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Quando le Indie Orientali Olandesi giocarono il mondiale
02 dic 2022
L'unico, e il tutto durò appena 90 minuti.
(articolo)
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Foto AFC
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Al Mondiale del 1938 il Wilhelmus, l’inno nazionale dei Paesi Bassi, fu suonato due volte nello stesso turno. Un caso unico, perché unica sarebbe stata la partecipazione di una colonia alla coppa del mondo. Il 5 giugno, a distanza di un’ora e mezza, le Indie Orientali Olandesi e la loro madrepatria, l’Olanda, scesero in campo e persero negli ottavi di finale, primo turno di un Mondiale organizzato con sole partite a eliminazione diretta. Le Indie Orientali Olandesi sono la sola Nazionale nella storia per la quale il Mondiale è durato solamente novanta minuti: 0-6 contro l’Ungheria e poi tutti sul treno verso Amsterdam, dove li attendeva un incontro amichevole con l’Olanda in occasione della Giornata Olimpica del 23 giugno, prima di imbarcarsi sul transatlantico che li avrebbe riportati nell’arcipelago di oltre 17mila isole che dal 1945 sarebbe diventato la Repubblica d’Indonesia.

Accettare la partecipazione di una colonia non è mai stato un problema per le federazioni sportive internazionali. L’unico vincolo riguardava il consenso della madrepatria, e proprio per questo motivo gli atleti delle Indie Orientali Olandesi non poterono partecipare alle Olimpiadi di Amsterdam del 1928. Secondo il governo olandese infatti “l’invio di una propria delegazione da parte del Comitato Olimpico delle Indie Orientali avrebbe potuto fornire un forte impulso alle rivendicazioni di indipendenza”. Il CIO non poté che prendere atto della posizione dell’Olanda.

Anni dopo con la FIFA le cose andarono diversamente, anche perché gli olandesi potevano contare su una Federcalcio locale molto allineata ai loro dettami, su tutti l’utilizzo della bandiera olandese nelle competizioni internazionali. Così avvenne ai Mondiali, dove le Indie Orientali Olandesi scesero in campo sembrando in tutto e per tutto una Olanda B: stessa bandiera, stesso inno, identica casacca arancione. Ciò fu possibile in quanto un anno prima le tre federazioni nelle quali era frammentato il calcio dell’arcipelago – la NIVU, la HNVB e la PSSI, rappresentanti rispettivamente della popolazione di origine olandese, della comunità cinese e degli autoctoni indonesiani – siglarono un patto cordiale che delegava le decisioni alla NIVU. Quest’ultima però non rispettò gli accordi, pescando principalmente nel proprio bacino e soprattutto evitando qualsiasi azione di promozione e sviluppo degli interessi locali, come invece chiesto dal PSSI, federazione legata agli ambienti nazionalisti indonesiani.

Nonostante l’accoglienza tra i propri membri, la FIFA non vedeva di buon occhio la partecipazione delle Indie Orientali Olandesi al Mondiale, perché ritenute di livello troppo basso rispetto agli standard richiesti dal torneo. Ma alle qualificazioni del gruppo asiatico si era iscritto solamente un altro paese, il Giappone, costretto però a ritirarsi in seguito allo scoppio della seconda guerra sino-giapponese nel luglio del 1937, consentendo quindi alle Indie Orientali Olandesi l’accesso diretto alla Coppa del Mondo. La FIFA tentò comunque un colpo di coda invitando gli Stati Uniti a Rotterdam per disputare uno spareggio contro la selezione guidata dall’olandese Johannes Mastenbroek, in passato anche presidente della NIVU, ma gli americani non si presentarono. A tre settimane dal calcio d’inizio, non c’era più tempo per rimandare a casa la prima squadra asiatica qualificatasi a un Mondiale. Radicalmente opposto fu invece l’atteggiamento della KNVB, la Federcalcio olandese, che si prodigò per rendere più confortevole possibile il soggiorno di questa squadra proveniente dalla periferia dell’impero. Il presidente della Federazione Karel Lotsy provò anche ad andare oltre, chiedendo che la partita del Mondiale, in programma al Velodrome Municipale di Reims, fosse spostata al De Kuip di Rotterdam per non interrompere il processo di ambientamento degli “indiani d’Oriente” dopo il lungo viaggio e consentire loro di affrontare la partita nella “migliore atmosfera possibile”. Le proteste dell’Ungheria affossarono però la proposta prima che la FIFA si pronunciasse.

A dispetto delle decisioni unidirezionali prese dalla NIVU, le Indie Orientali Olandesi furono la prima Nazionale multietnica a scendere in campo nella Coppa del Mondo. C’erano giavanesi, molucchesi, batavi, cinesi e olandesi. Un miscuglio evidente già dalla lettura dell’undici titolare schierato: Mo Heng Tan, Frans Hu Kom, Jack Samuels, Achmad Nawir, Frans Meeng, Anwar Sutan, Hong Dijen Tan, Suarte Soedarmadji, Hendrikus Zomers, Isaac Pattiwael, Hans Taihuttu.

Uno dei gol subiti dalle Indie Orientali nell'amichevole giocata contro l'Olanda allo stadio olimpico di Amsterdam nel 1938.

Achmad Nawir era medico e giocò con gli occhiali, primo e unico giocatore a poterlo fare in un Mondiale fino al 1998, quando la FIFA autorizzerà Edgar Davids a scendere in campo con i suoi iconici occhiali protettivi. Il capitano Frans Alfred Meeng era un caporale del corpo dei marines olandesi e sarebbe morto in uno dei più grandi disastri marittimi della Seconda Guerra Mondiale, l’affondamento della nave da carico giapponese Jun'yō Maru da parte del sottomarino britannico HMS Tradewind al largo di Sumatra, nel quale persero la vita oltre cinquemila persone. Il portiere Mo Heng Tan sarebbe invece stato l’unico giocatore della rosa a indossare la maglia della nazionale indonesiana, pur se in una partita non ufficiale, mentre un infortunio in allenamento gli impedirà di partecipare ai Giochi Asiatici del 1951. A Reims l’estremo difensore fu battuto sei volte, quattro delle quali nel primo tempo. Pur non essendo ancora la Grande Ungheria, i magiari appartenevano comunque all’élite europea dell’epoca. Giocatori come György Sárosi e Gyula Zsengeller possono essere annoverati tra i top player degli anni Trenta-Quaranta, e infatti sarebbero arrivati fino all’ultimo atto del Mondiale francese, prima di arrendersi all’Italia di Vittorio Pozzo.

A fine gara il capitano degli ungheresi Sárosi dichiarò che i giocatori delle Indie Orientali Olandesi si erano dimostrati più forti di quanto previsto, anche se molto rozzi. Le cronache dell’epoca tuttavia non concordarono sulla qualità della prestazione degli asiatici. Il giornale olandese Het Vaderland scrisse: “La squadra ha perso, ma non per mancanza di abilità calcistiche, né per poco entusiasmo o scarsa tecnica, ma unicamente perché i giocatori erano troppo piccoli e troppo leggeri per gli standard del calcio internazionale, soprattutto a confronto con i robusti ungheresi. Il peso medio dei giocatori indiani è compreso tra 55 e 60 chilogrammi, quello degli ungheresi è di circa 80 chilogrammi”. Più drastica la rivista Sportkroniek: “Il loro punto debole è il loro gioco di posizione, davvero molto scarso. Anzi, sembra che nessuno dei giocatori abbia mai nemmeno sentito parlare di gioco di posizione. I movimenti in fase di non possesso di palla sono importanti tanto quanto quelli in possesso. I nostri compagni indiani sono ancora ignari di questo concetto, perché quando non hanno il pallone, tendono a non fare... niente”. Opinioni diverse derivanti anche da impostazioni differenti: un giornale chiamato La Madrepatria non poteva che risultare conciliante e comprensivo nei confronti di giocatori che, di fatto, erano suoi connazionali, mentre per una rivista sportiva risultava più naturale concentrasi sugli aspetti puramente tecnici e tattici.

Il viaggio in Europa delle Indie Orientali si concluse con un tour olandese terminato con la citata partita contro l’Olanda nelle Giornata Olimpica, con i "tulipani" che in quell’occasione indossarono casacche bianche lasciando l’arancione ai propri connazionali. Il match, considerato non ufficiale, fu salutato per il valore simbolico che celebrava l’unità dell’impero, anche se c'è da dire che l'Olanda non ebbe grande pietà della sua colonia vincendo per 9-2. Ma era una coesione di facciata, visto che solo due anni dopo, quando le leggi olandesi vigenti nell’arcipelago furono sospese in seguito all’invasione giapponese nel corso della Seconda Guerra Mondiale, permettendo quindi al movimento indipendentista indonesiano di rinascere, buona parte della popolazione si schierò contro la propria madrepatria.

A livello calcistico, l’Indonesia non si è mai nemmeno avvicinata a qualificarsi per un Mondiale, anche se può vantare un giocatore laureatosi vice-campione del mondo da capitano. È Giovanni van Bronckhorst, nato da padre indo e madre molucchese, diventato nel 2010, in occasione di Spagna-Olanda, il primo e unico giocatore asiatico, se così si può dire, a indossare la fascia di capitano in una finale Mondiale.

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