil è un “irish traveller”, ovvero appartiene all’etnia Pavee, un popolo nomade di origine irlandese. Nel film ha un ottimo fiuto per gli affari, ma soprattutto è uno straordinario combattente a mani nude, dotato di un destro micidiale. Per creare questo personaggio Ritchie ha studiato la cultura dei Pavee, in cui il pugilato a mani nude è da sempre uno strumento per risolvere dispute e conflitti tra clan rivali nonché un metodo per affermare la virilità degli uomini.

È in questa stessa comunità che è stato girato il documentario Knuckle, in cui si racconta la faida tra due famiglie nemiche, che da più di dieci anni si ritrovano per affrontarsi in combattimenti di bare-Knuckle boxing con in palio rispetto e denaro. Anche Vice UK ha girato un breve documentario su questa storia, definendola “una sottocultura dell’orgoglio, dell’onore e della violenza”. Nel filmato spicca la figura di James McRory, irlandese, soprannominato Gipsy Boy e considerato una leggenda del pugilato senza protezioni (esiste anche un libro che racconta la sua storia). McRory è cresciuto con una rigida educazione cattolica ma presto ha iniziato a ribellarsi a qualsiasi tipo di autorità, spingendosi ben oltre i limiti. Comincia a fare a pugni da bambino e, nonostante i problemi mentali che lo affliggono sin dall’adolescenza, abusa di alcool e cocaina restandone invischiato per quasi vent’anni. Intanto combatte costruendosi una reputazione: arriva a disputare più di 200 incontri aggiudicandosi diverse cinture, ma deve affrontare anche depressione e crisi d’ansia. Riesce comunque a costruirsi una famiglia, e la compagna cerca spesso di convincerlo ad abbandonare quegli incontri tanto sanguinari, affermando di non riconoscerlo più quando lo vede in azione.

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Ma la bare-Knuckle boxing lo fa sentire vivo come nient’altro. Nella testimonianza raccolta da Vice UK lo si sente dire: «Non devi aver paura nella vita, fallo e basta. Quel che succede, succede. È fantastico incassare i colpi migliori che un altro uomo può darti, e sferrare i tuoi in risposta per dimostrare chi è il migliore. Nessuno può capire quanto sia importante per me». E non è un caso che David Feldman, colui che negli ultimi anni ha riportato in auge la boxe a mani nude ne sia rimasto affascinato dopo aver conosciuto un fighter – indovinate di dove? Sì, irlandese - che gli ha raccontato cosa significa questa pratica per tanti suoi connazionali.

Il DNA non si cambia

La boxe a mani nude ha origini preistoriche, ataviche, difficili da ricostruire con precisione. Dana White, il Presidente di UFC, ripete spesso che prima di qualsiasi altro sport ci sono stati due uomini che hanno fatto a pugni davanti a un gruppo di curiosi radunatosi in fretta per vedere chi avrebbe avuto la meglio: «Il fighting è stato il primo sport di sempre. Il combattimento è nato insieme all’uomo, è nel nostro DNA: sarà sempre qui con noi, morirà con noi». E in effetti si trova testimonianza di questa pratica sin dalla civiltà egizia e da quella sumera e assiro-babilonese, ma è facile pensare che si facesse a pugni anche da prima. Nell’Antica Grecia e in epoca romana, ma anche in tutta l’Asia esistevano diverse tipologie di combattimento riconducibili a forme primordiali di pugilato (se ne parla nell’Eneide, per fare un esempio, con la sfida tra Entello e Darete, uno dei primi racconti di sport della letteratura).

Queste forme di pugilato resistono per secoli senza mai sparire del tutto, ma conoscendo un momento di grande crisi con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, quando inizia a diffondersi la cultura delle armi e soprattutto il duello con la spada. Con il mondo moderno, però, l’idea di due uomini che fanno a pugni torna a essere presente, soprattutto in Inghilterra. Se ne parla ad esempio in un documento del 1861, mentre nel 1867 vengono redatte le famosissime regole del Marchese di Queensberry, che tra le altre cose obbligano i contendenti a utilizzare i guantoni, dando così vita a quello che sarà il pugilato “tradizionale”, combattuto in un ring, con pugili dalle mani coperte e precise regole d’ingaggio.

È questo il momento in cui invece la boxe a mani nude entra in un limbo di clandestinità, venendo vietata praticamente in ogni paese nel mondo, fino a riemergere dalla sua ombra solo pochi anni fa, nel 2015, sempre in Inghilterra. Da quel momento l’ascesa della Bare-knuckle boxing è stata rapidissima, tanto che la sua diffusione esponenziale viene paragonata a quella di UFC. Oggi esistono diverse promotion attive, e il loro giro d’affari è notevole. La più importante è l’americana “Bare Knuckle Fighting Championship” (BKFC), fondata nel 2018 da David Feldman. Mentre nell’ombra resistono alcune tipologie di combattimenti clandestini come quelli organizzati dal circuito King of the Streets (KOTS), che si presenta alla stregua di “un fight club illegale fondato in Svezia noto per la sua politica senza regole. Nessuno sa chi lo gestisce. Negli anni KOTS ha accumulato un seguito enorme e controverso sui social media. Mantiene ancora il suo anonimato e lo status clandestino”. Gli incontri vengono pubblicati su YouTube e generano milioni di visualizzazioni. Non ci sono limiti di tempo né round, si combatte sia in piedi che a terra fino al ritiro di uno dei due avversari e sono ammesse persino ditate negli occhi e morsi.

Dal baratro al successo

È un mercoledì del 2016 quando a Feldman viene comunicato di essere affetto da un cancro in fase iniziale, a complicare una situazione personale già drammatica tra gravi problemi economici (aveva meno di 300 dollari sul conto) e un padre anziano in punto di morte per demenza senile. Feldman decide di farla finita ed è a un passo da gettarsi nel fiume di una cittadina americana della Pennsylvania, ma all’ultimo momento cambia idea. Racconterà che gli è venuta in mente l’immagine del padre che gli dice che lui non è uno che si arrende e quella della madre, rimasta invalida dopo essere stata investita, ma che non aveva mai mollato, anzi.

Decide allora di riprendere in mano un progetto che aveva in mente da anni. Si spende per convincere le giurisdizioni dei vari Stati americani a rendere legale la boxe a mani nude. Feldman era entrato in questo mondo già nel 2011, anche perché la sua famiglia è nella promozione degli sport di combattimento da sempre e lui stesso aveva organizzato incontri di boxe prima di passare alle MMA (anche qui cercando di farla uscire dalla clandestinità, anche se aveva già un grande seguito di pubblico, soprattutto online).

Come è accaduto per le MMA – rimaste illegali per anni, tanto che il senatore John McCain le aveva definite «un combattimento tra galli umani» - anche la boxe a mani nude ci mette anni ma alla fine riesce a essere autorizzata. Lo fa il Wyoming nel 2018, dopo che l’ultimo evento legale sul suolo americano era andato in scena nel 1889. Nasce così il circuito “Bare Knuckle Fighting Championship”, innescando un effetto a catena rapidissimo che coinvolge altri Stati americani.

Un passo fondamentale per raggiungere questo risultato storico è stata la stesura di un regolamento, che per questa promotion prevede cinque round da due minuti, con tre divisioni di peso femminili e nove maschili. Combattendo senza guantoni il rischio di fratture per gli atleti aumenta, sia delle ossa del viso che – soprattutto - di quelle della mano: quindi il modo di combattere cambia completamente rispetto alla boxe, e per lo stesso motivo è più facile che i match terminino per knockout. L’imbottitura del guantone infatti – che ha il solo scopo di proteggere le mani dei pugili - attutisce i colpi e rende il KO più difficile, con effetti peggiori sulla salute degli atleti: paradossalmente è “meglio” un fighter che sviene e non è più in grado di combattere, portando all’interruzione dell’incontro, rispetto a uno stordito dai colpi che però resta in piedi e continua a prenderne. A mani nude i pugni sono più duri da incassare, non c’è nulla che li attutisca.

Un boom senza precedenti

Nel tempo l’espansione della Bare-knuckle boxing è stata notevole, e ad oggi si tratta dello sport da combattimento di maggiore ascesa a livello globale: ormai gli eventi della BKFC vanno in scena quasi ogni weekend, la disciplina è legale in 25 Stati americani e la promotion è arrivata fino a Londra, in Medio Oriente, in Europa dell’Est e Sud America. Lo staff fisso dell’organizzazione conta una quarantina di persone, che aumentano di un centinaio in occasione di ogni evento. Le card sono trasmesse in 42 Paesi con una qualità di produzione televisiva di alto livello, e anche gli sponsor cominciano ad essere nomi interessanti, tra cui OnlyFans. Nel 2022 il colosso Triller, un social network americano che ha differenziato il suo business in diversi rami, tra cui uno dedicato agli sport da combattimento, ha acquistato le quote di maggioranza della promotion. Triller è noto nel fighting prima per aver trasmesso ed essere stato media partner del match tra Mike Tyson e Roy Jones Jr. e poi per aver organizzato l’incontro tra Jake Paul e Ben Askren nell’ambito del “Triller Fight Club”, una sorta di campionato di boxe che coinvolge influencer e personaggi del mondo dello spettacolo.

Grazie alla sua potenza mediatica, da solo vanta 450 milioni di iscritti, BKFC può interagire con il proprio pubblico coinvolgendolo come mai fatto sinora. Inoltre Triller è proprietario anche di Fite.TV, realtà on demand con contenuti pay-per-view leader del fighiting e attiva su 7 milioni di smart TV: un altro asset a disposizione di BKFC, insieme all’intelligenza artificiale sempre sviluppata dal social network americano, unita ai sofisticati sistemi di marketing a sua disposizione, oltre alla capacità di attivare influencer e personalità pubbliche come leva promozionale. Il quadro complessivo è quello di un microcosmo autosufficiente con strumenti efficacissimi per alimentare la crescita della boxe a mani nude, secondo alcuni insidiando persino la leadership di UFC.

In effetti tanti fighter – seppur spesso a fine carriera - sono passati dalle MMA alla bare-Knuckle boxing. Ad esempio sabato andrà in scena la 41esima card firmata BKFC a Denver, in Colorado, con protagonisti Mike Perry contrapposto a Luke Rockhold e Chad Mendes contro Eddie Alvarez, tutte ex star di UFC. Anche diversi atleti italiani si stanno cimentando nella boxe a mani nude: è recente la notizia della firma di Alessio Sakara con BKFC, ma resta sconosciuta la data del suo debutto.

8 anni fa James McRory affermava di guadagnare 400 sterline a match, e spesso tornava a casa con ossa rotte e ferite da ricucire. «Magari tra un decennio questo sport arriverà nelle grandi arene. Forse. Ma probabilmente no» ha detto a quel tempo alle telecamere di Vice UK. È stato fin troppo pessimista.

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