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Breve storia del complicato rapporto tra Benzema e la Francia
02 nov 2023
Le recenti accuse da parte del ministro dell'interno di Parigi sono solo l'ultimo capitolo.
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15 min
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IMAGO / PanoramiC
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4 luglio 2014, stadio Maracanà, Rio de Janeiro, Brasile. È il novantaquattresimo minuto del quarto di finale Francia-Germania. Gli uomini di Didier Deschamps sono sotto 1-0, dopo una partita frustrante, giocata alle 13 con oltre 30 gradi, quasi tutta in svantaggio, passata a sbattere contro la solidità tedesca e a rincorrere il tempo. In un ultimo disperato assalto, Olivier Giroud controlla al centro dell’area spalle alla porta, attira la pressione dei difensori avversari e scarica su Karim Benzema, che dopo aver guadagnato un metro con lo stop a seguire di destro, tira di sinistro verso l’alto, sul palo del portiere. Manuel Neuer fa Manuel Neuer: alza il braccio destro e mette in calcio d’angolo, dando l’impressione che sia un gesto naturale, compiuto quasi con noncuranza. «Eh no, eh no, eh no», ripete sconsolato Bixente Lizarazu in telecronaca, pochi secondi prima del triplice fischio che elimina la Francia.

L’epilogo, per i “Blues”, è agrodolce. Si torna a casa, è vero, ma la squadra ha disputato un ottimo Mondiale con una squadra giovane, piena di talento, sembra un preludio per l’appuntamento successivo, gli Europei del 2016, che saranno giocati in casa. Benzema, naturalmente, fa parte dell’equazione: non tutte le Nazionali europee potranno contare su un centravanti così forte e nella fase cruciale della propria carriera. A pochi mesi dalla manifestazione, però, arriva un imprevisto.

Il caso Valbuena

Il 5 ottobre 2015 la Francia è in ritiro al centro di Clairefontaine, dove i calciatori si preparano alle partite contro Armenia e Danimarca per le amichevoli di avvicinamento all’Europeo. Secondo Le Parisien, Karim Benzema e Mathieu Valbuena, ala del Lione e tra i punti fermi della Nazionale di Deschamps, discutono di un video rubato nel quale si vedono Valbuena e la sua compagna mentre hanno un rapporto sessuale. Pochi mesi prima Valbuena ha sporto denuncia contro tre ricattatori, che gli hanno chiesto 100mila euro per non pubblicare il video. I tre sono seguiti dalla polizia, che li tiene sotto controllo, cercando informazioni incriminanti, ma la pubblicazione della conversazione tra i due calciatori dimostra che ormai tenere nascosta l’indagine è impossibile.

Nei giorni successivi lo scandalo diventa di dominio pubblico. I tre sospetti vengono arrestati e a questi se ne aggiunge un quarto, Karim Zenati, una persona molto vicina all’attaccante del Real Madrid, che secondo i magistrati sarebbe stato contattato dai ricattatori per raggiungere Benzema e convincerlo a parlare con Valbuena per farlo pagare. Il 4 novembre Benzema viene messo in stato di fermo dalla polizia giudiziaria di Versailles, passa la notte in commissariato, e viene ufficialmente coinvolto nell’indagine. Per la polizia, Benzema avrebbe partecipato attivamente al tentativo di estorsione, facendo pressioni su Valbuena: la discussione avvenuta a Clairefontaine farebbe dunque parte dell’impresa criminale. Benzema esce dal commissariato di Versailles il 5 novembre, e risulta ufficialmente indagato per “complicità in tentato ricatto e partecipazione a un’associazione a delinquere finalizzata alla preparazione di un reato punibile con una pena detentiva di almeno cinque anni”. Non solo: all’attaccante del Real Madrid è fatto divieto di entrare in contatto con gli altri 4 indagati e con la vittima, Mathieu Valbuena.

Dopo un mese di continue rivelazioni, con la pubblicazione degli stralci degli interrogatori dei due calciatori, e soprattutto di un’intercettazione di una telefonata tra Benzema e Zenati - durante la quale l’attaccante del Real Madrid tiene un atteggiamento piuttosto ambiguo e sembra effettivamente prestarsi all’estorsione - la federazione francese decide di sospenderlo fino alla fine dell’inchiesta. Nel frattempo, il caso è diventato politico.

Benzema e la politica francese

Il contesto è importante. Il 2015 è un anno nero per la Francia, che ha appena vissuto due attentati devastanti: contro Charlie Hebdo il 7 gennaio, contro il Bataclan e i café parigini il 13 novembre. Il Paese è sensibile come non mai alle questioni di sicurezza e identità nazionale, e il governo socialista di François Hollande intende presentare una legge costituzionale per introdurre la possibilità di togliere la cittadinanza ai terroristi. In un clima del genere, la politica si sente in dovere di intervenire.

A inizio dicembre il primo ministro Manuel Valls è invitato alla radio Europe 1, e attacca direttamente Benzema: «Un grande sportivo deve essere esemplare. Se non lo è, non ha posto in nazionale. In un certo senso, il governo è simile alla Nazionale e, se un ministro fosse indagato, non ne farebbe parte». Un concetto ribadito da altri esponenti del governo socialista, per non parlare della destra e dell’estrema destra, che non ha mai amato l’attaccante. L’affaire del video hard conferma l’immagine stereotipata che una parte dell’opinione pubblica si è fatta di Benzema: non è un esempio, non è un buon francese, è parte integrante della piccola delinquenza che prolifera nelle banlieue dove l’immigrazione è fuori controllo.

La storia tra l’attaccante e la Nazionale, però, era complicata ancora prima di questo episodio. Per la verità, è stata difficile fin dal principio. Nei primi anni Duemila un gruppo di calciatori nati nel 1987 si affaccia al calcio professionistico: Samir Nasri, Hatem Ben Arfa, Jérémy Menez e appunto Karim Benzema sono i nomi più promettenti. Insieme vincono l’europeo Under 17 nel 2004 e alimentano le speranze per una nuova generazione d’oro che possa prendere l’eredità del gruppo che ha conquistato Mondiale ed Europeo tra il 1998 e il 2000. Nel 2006 Benzema ha 19 anni ed è già il miglior giovane attaccante in circolazione in Francia: è titolare nel Lione e sembra pronto per il grande salto nella Nazionale maggiore, uscita a pezzi dalla finale persa al Mondiale del 2006 contro l’Italia e all’inizio di una rifondazione.

Benzema ha compiuto tutta la trafila nelle giovanili della Francia ma è di origine algerina, potrebbe dunque anche decidere di giocare per la squadra nordafricana. Il CT algerino dell’epoca, Jean-Michel Cavalli, prova a convincerlo, andandolo a trovare nel suo appartamento alla periferia di Lione. Benzema declina l’offerta, apparentemente per ragioni di competitività internazionale, come prova a spiegare alla trasmissione sportiva di RMC, che lo raggiunge immediatamente dopo il colloquio con Cavalli: «È una scelta sportiva», spiega «L’Algeria è il mio paese, i miei genitori vengono da lì. Ma dal lato sportivo, sarò sempre presente per la Nazionale francese». Sono dichiarazioni che lo seguiranno per tutta la carriera, e saranno immancabilmente citate per sottolineare la distanza tra la maglia blu e l’attaccante.

La questione della doppia identità

L’opinione pubblica francese ha sempre trovato difficile comprendere i conflitti di identità dei giocatori con doppia cittadinanza. In un’intervista rilasciata a So Foot, Benzema ha ben sintetizzato la situazione e le difficoltà che riscontra con larga parte dell’opinione pubblica: «I tifosi sono in un delirio bizzarro. Quando segno sono francese, quando non segno o quando ci sono dei problemi ecco che sono arabo». Certo, Benzema ha fatto poco per venire incontro alle idiosincrasie dell’opinione pubblica francese, un atteggiamento molto diverso dalla stella che lo ha succeduto, Kylian Mbappé, particolarmente attenta al suo doppio ruolo, in campo e fuori, come rappresentante del tricolore, amico del presidente Emmanuel Macron, capace di ricordare spesso la sua «fierezza» nell’essere francese. L’inno, per esempio, Benzema non lo ha mai cantato: «Canti la marsigliese se ne hai voglia, se alla prima convocazione mi avessero detto che era obbligatoria l’avrei cantata, ma se non è obbligatoria e tu puoi fare come vuoi non puoi venire da me a dirmi “canta”. No», spiega l’attaccante del Real in un documentario a lui dedicato, Le K Benzema.

Uno stralcio di un altro documentario, Benzema par Karim, dove spiega perché non canta la marsigliese.

Le questioni identitarie e di convivenza etnica nella Nazionale francese non sono nuove. Non è un caso che la Nazionale del 1998 sia stata soprannominata “black-blanc-beur” proprio per sottolineare la convivenza tra arabi, bianchi, neri: il simbolo dell’integrazione riuscita. La multietnicità nasconde però tensioni, che di tanto in tanto riemergono, carsiche, grazie a inchieste giornalistiche. Nel 2011, il quotidiano online Mediapart rivela delle registrazioni in cui l’allora CT della Nazionale, Laurent Blanc, si dice d’accordo con l’idea, avanzata da François Blaquart, direttore tecnico, di introdurre delle quote per limitare la presenza di calciatori binazionali nei centri di formazione giovanili. Il punto è duplice: da un lato la federazione si pone il problema dei calciatori binazionali che “sfruttano” il sistema nazionale per formarsi, e che poi, una volta diventati adulti, scelgono di giocare per una Nazionale diversa da quella francese; ma è anche razziale, perché la conversazione si sposta poi sulle caratteristiche fisiche dominanti dei “black”, dei neri, che impedirebbero lo sviluppo degli altri ragazzini. Malgrado le polemiche, Blanc resta al suo posto e guida la Nazionale fino ai quarti dell’europeo del 2012.

In un articolo pubblicato dalle riviste Plein droit e Vacarme, Emmanuel Blanchard, tra i principali intellettuali francesi ad aver riflettuto sulle questioni identitarie in rapporto all’immigrazione di origine africana, sottolinea che «la Nazionale francese è diventata il ricettacolo di tutte le fantasie sull'indebolimento del sentimento patriottico e sulla paura dei doppi cittadini che sono “traditori della Nazione”». In questo senso, i “Bleus” sono un riflesso della società francese: «Dall’inizio degli anni 2000, la squadra francese è stata sottoposta a questo sguardo “razzializzato”, sia da parte di osservatori esterni che da parte degli stessi giocatori», spiega l’accademico a Le Monde.

È riflesso di questo stesso sguardo anche l’attacco del ministro dell'interno attuale, Gérald Darmanin che, in piena recrudescenza del conflitto israelo-palestinese, ha accusato Benzema di essere «notoriamente vicino ai Fratelli musulmani», il movimento nato in Egitto e interprete di una concezione politica dell’Islam. Il fatto è stato smentito immediatamente dal suo avvocato ma nei giorni successivi lo staff di Darmanin ha rilanciato, facendo sapere alla stampa di non apprezzare il profilo pubblico del calciatore: «Da diversi anni assistiamo a una lenta deriva delle posizioni assunte da Karim Benzema verso un Islam duro e rigorista, caratteristico dell’ideologia dei Fratelli musulmani, che mira a diffondere le norme islamiche in diversi ambiti della società, in particolare nello sport».

In campo

Di certo, Karim Benzema non pensa di stare per diventare un simbolo delle fratture presenti nella società francese quando il 23 marzo 2007 esordisce in Nazionale allo Stade Saint Denis, per l’amichevole Francia-Austria. Benzema entra sullo 0-0 all'inizio del secondo tempo e si fa subito notare per le sue giocate tecnicamente pulite. Al minuto 53, i “blues” guadagnano una punizione sulla destra, al limite dell’area, che si incarica di battere Samir Nasri. Al posto di crossare per i colpitori di testa, Nasri vede il movimento del numero 20, e mette una palla tesa, verso il centro: Benzema impatta il pallone di destro, riuscendo a tenerlo basso, insaccando nell’angolino basso a sinistra del portiere. Uno schema, diranno i due, provato più volte in allenamento.

Sembra un debutto da predestinato, non lo è. Agli Europei del 2008, la Francia non riesce a superare il girone con Italia, Olanda e Romania, confermando i timori della vigilia: le due generazioni, quella dei reduci dal Mondiale del 2006 e quella dei giovani appena arrivati in Nazionale, non si amalgamano. La stampa ha già il dente avvelenato con l’attaccante, che all’epoca gioca ancora nel Lione: «Il naufragio di Benzema» titola Le Figaro all’indomani dell’eliminazione. Passato al Real Madrid nel 2009, l’attaccante vive un primo anno difficile: Raymond Domenech non lo convoca per i Mondiali 2010 in Sudafrica, che per la Francia sono un disastro. La squadra si ammutina contro le scelte dell’allenatore, diventa un caso politico nazionale e viene eliminata al girone. Ancora una volta, la stampa punta il dito contro la nuova generazione di origine araba, incapace di tenere un comportamento professionale. Benzema con la rivolta non c’entra nulla, ma come spiega Emmanuel Blanchard nel documentario Le K Benzema, è «istintivamente accostato all’ammutinamento del 2010». Un atteggiamento che racconta molto del pregiudizio che permea l’opinione pubblica, che ha sempre ritenuto le prestazioni dell’attaccante non all’altezza. Effettivamente in Nazionale Benzema ha alti e bassi, ma i numeri - se letti con maggiore freddezza - raccontano in realtà una certa continuità di rendimento. Considerando l’assenza di 5 anni, in carriera l’attaccante ha giocato 97 partite, decimo giocatore per presenze insieme a Bixente Lizarazu e Laurent Blanc, segnando 37 reti, sesto marcatore di sempre.

Tutti i gol di Benzema in Nazionale.

Insomma, privarsene non è semplice, come sa bene Didier Deschamps all’inizio del 2016, quando deve iniziare a pensare alla lista per gli Europei. A febbraio, il tribunale decide di eliminare il divieto di incontro tra Benzema e Valbuena, pur continuando la procedura giudiziaria: non ci sono più ragioni giudiziarie che impediscono la convocazione dell’attaccante del Real Madrid. In un primo momento, sembra pensarla così anche Didier Deschamps, che, intervistato da l’Equipe, è piuttosto esplicito sulla necessità di poter contare su Benzema: «Tutti i paesi ce lo invidiano, e sul piano sportivo io ho voglia di poter contare sui calciatori migliori».

Le pressioni della politica, tuttavia, sono troppo forti. Manuel Valls concede un’altra intervista per esprimere tutta la sua contrarietà alla convocazione dell’attaccante per l’Europeo, seguito dal ministro dello Sport e da gran parte della classe politica. Il 13 aprile la Federazione cede, ed esclude Benzema dalla Nazionale, spiegando come «le prestazioni sportive sono un criterio importante, ma non l'unico: anche l’esemplarità e la salvaguardia del gruppo sono presi in considerazione da tutti i selezionatori della Federazione ». Benzema, deluso, si confida in una lunga intervista a Marca, spiegando di non capire la scelta, e accusando Deschamps di aver «ceduto al razzismo presente nel paese». All’Europeo, la Francia arriva in finale, ma è sconfitta dal Portogallo di Cristiano Ronaldo.

Tra il 2016 e il 2021 Benzema si afferma come uno dei più forti centravanti al mondo, un «9 con l’anima di un 10», come lui stesso si descrive nel 2019, vincendo 3 Champions League con il Real Madrid, di cui diventa anche capitano. Fuori dal campo, però, le cose non sono semplicissime: nel 2018 la Francia guidata da Kylian Mbappé vince il suo secondo Mondiale battendo la Croazia 4-1. Anni dopo, intervistato dal programma televisivo Quotidien, Benzema racconta di aver guardato la finale a Lione, con sua madre, e di essere stato sinceramente contento: «Anche se certo, mi sarebbe piaciuto esserci».

Nel frattempo però la società francese inizia a rimproverargli anche una certa mancanza di sobrietà. Con l’arrivo dei social media, esplosi proprio nei suoi primi anni al Real Madrid, Benzema inizia a mostrare la sua vita fuori dal campo, quasi a ostentarla. Vacanze extralusso, jet privati, collezione di automobili sportive, gioielli. Niente di particolarmente strano nel suo mondo: Benzema fa il calciatore. Per una società particolarmente sensibile alla sobrietà della ricchezza, però, tutto questo è anche un simbolo: il denaro non si mostra. L’opinione pubblica lo nota e i sondaggi sono inequivocabili: secondo una rilevazione Odoxa effettuata a marzo 2017, il 78% dei francesi non vuole rivedere Karim Benzema in Nazionale.

Il 2021 segna l’inizio del processo a suo carico, ma a sorpresa, Didier Deschamps decide di riconvocarlo, e di tentare ancora una volta l’assalto all’Europeo. La frattura sembra ricomposta: «Volete che lo dica qui? Grazie Didier!», dice Benzema in conferenza stampa, ma in realtà i rapporti tra i due, dopo l’episodio del video di Valbuena, restano freddi, come anche quelli con il resto dello spogliatoio, in particolare con Mbappé.

All’Europeo la squadra si presenta da favorita, ma supera il girone con parecchia difficoltà (una vittoria e due pareggi), per poi affrontare la Svizzera agli ottavi di finale. Benzema segna una doppietta contro il Portogallo nel girone, ed è protagonista assoluto della partita contro gli elvetici, siglando ancora due gol. Non bastano: dopo il 3-3 finale, i francesi sono eliminati ai rigori con un errore decisivo di Kylian Mbappé.

Benzema si conferma un elemento prezioso della formazione, e resta in Nazionale malgrado la condanna in primo grado a un anno di prigione per aver partecipato al tentativo di estorsione contro Mathieu Valbuena, contribuendo alla vittoria della Nations League, conquistata l’anno successivo in finale con la Spagna. Rimane l’unico trofeo alzato dall’attaccante con i “blues”. Il finale, come tutta la carriera internazionale di Benzema, è piuttosto amaro: convocato per il mondiale in Qatar, il giocatore del Real si infortuna alla coscia destra durante il ritiro.

Deschamps non convoca alcun sostituto, la squadra resta com’è e approda in finale contro l’Argentina: a quel punto Benzema potrebbe rientrare, ma per non toccare gli equilibri il tecnico decide di fare a meno dell’attaccante, a dimostrazione di quanto, in realtà, non tutto lo spogliatoio sia entusiasta della sua presenza. È l’ennesima, ultima, occasione per alimentare polemiche. A marzo 2023, intervistato dal Parisien, Didier Deschamps riassume così la situazione: «Karim era distrutto perché questa Coppa del Mondo significava molto per lui. Mi ha detto: “È andata”... La diagnosi del nostro medico era la stessa che gli avevano dato a Madrid. Nella migliore delle ipotesi, non poteva tornare ad allenarsi prima del 10 dicembre... Siamo rimasti insieme per circa venti minuti. Quando siamo andati via, gli ho detto: “Karim, non c’è fretta. Organizza il tuo ritorno con il team manager”. Quando mi sono svegliato ho scoperto che se n’era andato. È una sua decisione, non ti dirà altrimenti, e io la capisco e la rispetto».

La risposta di Benzema non si fa attendere: una storia Instagram con un commento secco: «Ma che coraggio!», seguito dall’emoji di un pagliaccio. La carriera in Nazionale di uno dei più grandi attaccanti francesi della storia finisce così.

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