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Braccio di ferro per principianti
22 mar 2019
L'armwrestling non è solo una sfida di forza pura.
(articolo)
18 min
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Il braccio di ferro – in inglese armwrestling – è una disciplina di così immediata comprensione che sembra difficile considerarlo uno sport vero e proprio. Un tavolo, due contendenti, una salda stretta di mano: questi gli unici elementi indispensabili, a prima vista.

Il braccio di ferro rappresenta una sfida di forza pura, un più o meno civile surrogato del prendersi a schiaffi, che riscuote successo soprattutto in quegli ambienti dove si rendono necessari combattimenti rituali per designare gerarchie di branco. I banchi di scuola, per esempio, finiscono spesso percossi dalle nocche degli sconfitti, ma lo stesso si può dire di caserme militari, carceri, palestre. Nell’immaginario comune anche i bar e i pub sono ambienti ideali per la diffusione del gioco, meglio se fumosi e malfamati, come dimostrano film come Over the Top, film del 1987 con Sylvester Stallone in cui il protagonista prova ad emanciparsi proprio attraverso un campionato del mondo di braccio di ferro.

La pellicola non è certo un capolavoro, ma ha due pregi: da un lato, una colonna sonora godibile, con contributi originali di Giorgio Moroder; dall'altro, una delle poche menzioni mainstream al mondo dell'armwrestling competitivo. Anche nel film il braccio di ferro ci viene presentato come un passatempo da pub, e infatti Stallone diventa un campione cimentandosi nelle soste lungo le highway che percorre col suo lavoro da camionista, ma alla fine il protagonista gareggia in sfide ufficiali con il gran finale sotto le luci di Las Vegas.

Sebbene edulcorati dalle necessità hollywoodiane, gli incontri di armwrestling di Over the Top sono sufficientemente accurati da farci intendere come dietro al gioco da pub ci sia uno sport vero, praticato da atleti ben allenati, dove la tecnica e l'esperienza spesso battono la forza bruta.

Un po' di storia

Visto il suo setup minimale e semplice da replicare, le origini dell'armwrestling sono difficili da rintracciare e si perdono in epoche antiche. C'è chi è convinto di rinvenirne una primordiale testimonianza in geroglifici egizi del XXI secolo a.C., ad esempio, o in ceramiche risalenti all'antichità classica. In effetti, tra i cimenti degli agoni greci era assai popolare la disciplina chiamata helkustinda o efelkustinda, che è in sostanza il moderno tiro alla fune. Il grammatico e lessicografo Giulio Polluce menziona una variante, detta dielkustinda, che non prevedeva l'uso della corda: si immagina che i contendenti si prendessero per le mani e cercassero di tirarsi l'uno verso l'altro, mentre l'acrocheirismos era verosimilmente una “lotta con le dita”. Andando avanti nel tempo, si passa a un tipico gioco dei nativi americani, celebre in una variante che si svolgeva in piedi e senza l'ausilio di tavoli, tanto che all'inizio del secolo scorso si parlava proprio di “indian wrestling”.

Per arrivare a una codificazione delle regole, con una forma simile a quella che vediamo oggi, bisogna aspettare gli anni '50 del Novecento quando Bill Soberanes, redattore per il giornale locale di Petaluma (California), si mette in testa di organizzare la prima competizione regolamentata di wrist wrestling, come lo chiamavano allora. All'inizio è poco più di una festicciola nel bar dove passa ogni giorno dopo il lavoro, il Diamond di Mike Gilardi, ma col tempo il torneo gode di successo crescente e si sposta in un auditorium più capiente, per ospitare i partecipanti provenienti da fuori città. Soberanes, in maniera forse troppo ambiziosa, lo ribattezza World Wristwrestling Championship, ma d'altronde chi poteva contestargli la definizione?

Nel 1968 perfino le strisce dei Peanuts parlano del torneo di Petaluma: Snoopy si allena per la vittoria, ma lo squalificano all'ingresso in quanto non dotato di pollice opponibile. La pubblicità fumettistica funziona e dal 1969, per sedici anni, il campionato viene trasmesso dalla ABC – e Soberanes si guadagnerà la sua bella statua in una piazza di Petaluma.

La popolarità del braccio di ferro negli Stati Uniti è aumentata agganciandosi a quell'idea di sport itinerante, al seguito dei carrozzoni del circo e delle fiere, in maniera analoga a quanto accaduto per quello che oggi chiamiamo pro wrestling e che una volta era il catch – combattimenti coreografati per intrattenimento, ispirati alla lotta libera.

Anche il già citato film Over the Top contribuì al successo dell'armwrestling, rilanciandolo sul finire degli anni '80, mentre tra anni '90 e 2000 lo sport si ritagliò altri piccoli spazi nella sterminata proposta delle emittenti televisive. Nel frattempo aumentavano i premi in denaro, fiorivano le federazioni e si affermavano i primi armwrestler professionisti, perfezionati nella preparazione fisica e nella tecnica.

America ed Europa, in questo senso, fanno storia a parte. La più ambiziosa federazione americana è al momento la WAL, World Armwrestling League, che punta forte sullo spettacolo: atleti istrionici accompagnati da entourage chiassosi, rivalità colorate da una buona dose di storytelling, ingressi al tavolo in stile WWE (di recente al microfono è apparso Justin Roberts, per l'appunto ex ring announcer della WWE), mazzi di Benjamin Franklin che volano, due voluminosi martelli come premio per chi vince la competizione per il braccio destro e sinistro.

In Europa invece l'approccio è più serio e sportivo, quasi olimpico, e gli arbitri sono stimati per rigore e precisione – il loro mestiere è tutt'altro che facile, come vedremo. La scuola dell'est Europa ha sviluppato la disciplina tramite la tradizione sportiva di stato, come spesso accadeva nel blocco sovietico, e le nazioni balcaniche primeggiano tutt'ora sugli altri paesi.

I due mondi, quello competitivo americano ed europeo, si incontrano molto di rado soprattutto perché le associazioni internazionali, come la World Armwrestling Federation, non dispongono di così tanti fondi da finanziare le trasferte agli atleti che, anche se meritevoli, spesso devono attingere alle proprie risorse per partecipare ai campionati del mondo. Eventi targati PAL o “Vendetta” però, di estrazione prettamente europea e di stampo professionistico, stanno accorciando le distanze, invitando campioni da oltreoceano e curando anche la spettacolarità degli eventi, come nel caso dello “Zloty Tur”, da molti ritenuta la competizione professionistica di più alto livello al mondo, oppure la futura “Top 8” (che tuttavia conta un solo statunitense nel roster) che vedrà la luce il prossimo aprile. Si tratta di fight night organizzate e numerate sul modello delle federazioni di arti marziali miste, come la celebre UFC, e composte da una serie di incontri preliminari che conducono al main event, la sfida di cartello – talvolta rappresentata da un vero e proprio supermatch con protagonisti atleti americani invitati da altre federazioni.

Ma come funziona?

Le regole dell'armwrestling sono ingannevoli: all'apparenza semplici, in realtà complesse. Innanzitutto si gareggia in piedi, l'uno di fronte all'altro, divisi per braccio destro o sinistro, e per categorie di peso. Ci si appoggia a un tavolo dotato di caratteristiche costruttive e dimensionali ben precise (costa circa 500 euro, se volete acquistarne uno regolamentare per allenarvi). La mano libera si aggrappa ad un piolo, mentre il gomito della mano impegnata deve appoggiarsi su un cuscinetto di forma quadrata, o pad, sul quale può spostarsi per tutta la durata dell'incontro ma non deve mai sollevarsi; in caso contrario si riceverà una penalizzazione. L'obiettivo, anche questo è intuitivo, è portare la mano dell'avversario a contatto con i cuscini laterali, pin pad, o sotto il piano immaginario che si forma fra di loro.

Eccettuata la posizione del gomito e il limite che decreta la vittoria/sconfitta detta pin, dunque, l'atleta ha completa libertà di movimento dopo il ready, go! dell'arbitro. Può spostare il peso del corpo a piacimento, persino fare leva coi piedi sulle gambe del tavolo, sporgersi in avanti o slanciarsi all'indietro facendo attenzione che la spalla non scenda sotto il livello del tavolo. Lo spettatore occasionale rimane stupito da quanto siano dinamici gli incontri, e abituato a quell'idea di prova di forza statica penserà che gli atleti stiano barando: invece, l'armwrestling è uno sport che coinvolge tutto il corpo in un lavoro che unisce forza, resistenza e tecnica, il tutto espresso in incontri che mediamente non superano i 5-8 secondi.

Se si fa riferimento alle regole più restrittive, che sono quelle della World Armwrestling Federation (WAF), la fase della partenza deve invece sottostare a una procedura che ha determinati vincoli, mentre gli atleti preparano la presa sotto la stretta sorveglianza dell'arbitro. La posizione iniziale dev'essere equa, prima che si inizi a tirare (si parla di tirare, pull, e non di spingere) nessuno dei due contendenti deve aver acquisito un vantaggio. Mani ben serrate dunque, con particolare attenzione al pollice, polso in posizione naturale, spalle parallele al tavolo (durante l'incontro invece potranno anche spostarsi in perpendicolare).

Gli armwrestler più smaliziati cercheranno tuttavia di limare qualche millimetro di leva all'avversario; per questo le operazioni iniziali sono spesso tese e macchinose, a volte più lunghe dell'incontro stesso, e sembra di assistere a due samurai che si studiano prima di sferrare il primo, decisivo colpo. Se gli atleti non collaborano l'arbitro si assume l’onere di posizionare gli atleti nel modo più imparziale possibile: in questa fase, denominata referee’s grip, qualsiasi movimento dell’atleta non richiesto dall’arbitro viene sanzionato con un fallo. Si parte collocando le mani al centro del tavolo, poi passa alle spalle, prosegue incrociando i pollici e con la chiusura delle altre dita si arriva finalmente al ready, go!.

Durante l'incontro può infine capitare che uno o entrambi gli atleti perdano la presa, il cosiddetto sgancio. Se l'atto è volontario, per evitare il pin, e avviene nell’ultimo terzo della corsa totale che l’avambraccio compie verso il pin pad verrà assegnata ugualmente la sconfitta. Altrimenti, si ripeterà l'incontro con l'ausilio delle cinghie, o strap, che l'arbitro pone intorno alle mani degli atleti. Alcuni armwrestler molto conosciuti ed esperti nell’utilizzo delle cinghie, come Devon Larratt, preferiscono questa soluzione tanto da arrivare a chiedere di utilizzarla di routine. Si tratta tuttavia di semplici pareri personali: per ora il regolamento WAF permette solamente che i due atleti si accordino se usarle sin dall’inizio, altrimenti la procedura resta quella standard.

I nomi da ricordare

Adesso che ne conosciamo la storia e le regole, possiamo passare alla sua mitologia. Il nome da leggenda è uno e uno solo: John Brzenk. Basti pensare che Over the Top è stato girato durante un vero torneo, con persone provenienti da tutto il mondo (suddiviso tra professionisti, camionisti e militari), dove a vincere nella categoria camionisti fu proprio lui, portandosi a casa un camion messo in palio da uno sponsor.

Classe 1964, all'attivo un pregevole documentario del 2009 che lo vede protagonista – Pulling John - non contento di aver messo in bacheca un numero di trofei e titoli mondiali semplicemente inarrivabile per qualsiasi altro armwrestler, John Brzenk continua a competere coi migliori. Dopo un periodo lontano dalle gare, infatti, recentemente è tornato a competere tra i ranghi della World Elite Armwrestling, nuova realtà moldava che vede fra gli organizzatori un'altra leggenda del braccio di ferro, Andrew “Cobra” Rhodes.

Certo, ha dismesso la zazzera bionda che sfoggiava nel cameo concessogli in Over the Top e non vanta più la stessa freschezza muscolare dei vent'anni, ma anche coi capelli brizzolati Brzenk dimostra quanto tecnica ed esperienza contino nell'armwrestling. Pur non essendo un colosso (un metro e ottanta, peso oscillante tra novanta e cento chili, circonferenza di avambracci e bicipiti inferiore ad altri fenomeni del settore), Brzenk si è guadagnato il soprannome di Giant Crusher (non l’unico, comunque: il più ispirato è The Perfect Storm) battendo con regolarità avversari più alti e pesanti di lui. Il braccio destro di Brzenk è una specie di pressa idraulica: mano e polso sviluppano una presa potentissima, la preparazione tattica e mentale all'incontro è certosina. Ama concludere gli incontri velocemente, con un guizzo di pura forza subito dopo il via dell'arbitro, ma si trova a suo agio anche quando deve fronteggiare avversari che resistono alla sua prima offensiva.

Nel 2015, il ruggito del vecchio leone: Brzenk batte Larratt nelle semifinali, in uno dei match più appassionanti di sempre, per conquistare un ultimo titolo WAL.

Tra i pochi armwrestler in grado di tenere testa a Brzenk c'è stato in passato Devon Larratt, canadese, forse l’unico che è riuscito a far pensare ad un passaggio di consegne per il futuro, anche considerando i diversi stili che li caratterizzano.

Larratt è alto e longilineo, ma raggiunge picchi di forza inferiori a numerosi colleghi. Il suo cavallo di battaglia è però una resistenza unica nel circuito. Preferisce ricorrere alle cinghie o strap, che gli garantiscono una presa più salda. Poi assorbe la spinta del rivale e lavora ai fianchi, sfruttando tutto il peso del corpo in maniera dinamica (tipico è il suo puntellarsi con un piede sulla gamba del tavolo) fino a guadagnare con sapienza una posizione vantaggiosa: quando gli avversari hanno esaurito il carburante lui ha ancora energia da vendere, ed è inoltre rarissima la sua capacità di primeggiare sia col braccio destro che col sinistro.

Larratt è anche un personaggio coinvolgente, tra i principali ambasciatori dello sport e della federazione che rappresenta, la WAL: lo scorso anno fu ospite degli studi TNT durante le riprese di una trasmissione NBA, insieme al collega Ian Carnegie, e sfidò a braccio di ferro Shaquille O'Neal e Charles Barkley – in rete gira anche un video che lo vede alle prese con Hafþór Júlíus "Thor" Björnsson, la Montagna di Game of Thrones e World's Strongest Man in carica. Larratt è un trash talker irriverente, ben diverso dal più serioso Brzenk, ma è anche tra i più sportivi nella sconfitta.

Spostandoci in Europa, il nome di riferimento nello scenario attuale è quello di Denis Cyplenkov, russo. Cyplenkov, in primo luogo, è un uomo gigantesco. Ex-strongman dalle masse muscolari strabordanti (detiene il record del mondo per il maggior peso sollevato nel bicep curl) unisce tendini più spessi del normale a delle mani simili a pale, ed è anche un armwrestler completo sotto il profilo tecnico. Nel recente Vendetta AllStars del novembre 2018, l'abbiamo visto demolire Devon Larratt: un risultato che dice molto sulla sua superiorità a livello internazionale. La posizione di Cylpenkov nel ranking, però, sarà messa a dura prova nei prossimi mesi: ha appena subito una delicata operazione chirurgica per risolvere un problema ai reni, e il ritorno all'attività agonistica sembra lontano.

Concentriamoci sulla potenza espressa da Cyplenkov in questo schiacciante 6 - 0 e non sul mullett di Larratt.

Sempre a proposito della grande scuola dell'est Europa, un altro nome su cui farsi una cultura è quello di Alexey Voyevoda: una vicenda personale burrascosa dove compaiono squalifiche per doping, medaglie olimpiche nel bob e l'impegno politico a fianco di Vladimir Putin. Ai piani alti del ranking troviamo anche il georgiano Levan Saginashvili, che per molti esperti è l’unico in grado di fronteggiare Cyplenkov in questo momento, il kazako Dmitry Trubin, il bulgaro Krasimir Kostadinov e gli americani Todd Hutchings e Dave Chaffee, mentre grande curiosità suscita l'ucraino Oleg Zhokh che compete contro avversari di categorie di peso maggiori per via di una mutazione genetica del braccio sinistro, nettamente più sviluppato del destro. Un Popeye a tutti gli effetti, insomma.

Zhokh è una giovane promessa dello sport, ma al momento sta provando a superare una prova più dura. Dopo essere rimasto coinvolto in un grave incidente d'auto, dove hanno perso la vita il padre e il collega Andrey Pushkar (che era un altro tra i migliori atleti del mondo), l’armwrestler ucraino sta cercando di recuperare la forma fisica dopo essersi risvegliato dal coma.

I ferri del mestiere

Come dovreste aver ormai capito, il braccio di ferro non è solo questione di forza, e non è nemmeno solo questione di braccio. Le varie tecniche, che vanno padroneggiate come i fondamentali di qualsiasi altro sport, agiscono su diversi aspetti della forza fisica e si adattano a stili differenti.

Una delle cose più importanti è capire come utilizzare la mano. Qui giocano una parte fondamentale il polso e le dita: posizione e direzione di mano e polso, e la capacità di controllare la mano dell’avversario determinano in buona parte l’andamento del match. Nella tecnica denominata top roll (in italiano detta anche “attacco esterno”) si tenta proprio di “aprire” la presa dell'avversario facendo pressione sulle sue dita col lato esterno della nostra mano.

Con il gancio (hook), invece, il grosso dell'azione si sposta sul polso. L'atleta che lo esegue rivolge le nocche verso di sé flettendo il polso e crea un angolo molto chiuso tra avambraccio e bicipite; lo scopo è generare una situazione di vantaggio che una volta ottenuta aiuta a portare l’avversario dal proprio lato del tavolo sfruttando altri muscoli molto potenti come i dorsali o i pettorali.

Esistono anche altre tecniche, meno utilizzate ma non per questo meno efficaci. Con l’applicazione di quella che comunemente viene definita side-pressure si punta sulla forza bruta, attaccando la mano dell'avversario alla base del pollice e spingendola in direzione laterale. Il press, invece, ha l’obiettivo di trasferire il proprio peso sulla mano dell’avversario utilizzando la spinta di spalla e tricipite in combinazione con una brusca rotazione del busto arrivando ad avere in alcuni casi le spalle quasi perpendicolari al tavolo: è vista dagli addetti ai lavori come una tecnica fra le più rischiose, per via della posizione totalmente innaturale delle articolazioni, per cui non è adatta ad atleti alle prime armi.

Alcune tecniche invece sono prettamente difensive, ma gli atleti più abili sanno sfruttarle come transizione verso la fase offensiva. Il caso della King's move, ad esempio, è piuttosto controverso. Si tratta di una versione del ponte, o dead wrist: consiste nel continuare a esercitare forza quando si subisce un top roll, cioè dopo che il polso è stato “aperto”. La manovra è rischiosa, perché il gomito è sottoposto a una forte pressione e può iperestendersi.

L'americano Michael Todd, ad esempio, si è specializzato in questo stratagemma anche per via di diversi infortuni che hanno creato un “blocco” osseo intorno al suo gomito. Come visto nell'ultima finale WAL contro Devon Larratt, che gli ha consegnato a sorpresa il titolo per la mano destra, la tattica di Todd consiste nel mettere in piedi incontri lunghissimi (un po' come quelli di Over the Top) dove l'avversario si sfianca mentre lui resiste in posizione passiva, il braccio quasi completamente esteso e il baricentro bassissimo, fin sotto il tavolo – e al limite del regolamento.

La King's Move di Michael Todd al massimo dello splendore: oltre due minuti di match.

Le tipologie di allenamento, per chi pratica questo sport ad alto livello, sono davvero particolari. L'intero corpo dev'essere tonico e prestante, tant'è vero che John Brzenk consiglia le semplici trazioni alla sbarra come suo esercizio preferito. Ma è altrettanto vitale che le articolazioni degli arti superiori siano in grado di sopportare stress intensi. Inoltre i muscoli, anche i più piccoli come quelli deputati ai movimenti di polso e dita, devono esprimere la massima potenza nel minimo spazio.

Come attrezzi d’allenamento sono gettonatissimi sono i gripper, particolari molle da chiudere nella mano, come i famosi Captains of Crush divisi per durezza (solo cinque persone al mondo hanno chiuso il numero 4, il più resistente). Spulciando i video di Devon Larratt, che condivide spesso la sua routine di allenamento con i suoi fan, troviamo serie da lunghissime ripetizioni – anche 50 o 100 – e interminabili prese statiche per rafforzare i tendini.

Nella preparazione specifica infine c’è tutto un mondo fatto di attrezzature speciali come maniglie da applicare ai cavi oppure macchine costruite appositamente per il settore. Quando ci si avvicina allo sport del braccio di ferro, però, il consiglio migliore è sempre trovare un club che permetta di comprendere le tecniche, allenarsi al tavolo e assimilare le nozioni fondamentali per la sicurezza.

E in Italia?

Come tutti gli altri paesi europei, l'Italia fatica a tenere il passo con la grande tradizione dell'est Europa. Nonostante ciò, nel nostro paese è viva una forte passione per questo sport, che si è accesa principalmente nel corso degli anni '90, e oggi vanta molti club attivi a livello locale e nazionale.

Il braccio di ferro italiano ha prodotto campioni in grado di lasciare il segno anche fuori dai confini patri, sia tra gli uomini che tra le donne: da Riccardo Niccolini a Emanuele Bruni passando da Nicola Schivalocchi a Edmir Frroku, fino ai giorni nostri con Frank Lamparelli insieme al giovane Ermes Gasparini (che di recente ha dato del filo da torcere a Michael Todd in una sfida ufficiale imponendosi anche ai campionati del mondo sotto i 90 kg). Attualmente Gasparini è in fase di recupero dopo uno stop per problemi fisici, ma sta già risalendo la china ed è tornato a gareggiare con il braccio sinistro proprio a inizio marzo.

Tra le donne che hanno segnato imprese storiche in ambito internazionale vanno ricordate senza dubbio Maristella Avanzini (una dei pochi italiani presenti alla gara di Over The Top) e Annarella Brevi, così come Luciana Foianesi e Silvia Tumedei.

Certo, il mondo patinato dell'americana WAL o i supermatch Vendetta guidati da russi e ucraini raramente ospitano atleti italiani, ma c'è anche da tenere a mente un discorso regolamentare. L'Italia, infatti, ha come organo di riferimento la SBFI (Sezione Braccio di Ferro Italia), che preferisce rimanere nell'alveo della federazione internazionale per eccellenza, la WAF (World Armwrestling Federation), che tratta l'armwrestling con la serietà dovuta a uno sport e che organizza controlli antidoping nonostante le scarse risorse economiche.

In altri ambienti competitivi, più redditizi per atleti e organizzatori, i controlli sono invece minimi o addirittura nulli. Circostanze che magari rendono più spettacolare e ricco il settore, che però in questo modo rischia di essere screditato, tornando ad essere considerato intrattenimento da bar più che un vero e proprio sport da palestra. E questo, concorderete con me, è un vero peccato.

Si ringraziano Fabrizio Castellani e Romagna Armwrestling per la consulenza.

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