Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
La solita grande notte di Brahim Diaz
14 feb 2024
Contro il RB Lipsia un altro gol bellissimo e importante.
(articolo)
8 min
(copertina)
Foto di Sebastian Räppold / Matthias Koch / Imago
(copertina) Foto di Sebastian Räppold / Matthias Koch / Imago
Dark mode
(ON)

Difficile trovare carriere più strane di Brahim Diaz. Almeno se non associamo la stranezza a quelle carriere randomiche da giramondo, ma più con l’indecifrabilità, con la difficoltà a collocare il posto di un giocatore della geografia dei club di calcio. Qual è il vero valore di Brahim Diaz?

Qualche mese fa andava via dal Milan senza troppi rimpianti. Ieri ha deciso l’andata di un eliminatoria di Champions League, indossando la maglia del Real Madrid. Lo ha fatto con un gol all’altezza delle migliori notti europee, un assolo che descrive le sue caratteristiche da mago del dribbling, da apriscatole di difese troppo chiuse e passive. Guardate il momento in cui Brahim Diaz riceve palla, scivolando verso la riga laterale; guardate quanti difensori ci sono fra lui e la porta e provate a immaginare la strada che deve prendere per andare a far gol.

Il primo dribbling lo fa usando il corpo, fintando di andare incontro per muoversi in avanti. Perde per un attimo l’equilibrio e deve tirarsi su con le mani sul prato. Ancelotti dalla panchina gli grida «Non perdere palla!». L’equilibrio è però una delle migliori qualità di Brahim Diaz: non solo per il celebre baricentro basso, la rapidità sui primi passi; ma anche perché riesce a portare palla quasi indifferentemente con destro e sinistro. Quando gli chiedono se è destro o sinistro preferisce lasciare sospesa questa domanda per non dare indizi ai suoi avversari (spoiler: è sinistro). Non significa soltanto che Brahim Diaz può toccare il pallone con entrambi i piedi, ma che può spostare il baricentro del peso sia verso un lato che verso l'altro. In questa azione conduce palla sempre col sinistro, continuando a usare il corpo per dribblare gli avversari, tagliandogli la corsa con le cosce, prima di spostarsi il pallone per calciare con l’interno sul palo lontano.

Fino a quel momento, e soprattutto nei primi venticinque minuti, si può dire che il RB Lipsia avesse messo sotto il Real Madrid. Era stata la squadra con le idee migliori in campo. Nei primi dieci minuti era riuscita a mandare Benjamin Sesko, il proprio centravanti, due volte al tiro. Non c’era un aspetto del gioco su cui il Lipsia non fosse meglio dei suoi avversari: il pressing offensivo, il controllo territoriale, la capacità di creare occasioni. Tranne uno: il talento individuale. È ciò che fa il Real Madrid dalla notte dei tempi: ridurre una partita di calcio alla legge del più forte, a una questione di chi tocca meglio la palla.

Man mano che passava il tempo si capiva, però, che il Lipsia stava giocando in modo troppo ottimistico. Come pensava di gestire tutto quello spazio lasciato nella propria metà campo? Il Real Madrid avrebbe potuto trovare anche una sola, singola transizione brillante per passare in vantaggio. Non è difficile trovarla con dentro cinque fenomeni a correre nello spazio - Vinicius Jr., Rodrygo, Brahim Diaz, Valverde, Camavinga - con e senza palla, e dietro di loro un quarterback come Toni Kroos a innescarli.

Invece il gol è arrivato mentre tutta la difesa avversaria era schierata, in una fase di gioco in cui è stato il RB Lipsia, per paradosso, a subire la riaggressione in pressing del Real Madrid. Brahim Diaz ha qualcosa di “messiesco” nel dribblare in sequenza in spazi stretti; ingrandire la percezione stessa del campo. Per l’elettricità che ha nei suoi primi passi, il modo in cui sposta l’equilibrio, la sensibilità del suo tocco palla, la bravura nel tagliare le traiettorie di corsa.

Dopo il gol ha allargato le braccia per una dedica a Jude Bellingham, infortunato da qualche settimana. Questo è anche il Real Madrid in cui gira tutto bene: il miglior giocatore è indisponibile, e il suo sostituto segna il gol più bello della Champions League. Forse c’è qualcosa nella maglia bianca che contagia i giocatori in campo, conferendogli una grandezza altrimenti impossibile. Un’altra prova di questo fenomeno paranormale è la prestazione del portiere Lunin ieri sera - secondo Opta, il primo portiere a effettuare almeno 9 parate senza subire gol dalla Champions 2003/04. Dall’infortunio di Bellingham il Real Madrid ha vinto 6 partite su 6, in una squadra che è un controsenso continuo (quando in autunno si era fatto male Vinicius Jr. era stata l’occasione per Rodrygo di salire di livello. Il Madrid porta l’espressione “non tutto il male vien per nuocere” a un livello inedito).

Brahim si è messo più o meno nella stessa posizione che Ancelotti ha ritagliato intorno a Bellingham quest’anno: trequartista/punta centrale. Naturalmente Brahim Diaz ha svolto il ruolo in modo diverso da Bellingham, concentrandosi soprattutto nel cucire il gioco da vertice alto. Un connettore dei corridoi centrali, sempre pronto ad accorciare in zona palla per offrire l’appoggio e associarsi nello stretto. È il giocatore del tridente ad aver toccato più palloni nella partita di ieri. Un ruolo simile a quello che faceva al Milan, ma senza una punta centrale davanti e con più scarichi vicini. Ha completato 6 dei 9 dribbling tentati.

È stato impossibile, soprattutto per i tifosi del Milan, ignorare il gol “maradoniano” di Brahim Diaz, pochi giorni dopo il gol alla Van Persie di Charles De Ketelaere contro il Genoa. Due indizi sono una coincidenza o il sintomo che questi giocatori non erano valorizzati nel Milan?

Al Real Madrid Brahim Diaz è, in sostanza, il primo cambio offensivo di questo tridente fluido, leggero e oltraggiosamente tecnico, composto da Bellingham, Rodrygo e Vinicius Jr. Durante la stagione ha sostituito tutti, partendo dalla panchina o dal primo minuto. Ha segnato 7 gol, quasi tutti piuttosto pesanti. L’ultimo una decina di giorni fa nel derby contro l’Atletico Madrid, il gol dell’1-0. Sempre contro l’Atletico, un mese prima, aveva segnato quello strano gol che aveva circolato molto sui social: una sfida darwiniana contro Oblak di corsa in campo aperto, e poi un tiro diabolicamente preciso, pur in equilibrio precario. Poi un altro bellissimo gol al Villarreal; un suo gol tipico, potremmo dire, iniziato con un dribbling col primo controllo a metà campo, che ha inclinato il campo verso la porta avversaria.

Fino allo scorso anno Brahim Diaz pareva un giocatore infantile, limitato, un continuo “vorrei ma non posso”. Non era certo scarso, ma era forte a solo a brevissimi, fulminei, intervalli. Il che rendeva ancora più frustrante la sua esperienza. Perché, vedendo quello che sapeva fare, riusciva a farlo solo così raramente?

Eppure anche lo scorso anno Brahim Diaz era riuscito a trovare nottate di assoluta magia. Ricordate quel dribbling in mezzo a due, al Maradona, con cui ha dato avvio al gol di Leao? Ricordate il modo in cui, sempre contro il Napoli in Champions, aveva spezzato il raddoppio di Mario Rui e Lobotka?

Già lo scorso anno scrivevamo che Brahim Diaz è un giocatore da grandi partite. Una categoria intangibile per spiegare quei giocatori che scelgono le occasioni speciali per mostrare un talento spesso sopito. Di solito è una categoria a cui appartengono i grandi giocatori, per Brahim Diaz la sua aria da attaccante inconsistente mal si concilia con l’attitudine a segnare nelle partite importanti. Sembra l’emblema stesso della fumosità - per come si perde spesso in un bicchier d’acqua - ma al contempo non può esserlo visto che sceglie solo i momenti più importanti per essere decisivo.

A ben vedere, insomma, Brahim Diaz non è cambiato poi molto. Non è una novità che sia in grado di decidere un’eliminatoria da Champions con un’azione estemporanea che mette in risalto il suo talento nel dribbling. Lo faceva già al Milan. La novità, semmai, è che stia riuscendo a farlo anche con la maglia del Real Madrid, cioè al vertice assoluto del calcio per club, circondato da alcuni dei migliori talenti al mondo. Al loro fianco Brahim Diaz non sfigura, tutt’altro. Ancelotti lo ha definito “più forte” dopo il suo ritorno dal Milan.

Tutta la carriera di Brahim Diaz è nel segno della stranezza. Cresciuto nelle giovanili del Malaga, si è trasferito presto nell’academy del Manchester City. Una scelta inconsueta. Era considerato una delle stelle più brillanti della stessa nidiata di Foden e Jadon Sancho. Come Sancho, però, dopo qualche presenza in prima squadra, ha chiesto di andar via per trovare più spazio. «La questione con Brahim è semplice: vogliamo rinnovargli il contratto per altri 4 o 5 anni» disse Guardiola; lui invece se ne è andato al Real Madrid, dove di spazio però non c’era. Così è finito in questo prestito al Milan che ha dato segnali contrastanti sul suo reale valore. È stato un giocatore divisivo come pochi. Capace di incendiare una partita con un paio di intuizioni nate dal nulla, ma anche incline a sbagliare l’ultimo passaggio, quasi ogni scelta, straordinariamente poco produttivo. Così quando si è arrivati alla fine del suo prestito nessuno sapeva cosa farci, con Brahim Diaz. Il Milan ha fatto un’offerta di meno di venti milioni per riscattarlo - in fondo non credeva potesse valere di più; e a quel punto il Real Madrid non ha ritenuto vantaggioso cederlo. Ha deciso di tenerlo con quello strano misto di pigrizia e intuizione che porta questo enigmatico club a cambiare sempre in modo impercettibile.

Ma cosa avrebbe fatto in Spagna, un giocatore che faticava contro la bassa classifica della Serie A, come si sarebbe trovato al Real Madrid?

L’impressione, però, è che grazie a un contesto di livello più alto, il talento di Brahim Diaz sia più a proprio agio. La sua abilità nel primo controllo, nel dribbling in spazi stretti, brilla di più insieme ad altri giocatori tecnici, in un calcio fatto soprattutto di connessioni. Pur non giocando sempre, ha già raggiunto il suo record di reti stagionali in carriera, 7; ha da poco firmato un ricco accordo con Adidas e sembra appartenere a una dimensione diversa da quella che gli riconoscevamo appena pochi mesi fa.

Marca ha aperto in prima pagina con la foto di Brahim e il titolo “Un genio”.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura