L’ultima volta che il Villarreal aveva vissuto una partenza entusiasmante c’era Manuel Pellegrini in panchina: l’ingegnere cileno aveva a disposizione gente come Pirès, Senna, Cazorla, Gonzalo Rodríguez, Pepito Rossi, il portiere Diego López e persino un giovane Godín in difesa. Nelle prime 6 giornate, quella squadra ottenne esattamente 5 vittorie e 1 pareggio, proprio come quest’anno: il 5 ottobre 2008, però, il Villarreal era secondo in classifica (a pari punti con il Valencia, ma dietro per differenza reti).
Quella squadra arrivò addirittura ai quarti di Champions League e aveva un budget spropositato: lo sponsor su quella maglia tutta gialla era l’aeroporto di Castellón, uno dei simboli della crisi economica e della corruzione politica in Spagna. A circa 40 km da Villareal (il nome ufficiale della città è Vila-real, in valenciano, un dialetto del catalano), quell’aeroporto semplicemente non esisteva: pagava una sostanziosa cifra (4 milioni circa all’anno) per sponsorizzare il futuro.
A sette anni di distanza, il "sottomarino giallo" ha ripetuto l’impresa, ma stavolta nessuno è riuscito a seguirlo: per la prima volta nella sua storia ha raggiunto il vertice della classifica, e la sosta per gli impegni delle Nazionali ha prolungato questa gioia almeno un po’, nonostante la sconfitta contro il Levante.
Quasi in contemporanea, il primo volo commerciale è finalmente atterrato all’aeroporto di Castellón, che dopo mille scandali (addirittura una statua dedicata all’ideatore) aveva ufficialmente aperto nel 2011, praticamente senza attività. Finora era stato utilizzato quasi solo per i charter della squadra.
Adesso che è davvero funzionante, l’aeroporto non è più sponsor del "sottomarino": sulla maglia è in bella mostra l’impresa di ceramica di proprietà di Fernando Roig, il presidente del Villarreal, il vero artefice di una grande impresa sportiva che ormai dura da quasi vent’anni.
Il Villarreal è conosciuto come “Submarino Amarillo”, cioè "sottomarino giallo", dal 1967: Los Mustang avevano appena pubblicato l’edizione spagnola di Yellow Submarine, e in tutta la città la canzone suonava per festeggiare la promozione della squadra nella terza divisione spagnola. Nel 2006 si era addirittura pensato di sistemare (e dipingere di giallo) un vecchio sottomarino di 57 metri in una piazza della città.
Denaro e passione
La storia del Villarreal non è solo quella di una simpatica squadra di provincia acquistata da un grande imprenditore che la mantiene ad alti livelli. A maggio 2012, infatti, l’inaspettata retrocessione in Segunda sembrava l’inizio della fine. La squadra era stata costruita per giocare la Champions League, ma nel girone con Bayern, Napoli e Manchester City aveva raccolto zero punti. Da quel momento, la sfera era sul piano inclinato: una serie incredibile di errori e sfortune, insieme a episodi poco chiari come la presunta compravendita delle ultime partite da parte di alcuni rivali nella lotta salvezza, portarono addirittura alla Segunda División. Dopo la sconfitta che è costata la retrocessione, il presidente Fernando Roig piangeva in campo, abbracciato dal fratello Juan, presidente della grande catena di supermercati Mercadona.
Il Madrigal, uno stadio che può contenere metà della popolazione della città (poco più di 50.000 abitanti), applaudiva nonostante tutto: era il tributo a un uomo che aveva costruito una squadra capace di arrivare persino in semifinale di Champions League.
La retrocessione ha rappresentato un brutto colpo non solo dal punto di vista sportivo, ma anche da quello economico: furono ceduti tutti i migliori giocatori per ripianare il bilancio, ma non era sufficiente. La crisi aveva ormai colpito duramente tutta l’economia spagnola, e Fernando Roig non se la passava benissimo. Per aiutare la ristrutturazione del club, dovette cedere il 2,4% delle quote di Mercadona (al fratello).
Nella versione meno romantica di questa storia, la famiglia Roig con un’operazione di finanza creativa mantiene in vita una squadra che ha un piccolo bacino d’utenza e che serve come veicolo d’immagine (e di contatto politico) anche per i loro affari.
Il risanamento del Villarreal passava necessariamente per il ritorno nella Liga. Acquistato da Roig nel 1997 quando era nel campionato cadetto, il "sottomarino giallo" aveva fino ad allora vissuto una storia modesta e senza lampi. Con la nuova proprietà ottenne immediatamente la prima promozione nella Liga e dopo ormai 12 stagioni consecutive nella massima serie (e ben 8 partecipazioni alle competizioni europee) sembrava non si dovesse mai più tornare nell’anonimato.
Eppure, dopo aver raccolto 32 punti in 21 partite, a inizio 2013 la grande avventura del Villarreal sembrava giunta alla fine: la Liga sembrava un sogno del passato. Serviva una svolta, apparve Marcelino.
Un pragmatico sacchiano
45 punti in 21 partite per riportare immediatamente la squadra della provincia di Castellón nella Liga, senza neppure passare per i playoff. Il biglietto da visita di Marcelino è talmente indiscutibile che anche a Villareal si sono innamorati subito di lui, come in tutte le sue esperienze precedenti: con Sporting Gijón, Recreativo Huelva e Racing Santander grandi risultati, a volte persino storici, con poche risorse.
Eppure anche Marcelino veniva da una delusione: la possibile grande occasione della sua carriera, il Siviglia del DS Monchi, si era conclusa con un esonero a febbraio 2012. La rosa non era stata assemblata secondo le sue indicazioni e gli andalusi erano in un delicato periodo di transizione: i risultati non arrivavano e fu persino lui a dire che non sarebbe stato ingiusto esonerarlo. Una dichiarazione che dimostra da sola l’onestà intellettuale di questo asturiano, rimasto fermo per l’anno successivo in attesa di un progetto solido.
L’allenatore del Villarreal sembra un uomo al bar, manca solo la birra, anche quando dice che la miglior partita dello scorso anno fu contro il Real Madrid, ma poi «arrivano questi (Modric-Ronaldo), ti fanno due gol e ti lasciano con il cu… scusate, ti mandano tutto per aria».
Marcelino, infatti, è un allenatore che vuole il controllo completo su tutte le decisioni del club, compresa l’area medica. Dopo diversi tentennamenti, alla fine accettò di prendere in corsa il Villarreal, in Segunda División: una scelta sorprendente per un allenatore con il suo curriculum.
L’idea era quella di risalire la china a piccoli passi, ma mantenendo un’identità di squadra. Il Villarreal diventa da subito l’ambiente perfetto per lui: in un’intervista racconta di aver trovato un club dal grande rigore professionale, con un’identità che si percepisce immediatamente.
La diversità di Marcelino rispetto a molti allenatori spagnoli riguarda i suoi principi cardine, sia in campo che fuori. Il tecnico asturiano è molto attento alla nutrizione e alla preparazione atletica: dopo solo un mese e mezzo dal suo arrivo, a campionato in corso, i giocatori avevano già perso 3 chili a testa in media, pur avendo aumentato il lavoro fisico. In un’impostazione quasi da “7 chili in 7 giorni”, i giocatori devono pesarsi ogni mattina prima della colazione, e quotidianamente vengono realizzati dei test sulla percentuale di massa grassa.
Marcelino è un pragmatico: il suo calcio è fatto di principi che si adattano alle risposte del campo. Davide contro Golia: «Se l’avversario ha un cannone e noi un fucile, bisogna prima pensare a come rompere il cannone. […] La prima cosa è annullare i grandi giocatori avversari». Così disse in un’intervista a El Mundo prima di una partita contro il Real Madrid.
Il suo concetto di giocare bene è che “l’avversario non crei occasioni”; le modalità di recupero del pallone dipendono dalle caratteristiche dei giocatori; si attacca negli spazi con transizioni rapide, anche se idealmente vorrebbe sempre dominare la partita attraverso il pallone e la sua rapida circolazione.
Non a caso il Villarreal si caratterizza per la velocità dei tempi di gioco: nella stagione del ritorno nella Liga che si concluse con un insperato sesto posto, il "sottomarino giallo" era arrivato a lottare per la quarta posizione con un gioco fatto di tocchi veloci e con poca pausa: un 4-4-2 con punte rapide come Uche e dos Santos. Nella stagione successiva l’intensità è aumentata e il Villarreal è diventato famoso per il suo contropiede: l’aggiunta della velocità di Luciano Vietto è stata determinante per ripetersi in Spagna (sesto posto in Liga e semifinale di Coppa del Re persa contro il Barça) e allo stesso tempo disputare un’ottima Europa League (finita agli ottavi per colpa del Siviglia di Emery).
Una squadra che sembrava davvero mnemonica per la sua capacità di ripetere combinazioni a velocità supersonica e spesso a un tocco, all’interno del solito 4-4-2 di Marcelino. La ripetizione costante degli esercizi in allenamento è un elemento fondante della sua cultura calcistica: per l’asturiano non si può pretendere da un giocatore ciò che non si è provato e riprovato in allenamento.
La stagione passata avrebbe potuto essere anche migliore, se non ci fosse stato, a febbraio 2015, il brutto infortunio (frattura del perone) di Bruno Soriano. Nato ad Artana, un paesino di 2mila abitanti della provincia di Castellón, Soriano è nato e cresciuto nel Villarreal, passando per il settore giovanile, la squadra B e poi la prima squadra.
Ormai ne è il capitano da anni, oltre a essere il perno del centrocampo: Soriano è il vero regista ed è l’unico in grado di regalare momenti di pausa a una squadra frenetica. È anche l’equilibratore del sistema, con il compito di muovere il posizionamento dei compagni in risposta alle situazioni di gioco; i suoi lanci e i suoi passaggi filtranti tra le linee deliziano da anni gli appassionati spagnoli; infine è perfetto nel far uscire il pallone dalla difesa.
Probabilmente è il regista più sottovalutato del calcio spagnolo (solo 6 presenze in Nazionale) e la sua fedeltà al Villarreal in parte ne è la causa. Senza di lui, la squadra da febbraio ha ottenuto solo due vittorie in 12 partite; al suo ritorno in campo, due vittorie nelle ultime tre partite della Liga.
Soriano sintetizza come giocatore quello che Marcelino pensa da allenatore: tutti i giocatori devono partecipare alla fase offensiva e a quella difensiva come se fosse semplicemente un momento unico, ma sempre in base alle proprie caratteristiche.
L’emersione
Il grande avvio del Villarreal è la normale conseguenza di un progetto calcistico che viene da lontano, ma è legato soprattutto alla capacità di reinventarsi all’interno di una stessa identità di gioco. Nel mercato estivo, infatti, Marcelino ha dovuto rinunciare a Vietto, Uche, Moreno, Cheryshev, Giovani dos Santos, Campbell e persino l’eterno Cani: tutto il reparto offensivo compreso di ali, sparito.
La squadra quindi non doveva essere ricostruita solo a livello numerico e qualitativo, ma anche a livello di gioco: c’erano tutti i meccanismi da rielaborare. Il mix di giocatori offensivi acquistati è abbastanza disomogeneo, eppure Marcelino in poco tempo ha già trovato la combinazione giusta. A Soldado, abile nell’attaccare la profondità, ma spesso pigro nei movimenti, è stato affiancato Léo Baptistão, molto più mobile, ma con meno gol nelle gambe. Alla velocità e alla forza fisica di Bakambu è stata affiancata la dribblomania e la pausa di Denis Suárez, talento infinito ancora frenato da scarsa continuità; a Samu García, rapido e abile nei movimenti a smarcarsi, è stato affiancato Samu Castillejo, molto tecnico e che ama ricevere il pallone quasi da fermo.
Come un grande cuoco costretto a reinventare i piatti a seconda degli ingredienti, Marcelino è riuscito nell’impresa di affiatare una squadra quasi nuova, cambiando leggermente, ma solo per mantenere lo stile Villarreal: ancora 4-4-2 compatto e con combinazioni automatiche tra le linee, ma con più ricerca dell’ampiezza.
Ingredienti tattici
Le prime 6 partite della Liga, quelle del primato, sono quasi un campionario tattico del Villarreal. Contro squadre dai ritmi di gioco più lenti e con minore qualità, Marcelino vuole sempre imporre il suo stile ideale: pressione molto alta, dominio del pallone con circolazione rapida e passaggi corti, attenzione meticolosa a non perdere il possesso, ricerca della verticalizzazione solo dalla metà campo in su.
Ne sa qualcosa il Granada, che in casa si è fatto travolgere dal Villarreal per 3-1: la particolarità di quella partita sta nei primi due gol, segnati a due minuti di distanza (49 e 51). Marcelino è maniacale nello studio della squadra avversaria e aveva intuito i problemi del Granada nell’inizio azione (acuiti poi dall’infortunio di Rubén Pérez): pressione alta immediata per impedire l’uscita del pallone dalla difesa, chiudendo ogni linea di passaggio per il doble pivote andaluso. Avversario in tilt, due gol (Trigueros e Bakambu) in fotocopia usando semplicemente un automatismo tattico, allenato a ripetizione durante la settimana.
Le linee di passaggio del Granada sono bloccate e lo scarico del portiere sul centrale di difesa è ancora più rischioso. Il successivo passaggio in zona centrale sarà raccolto dai giocatori del Villarreal, che serviranno il taglio di Bakambu. Da qui si vede meglio la disposizione per il pressing: linea difensiva schierata quasi a centrocampo; Soriano davanti come schermo; i due attaccanti coprono i due centrali, mentre le ali chiudono le linee di passaggio sulle fasce e Trigueros quella in zona centrale.
Nella vittoria casalinga contro l’Atlético Madrid, quella che ha permesso di raggiungere finalmente il primo posto, il Villarreal ha modellato la partita, costringendo l’avversario a seguire le proprie mosse. Grande aggressività e intensità nelle fasi iniziali della partita per spingere i "colchoneros" all’errore. Dopo il gol del vantaggio, il possesso è stato lasciato alla squadra di Simeone, che non sapeva bene come superare le linee compatte dell’avversario, finendo per lasciare spazi alle transizioni offensive dei padroni di casa.
Bignami di Marcelino: pressione alta sull’inizio azione avversario; Godín è costretto al lancio lungo, con palla riconquistata dal Villarreal. Dopo il controllo, Trigueros di sinistro e quasi spalle alla porta inventa una verticalizzazione che taglia tutte le linee biancorosse. Combinazione veloce semiautomatica tra i due attaccanti, con i difensori centrali presi in controtempo.
Il gol segnato da Léo Baptistão, proveniente proprio dall’Atlético Madrid, è stato sufficiente per vincere la partita e per dimostrare l’importanza di questo giocatore nei meccanismi del Villarreal: sempre molto mobile, sa attaccare la profondità, ma spesso è pronto a farsi trovare largo sulla fascia o ad aiutare il centrocampo in difficoltà, creando linee di passaggio sempre differenti, creando imprevedibilità senza pallone.
Tutta l’importanza di Léo Baptistão: l’Atlético Madrid riesce a schermare bene i due centrali di centrocampo e allora l’attaccante brasiliano si abbassa a dettare il passaggio tra le linee.
Tra le soluzioni tattiche più usate dal Villarreal c’è anche la densità sulle fasce per disordinare l’avversario e creare spazio sul lato debole. Contro l’Athletic Bilbao, ad esempio, il secondo gol è nato da una combinazione di 4 giocatori sulla sinistra che hanno poi scaricato velocemente sulla destra per l’inserimento del terzino destro Mario Gaspar, che si sta confermando come uno degli elementi di forza della squadra (e ha esordito con la Nazionale spagnola in Ucraina, segnando anche un gol).
La squadra di Marcelino è pragmatica, ma non rinunciataria: spesso, infatti, il 4-4-2 si tramuta in un 4-2-4 con le ali molto ampie sulla linea degli attaccanti. Anche per questo motivo, il Villarreal deve stare molto attento alle coperture preventive e agli errori in fase di possesso: le transizioni difensive diventano sempre molto pericolose se non eseguite con i tempi giusti.
In questo caso sembrano mancare degli automatismi dovuti ai cambiamenti nella rosa: nella passata stagione i due esterni di centrocampo si posizionavano più dentro il campo, in un 4-2-2-2 che bloccava ogni ripartenza degli avversari in zona centrale. Adesso, invece, i due esterni tendono a rimanere più ampi, soprattutto il diciottenne argentino (ma gioca nelle selezioni giovanili spagnole) Nahuel, mentre Castillejo preferisce il taglio verso il centro del campo. In questo modo, Soriano e Trigueros devono stare ancora più attenti ai loro movimenti, perché dalla loro posizione dipende la capacità del Villarreal di proteggersi. In queste 8 partite di Liga (e 3 di Europa League), infatti, è spesso capitato di doversi difendere con i 4 giocatori offensivi completamente scollegati dal centrocampo.
A volte il Villarreal ha difficoltà nel mantenere le distanze i reparti, con conseguenti opportunità per i giocatori avversari di farsi trovare tra le linee: quando tutti i movimenti vanno in automatico, basta che ce ne sia uno sbagliato per determinare un inceppamento del sistema. In questo inizio di stagione anche il portiere Areola, in prestito dal PSG, ci ha messo del suo per coprire i difetti della squadra di Marcelino.
Il rischio del Villarreal è coperto anche dalle capacità atletiche del giovane difensore centrale ivoriano Eric Bailly, molto veloce e irruento, abile negli anticipi e nel coprire la profondità (ma spesso nervoso). Gran parte dell’ultima sconfitta in Liga contro il Celta Vigo è però dovuta alla sua irruenza. L’espulsione dell’ivoriano a inizio del secondo tempo per due gialli in 10 minuti hanno reso quasi impossibile la partita contro gli uomini di Berizzo. Il suo compagno di reparto, Víctor Ruiz, ha persino più difficoltà nella lettura di normali situazioni difensive: si attende con ansia il recupero dell’infortunato Musacchio, vero leader del reparto, fondamentale anche nel far uscire il pallone pulito dalla difesa.
Transizione rapida del Granada: la squadra di Marcelino è spezzata in due, ma un intelligente Soriano riesce a non farsi superare dall’avversario con un tackle pulito e così evita un potenziale 5 vs, 4(ormai Trigueros non ha più il tempo per coprire l’uomo che si inserisce alle sue spalle).
Il primato del Villarreal è stato temporaneo e non poteva essere altrimenti: per ora la squadra ha raccolto molto, forse anche più di quanto emerso in campo, ma ha sempre saputo interpretare i 90 minuti con grande competitività. Sotto la guida di Marcelino, il Villarreal tende a rallentare nella parte finale di stagione: forse è colpa anche di questi ritmi alti e della volontà di interpretare ogni partita come se fosse l’ultima. Con tre competizioni da giocare, è difficile essere costanti senza una rosa ampia.
Nella sfida contro il Celta, la squadra di Marcelino non ha saputo concretizzare il dominio del primo tempo, finendo per essere colpita praticamente alla prima occasione: ennesima difficoltà a mantenere le linee, con Orellana che ha avuto tutto il tempo di calibrare il tiro. L’assenza di Soriano (problemi al ginocchio), ancora una volta è apparsa decisiva: grandi difficoltà nel trovare l’uomo tra le linee e troppa lentezza nel giro palla.
Eppure, anche questa volta, il Villarreal ha lottato come sempre e, nonostante l’inferiorità numerica, era riuscito a pareggiare con Denis Suárez. Il gol all’ultimo minuto di Nolito ha portato alla seconda sconfitta consecutiva e ha spento l’entusiasmo: ma forse è proprio ciò di cui ha bisogno il Villarreal, di rimanere lontano dai riflettori per lavorare bene, senza ansie da primato. In Europa League, infatti, è sembrata di nuovo una squadra in forma smagliante, molto più libera mentalmente (4-0 alla Dinamo Minsk).
Problemi di distanze: il Malaga ha due giocatori tra le linee e altri due ampi sulle fasce. La punta centrale potrebbe approfittare della spaziatura eccessiva tra i due centrali per attaccare la profondità, ma il giocatore in possesso preferisce girarsi e tirare. Il Villarreal sta difendendo con un 4-4-2 teoricamente ordinato, ma in realtà scollegato.
Dopo 40 minuti di controllo del gioco, il Villarreal si fa colpire dal Celta, che approfitta dell’ennesimo problema di spaziature tra le linee: Nahuel dovrebbe stringere, ma non lo fa. Così Orellana è libero di ricevere, girarsi, prendere la mira e segnare da fuori area (con Areola forse fuori posizione).
Arriveranno esami ancora più difficili, arriverà di nuovo l’artiglieria pesante delle grandi squadre da affrontare con i soliti fucili: ma la squadra di Marcelino ha dimostrato di avere un’identità di gioco, di avere un’anima che la renderà sempre e comunque capace di reagire all’avversità legata al caso, agli imprevisti e alle forze spaventose altrui.
In fondo, nel calcio i momenti sono delicati, quasi di ceramica, come il Villarreal e il suo presidente sanno bene. Dopo la retrocessione, il "sottomarino giallo" ha ormai ripreso a riemergere con costanza dal mare profondo del campionato spagnolo, seguendo fedelmente un’idea ben rappresentata dallo slogan del club: “Sempre endavant”, sempre avanti, quasi una regola di vita oltre che uno stile di gioco.