Poche volte, negli ultimi anni, sono capitate lotte promozione drammatiche come in questa stagione di Serie B. A fine aprile il Lecce sembrava già destinata a chiudere il campionato in seconda posizione, dove era arrivato al termine di una rincorsa eccezionale, culminata con una serie di 11 risultati consecutivi. Nonostante l’assenza di un giocatore chiave come Mancosu, la squadra di Corini era stata l’unica capace di tenersi al ritmo dell’Empoli, anche grazie al grande momento di Coda, che nel mese di marzo aveva messo a segno quattro doppiette consecutive. L’ultima di questa era arrivata contro la Salernitana, che con quella sconfitta aveva subito il sorpasso, e chiudeva una striscia altrettanto lunga nel modo più doloroso possibile. Poco più indietro c’era il Monza di Brocchi, che proprio in quelle settimane – dopo aver accarezzato la seconda posizione – era crollata in casa contro il Venezia, e nelle giornate successiva aveva raccolto appena due punti contro Entella, Pescara e Ascoli, tre squadre in zona retrocessione.
Nella prima settimana di maggio si sono giocate ben tre giornate di campionato, e le prospettive al vertice sono state stravolte: nel giro di quattro giorni il Monza ha battuto sia la Salernitana che il Lecce, che pochi giorni prima era stato sconfitto in casa dal Cittadella; mentre la squadra di Brocchi arrivava al terzo posto, consolidato dalla vittoria sul Cosenza, dello scivolone della squadra salentina ne ha approfittato anche la Salernitana che, vincendo 2 a 0 contro l’Empoli, è arrivata al secondo posto in classifica. Così, nel giro di 10 giorni, il Lecce (62 punti) è finito fuori dalla corsa ai primi due posti, contesi invece da Salernitana (66) e Monza (64), attese dalle partite con Pescara e Brescia, che lunedì hanno definitivamente decretato la promozione diretta della prima a scapito della seconda.
All’inizio del campionato era difficile immaginare due squadre in una situazione più diversa di Salernitana e Monza, due squadre agli opposti da molti punti di vista. Da una parte una piazza storica della Serie B, frustrata da anni poco esaltanti e ormai in aperto contrasto con la proprietà, accusata di usare la squadra come una succursale; dall’altra la più scintillante parvenu del campionato cadetto, che dopo la promozione in Serie B stava allestendo una squadra di livello per tentare il salto in Serie A al primo colpo. Questa estate, mentre i tifosi granata alzavano i toni della protesta al punto da bloccare il calciomercato, il Monza stava completando la trasformazione in parco giochi di Berlusconi e Galliani, intenti a costruire un gruppo eterogeneo, composto da “giovani italiani senza tatuaggi”, qualche scommessa esotica e vecchi pallini della loro epoca milanista.
Nel giro di poche settimane – insieme ai prestiti di giovani interessanti come Bettella, Colpani e Frattesi, tutti già testati nel campionato cadetto – il Monza ha fatto investimenti stimati intorno ai 20 milioni di euro, inserendo giocatori esperti come Donati, Barillà e Barberis, ma anche nomi fantasiosi come Mirko Maric e Christian Gytkjaer, i capocannonieri del campionato croato e polacco. Il colpo copertina è stato però quello di Kevin-Prince Boateng, che dopo un lungo corteggiamento di Galliani si è convinto a scendere in Serie B.
Per la Salernitana il calciomercato è stato più incerto e difficoltoso, complici le proteste della piazza granata, che avevano portato la società a chiudersi in un mutismo (e un immobilismo) che sembravano l’anticamera della cessione. Ad agosto la società è arrivata al punto di annullare la presentazione di Castori, e per alcune settimane non è stato chiaro con quale proprietà e con quali ambizioni sarebbe partita la stagione. Alla fine la società di Lotito e Mezzaroma è andata avanti, pure se a fari spenti. Escludendo i soliti prestiti dalla Lazio (su tutti Anderson e Casasola), l’unico colpo di rilievo è stato quello di Tutino, arrivato in prestito con diritto di riscatto dal Napoli. Per il resto il mercato dei granata è stato all’impronta del risparmio, una composizione di giocatori appena retrocessi (Gyömbér e Bogdan, arrivati da Perugia e Livorno), in esubero (Belec, Aya e Veseli) o ripescati dalla Serie C (Kupisz e Schiavone, entrambi dal Bari).
In una situazione molto complicata, Castori ha avuto il merito di non farsi coinvolgere nelle questioni extra campo, isolando sé stesso e la squadra dalle polemiche, ma senza mostrarsi troppo condiscendente verso la tifoseria. Un altro merito del tecnico granata è stato quello di dare subito un’impronta precisa alla sua squadra, nonostante le poche settimane a disposizione. Sin dalle prime giornate gli uomini di Castori hanno mostrato l’impronta tattica che ha poi caratterizzato tutta la stagione: un blocco basso e compatto in fase di non possesso, con la squadra più impegnata a coprire gli spazi che al recupero della palla; una fase di possesso molto diretta, dove la prima palla in verticale era spesso alla ricerca delle due punte.
Per tutta la stagione la squadra ha alternato 4-4-2 e 3-5-2, con la costante rappresentata proprio dai due attaccanti: Milan Đurić, centravanti bosniaco alto due metri, catalizzatore di tutte le palle alte, e Gennaro Tutino, faro tecnico della squadra, fondamentale per il suo lavoro nello sviluppo e nella finalizzazione del gioco. Il gioco della Salernitana è molto diretto: quasi tutte le azioni passano per un lancio lungo verso Đurić, che ha il compito di mettere giù la palla e consolidare il possesso, cercando di mettere subito in azione Tutino, che a seconda del momento o della posizione può decidere se attaccare la porta avversaria (sfruttando le sue grandi doti in conduzione palla), cercare un compagno o dare la pausa prima di far proseguire l’azione.
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Una delle azioni tipo della Salernitana: Di Tacchio viene incontro, riceve e allarga subito per Kupisz; l’esterno appoggia dietro per Casasola, che lancia lungo per Đurić. L’attaccante fa da sponda per Tutino, che sfiora il gol.
Alle loro spalle accorcia tutta la squadra, per raccogliere eventuali seconde palle o dare un appoggio. Castori è un allenatore per sua stessa ammissione dogmatico, che si definisce curioso delle novità introdotte dai colleghi, ma legato alla sua idea di «calcio aggressivo e verticale», dove l’importante è arrivare alla porta avversaria nel modo più veloce possibile. Come ha detto alla Gazzetta, in un’intervista dello scorso gennaio, «A me fa venire l’orticaria vedere il portiere che appoggia la palla al difensore per iniziare l’azione». La squadra è una diretta espressione del tecnico, che quest’anno ha avuto il piacere di vedere diversi gol nati da lunghi lanci in verticale, trasformati in occasioni dalle grandi qualità del duo offensivo.
Tutino e Đurić sono stati i punti fermi di una squadra che non si fa retorica a definire operaia, con una spina dorsale composta Bogdan e Gyömbér in difesa, Casasola e Kupisz (e da gennaio Jaroszynski) sulle fasce, Capezzi e Di Tacchio in mezzo al campo. Per il resto Castori ha alternato assetto e undici titolare, cercando di sfruttare al massimo i momenti di forma degli altri giocatori in rosa. Tutino ha chiuso la stagione con 13 gol e 6 assist, contribuendo da solo al 41% dei gol della squadra, ma nel corso della stagione c’è stato un supporto fondamentale di giocatori come Anderson, Cicerelli e Gondo, che a turno – quasi distribuendosi le responsabilità – sono riusciti a svoltare partite fondamentali. Dal gol di Cicerelli contro il Frosinone fino alle reti di Anderson nelle ultime due contro Empoli e Pescara, passando per la clamorosa doppietta di Gondo contro il Venezia, che è riuscito a trasformare una sconfitta in una vittoria nei minuti di recupero.
Questa capacità di tirare fuori il meglio dalle risorse a disposizione è uno dei segreti della stagione vincente della Salernitana, una squadra che sembra la rappresentazione perfetta del volo del calabrone che non sarebbe capace di volare ma non lo sa e quindi lo fa lo stesso (insomma la sapete). Gli uomini di Castori hanno chiuso la stagione con 43 gol segnati e, anche contando i tre della vittoria a tavolino con la Reggiana, restano il decimo attacco del campionato. La Salernitana è la prima squadra a raggiungere la promozione diretta segnando meno di 50 reti dai tempi del Siena di Papadopulo, stagione 2002-03, quando i bianconeri vinsero il campionato segnando solo 47 gol. La forza dei granata è stata quella di gestire al meglio i momenti chiave del campionato, raccogliendo il massimo da situazioni che sembravano disperate, e riuscendo a scrollarsi di dosso i periodi più difficili.
Ci sono stati diversi momenti in cui la stagione della Salernitana sembrava prendere definitivamente la piega sbagliata. Tra dicembre e gennaio gli uomini di Castori hanno perso 3 a 0 col Monza, 2 a 0 col Pordenone e 5 a 0 con l’Empoli, in un trittico che sembrava mettere una pietra tombale sulle ambizioni di classifica. Ad aprile i granata hanno perso lo scontro diretto col Lecce, fallendo quella che sembrava l’ultima chance per il sorpasso. A inizio maggio è arrivata la sconfitta col Monza, un’altra avversaria diretta per il secondo posto in classifica. Dopo tutti questi momenti la Salernitana ha sempre reagito alla grande, infilando lunghe strisce positive, e vincendo altri scontri diretti altrettanto decisivi. La capacità di gestione, la resistenza, l’adattamento, sono la vera misura dei risultati della Salernitana, che non a caso ha chiuso 12 delle 18 vittorie (escludendo quindi quella a tavolino) con un solo gol di scarto, cinque delle quali con il risultato di 1 a 0.
Per certi versi, la stagione della Salernitana può fungere da cartina tornasole delle debolezze del Monza, che nonostante un organico superiore – e maggiori ambizioni, di gioco e di classifica – ha fatto molta fatica a trovare la quadratura. Sin dalle prime giornate la squadra di Brocchi ha mostrato alcuni caratteri ben definiti – dalla ricerca del gioco dal basso alla gestione del possesso palla, secondo una rigida struttura posizionale – ma anche alcune difficoltà a costruire occasioni pulite. Dopo un inizio di campionato molto sterile (quattro pareggi e una sconfitta, con appena tre gol segnati) Brocchi ha provato a correggere la rotta, cercando di alternare più registri a seconda dell’avversario, o del momento della partita.
Questi tentativi hanno influenzato anche le scelte: Brocchi ha iniziato la stagione con il rombo, è passato al tridente nel mese di dicembre e ha chiuso la stagione col 3-5-2. Tanti cambiamenti, che hanno coinvolto soprattutto il reparto avanzato, con una girandola di nomi che non ha risolto il problema di fondo: la necessità di una gestione più creativa del possesso, che permetta di aprire spazi anche in fase di attacco posizionale, contro squadre chiuse. La squadra brianzola ha cercato di risolvere i problemi col calciomercato, prima con l’ingaggio di Balotelli e poi con l’acquisto di Davide Diaw, ma nonostante i buoni risultati il Monza non ha risolto il suo problema di fondo: il tentativo di controllare la gara col possesso, e la necessità di dare libertà ai giocatori di maggiore qualità, a cui sono affidate tutte le responsabilità offensive.
Una contraddizione ben evidenziata nell’ultima giornata di campionato contro il Brescia, in cui il Monza ha provato a controllare la gara con un possesso molto conservativo, ma per avanzare si è trovata spesso a lanciare lungo verso gli esterni o le punte, che era l’unico modo per fare una risalita veloce del pallone.
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Sul possesso di Bellusci l’unico a venire incontro è Colpani, costretto a giocare a muro verso il compagno; Bellusci decide di lanciare a destra verso Sampirisi, ma una volta che la palla arriva all’esterno arriva non c’è alcuno sbocco libero.
La partita contro il Brescia è stata anche sfortunata – il Monza ha colpito due legni, sullo 0 a 0 e sullo 0 a 1 – ma non ha mai dato l'impressione di controllare a pieno la partita. Nella ripresa Bellusci è stato espulso per doppia ammonizione, e da lì in poi il Brescia ha preso il sopravvento, arrivando a vincere la partita che gli ha regalato i playoff. Col senno di poi è stata una sconfitta indolore, perché all'Adriatico di Pescara la Salernitana aveva vinto la sua gara, rendendo di fatto superfluo il risultato del Brianteo.
Dall’altra parte, contro il Pescara, i granata hanno giocato una partita sofferta, rischiando anche lo svantaggio, ma hanno avuto la forza di insistere, e al 67esimo minuto sono stati premiati dal rigore di Anderson, guadagnato sull’ennesima sponda di Đurić, dopo l’ennesimo lancio lungo verso il centravanti bosniaco. Pochi minuti dopo, mentre il Monza stava subendo lo svantaggio, Tutino ha raccolto una palla vagante a metà campo, l’ha protetta dall’arrivo di due avversari e ha appoggiato a Di Tacchio; la palla è passata rapidamente sulla fascia destra, dove Casasola ha lanciato verso Anderson; sul controllo difettoso del brasiliano si sono lanciati prima Schiavone e poi lo stesso Casasola, che ha saltato un avversario e ha segnato il 2 a 0. Nel finale Tutino ha messo il sigillo sulla sua stagione e quella della sua squadra, realizzando il 3 a 0.
Nei festeggiamenti finali tifosi e staff hanno indossato una maglia con su scritto “Macte Animo”, che in latino significa più o meno “Coraggio!”, e rappresenta abbastanza bene la stagione dei granata, che nonostante una rosa inferiore e una piazza in subbuglio sono riusciti a raggiungere un risultato incredibile. Nell’intervista post-partita a DAZN, Castori ha attribuito il merito della vittoria al gruppo, inteso come «identità morale della squadra». Quando gli hanno chiesto quale fosse il segreto dei suoi, ha risposto che non ci sono segreti nel calcio. Poche ore prima Delio Rossi, il tecnico dell’ultima promozione della Salernitana, aveva segnato il passaggio di testimone con parole abbastanza significative: «Mi piace perché è uno che bada al sodo e non vende chiacchiere».
Ora però per la Salernitana vengono i fatti, perché in poco più di un mese bisognerà risolvere la questione societaria, con Claudio Lotito che probabilmente dovrà trovare un acquirente in poco tempo non potendo controllare due società contemporaneamente in Serie A, e la squadra dovrà essere rinforzata per il salto di categoria. È probabile, in ogni caso, che i granata proveranno ad andare avanti sulla stessa linea di questo anno, nell’assetto tecnico e nella scelta dei giocatori. La squadra di Castori non è molto bella da guardare, ma sarà molto interessante da seguire.