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Brahim Diaz è un giocatore da grandi partite
13 apr 2023
Un giocatore fumoso, ma che nei momenti importanti è spesso decisivo.
(articolo)
7 min
(copertina)
Foto di Ciro De Luca / Imago
(copertina) Foto di Ciro De Luca / Imago
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C’è una foto della serata di ieri che ha qualcosa di inconsueto. Ismael Bennacer, autore del gol, è coperto sotto una massa di corpi. In cima Rafael Leao non guarda in basso ma indica Brahim Diaz, e Brahim Diaz a sua volta indica sé stesso. Sta dicendo che il gol, l’1-0 del Milan, il gol che si rivelerà decisivo nella partita d’andata dei quarti di finale contro il Napoli, è merito suo. Lo ha segnato Bennacer ma è stato lui a fare la giocata da cui quel gol è nato. Se siamo d’accordo che un gol non nasce soltanto dal piede del giocatore che tira la palla in porta, ma da più lontano.

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Quel gol nasce da una palla recuperata dal Milan nei pressi della propria area. Calabria la tocca verso Brahim Diaz. Il Napoli prova quello che ha fatto lungo tutto quel primo tempo: pressare in alto, recuperare il pallone il prima possibile, stringere il Milan nella sua morsa aggressiva, ripagarlo della stessa medicina inflittagli dalla squadra di Pioli pochi giorni prima. Lobotka accorcia su Brahim Diaz, e anche Mario Rui avanza e stringe la sua posizione per recuperare palla. Certi raddoppi di marcatura sembrano facilitare la vita di chi dribbla, e Mario Rui e Lobotka sembrano lasciare apposta, incautamente, il buco tra i loro due corpi. In realtà è Brahim Diaz che lo crea col suo controllo palla. Ci sono pochi giocatori al mondo che riescono ad abbinare la sua sensibilità nel controllo e la sua frequenza di passo. Brahim lascia scorrere la palla per ricevere frontale, poi fa un primo tocco d’esterno per scansare la palla da Mario Rui e poi, come in un unico movimento, se la porta avanti con l’interno in mezzo ai due giocatori. La riaggressione del Napoli è rotta e la squadra spezzata in due. Brahim Diaz corre con la palla tra i piedi in zona centrale e si apre un tre contro tre. La difesa del Napoli scappa all’indietro. È una giocata che sintetizza la tecnica pura di Brahim Diaz, che non è fatta solo del suo controllo palla, della sua pulizia di calcio con entrambi i piedi, ma soprattutto nella capacità di orientare il corpo prima di ricevere, di gestirlo in relazione a spazio e avversari. Una forma di intelligenza del corpo che è una delle cose più emozionanti da vedere sul campo, e che è molto legata alla scuola calcistica spagnola.

Arrivato ai 25 metri Brahim Diaz deve prendere una decisione, e lì arrivano i problemi in genere. È uno di quei talenti che fa ammattire i propri tifosi, perché in astratto non c’è cosa che non possa riuscirgli, ma anche cosa che non possa sbagliare. Può inventare dribbling immaginifici un istante, e poi sbagliare un passaggio semplice l’istante dopo.

E infatti Brahim Diaz sbaglia la decisione.

Preso dalla foga della corsa, concentratissimo a non sbagliare la conduzione palla, non alza la testa a sufficienza; non si accorge che alla sua sinistra sta arrivando l’uomo in più, Bennacer, quello che il Napoli non può avere la forza di coprire perché c’è un uomo in meno in difesa. Brahim Diaz scarica a destra su Leao - che del resto esercita un certo magnetismo sui suoi compagni, che nel dubbio sulla trequarti la danno a Leao. Quello non se l’aspetta, è preso pure in leggero controtempo perché la palla è arretrata. Leao non è certo un altro che brilla quando c’è da fare la scelta giusta, eppure in quel momento la fa; di prima la rimette in mezzo. Brahim si inserisce, la palla è dietro di lui, che prova un complicato controllo in veronica che non gli riesce, la palla scappa e finisce su Bennacer - l’uomo a cui doveva arrivare da prima. Non ha segnato molti gol in carriera, ma in queste nuove vesti di trequartista deve pure imparare a segnare. Calcia forte, un pallone che batte anche sul terreno viscido e che finisce tra il portiere e il primo palo.

Brahim Diaz ha fatto quello che fanno i grandi giocatori: decidere le partite a eliminazione della Champions con una grande giocata. L’azione poi si è sporcata di un paio di imperfezioni, ma è come se alla fine qualche divinità della Champions lo avesse premiato, incorniciando quel grandissimo gesto tecnico iniziale. Può andare da Leao e dire che il gol è il suo.

Prima della partita, intervistato dal mitico Carlo Pellegatti, gli aveva confidato che il gol che avrebbe voluto segnare era quello contro la Juventus, quest’anno a San Siro. Uno di quei gol in cui il calcio diventa uno sport individuale. Brahim Diaz aveva dribblato un Bonucci ormai sdraiato a terra, aveva resistito al ritorno di Bremer e battuto Szczesny. Stavolta Brahim Diaz non è potuto andare in porta da solo, ma è ancora stato un suo strappo a essere decisivo, ancora in una partita di grande spessore. Allora è arrivato forse il momento di cambiare le nostre idee su Brahim Diaz.

Era arrivato come un giocatore abile in spazi stretti, creativo e pericoloso contro difese schierate. È diventato un giocatore che invece pare offrire il meglio quando le partite diventano intense e gli spazi si aprono. Non è un giocatore raffinato nei pensieri ma istintivo. È brevilineo e può dribblarti nello spazio di una moneta, ma preferisce comunque avere spazio, giocare per impulsi e strappi. Resistere alla pressione avversaria e rivoltarla contro i difensori. Come quel gol alla Juventus, come l’azione con cui pochi giorni fa aveva messo in discesa la partita di campionato contro il Napoli. Un dribbling sull’esterno in cui aveva di nuovo spezzato il raddoppio di Mario Rui e Lobotka, che forse a questo punto dovrebbero pensare a non andarlo più a raddoppiare.

Questa nuova posizione che Pioli gli ha ritagliato, più decentrato, sembra poterlo aiutare. Gli dà meno responsabilità di raccordo e risalita della palla, e lo lascia più libero di trovare questi strappi. In un articolo di un paio d’anni fa lo presentavamo così: «Diaz è praticamente ambidestro e ama venire dentro al campo e giocare sul breve con i compagni: non stiamo parlando, quindi, di un esterno a piede invertito da isolare nell’uno contro uno con il terzino avversario». Ed è vero che Diaz si associa bene con i suoi compagni, ma non lo fa mai per mettere la pausa, fare da regista, dare controllo al Milan, come pensavamo all’inizio. O almeno: non è questa la cosa migliore. È un giocatore troppo istintivo e poco riflessivo. E il suo problema principale, infatti, è quando deve prendere l’ultima decisione negli ultimi metri: calciare o tirare? Dribblare o calciare subito? Andare sul destro o sul sinistro? La sua varietà tecnica, invece che un vantaggio, sembra paralizzarlo. Non è un problema da poco per un numero dieci.

Lo avevamo descritto come un giocatore fumoso, talentuoso ma poco decisivo. Il Milan sembrava averlo scaricato con l’acquisto di Charles De Ketelaere. L’assenza di affidabilità di Brahim Diaz era stata individuata come uno dei problemi maggiori del Milan campione d’Italia. Non che la situazione sia davvero cambiata. Brahim Diaz ha messo insieme 5 gol e 4 assist in Serie A, non molti per il titolare di una squadra che ambiva a vincere il campionato. Non abbastanza per fugare i dubbi su di lui, ma nemmeno così pochi da pensare che sia un giocatore inutile. Tra il 14 gennaio e il 2 aprile, tra l’assist col Lecce e la formidabile prestazione col Napoli, non ha contribuito a nemmeno un gol. Brahim Diaz quindi non è diventato più affidabile, ma si è stabilito in questa dimensione paradossale in cui è fumoso nelle partite meno importanti, e decisivo in quelle più importanti. Come se avesse bisogno di uno stimolo in più per giocare bene. Una dimensione paradossale perché non è certo abitudine dei giocatori fumosi dare il meglio di sé nei palcoscenici più prestigiosi, quando la partita è più pesante.

Brahim Diaz è stato fra i migliori in campo nella sfida contro l’Atletico, due volte contro la Juventus. Ha segnato ad Anfield, in una partita in cui è stato tra i migliori in campo. Quest’anno ha segnato il gol decisivo nella partita contro il Tottenham con uno strano colpo di testa di pura volontà.

Nell’andata contro il Napoli è stato il migliore in campo insieme a Leao, e poi nella partita di ieri.

Una delle migliori partite di Brahim Diaz.

Non c’è stata solo l’azione del gol, ma almeno un altro paio di momenti in cui la superiorità tecnica di Brahim Diaz ha trasmesso fiducia a tutta la squadra, e sconforto negli avversari. Nel primo tempo ruba palla a Mario Rui e poi gli va via velocemente, prima di scaricare con un doppio tocco suola-tacco. Il modo in cui si sposta la palla tra un piede all’altro è tipica del suo stile di dribbling, e la ripete anche nel secondo tempo sempre su Mario Rui.

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Dopo la partita di campionato, e ancor di più dopo la prestazione di ieri, si parla della sua situazione contrattuale, con il prestito biennale dal Real Madrid in scadenza. C’è un riscatto da trattare con gli spagnoli, e probabilmente complicato da queste belle prestazioni. Eppure il valore di Brahim Diaz è ancora incerto.

È difficile ricordare un altro giocatore in fondo ancora abbastanza giovane, che sembra non ancora del tutto sbocciato nel suo potenziale, con un rendimento così sproporzionato tra le grandi partite e le altre. Cos’è che rende grande un calciatore? La continuità o la capacità di esprimere il meglio di sé nei contesti più difficili?

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