Al 45esimo del primo tempo, il Lille è sotto di due gol a Lione e di due punti rispetto al primo posto in classifica. Nella partita di ritorno, il gol di Slimani e l’autogol di José Fonte gli hanno fatto perdere la testa della Ligue 1, ovviamente a scapito del PSG, dopo una stagione passata a cullare il sogno di interrompere per la terza volta nell’ultimo decennio la sua tirannia in Francia. La sua lunga corsa sembra essere giunta al termine. C’è però un’ultima azione prima che l’arbitro fischi: il Lille cambia gioco verso destra, gestisce il pallone con Celik, André e José Fonte, e alla fine prova a passare per vie centrali. Da Soumaré e Ikoné, e poi dritto verso la porta. Il giovane attaccante francese viene trattenuto alle spalle da Tiago Mendes, appena fuori dalla lunetta dell’area. La squadra di Galtier chiede il giallo, mentre intorno al pallone si è già formato un capannello di maglie rosse. Al suo interno c’è Burak Yilmaz piegato sul pallone. Lo gira e lo rigira in quella foresta di gambe, come se avesse un verso giusto e uno sbagliato. Uno in cui il Lille finisce il primo tempo 0-2, e uno in cui il Lille segna l’1-2 e si mette nelle condizioni di recuperare lo svantaggio. Uno in cui perde contro il Lione e chiude un’ottima stagione da seconda in classifica, e uno in cui vince e riporta il titolo a casa a dieci anni esatti dall’ultima volta. Burak Yilmaz non riesce a decidersi.
Siamo a 24 metri dalla porta. Dopo aver finalmente sistemato il pallone, Burak Yilmaz appiattisce l’erba con i piedi intorno al pallone, poi si allontana asciugandosi la faccia con il braccio. Ha gli occhi fissi sul pallone, le sopracciglia luciferine a V a incorniciare la concentrazione. L’arbitro fischia: uno, due, tre passi prima di colpire il pallone di perfetto interno. Una palla che gira su sé stessa sopra le teste dei giocatori della barriera come un pianeta che sta completando la sua orbita e che poi si infila in rete, alla destra di Anthony Lopes. È il 2-1 che chiude il primo tempo e riapre la partita. E che soprattutto cambia l’inerzia.
Nel secondo tempo sembra quasi inevitabile che il Lille segni. Prima è Paquetá a lanciare involontariamente in profondità l’attaccante turco con un retropassaggio maldestro, innescando il gol del pareggio di David. Dopo aver segnato, l’attaccante canadese bacia ripetutamente il pallone, evidentemente dal lato giusto. Poi sono Bamba e Araujo ad andare a botta sicura per il 2-3 ma per due volte, a porta vuota, non riescono a battere a rete, prima facendosi ribattere il tiro dalla difesa di Rudi Garcia, poi calciando alto malamente. Infine è Ikoné a tirare alto il gol della vittoria, dopo essersi visto servire da De Sciglio il pallone perfetto a pochi centimetri dall’area piccola. Questa partita, a quanto pare, ha bisogno di un finale migliore.
All’84esimo Botman lancia lungo su Yazici uno degli ultimi palloni della partita. Il centrocampista turco lo sfiora con la nuca anticipando non uno, ma due difensori del Lione che avevano cercato di anticiparlo. Alle sue spalle, Burak Yilmaz, lasciato inspiegabilmente libero dalla difesa avversaria, sta già correndo verso la porta: manca un solo tocco di sinistro ad allungare la corsa e ad attirare fuori il portiere prima di scavare la palla con il destro per farla rimbalzare dolcemente in porta. Il Lille è di nuovo in testa alla Ligue 1, mentre Yilmaz si toglie la maglia e viene sommerso dall’onda umana dei suoi compagni.
Quelli contro il Lione, i più importanti per adesso in stagione, sono rispettivamente i gol numero 11 e 12 segnati da Burak Yilmaz nel campionato francese. I numero 17 e 18 se contiamo anche quelli segnati in Europa League e con la nazionale turca, con cui a marzo ha anche segnato un’incredibile tripletta contro l’Olanda. Dopo questa partita contro il Lione, ne segnerà altri tre in due partite, contro Nizza e Lens, consentendo alla squadra di Galtier di aumentare il distacco dal PSG a tre punti. Poco dopo, Burak Yilmaz verrà nominato tra i candidati al premio di giocatore dell’anno del campionato francese, insieme a Ben Yedder, Memphis Depay, Kylian Mbappé e Neymar Junior. Ma è difficile tradurre con i premi e con i numeri la stagione incredibile che sta vivendo il centravanti turco. Con l’età, allora? Tra i giocatori con più di 35 anni, solo Cristiano Ronaldo ha segnato più di Burak Yilmaz (che ne compie 36 a metà luglio) in uno dei cinque principali campionati europei.
Quella di Burak Yilmaz è la stagione che in molti in Europa sognavano da tempo. Nell’ultimo decennio, infatti, l’attaccante turco è stato associato a praticamente qualsiasi squadra europea, soprattutto in Inghilterra e in Italia: dal Chelsea al Manchester United, dalla Lazio al Lecce, sempre più in provincia mano a mano che la sua carriera si incanutiva come i suoi capelli, e il sogno dei tifosi di vederlo incendiare il proprio stadio si spostava sempre più lontano dal centro del calcio europeo. Questa stagione con il Lille è l’essenza di quello che molti tifosi europei si erano solo prefigurati nelle proprie teste leggendo sui giornali e sugli smartphone il nome della propria squadra associato a questo attaccante-sogno uscito fuori dall’antica città di Adalia.
Essenza perché se Burak Yilmaz faceva sognare anche per l’immaginario che portava con sé - i tifosi pazzi sugli spalti, gli stadi di Istanbul che stanno per crollare, i fumogeni, le strade piene di magliette del Galatasaray, del Fenerbahce o del Besiktas - la sua stagione è quasi il contrario di quell’immaginario. Oggi non c’è nulla di tutto questo: solo Burak Yilmaz che sbrocca ai compagni per un passaggio leggermente lungo o che esulta con gli occhi spiritati e il pugno chiuso in stadi vuoti e silenziosi, in una squadra che è più vicina a una partita hipster a Football Manager che a un progetto tecnico vero e proprio. Eppure tanto è bastato per spingere l’Equipe a incoronarlo “imperatore del Nord”. Per portare i tifosi dell’Alta Francia ad acclamarlo in maniera non troppo diversa da come farebbero a Istanbul. A fargli cantare, a ritmo cadenzato: BU-RAK! BU-RAK! BU-RAK!
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Questa stagione riempie il vuoto delle aspettative sedimentate negli ultimi dieci anni di rumor di mercato, ma solo parzialmente. Perché, per come è avvenuta, per paradosso aumenta i rimpianti su cosa sarebbe potuto essere e non è stato. Burak Yilmaz sta portando al titolo una squadra giovane, a un passo dal fallimento fino a pochi anni fa, e che in pochi avrebbero visto in cima alla classifica dopo le numerose cessioni delle ultime sessioni di mercato. E allora cosa avremmo visto se l’attaccante turco fosse sbarcato in Europa, magari in un grande club, qualche anno fa? Per esempio nella stagione 2012/13, quando conquistò la classifica marcatori del campionato turco, segnando anche otto gol in Champions League (meno solo di Cristiano Ronaldo e Lewandowski, e quanto Messi e Thomas Müller), in una squadra leggendaria allenata da Fatih Terim e che tra le sue fila aveva anche Drogba, Snejider e Felipe Melo? Burak Yilmaz non sembra avere i nostri stessi rimpianti. «Le squadre dov’ero non mi volevano lasciare andare e avevo dei contratti molto interessanti», ha dichiarato all’Equipe a metà aprile. «Ogni anno ero in lotta per vincere il campionato e per il titolo di capocannoniere. Ho avuto diverse proposte da grandi club europei ma alla fine ho deciso di rimanere in Turchia».
Alla fine perché dovrebbe avere dei rimpianti? Mentre per noi non era altro che un sogno estivo a occhi aperti, Burak Yilmaz in questi anni in Turchia è diventato una leggenda. Il secondo marcatore all-time nella storia della sua nazionale dietro ad Hakan Sukur. Uno tra i soli nove giocatori nella storia del calcio turco ad aver giocato nella propria carriera per il Besiktas, per il Galatasaray e per il Fenerbahce, e appena il secondo ad aver aggiunto a questa lista di club anche il Trabzonspor, la quarta grande della Super Lig. Per due volte capocannoniere del campionato turco (nelle stagioni 2011/12 e 12/13), Burak Yilmaz ha talmente legato il proprio nome al gol che al suo passaggio in Europa ha assunto come soprannome il termine che in Turchia viene utilizzato per definire il capocannoniere, gol krallari, letteralmente “il re del gol”. Ci pensate? È come se chiamassimo Messi “il Pichichi”.
Tutti i 24 gol segnati nell’incredibile stagione 2012/13 al Galatasaray.
Burak Yilmaz è stato incoronato re - anzi: kral, parola ottomana che a sua volta deriva da karl, il nome che le antiche lingue germaniche usavano per chiamare Carlo Magno - segnando montagne di gol, guadagnando montagne di soldi. Si è fatto amare e odiare da tutte le squadre di Istanbul. Ha fatto diventare il proprio matrimonio - e poi il suo divorzio e poi la ricongiunzione con sua moglie - un affare di stato. Si è avvicinato al potere politico di Recep Tayyip Erdogan, utile tra le altre cose per tornare in Turchia nell’estate del 2017, dopo una stagione passata al Beijing Guoan. E alla fine ha intrapreso la rotta contraria a quella che molti calciatori europei percorrono alla fine della propria carriera. E non per decadenza, ma perché il Besiktas, come ammesso da lui stesso, per via della pandemia non è stato più in grado di pagargli il contratto. Di riconoscergli il valore che un attaccante con 13 gol in 25 partite nell’ultima stagione nella squadra di Istanbul, e altri 174 prima di quelli nel campionato turco, sentiva giustamente di avere. «Se tu mi chiedi che sarebbe successo se fossi venuto in Europa a 25 anni, se ci penso, ti rispondo: certo che ci penso», ha dichiarato Yilmaz in un’intervista all’inizio di quest’anno. «Ma se tu mi chiedi: hai dei rimpianti? No, non mi pento di niente. Mi assumo la responsabilità di tutte le mie decisioni».
Dopo questa stagione al Lille, abbiamo scoperto che i rimpianti erano tutti nostri. Nel portarlo in Francia un ruolo decisivo l’ha avuto il DS della squadra francese, Luis Campos, che come gli archeologi tedeschi di inizio ‘900 quest’estate è andato in Turchia per portarsi via un tesoro dimenticato, sommerso dal tempo. Yilmaz dice che, con lui, sono «allineati». L’intuizione è stata brillante da diversi punti di vista, non solo quello economico (dato che Yilmaz è arrivato a parametro zero e arrivava in sostituzione di Osimhen, venduto al Napoli per 70 milioni di euro) ma anche ambientale, se così si può dire. Galtier per esempio ha dichiarato che il suo arrivo ha avuto una certa influenza sul rendimento di Yusuf Yazici, una delle rivelazioni di questa stagione del Lille, che però aveva finito la scorsa stagione rientrando da un duro infortunio al legamento crociato del ginocchio. «Yusuf forse aveva bisogno di qualcuno che potesse aiutarlo a canalizzare l’energia e che avesse già vissuto momenti difficili in carriera», ha dichiarato l’allenatore del Lille. «Che gli facesse comprendere che anche in quei momenti c’era qualcosa di buono».
Come dice lo stesso Burak Yilmaz, però: «La forza di un giocatore sono le sue giocate sul campo. I gol che segna, gli assist che realizza, la sua combattività». E da questo punto di vista ci sono stati pochi giocatori più decisivi di lui nella stagione del Lille. Non solo per la quantità di gol, ma anche per il tempismo e il modo in cui sono arrivati. Non solo su punizione a giro sopra la barriera, o con scavetti a superare il portiere, come contro il Lione, ma anche con tiri al volo dopo essersi aggiustati il pallone con il petto, come contro il Nizza all’andata, o con bombe dalla trequarti che non lasciano scampo al portiere avversario, come contro il Lens nell’ultima partita di campionato.
Burak Yilmaz sta dimostrando di avere un’incredibile completezza tecnica anche a questo livello, aiutando in fase di costruzione con un gioco spalle alla porta semplice ma efficace, e una grande tenuta atletica nel cercare la profondità con continuità. Con lui in campo, il Lille sembra avere qualcosa in più. Ma anche a guardarlo da fuori, da spettatori neutrali, la sua presenza aggiunge qualcosa, e non solo perché probabilmente è stato associato alla nostra squadra del cuore facendolo apparire come un giocatore un po’ nostro. Yilmaz impersona esattamente tutto ciò che ci aspettiamo da una leggenda del campionato turco - la passionalità, la megalomania, l’irascibilità, quello che Galtier chiama «incredibile rabbia nei confronti delle performance non all’altezza» - ma con una levigatezza tecnica e uno swag perfettamente contemporanei, che aggiungono un ulteriore livello al suo carisma.
Che fosse proprio lui il pezzo mancante del Lille - un puzzle composto da giovani talenti in rampa di lancio, ex promesse in cerca di una nuova opportunità e vecchie volpi del calcio europeo - ha dell’incredibile. Eppure senza di lui non avremmo mai avuto questa annata incredibile, di gran lunga la storia più unica e assurda di questa stagione del calcio europeo.